Etymology. P. matthaei sp. nov. is dedicated to the late Matteo Griggio, who at the age of 43 left us on 14 May 2020 due to an aneurysm. Matteo was a lively behavioural ecologist who was also very committed to na- ture conservation, curious about every particular aspect of nature, including Orthoptera as a food source for the Rock Sparrow in Sardinia.
Distribution. Presently known only from the Lope National Park (Gabon).
Publication: Hemp Claudia & Massa Bruno. 2021 Biogeographical and evolutionary aspects of a Guineo-Congolian bushcricket tribe: Revision of the genera Cestromoecha Karsch, 1893 and Poreuomena Brunner von Wattenwyl, 1878, with the description of new species (Orthoptera, Tettigoniidae, Phaneropterinae). Deutsche entomologische Zeitschrift 68(1): 45-79.
Today, 6th September 2020, Matteo would have completed his 44th year of life. We wish you were here with us to celebrate. Still in our thoughts. Ciao Matteo, your friends.
Avevo seguito da tempo l’opera scientifica di Matteo. La settimana prima di andare a Chioggia per il congresso di ecologia comportamentale nel 2018, avevo proprio dedicato una gran parte della mia lezione di comportamento al suo lavoro con Andrea su conflitto e cooperazione nell’allevamento della prole. Che bella sorpresa quando fu proprio lui a venire a prendermi alla stazione di Padova. In quei giorni abbiamo chiacchierato e intercambiato idee, pensavo fosse solo un principio. Dal Texas vi sono vicino.
I had followed Matteo’s papers for a while. The week before I went to Chioggia for the Italian Behavioral Ecology conference in 2018, I had dedicated a large part of my animal behavior lecture on his work with Andrea on conflict and cooperation over parental care. What a surprise when it happened to be Matteo who picked me up at the Padova train station. In those days we talked and exchanged ideas, I thought it was just a beginning. You all are in my thoughts from Texas.
Professor of Biology and Chair, Faculty of Ecology & Evolutionary Biology, Texas A&M University
Marzo 2019, prima chiamata skype con Matteo, dalla Cina, per provare a tornare finalmente in Europa. “Click” La prima impressione era stata quella di uno scienziato preparatissimo e alla mano, una persona limpida, divertente ed entusiasta. E poi adorava la mia terra, la Sardegna.
Vivevo un’esperienza tossica di post-dottorato, e quell’ora di chiacchierata aveva il profumo di cose buone. In pochi mesi Matteo era diventato il mio punto di riferimento accademico, avevo trovato ciò che cercavo. Un mix perfetto di scienza di qualità, di efficienza (la sua velocità di risposta alle email era quasi comica, a volte solo il tempo di aggiornare la pagina), e di grande umanità, una passione e una schiettezza che erano anche le mie, un personaggio che mi veniva spontaneo seguire. Come la volta che mi aveva detto che gli sarebbe piaciuto iniziare a studiare i paguri.
“I paguri. Ma dai, Matte! I paguri! Ma perché?” gli avevo chiesto ridendo.
“Ma no, guarda, sono interessanti perché… bla bla bla bla ”. Finita la chiamata, mi ero ritrovata a leggere articoli sui paguri. E naturalmente aveva ragione lui.
Si chiacchierava un po’ di tutto, scherzando sui comportamenti strani delle persone - rispettivi vicini di casa inclusi- durante la quarantena e sulle tanto desiderate fidanzatine di Momo, tutte troppo piccole secondo Matteo (ma non secondo Momo). Ma soprattutto si parlava di come nascono le amicizie. Un progetto di ricerca che negli ultimi mesi era sfociato in ciò che doveva solo essere “il primo di tanti”, un brevissimo articolo del quale eravamo super entusiasti. E che, dolorosamente, uscirà a breve.
