Negli ultimi anni, l’antibiotico-resistenza è aumentata notevolmente: l'uso continuo degli antibiotici ha favorito la moltiplicazione e la diffusione di ceppi resistenti nelle infezioni, rendendo tali farmaci meno efficaci. Di conseguenza, nel prossimo futuro potrebbe non esistere una terapia efficace per le infezioni batteriche e potremmo ritornare ad un' “era pre-antibiotica” (come nel 1800). Questo fenomeno, considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una grave minaccia per il mondo intero e un problema da affrontare tempestivamente, rappresenta un importante problema di salute pubblica che determina costi sanitari elevati, degenze ospedaliere prolungate e soprattutto un incremento della mortalità. A causa di questo fenomeno, nel 2019 più di 1.2 milioni di persone e nel 2020, solo nell’Unione Europea, oltre 35.000 persone (di cui quasi un terzo in Italia) hanno infatti perso la vita; nel 2050 si stima che il numero di vittime potrebbe salire addirittura fino a 10 milioni. Si può dunque parlare di una “pandemia silenziosa”.
L’antibiotico agisce bloccando alcune funzioni vitali del batterio, uccidendolo o impedendone la moltiplicazione; andrebbe assunto solo dopo aver consultato il proprio medico anche se spesso viene utilizzato con molta leggerezza e senza conoscerne l’effettivo uso. Di conseguenza, il farmaco viene assunto quando non è necessario e soprattutto quando non si tratta di infezioni batteriche: un esempio frequente è l’assunzione di antibiotici in presenza di influenza o raffreddore. Dunque, non solo si rischia di abusarne, ma anche di danneggiare il corpo, poiché il farmaco può eliminare batteri utili al nostro organismo, diventando suscettibile ai pericolosi. Inoltre, i batteri si riproducono per scissione e può capitare una mutazione casuale del DNA in grado di fornire resistenza a un particolare antibiotico o anche a più classi di antibiotico.
Tuttavia il problema non riguarda solo l’essere umano, ma anche gli animali attraverso un uso generalizzato e sistematico di antibiotici negli allevamenti intensivi: l’uso di antibiotici è una conseguenza delle condizioni di vita degli animali, come l’alta densità, lo stress a cui sono sottoposti e le condizioni igieniche, che favoriscono l’insorgenza e la diffusione di malattie. Negli allevamenti intensivi sono inoltre presenti animali selezionati geneticamente per essere più produttivi e un effetto negativo di questa selezione è proprio la presenza di individui con sistemi immunitari più deboli, quindi più predisposti ad ammalarsi.
Per limitare i danni e cercare di trovare delle soluzioni per contrastare questo fenomeno, per evitare l’abuso dei farmaci e la conseguente ed inevitabile resistenza dei batteri, 178 paesi hanno sviluppato piani d’azione nazionali contro la resistenza antimicrobica. In Italia, ad esempio, è stato approvato il Piano nazionale contrasto antibiotico-resistenza 2022-2025: tramite formazione, informazione, comunicazione, ricerca e cooperazione tra gli esperti nazionali e internazionali, si fa prevenzione e ricerca nell’ambito della terapia. A livello individuale, bisognerebbe infine partire dalla conoscenza più approfondita dei farmaci che si assumono, consultando maggiormente il medico. Gli antibiotici dovrebbero quindi essere utilizzati esclusivamente a scopo terapeutico, a seguito di specifica diagnosi, evitando la diffusione di batteri ed infezioni.