Commento di Melissa Brollo

Nei versi 808-835 si prosegue con la lettura della descrizione della catabasi virgiliana. Per catabasi, dal greco κατα- “giù” e βαίνω “andare”, si intende appunto la discesa in carne ed ossa di un personaggio nel mondo dei morti, i quali appaiono come ombre prive di consistenza. Qui in pochi versi Virgilio, attraverso una prolessi, anticipa quella che sarà la storia della stirpe di Enea e le sorti di Roma. In particolare nei versi sopra riportati, vengono elencati molteplici personaggi illustri ed emblematici per la nostra civiltà. Il primo di tutti è Romolo, il fautore di Roma, colui che “alla città primitiva darà fondamento di leggi, da povera terra, l’umile Curi, a grande impero sortito” (vv. 808, VI libro, Eneide). Virgilio prosegue poi con l’elenco dei re, menzionando Tullo, Anco e i Tarquini. Il definitivo passaggio dall’età regia all’età repubblicana è simboleggiato dall’elezione di Bruto e Collatino, i primi consoli di Roma, e la conseguente cacciata di Tarquinio il Superbo. Bruto si era aggraziato il sostegno del popolo, poiché aveva promesso loro di liberare la città da colui che si era appropriato del regno con la forza, senza neppure aver ottenuto il consenso da parte del Senato, e di vendicare l’oltraggio subito da Lucrezia, moglie di Collatino, da parte del figlio di Tarquinio. Per questo motivo Virgilio soprannomina Bruto come l’ultor, ovvero il vendicatore. Al verso 824 vengono enumerati cronologicamente altri personaggi illustri che hanno sacrificato la loro vita per la patria, i Deci e i Drusi, e che hanno condotto l’esercito romano a svariate vittorie, Torquato e Camillo. Infine, i versi 826-835 vengono dedicati alla trattazione del tema della guerra civile del 49 a.C., iniziata quando Cesare attraversando il Rubicone discende nella penisola italiana. Viene ricordato il momento di svolta per la contesa, ovvero la battaglia decisiva di Farsalo del 48, la quale si conclude con la vittoria di Cesare, nonostante ancora una volta il numero di soldati pompeiani sia di gran lunga sproporzionato a scapito dei cesariani. Virgilio rivolge, inoltre, una preghiera ai due nemici, affinchè non rivolgano “al cuor della patria le forze gagliarde” e incita Cesare “che ha stirpe d’Olimpo” a perdonare per primo Pompeo “o mio sangue” (vv. 835, VI libro, Eneide).