E ora? E’ già passato un lunghissimo mese dalla sua scomparsa, e ci si trova a fare sempre i conti con la sua assenza. Però si dice che quando un albero muore, non muore mai per davvero se ha prodotto semi. Basta guardarsi attorno: quelli che ha seminato Matteo sono incredibilmente numerosi. E belli. Grazie alla sua stupenda famiglia e ai suoi splendidi amici (“la famiglia che uno si sceglie”) e colleghi, la sua memoria rimarrà sempre viva, e quei semi diventeranno sempre più numerosi…
Matteo ha cominciato la sua avventura di ricercatore all’Università di Padova, quando, appena iscritto a Scienze Naturali, è venuto a trovarci nel laboratorio di Guglielmo Marin, che in quegli anni a Padova era il punto di riferimento per i giovani interessati a condurre ricerche di campo sugli uccelli. Erano anni nei quali l’etologia di campo faceva ancora fatica a trovare spazio nell’università italiana, ma l’entusiasmo esploso alla fine degli anni ’70 nei paesi dell’Europa settentrionale, anche sulla spinta del Premio Nobel a Nikolaas Tinbergen per le sue ricerche sugli uccelli, aveva contagiato tanti giovani ornitologi italiani. Matteo ha fatto parte di quella piccola rivoluzione “bottom-up”, che ha portato, con la sola energia dell’entusiasmo giovanile, l’etologia di campo e la biologia evoluzionistica dentro alle università.
Un vero etologo di campo possiede sempre grande entusiasmo e grande tenacia. L’entusiasmo è inevitabilmente legato alla passione per gli animali e tutti gli ornitologi di campo che ho conosciuto sono praticamente nati con questa passione. La tenacia è dote meno comune, ma senza non si va lontano, perché se c’è qualcosa che può andare storto in un esperimento di campo di solito va storto e chi si scoraggia facilmente fa poca strada. Aggiungerei, infine, che ogni etologo di campo è un biologo evoluzionista, perché sul campo ci vai per scoprire due cose: come si comportano gli animali e perché. E mentre cerchi di capirlo, soprattutto se sei sul campo per tante ore al giorno, hai anche il tempo per riflettere, porti nuove domande e congegnare nuovi esperimenti. Sono i tre ingredienti necessari e sufficienti per fare dell’ottima scienza, almeno in questo campo, perché non servono tanti soldi: si può fare molto, a volte tutto, con un binocolo, un taccuino, tanto ingegno, fantasia e tempo. Matteo aveva, e ha continuato ad avere, passione, entusiasmo, tenacia e fantasia, dal primo giorno in cui l’ho conosciuto e ha accettato di collaborare ad una ricerca al limite dello schiavismo (contare gli insetti all’interno delle cannucce d’acqua delle paludi del nord Italia, cibo invernale preferito del migliarino di palude “intermedio”, allora abbastanza comune, oggi praticamente estinto) all’ultima volta che abbiamo parlato di passere lagie, la sua passione di una vita, pochi giorni fa. Oltre venti anni dividono la giovane matricola che fa la sua prima ricerca nel tempo libero, tra un esame e l’altro, dal brillante professore associato che abbiamo conosciuto in tanti amici e soci della SIBE. Anni anche difficili, inizialmente, di incertezza sul futuro, ma accompagnati da sempre maggiori soddisfazioni, risultati e riconoscimenti. Eppure, in questi vent’anni, Matteo è rimasto, dentro e fuori, sempre uguale. Per questa ragione, sono convinto che Matteo abbia continuato a vedere se stesso negli studenti che in questi anni hanno bussato alla sua porta per avere una tesi, o che hanno seguito con tanto entusiasmo le sue lezioni. Sempre più numerosi. Sicuramente perché Matteo era molto bravo. Ma anche perché, sul campo, ci si riconosce per quello che si è, scientificamente ma soprattutto umanamente.
