pensieri liberi 

Ai giovani e quindi a me stessa

Cosa vuol dire essere giovani? 

Parto col dirvi cosa non significa. Non significa lamentarsi senza proporre, disprezzare senza pensare, piangere senza agire, sentirsi soli senza cercare il dialogo. Essere giovani vuol dire avere il dovere di evidenziare criticità e rimboccarsi le mani per risolverle, vuol dire chiedere aiuto e fornire orecchie attente e disposte ad ascoltare e imparare. Non sto parlando al futuro, non ho detto “vorrà dire” ma “vuole dire”, ricordate che noi siamo prima di tutto il presente, solo investendo ora su di noi costruiremo insieme un futuro più sicuro.


Come nacque la nota solitaria sullo spartito

Avete mai sentito un concerto d’archi? Io solo una volta mentre ero in preda a una lotta tra dormi e veglia. Due sono le cose che colpiscono. La molteplicità e l’unità. Ogni senso, l’udito in particolare, raggiunge  un piacere estremo riconoscendo la capacità di quei venti artisti di amalgamarsi perfettamente e fluire dolcemente. Il suono diventa sinonimo de “i suoni” giacche l’uno è il prodotto scientificamente calcolato e emozionalmente rappresentato di un artista. Eppure se concentro la mia vista, il mio udito su di uno solo tra quei venti, la distanza che separava il palco dalla loggia si annulla. La luce si concentra su di uno solo e lentamente la mia mente scindeva perfettamente il suono. Perfetto e misurato nella sua unicità, armonioso e aggiunto di significato nella sua molteplicità. 

Ora come mai prima, desidererei essere uno di quei venti archi. Mentre li guardo mi sforzo di ricercare una qualche somiglianza tra gli archi e la mia vita quotidiana. Non la trovo. Per la prima volta sto sperimentando la tipica impressione di essere una voce fuori dal cuore, un arco che non va a tempo, una musicista senza orchestra. Quando suono un la, le persone intorno a me sembrano essere su un’ottava più alta. Ciò che esce è un suono stridulo e sconnesso che nulla ha a che fare con la sinfonia che immaginavo nella mia mente. Tra un nota stonata e l’altra, lentamente scelgo di non suonare più in loro presenza e così mi areno a un silenzio contemplativo di un’orchestra di cui non faccio più parte. 

Mi sento con una nota stonata che, timorosa di rovinare l’armonia che ha davanti, rimane seduta sulla propria poltroncina in velluto. Cerco di mitigare i miei movimenti e nascondo il mio volto nell’ombra che si ritrae sempre più dai riflettori del palco. 

Così mi feci nota solitaria sullo spartito.


Vorrei tornare 

a quando eravamo bambini 

e un amico durava un pomeriggio 

e un litigio il tempo di un gelato 


a quando eravamo pensieri 

e leggeri volavamo nelle menti 

e puri eravamo nello spirito 


a quando eravamo un' unica cosa

e "noi" era sinonimo di "tutto"

e gioia e tristezza non esistevano 


Vorrei tornare 

 a tempi e luoghi primordiali 

dove non vi era solitudine