Traduzioni
Alessandro Fo:
Ma chi è colui che laggiù, distinto da fronde d’olivo
porta sacre insegne? Le chiome, ecco, e il mento canuti
del re romano, inviato a un grande comando da Curi
piccola e da una povera terra, il quale con leggi
rafforzerà la prima città. Gli subentrerà, quindi,
chi infrangerà della patria gli ozi e gli uomini inerti
chiamerà in armi e le schiere ormai disavvezze ai trionfi:
Tullo. E lì accanto lo segue Anco, fin troppo orgoglioso,
che si compiace già ora in eccesso del plauso del popolo.
E vuoi vedere i re Tarquini e il cuore superbo,
e i fasci recuperati da Bruto, il vendicatore?
E’ lui che primo il comando di console avrà, e le spietate
scuri e, pur padre, i suoi figli, che nuove contese
smuovevano,
per la libertà, così bella, condannerà a morte,
infelice, comunque ne cantino i fatti i suoi posteri;
vinceranno amore di patria e gran brama di gloria.
E ancora i Deci e i Drusi laggiù, e per scure spietato
Guarda Torquato, e Camillo che ha riportato le insegne.
Ma quelle anime che vedi splendere in armi medesime,
al momento e finché la notte le premer concordi,
ahi, quanta guerra fra loro, se attingeranno le luci
della vita, andranno a destare, che schiere e che strage
da baluardi alpini e dall’arce di Monaco il suocero
giù discendendo, e il genero forte di Eòi contrapposti
Non avvezzate, o giovani, no, tali guerre ai vostri animi
e non volgete le valide forze alle viscere patrie:
e primo tu che hai la stirpe tua dall’Olimpo, desisti
getta di mano le armi, mio sangue!
Rosa Calzecchi Onesti:
Ma chi è laggiù coronato di ramo d’olivo
e i sacri arredi recante? Conosco i capelli e il mento canuto
del re romano, che alla città primitiva darà
fondamento di leggi, da povera terra, l’umile Curi,
a grande impero sortito. E subito dopo verrà
chi della patria infrangerà l’ozio e moverà l’armi,
Tullo, e gli uomini fatti restii, le schiere ai trionfi
già disavvezze. Lo segue dappresso, con troppa baldanza,
Anco e già troppo dell’aure popolari si vanta.
Vuoi anche vedere i Tarquini e l’anima fiera
di Bruto vendicatore e i liberi fasci? Egli per primo
avrà il potere di console e le scuri tremende,
il padre che i figli, perché ribellioni movevano,
chiamerà a morte, a difesa della libertà tanto bella:
misero! Comunque vorran giudicare tal fatto i nipoti,
l’amor di patria avrà il sopravvento, e una sete smisurata di gloria.
E i Deci, e i Drusi laggiù, e guarda Torquato feroce
con la sua scure, e Camillo che riscatta le insegne.
Ma i due che vedi risplendere pari nell’armi,
concordi spiriti adesso, e fin che la notte li preme,
che guerra, ahimè, moveranno fra loro, se il lume di vita
potranno raggiungere, e che schiere e che stragi,
dagli spalti delle Alpi e dalla rocca di Monaco il suocero
calando, il genero pronto con l’armi in Oriente!
No, figli no! Tali guerre non covate nell’animo,
non rivolgete al cuor della patria le forze gagliarde,
tu getta l’arma di mano, o mio sangue!
Luca Canali:
Chi è laggiù colui, distinto da rami d’olivo,
che porta i sacri arredi? Ravviso la chioma
e il mento canuto del re romano che fonderà su leggi
la nuova città, venuto dalla piccola Curi e da una povera
terra ad un grande impero. A lui seguirà Tullo
che infrangerà gli ozi della patria e muoverà in armi
gli uomini inerti, e le schiere ormai disavvezze
ai trionfi. Lo segue da presso il troppo orgoglioso
Anco, che anche qui si compiace troppo del favore popolare.
Desideri anche vedere i Tarquinii, e l’anima superba,
e i fasci recuperati di Bruto vendicatore?
Questi riceverà per primo il potere di console e le scuri
Inesorabili, e, padre, chiamerà il supplizio,
per la bella libertà, i figli che muovevano inusitate guerre,
sventurato! Comunque i posteri giudicheranno l’evento:
vincerà l’amore di patria e l’immenso desiderio di gloria.
E guarda i Deci e i Drusi, e laggiù Torquato
Inesorabile con la scure, e Camillo che recupera le insegne.
E quelle armi che vedi rifulgere concordi in uguali
armi, ora e finché saranno premute dalla notte
ahi che terribili guerre tra loro, se attingeranno il lume
della vita, che grandi schiere e stragi susciteranno!
Il suocero discendendo dai contrafforti alpini e dalla rocca
di Moneco, il genero schierato coi contrapposti orientali.
O figli, non rendete consuete all’animo tali guerre,
non rivolgete al corpo della patria le valide forze,
e tu, per primo perdona, tu che derivi la stirpe dell’olimpo,
getta le armi di mano, o sangue mio!
Traduzione personale:
Invece chi è quello laggiù, riconoscibile dai rami d’olivo,
che porta i sacri arredi? Conosco i capelli e il mento canuto
del re Romano, che fondò la nuova città con le leggi,
condotto dalla piccola Curi e dalla povera terra
a un grande impero. A cui succederà Tullo che interromperà l’ozio della patria e
condurrà alle armi gli uomini e ai trionfi gli eserciti già disabituati.
Anco lo segue dappresso troppo orgoglioso,
che già ora si compiace eccessivamente dell’attenzione popolare.
Vuoi anche vedere i re Tarquini e l’anima superba
di Bruto vendicatore e i fasci conquistati?
Questo per primo riceverà l’autorità di console e le scuri tremende
e pur padre condannerà a morte i figli a difesa della piacevole libertà,
poiché muovevano nuove ribellioni,
infelice. Ad ogni modo i posteri racconteranno questo fatto.
L’amore per la patria vincerà come anche lo smisurato desiderio di gloria.
E i Deci e i Drusi laggiù, guarda Torquato tremendo con la scure
e Camillo che riporta le insegne.
E quelle allora, che vedi rifulgere in uguali armi,
concordi spiriti, ora e finchè sono schiacciati dalla notte,
ahimè, quanta guerra tra di loro, se le luci della vita
avranno attinto, quante schiere e stragi muoveranno!
Il suocero, scendendo dalle alture delle Alpi, e dalla rocca di
Moneco,
il genero schierato con gli Eoi avversi.
Giovani, non abituate a tanta guerra gli animi,
e non voltate le forze valide alle viscere della patria:
E tu per primo, tu, che la stirpe conduci all’Olimpo,
deponi dalla mano l’arma, mio sangue!