Dipartimento di Biologia, Università di Padova
Matteo aveva un carattere aperto e solare e amava sempre coniugare la buona scienza a momenti di amicizia e convivialità. Così è stato sin dai primi tempi, in cui il nostro gruppo di giovani ed entusiasti dottorandi in biologia evoluzionistica si incontrava a discutere di idee, risultati, fatiche e soddisfazioni della vita da dottorando, rigorosamente in trattoria davanti ad un piatto di pasta e un bicchiere di vino. I racconti appassionati di Matteo sulle sue ricerche con la passera lagia tra i piccoli paesini delle Alpi in Val di Susa ci tenevano incollati ad ascoltare e sognare la vita del biologo di campo. E poi Matteo ti accoglieva a braccia aperte se di questa vita tra le montagne volevi un assaggio e ti ritrovavi con lui a montare cassette nido e a nasconderti dietro ai sassi, in snervante attesa di riuscire ad osservare qualche timida marmotta. Passione, amicizia e condivisione hanno continuato ad animare la sua vita professionale. Con questi suoi tratti distintivi, Matteo ha contribuito ad organizzare, nel nostro ultimo congresso SIBE, un riuscitissimo simposio sul comportamento sociale, regalandoci preziosi momenti di scienza unita all’amicizia e alla convivialità. Ai nostri soci che hanno avuto l’occasione di incontrarlo per la prima volta proprio in questa occasione, non sono passate inosservate la sua gentilezza e la sua ironia, il suo essere brillante scienziato, perspicace ed entusiasta di avviare nuove collaborazioni con molti di noi. Matteo, da persona eclettica e curiosa quale era, si è impegnato al suo meglio anche nella divulgazione. La sua grande passione per la natura lo ha spinto a dedicarsi anche alla salvaguardia dell’ambiente, con un occhio attento al mare che amava così tanto. La sua partecipazione attiva alle attività legate alla Biologia Marina di Chioggia aveva aperto recentemente la strada a nuove preziose collaborazioni con le realtà locali. Di pochi giorni fa è la pubblicazione del cartoon educativo “Vivi il mare responsabilmente”, da lui ideato per sensibilizzare i diportisti su quali sono le buone pratiche per vivere il mare senza danneggiarlo. L’impagabile impegno di Matteo nel divulgare la protezione e il rispetto per il mare mancheranno profondamente non solo al mondo accademico, ma a chiunque del mare abbia a cuore la salvaguardia. Il suo contagioso entusiasmo, la dedizione e l’umiltà che hanno permeato il suo modo di essere e di rapportarsi agli altri resteranno sempre nel cuore di tutti noi.
Dipartimento di Biologia, Università di Padova
La luna si fece alta nel cielo nero, mentre le nuvole rade, le acquerellavano tutto attorno figure illusorie, bagnate da luci ed ombre. Dal lago, oltre i salici ormai spogli, i germani reali levarono i loro richiami, quasi a farsi coraggio l’un l’altro per la notte incombente, talvolta sobbalzando nell’acqua fra sciacqui e scrosci, che ne increspavano il velo, facendolo luccicare come fosse un cielo stellato.
Era una sera come tante, come tante altre sere di un inverno ormai alle porte. Ancora la brina non vestiva gli steli d’erba, ma c’era abbastanza freddo per far tremar le mani. Passammo tutta la giornata a legare agli alberi della zona le cassette in legno adibite alla nidificazione delle cinciallegre. Non erano molte, ma fu la prima volta che dovemmo appenderle da soli, e ci volle un po’ di tempo per imparare a come ancorarle ai fusti senza rompere il fil di ferro che le reggeva, e a come contemporaneamente non precipitare dalla scala.
L’ultima cassetta appesa decretò la fine del nostro lavoro per quel giorno, e la soddisfazione prese lentamente il posto alla stanchezza, disegnando dolcemente dei sorrisi sui nostri volti, mentre gli occhi brillavano tanto da vedersi al buio. Fu una bella sensazione. Uscimmo dalla boscaglia in silenzio, nessuno parlava, d’altronde non ce n'era bisogno. L’aria vivace intorno a noi tracciò i contorni di un impalpabile equilibrio, un’atmosfera fiabesca, tanto incantevole quanto fragile, come una bolla di sapone entro cui ci trovavamo fin da quando iniziammo a lavorare con te.
Poi un bagliore sferzò le tenebre, un trillo ruppe il silenzio: il cellulare squillò, e i nostri cuori sussultarono. Volevi assicurarti fossimo ancora interi, e ci chiesi come andò la giornata in campo. Fosti contento del nostro operato, e noi di riflesso, lo fummo almeno il doppio. Il tuo entusiasmo ci contagiò fin dal primo giorno in cui ti conoscemmo, e da allora cercammo sempre di fare del nostro meglio per dimostrarti la nostra passione, quasi a volerti ringraziare per i tuoi insegnamenti, sempre elargiti con generosità, ma quasi di nascosto, celati come gemme sotto la coltre di neve, che racchiudono in sé la luce, i profumi, i colori, e tutta la forza della primavera. Per noi non sei stato solo un grande maestro, ma anche un amico e un punto di riferimento, un compagno di strada che guardava sempre in alto, in cerca di qualche sagoma alata, o di qualche nuova avventura da inseguire. Sei stato per noi il rappresentante di un sogno incorruttibile, di una visione comune che ci sembrò sempre più vicina, così tanto da poterla quasi sfiorare.
