Per un’Europa libera e unita, questo il titolo originale del Manifesto di Ventotene, il documento che nasce dall’idea di creare una federazione europea ispirata ai principi di pace e libertà.
Un’idea  rivoluzionaria se si tiene conto del contesto storico in cui fu elaborata: in piena guerra mondiale, in una piccola isola del mar Tirreno trasformata dal regime fascista in un carcere a cielo aperto, dove erano confinati 800 oppositori politici, di cui 500 comunisti, 200 anarchici e i restanti appartenenti al movimento Giustizia e Libertà e al Partito Socialista.
Altiero Spinelli, ex militante comunista, Ernesto Rossi, economista e liberalsocialista, Eugenio Colorni socialista, elaborarono il loro progetto politico: un'Europa post-bellica, federale, un'unione sovranazionale fondata sulla cooperazione e sulla libertà.
La loro visione, nasceva dall’idea che la sovranità assoluta degli Stati fosse la causa sia dei totalitarismi che delle guerre. Bisognava superare il concetto di sovranità nazionale poichè gli stati così concepiti tendono a competere tra loro anziché collaborare. Gli stati nazionali dovevano mantenere ampie autonomie in ambiti ristretti, ma nei settori chiave dell’economia e della politica estera, il potere reale doveva essere detenuto da una vera federazione con un parlamento e un governo democratico: sognavano gli Stati Uniti d'Europa.
Questo equilibrio tra poteri centrali e locali, avrebbe impedito la frammentazione europea che aveva portato alle guerre, sia la creazione di un superstato centralizzato, garantendo come negli Stati Uniti, Pace, Prosperità e Diritti per tutti.
Il testo che venne diffuso clandestinamente da Ursula Hirschmann, futura compagna di Spinelli, e Ada Rossi, moglie di Ernesto, nasceva come risposta diretta ai regimi fascisti e nazisti, ma ben presto si pose come documento di quel movimento federalista europeo che si sarebbe realizzato nell'agosto del 1943 che portò alla nascita prima del mercato comune europeo e poi alla Comunità Europea.
Oggi l’Unione Europea, pur con i suoi limiti, ha realizzato molti degli ideali del Manifesto: pace tra gli stati membri, una moneta comune, politiche condivise. Ma  gli stati nazionali mantengono ancora ampi  margini di sovranità e vecchie idee di nazionalismo autarchico, di confini intesi come barriere, di politica come affermazione di potere emergono definendo in tutta la loro drammaticità l’isolamento e i limiti funzionali di un’Unione ancora incompleta e certamente lontana dal sogno spinelliano.
Il Manifesto di Ventotene non è un dogma o una teoria politica, ma un principio fondamentale su cui nasce  l'Europa. È il risultato sulle ceneri della guerra, della consapevolezza che il nazionalismo esasperato, l’autoritarismo, il culto della sovranità assoluta conducono inevitabilmente alla guerra, alla distruzione, alla fine di ogni spazio di libertà.
Oggi, questa evidenza viene rimessa in discussione.
Delegittimare Ventotene, estrapolando due o tre frasi scelte per sostenere le proprie tesi politiche, significa delegittimare l’idea che l’Europa sia nata come risposta al totalitarismo. Significa aprire la strada al revisionismo, a quella riscrittura della storia non attraverso il silenzio, ma attraverso una narrazione alterata, che non ha bisogno di cancellare i fatti, ma di svuotarli di significato, attraverso la modificazione del linguaggio.
È qualcosa di più insidioso.
Perché quando la storia si svuota, quando i fatti vengono alterati, quando la memoria viene trasformata in un campo di battaglia politico, significa sapere che la libertà  e la democrazia non sono un’eredità garantita, ma un equilibrio precario che può spezzarsi in ogni momento.
Per questo, sentire mettere in discussione Ventotene  è l'ennesimo segnale. Perché ciò che si sta cercando di fare non è una critica all’Europa contemporanea. È qualcosa di più profondo e più pericoloso. È la costruzione di una nuova normalità, in cui il rifiuto del passato diventa la premessa per ridefinire il futuro. “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”
Memori della frase di Orwell noi non possiamo accettare che la storia possa essere riformulata secondo le convenienze del presente, perché si sarebbe già compiuto il primo passo verso la sua cancellazione, e questo non è una possibilità che deve realizzarsi. 

Alessandro Baffoni