Pagine Segrete
Non chiamiamoli disegni, non chiamiamole poesie. Non c’è una parola, un’invenzione che possa definire esattamente due momenti così vicini del medesimo pensiero, oppure che li confonda, sospendendo per ogni istante ogni nostra distinzione? Senza una parola apriamo allora, semplicemente, queste pagine, questo diario segreto, notturno. Entriamo in questa indistinzione.
“C’è una naturale alleanza fra verità e dolore”. Trascrivo questo pensiero di Simone Weil perché mi sembra che riveli il segreto di ogni vera ricerca e di quella che anima le pagine del nostro libro in particolare. L’estremo, a volte disperato rigore di un itinerario, di un viaggio nella notte per il quale ciò che conta è mettere sempre in gioco il nucleo più profondo e ogni più segreto, imprevedibile frammento del nostro essere. Solitudine, assoluto soggettivismo ma poi, come speculare, una straordinaria capacità di guardare e di ascoltare, di amare. Sono queste le cellule che sprigionano la loro vitale energia in ogni pagina.
Una innata ma non inconsapevole qualità del segno e della scrittura che insieme, si può veramente dire l’uno per l’altra, tessono un ordito ricchissimo. Il disegno rimanda alla poesia, la poesia al disegno con una sorprendente fluidità. Non è certo frequente nella nostra cultura questa fluidità, questa naturale simbiosi. Quando parola e immagine provano a dialogare nella stessa pagina, quasi sempre la scrittura diventa commento se non addirittura didascalia dell’immagine o, al contrario, il segno si fa accompagnamento, estetico ornamento del testo, della poesia. Ora invece per incanto, segno e parola si accordano come due note dello stesso strumento. E allora il libro si apre, è l’abitazione, lo spazio intimo e profondo dove è ancora possibile ascoltare immediatamente, sensibilmente la vibrazione di un segno, il suono, il dolore di un canto.
Guido Piacentini, Bologna 2004