I lunghi tragitti in macchina in tua compagnia, stretti tra la moltitudine di cassette nido, e cullati dal caldo e rassicurante respiro di Momo, si trasformavano sempre, tra risa e aneddoti, in una fervente fabbrica di idee, di domande di ricerca, e di elaborazioni di nuovi esperimenti sul comportamento del nostro amato mondo alato. Furono viaggi indimenticabili, dove grazie al tuo entusiasmo e la tua fantasia, ci hai fatto sentire il solletico della ricerca scientifica sulla pelle.
Ogni nuova idea veniva presa come una grande idea, ogni suggerimento diventava un obiettivo. Una vita appassionata alla vita, e vissuta nel nome di questa, cosicché quelle cinciallegre a cui tenevi, da semplici uccelli si tramutarono presto in scintille di passione che volavano fra i rami, in un senso alla vita che cinguettava lontano, chissà dove fra le fronde degli alberi. Ma dopo che te ne sei andato, anche il loro canto non fu più lo stesso per noi. I trilli che prima ci apparivano gioiosi e primaverili, si tramutarono solo in sordi lamenti che alimentavano la nostra nostalgia, la rabbia, e la tristezza. Udirle divenne straziante per i giorni successivi alla tua scomparsa. Ci sentimmo persi. Il lago dell’oasi, i boschi fra i colli, i viali nella città, tutti i sentieri in cui posizionammo le cassette si fecero nelle nostre menti improvvisamente vuoti, spenti, anche gli uccelli divennero più rari, e l’aria sempre elettrica in tua compagnia, ora divenne inconsistente, stagna, asfissiante. Ci hai sostenuto in ogni situazione proprio come avrebbe fatto un fratello maggiore, e con te, e grazie a te, abbiamo condiviso i momenti più entusiasmanti ed i paesaggi più splendidi del nostro percorso universitario, che ci hanno fatto crescere come persone e come scienziati.
Come quando i genitori spingono la prole fuori dal nido per l’involo, così a tuo modo hai fatto lo stesso con noi, accompagnandoci anche nel mondo della divulgazione scientifica. Senza batter ciglio ci affidasti la gestione di due incontri pubblici a cui eri stato invitato a partecipare, e guardandoci dalla platea con occhi fiduciosi, ci lasciasti la scena. “I miei studenti sono fantastici”, dicevi sempre. E queste poche, semplici, ma allo stesso tempo grandi parole, furono per noi molto importanti, perché motivo di immenso orgoglio e soddisfazione, e perché al contempo infondevano nei nostri cuori la consapevolezza che se non fosse stato per te, non avremmo mai vissuto tutte queste incredibili esperienze che con grande affetto porteremo per sempre con noi.
Il quarto piano del Vallis, e la tua stanza oltre quella porta aperta in fondo al corridoio, continueranno a rimanere il nostro nido universitario. Quella porta fu sempre aperta per noi, con o senza appuntamento, per discutere sui nostri progetti di tesi, o semplicemente per preparare gli esami della sessione. Ti aspettavamo seduti al tavolone bianco all’ingresso, pronti a farci distrarre da qualsiasi nuovo gioco di Momo. E tu, sempre impegnato tra una chiamata e l’altra, riuscivi comunque a trovare il tempo da dedicarci, magari di fronte ad un caffè. Grazie alla tua impronta nelle nostre vite, quella porta per noi rimarrà per sempre così: sempre aperta.
Con queste parole a nostro modo vogliamo dirti grazie. La scintilla che hai acceso nei nostri animi rimarrà per sempre una vivida fiamma, alimentata da tutti i bellissimi momenti passati insieme. Non abbiamo mai incontrato una persona che amasse la natura quanto l’amassi tu. Grazie per le opportunità che ci hai concesso, per i tuoi insegnamenti, per la tua presenza, per la tua guida, grazie per tutte le risate, per le battute e per i momenti passati insieme. Grazie per i lunghi viaggi, per le giornate sugli alberi, in laguna, e in laboratorio. Grazie di essere stato per noi un mentore, un punto di riferimento, un compagno di avventure, ma soprattutto grazie di essere stato un amico.
