Testo
«Nunc age, Dardaniam prolem quae deinde sequatur
gloria, qui maneant Itala de gente nepotes,
inlustris animas nostrumque in nomen ituras,
expediam dictis et te tua fata docebo.
Ille, vides, pura iuvenis qui nititur hasta,
proxima sorte tenet lucis loca, primus ad auras
aetherias Italo commixtus sanguine surget,
Silvius, Albanum nomen, tua postuma proles,
quem tibi longaevo serum Lavinia coniunx
educet silvis regem regumque parentem,
unde genus Longa nostrum dominabitur Alba.
Proximus ille Procas, Troianae gloria gentis,
et Capys et Numitor et qui te nomine reddet
Silvius Aeneas, pariter pietate vel armis
egregius, si umquam regnandam acceperit Albam.
Qui iuvenes! Quantas ostentant, aspice, vires
atque umbrata gerunt civili tempora quercu!
Hi tibi Nomentum et Gabios urbemque Fidenam,
hi Collatinas imponent montibus arces,
Pometios Castrumque Inui Bolamque Coramque:
haec tum nomina erunt, nonc sunt sine nominee terrae.
Quin et avo comitem sese Mavortius addt
Romulus, Assaraci quem sanguinis Ilia mater
educet. Viden, ut geminae stant vertice cristae
et pater ipse suo superum iam signat honore?
En huius, nate, auspiciis illa incluta Roma
imperium terris, animos aequabit Olympo
septemque una sibi muro circumdabit arces,
felix prole virum; qualis Berecyntia mater
invehitur curru Phrygias turrita per urbes,
laeta deum partu, centum complexa nepotes,
omnis caelicolas, omnis supera alta tenentis.
«Ora, su, quale gloria verrà poi alla prole dardania.
quali nipoti l’attendano nati dall’itala gente,
anime illustri che il nostro nome verranno a potrarre,
ti svelerò coi miei detti, e a te mostrerò i tuoi destini.
Vedi, quel giovane a un’asta priva di punta appoggiato:
ha in sorte i luoghi più attigui alla luce, per primo agli eterii
venti deve levarsi, commisto di italo sangue,
Silvio, poi nome albano, che come tua prole ormai estrema
tardi, quando sarai già anziano, la sposa Lavinia
ti alleverà nelle selve, re e d’altri re genitore,
donde la nostra stirpe il dominio avrà su Alba Longa.
A lui vicino è quel Proca che è la gloria del sangue troiano
e poi Capi e Numitore e, te riportando nel nome,
Silvio Enea, che sarà parimenti eccellente nelle armi
e per pietà, se mai otterrà di regnare su Alba.
Quali giovani! Quanta potenza ostentano, guarda,
e vela loro le tempie la quercia, corona civile.
Questi Nomento e Gabi a te, e la città di Fidene,
le Collatine rocche a te questi sui monti porranno,
e Pomezia e Castro di Inuo, nonché Bola e Cora.
Questi nomi saranno, ora son terre prive di nome.
Anzi si associerà per compagno al nonno il Mavorzio
Romolo, che dal sangue di Assaraco Ilia sua madre
alleverà. Vedi come sull’elmo abbia un doppio cimiero
e il padre stesso dei Superi già del suo onore lo fregi?
Ecco che con i suoi auspici, o figlio, la celebre Roma
renderà pari il dominio alle terre e i cuori all’Olimpo
e sette colli, lei una, a sé cingerà con le mura,
oh, felice per stirpe di eroi: quale la berecinzia
madre turrita, sul carro va per la città della Frigia
lieta dei parti divini, cento nipoti abbracciando,
tutti celesti, abitanti tutti le altezze, fra i Superi.
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