Testo
Atque hic Aeneas (una namque ire videbat
egregium forma iuvenem et fulgentibus armis,
sed frons laeta parum et deiecto lumina voltu)
“Quis, pater, ille virum qui sic comitatur euntem?
Filius, anne aliquis magna de stirpe nepotum?
Qui strepitus circa comitum! Quantum instar in ipso!
Sed nox atra caput tristi circumvolat umbra...”
Tum pater Anchises lacrimis ingressus obortis:
“O gnate, ingentem luctum ne quaere tuorum!
Ostendent terris hunc tantum fata, neque ultra
esse sinent. Nimium vobis romana propago
visa potens, superi, propria haec si dona fuissent.
Quantos ille virum magnam Mavortis ad urbem
campus aget gemitus! Vel quae, Tiberine, videbis
funera, cum tumulum praeterlabere recentem!
Nec puer iliaca quisquam de gente latinos
in tantum spe tollet avos, nec Romula quondam
ullo se tantum terris iactabit alumno.
Heu pietas, heu prisca fides invictaque bello
dextera! Non illi se quisquam inpune tulisset
obvius armato, seu cum pedes iret in hostem
seu spumantis equi foderet calcaribus armos.
Heu miserande puer! Si qua fata aspera rumpas
tu Marcellus eris. Manibus date lilia plenis,
purpureos spargam flores animamque nepotis
his saltem adcumulem donis et fungar inani
munere.” Sic tota passim regione vagantur
aeris in campis latis atque omnia lustrant.
E a questo punto Enea, poiché gli vedeva compagno
un giovinetto splendente in bellezza e per fulgide armi,
ma di aspetto non lieto e con gli occhi e il volto abbassati:
“Padre, chi insieme all’eroe così cammina al suo fianco?
È suo figlio, o qualcuno dei grandi suoi discendenti?
Quanto lo acclamano intorno i compagni! E in lui che statura!
Ma fosca notte volteggia al suo capo con ombra infelice”.
E allora il padre Anchise, affiorate le lacrime, inizia:
“Non domandare, o figlio, di un lutto immenso dei tuoi:
lo mostreranno soltanto, i fati, alle terre, e non oltre
permetteranno che sia. Dèi, a voi la stirpe romana
troppo potente sembrava, se avesse serbato i suoi doni.
E quel Campo vicino alla grande città del dio Marte
che pianti innalzerà della folla! O che funerali,
tu vedrai, Tevere, innanzi alla tomba recente scorrendo!
Né alcun ragazzodi stirpe ilìaca a una tale speranza
solleverà gli antenati Latini, o la terra di Romolo
tanto potrà mai vantarsi per nessun altro germoglio.
Ahi pietà, ahi antica lealtà, e invincibile in guerra
destra! Nessuno in duello avrebbe affrontato lui in armi
impunemente, sia che lui fra i fanti incalzasse il nemico,
sia che il suo sprone calcasse le spalle a un cavallo schiumante.
Povero giovane, ahi, possa tu infrangere mai gli aspri fati!
Tu un Marcello sarai. a piene mani porgetemi gigli
ch’io sparga fiori purpurei e almeno di simili doni
l’anima del nipote ricolmi, e tributi un’offerta
vana”. Così qua e là per l’intera regione camminano
nei vasti campi dell’aere, considerando ogni cosa.
865. qui: quis F⁴MRγ₁ 869. neque: nec MRγ₁ E. Norden Mynors 883. date sublato interclusionis signo edd. praeter Sabbadini