Forse tardi capimmo l’immensa fortuna di esserti stati a fianco, e di aver assaporato quella bellezza tanto antica verso le creature che tu proteggesti con tanta forza, spronandoci a fare altrettanto, e dissipando le nostre incertezze con il tuo imperturbabile ottimismo. Ora non cammini più accanto a noi, ma un po’ del tuo spirito è ancora racchiuso nel nostro, sicchè chiudendo gli occhi nei momenti di sconforto, la tua voce ancora ci indica la strada da percorrere, e ne illumina il cammino, innalzandosi dentro i nostri cuori come una vivida luna, splendente, anche nelle notti più nere.
Il nostro futuro sarà sempre a te ispirato. Grazie di tutto, un giorno ci rivedremo, per quella birra.
Studenti della Laurea Magistrale in Biologia evoluzionistica, Padova
"Dal momento che non posso più vedere il tuo volto
e non posso più stringerti la mano,
io invio la mia anima attraverso il tempo e lo spazio
per ringraziarti. Tu capirai”. (W.R. Bion)
For your birthday (September 6) we gave you a baobab, the Teobab. The Teobab will absorb 3000 kilos of CO2 in 10 years and will last for many years.
Mi chiamo Miguel Angel Calero e sono stato nel laboratorio di Lorenzo Zane lavorando per diversi mesi tra il 2006 e il 2007. Il mio relatore di tesi in Spagna, Paco Valera, conosceva Matteo e Andrea Pilastro e aveva già collaborato con loro. Lì ho incontrato Matteo e tanti altri di quel periodo, di cui conservo un ricordo indelebile. Ho saputo della morte di Matteo poche settimane fa e sono ancora sotto shock. Anche se non eravamo in contatto da molto tempo, lo tenevo in grande considerazione. Era una grande persona che mi ha aiutato molto durante i miei soggiorni a Padova, oltre che uno scienziato brillante e promettente. È una perdita enorme. Ho passato in rassegna vecchie foto e vorrei condividerle su questa pagina web, come un modo per rendere omaggio a Matteo. Grazie per aver creato la pagina e averci permesso di conservare la tua memoria il più a lungo possibile.
with Valeria
Matteo in Turkey
with Ale and Laura, 2008
Sampling killifish in the Venice Lagoon
At work
Teaching in the field in Chioggia
Vallismerry, Padova 2018 Padova
spitz with friends, Padova
Sardegna (su Aretusa)
Aretusa
with Herbert and friends at KLIVV
"bier break" at KLIVV
Australia 2012
riposo dopo il field work
Sardegna 2019
Sardegna con Momo, 2019
Behaviour, Lisbona 2017
Con Niccolò, Beniamino, Federica e Silvia a casa, Padova 2019
Al lavoro, Parco Fenice, Padova 2018
Matteo e Alessandra, Sardegna 2017
ISBE, Perth 2010
Con Cristina, Alberto e Federica, Laguna di Venezia 2020
Su Aretusa
Con Clelia, ISBE, Perth 2010
Visita di Jon, Padova 2018
Al lavoro, Francia 2004
Al KLIVV, 2007
con Clelia, Padova 2008
Perth, 2010
Con Jon, 2018
Con Carlotta e Tea, Vallismerry 2007
Con Marco, Laguna di Venezia 2016
Matteo e Matteo, Vallismerry 2009
Con Cristina, Beniamino, Donato e Daniela, SIBE 2019
Con Ale e Roberto, Vallismerry 2007
Padova 2018
Foto di gruppo Behavioural Ecology Meeting, Chioggia 2016
Matteo e Andrea, molti anni fa
Foggia, 2012
Con Michele, Padova 2020
Con Momo sulla spiaggia di Sottomarina durante le esercitazioni di Biologia Marina, 2019
Giornata mondiale delle aree umide, Codevigo, Febbraio 2020
Marco, Matteo e Jon, Colli Euganei 2018
Con Jacopo, primo controllo cassette nido, Matera 2016
Diego, Jacopo e Matteo, Padova, Febbraio 2020
Matteo, Diego, Davide, Stefano e Jacopo, Matera, Febbraio 2020
Tenuta invernale di Matera, Febbraio 2018
Studiando il piumaggio di un grillaio con Diego Rubolini
Fotografando le ali di un grillaio con Stefano Podofillini e Matteo Curcio
Con Miguel al Vallisneri, Dicembre 2007
Cena dei laboratori Pilastro-Zane, Natale 2006
Vienna, 2010
Laguna di Venezia, 2016
Sardegna, 2017
Laguna di Venezia, 2016
Padova, giugno 2019