Commento di Lorenzo Barzan

Ai versi 860-87 del libro VI abbiamo un compianto funebre da parte di Anchise (già morto, che accompagna il figlio nell'Ade) nei confronti di Marco Claudio Marcello, il nipote ed erede di Ottaviano Augusto morto prematuramente nel 23 a. C., e a cui lo zio sembra aver riservato un funerale di tutto riguardo, stando a quanto ci dice Servio, che lo descrive come un evento dall'amplissima partecipazione a cui prende parte lo stesso Virgilio, con delle letture pubbliche, presumibilmente anche del passo in esame. Il commentatore precisa il fatto che il giovane sia stato seppellito al Campo Marzio; ciononostante, tre traduzioni italiane contemporanee dell’Eneide (Calzecchi Onesti, Canali, Fo) danno un significato diverso alle parole “Quantos ille virum magnam Mavortis ad urbem / campus aget gemitus!” (vv. 872-73), riferendo quel Mavortis alla stessa Urbs (risulta quindi “città sacra a Marte”), il che non è del tutto irragionevole tenendo conto di quanto sarebbe intricata la frase se fosse riferito a campus. Questo non è poi l’unico punto del passo la cui traduzione non è scontata. Al v. 884 si definisce Marcello nepos, e Servio precisa che quel nepotis significa: “posteri: non enim re vera nepos fuit”. A dire il vero, Marcello era figlio di Ottavia, sorella del princeps, e quindi era davvero un suo nipote. Che sia una svista dell’autore del IV secolo, o c’è qualcos'altro che ci sfugge? Invece le considerazioni di Anchise ai vv. 870-71 e quelle ai vv. 875-77 e 879-81, seguite da un solenne heu [...], sono poste in un contesto che sembra essere a volte passato, a volte futuro. Nel primo caso, la stirpe romana è parsa troppo potente agli occhi degli dèi, come se nel racconto fosse tutto già successo, mentre invece Marcello deve ancora nascere. Nel terzo (879-81), si dovrebbe letteralmente tradurre “Nessuno gli sarebbe mai andato incontro [...] che lui si avvicinasse [...] o che spronasse [...]”, ma è da intendersi come “Nessuno gli andrà mai incontro [...]” e via dicendo. Se in latino e in italiano esistesse un “condizionale futuro” la questione non si porrebbe. Lo stesso vale per l’altra sezione (875-77), in cui si menziona la speranza a cui il giovane avrebbe alzato “gli antenati latini”... una frase del genere può essere detta solo da chi, come Anchise, tenta di sperare nel futuro pur sapendo già quanto sia inanis l’offerta floreale da lui fatta all'anima del giovane, che presumibilmente richiama parte del rituale compiuto durante il suo funerale.