Il digiuno intermittente è diventato uno degli argomenti più discussi in campo nutrizionale, ma cosa significa davvero, quali benefici può avere e per chi è indicato? Facciamo un po' di chiarezza.
Il digiuno intermittente non è una dieta in senso stretto, ma un modello alimentare che alterna fasi di digiuno, o periodi di apporto calorico molto basso, a fasi in cui si mangia. A differenza delle diete tradizionali che si concentrano solo su quali alimenti consumare, questa si focalizza principalmente sul quando mangiare. Le modalità più diffuse sono:
Alimentazione a tempo limitato (TRE) → restrizione dell’assunzione di cibo a una specifica finestra temporale ogni giorno, un esempio è il metodo 16:8 (16 ore di digiuno e 8 ore in cui concentrare i pasti).
Eat-Stop-Eat → prevede un digiuno completo di 24 ore, da una a due volte a settimana, come il metodo 5:2 (5 giorni di alimentazione regolare e 2 giorni di digiuno).
Alternate-day fasting (ADF) → giorni alterni di digiuno o con apporto calorico drasticamente ridotto (solitamente tra 0 e 500 kcal o non superiore al 25% del fabbisogno abituale) e giorni con un'alimentazione normale.
L’idea alla base è dare al corpo più tempo per “riposare” dai processi digestivi e metabolici.
Durante il digiuno, le riserve di glicogeno si esauriscono gradualmente e l’organismo inizia a utilizzare i grassi come fonte energetica. Alcuni effetti osservati sono:
migliore sensibilità insulinica e controllo glicemico;
riduzione dei marker infiammatori e dello stress ossidativo;
attivazione dell’autofagia, un processo di “pulizia cellulare” che favorisce il rinnovamento.
Tuttavia, gli studi sottolineano che non tutti rispondono allo stesso modo: i benefici dipendono da età, sesso, stile di vita e condizioni cliniche.
Un errore comune è pensare che nelle ore di alimentazione si possa mangiare senza criterio; in realtà, la qualità dei pasti è fondamentale:
preferire cereali integrali e carboidrati a basso indice glicemico;
inserire proteine magre (pesce, legumi, carni bianche, uova);
non trascurare verdure e frutta per fibre e micronutrienti;
aggiungere grassi buoni come olio extravergine d’oliva, semi e frutta secca.
Solo così si ottiene un reale beneficio metabolico e si riduce il rischio di abbuffate.
Durante il periodo di adattamento, alcuni individui possono sperimentare fame, mal di testa, vertigini, affaticamento e irritabilità; inoltre, cambiando i ritmi di introduzione del cibo, anche la motilità intestinale ne può risentire, infatti possono verificarsi anche problemi di stitichezza.
Ci sono anche delle controindicazioni perché il digiuno intermittente non è adatto a tutti, è sconsigliato a:
donne in gravidanza o allattamento;
bambini e adolescenti;
persone con disturbi del comportamento alimentare;
pazienti con patologie (diabete T1, malattie cardiache, renali o epatiche).
Anche chi pratica attività fisica intensa dovrebbe valutare con attenzione il timing dei pasti per evitare cali di performance o perdita di massa muscolare.
Il digiuno intermittente può essere una strategia valida, ma non è una soluzione universale, funziona solo se inserito in uno stile di vita sano, con alimentazione equilibrata e movimento regolare.
Prima di intraprenderlo è bene rivolgersi a un professionista, che può personalizzare il percorso in base alle esigenze individuali.
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