Traduzioni

Alessandro Fo:

E a questo punto Enea, poiché gli vedeva compagno

un giovinetto splendente in bellezza e per fulgide armi,

ma di aspetto non lieto e con gli occhi e il volto abbassati:

“Padre, chi insieme all'eroe così cammina al suo fianco?

È suo figlio, o qualcuno dei grandi suoi discendenti?

Quanto lo acclamano intorno i compagni! E in lui che statura!

Ma fosca notte volteggia al suo capo con ombra infelice”.

E allora il padre Anchise, affiorate le lacrime, inizia:

“Non domandare, o figlio, di un lutto immenso dei tuoi:

lo mostreranno soltanto, i fati, alle terre, e non oltre

permetteranno che sia. Dèi, a voi la stirpe romana

troppo potente sembrava, se avesse serbato i suoi doni.

E quel Campo vicino alla grande città del dio Marte

che pianti innalzerà della folla! O che funerali,

tu vedrai, Tevere, innanzi alla tomba recente scorrendo!

Né alcun ragazzo di stirpe ilìaca a una tale speranza

solleverà gli antenati Latini, o la terra di Romolo

tanto potrà mai vantarsi per nessun altro germoglio.

Ahi pietà, ahi antica lealtà, e invincibile in guerra

destra! Nessuno in duello avrebbe affrontato lui in armi

impunemente, sia che lui fra i fanti incalzasse il nemico,

sia che il suo sprone calcasse le spalle a un cavallo schiumante.

Povero giovane, ahi, possa tu infrangere mai gli aspri fati!

Tu un Marcello sarai. a piene mani porgetemi gigli

ch'io sparga fiori purpurei e almeno di simili doni

l’anima del nipote ricolmi, e tributi un’offerta

vana”. Così qua e là per l’intera regione camminano

nei vasti campi dell'aere, considerando ogni cosa.

Rosa Calzecchi Onesti:

Ma Enea (poiché vedeva insieme con quello avanzare

bello d’aspetto un giovane e splendente nell'armi,

ma non lieta la fronte, chino a terra lo sguardo):

“O padre, l’altro chi è, che accompagna il suo andare?

Un figlio, o qualcuno della gran discendenza?

Che fremere intorno d’amici! e in lui che grandezza!

Ma nera notte s’avvolge al suo capo, con livida ombra”.

Allora così il padre Anchise iniziò, e scoppiò in pianto:

“O figlio, non chiedere un grave lutto dei tuoi!

Appena i fati lo mostreranno alla terra, né oltre

lasceran che vi resti. Troppo la stirpe romana

sembrò potente a voi, superi, possedendo un tal dono.

Oh quel campo, là fuori della città sacra a Marte,

che pianto d’eroi farà intendere! E tu, che funereo corteo

vedrai, Tevere, sotto la tomba recente scorrendo!

Mai nessun figlio d’iliaca stirpe i padri latini

a tanta speranza alzerà; mai la terra di Romolo

tanto si vanterà di nessun suo germoglio.

O pietà, o fede antica, e destra in guerra invincibile!

A lui nessuno con l’armi s’avvicinò impunemente,

sia che contro il nemico marciasse coi fanti,

sia che i fianchi spronasse di spumante cavallo.

Giovinetto ben degno di pianto, così vinca tu l’aspro fato,

tu Marcello sarai. A piene mani, oh!, mi date

gigli, ch'io sparga fiori purpurei, che l’anima colmi

di doni, e faccia, almeno, al nipote questo inutile onore”.

Così per tutto il paese, di qua, di là, vanno

errando nei vasti campi dell’aria e visitando ogni cosa.


Luca Canali:

E qui Enea, poiché vedeva andare con quello

un giovane straordinario di bellezza e d’armi splendenti,

ma mesta la fronte e gli occhi reclini nel volto:

“Chi è, o padre, quello che così ne accompagna

l’andare? un figlio, o qualcuno della grande progenie?

Che mormorio di compagni intorno! quanta maestà in lui!

Ma una nera notte gli aleggia intorno al capo con triste ombra”.

Allora il padre Anchise cominciò, tra lagrime che sgorgavano:

“O figlio, non chiedere un immenso lutto dei tuoi;

i fati lo mostreranno appena alle terre e impediranno

che viva più oltre. Troppo la discendenza romana

vi sembrerebbe potente, o celesti, se possedesse a lungo simili doni.

Che altri gemiti di eroi renderà quel campo

presso la grande città di Marte! e quali esequie

vedrai, o Tevere, oltrepassando la tomba recente!

Nessun giovinetto della stirpe iliaca solleverà

a tanta speranza gli avi latini, né mai

la terra romulea si vanterà tanto di alcun germoglio.

O pietà o antica fede, o destra invitta

in guerra! a lui armato nessuno si sarebbe opposto

impunemente, sia che a fante muovesse contro il nemico,

sia che ferisse con gli speroni i fianchi d’uno schiumante destriero.

O giovane degno di compianto, se vincerai gli aspri fati,

tu sarai un Marcello. Date gigli a piene mani;

ch'io sparga fiori purpurei, e ricolmi

almeno con questi doni l’anima del nipote, e assolva

l’inutile onore”. Così vagano per l’intera

regione, nei vasti campi dell’aria, ed esplorano tutto.


Traduzione personale

E qui Enea (che vedeva avvicinarsi insieme a lui [a Marcello]

un giovane di bell'aspetto e dalle armi splendenti,

ma dall'espressione non proprio lieta, e con gli occhi che puntavano in basso)

chiede: “Padre, chi è quell'altro, che accompagna quell'uomo così, mentre cammina?

Suo figlio, oppure un membro della grande famiglia di suoi discendenti?

Che raduno di suoi compagni che c’è intorno a lui! E che valore in lui!

Però una notte oscura circonda di tetra foschia la sua testa...”

Allora il padre Anchise, mentre sorgono le lacrime, inizia:

“Oh, figlio, non fare domande riguardo un grave lutto per la tua gens:

il fato lo mostrerà alla terra quel tanto che basti, e non gli permetterà di restarci di più.

Dèi dell’Olimpo, la stirpe romana vi è sembrata davvero troppo potente,

nell'avere questo privilegio. Quanti pianti di eroi

farà sentire, nella grande Urbe, quel campo consacrato a Marte!

Che rituale funebre vedrai, Tevere, quando scorrerai sotto la nuova tomba!

Nessun discendente della progenie troiana

porterà tanta speranza agli antenati latini,

né la terra di Romolo potrà ma vantarsi così

di nessuno dei suoi figli. Ah, pietas... ah, antica fede...

e mano mai sconfitta in battaglia!

Nessuno gli sarebbe mai andato incontro con le armi,

che lui si fosse avvicinato al nemico da fante,

o che avesse spronato con gli speroni i fianchi di un cavallo rabbioso.

Ah, ragazzo che dovremo compiangere, se sconfiggerai la tua gravosa sorte,

tu sarai Marcello. Datemi gigli, a piene mani,

in modo che io sparga de fiori color porpora

e riempia il feretro del giovane almeno con questi doni... e che io gli renda un’offerta inutile.”

Così si aggirano per tutta la zona, in tutte le direzioni,

nei grandi “campi dell’aria”, e passano tutto in rassegna.