Gli abstract
Gian Mario Anselmi, Loredana Chines (Università degli Studi di Bologna, Centro studi ARCE-Archivio Ricerche Carteggi Estensi), L'umanesimo senza frontiere: Galeotto Marzio maestro e protagonista
L'intento di questa relazione a due voci è di mettere a punto una riflessione su un grande protagonista dell'Umanesimo italiano e al tempo stesso uno dei principali intellettuali operanti alla corte di Mattia Corvino, fra i più rilevanti artefici dell'innesto della tradizione umanistica italiana nella grande stagione ungherese di Corvino. Galeotto fu "senza frontiere" appunto su due livelli: innanzitutto per i suoi molteplici spostamenti fra le corti e i centri di studio padani e non solo, con particolare importanza per i suoi soggiorni a Ferrara e a Bologna come prestigioso maestro nello Studio universitario della città. Ma il suo originalissimo contributo di umanista e di studioso fu "senza frontiere" anche tra i campi disciplinari, i saperi e le culture cui si applicò con vasta erudizione e con un approccio di autentica curositas per nulla timorosa di avventurarsi in terreni inesplorati o poco ortodossi. Letterato, esperto conoscitore della cultura classica, scienziato, filosofo e teologo si aprì anche a una piena competenza verso l'ebraico e l'arabo propugnando una necessaria convergenza delle fedi religiose verso la ricerca di un'unica verità secondo un progetto, per altro caro anche ad altri importanti personalità come Pico della Mirandola, di pacificazione universale nella ricerca della vera sapienza e delle verità ultime. Gli studi su Galeotto meritano un rinnovato impulso per studiare davvero a fondo una delle personalità più audaci e originali dell'Umanesimo italiano e ungherese.
Giorgio Montecchi (Accademia di Scienze Lettere e Arti di Modena), Anna Rosa Venturi (Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi), I manoscritti corvianiani nella Biblioteca Estense di Modena
La storia dei corvini dispersi è storia lunga e controversa. Le loro tracce sono state seguite in tutto il mondo, tanto da riuscire a ricreare virtualmente una buona parte della straordinaria biblioteca che Mattia Hunyadi aveva costruito. I codici finiti all’Estense hanno un iter piuttosto lineare e compatto, essendo stati acquistati a Venezia, in un unico lotto, dal duca Alfonso II per tramite del suo provveditore Girolamo Faletti. In questa sede si riprendono in esame, dei 17 iniziali, i 15 pezzi rimasti, peraltro ben noti e già esposti nella mostra modenese del 2002 e nel relativo catalogo, col tentativo di aggiungere qualche nuova intuizione.
Lidia Righi Guerzoni (Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena), L'Ungheria nelle memorie di primo Ottocento del conte modenese Luigi Forni
Nel 1832 viene pubblicato a Modena un libro di rilevante interesse e novità, dal titolo Alcune notizie sull’Ungheria. Ne è autore il conte Luigi Forni che, come puntualizza nell’incipit, lo ha composto nel 1829 durante il soggiorno in terra magiara rielaborando le conoscenze acquisite in loco tramite i testi di noti studiosi contemporanei. Nato a Modena nel 1806, all’epoca Forni è in possesso di una solida cultura maturata con la frequentazione del prestigioso Collegio dei Nobili e dell’Accademia Nobile Militare Estense. Come si evince dai suoi numerosi manoscritti conservati nell’archivio di famiglia (in deposito presso l’Archivio di Stato di Modena), era dotato di viva curiosità intellettuale e di acuto spirito di osservazione sugli aspetti geo-antropologici e socio-culturali delle località frequentate durante i viaggi, come dimostrerà anche nel ruolo di aiutante di campo dei duchi austro-estensi Francesco IV e Francesco V. Dal carteggio con i famigliari, specie con il fratello prediletto Giuseppe, si apprende che nell’estate 1827 il giovane conte, avviato alla carriera militare si trasferisce a Posing [dieresi su o] nei pressi di Presburgo. Da “Cadetto dell’I.R. Reggimento Corazzieri del Principe Ferdinando n. 4”, due anni dopo viene promosso “Tenente nell’I.R. Reggimento di Konig [dieresi su o] von Bayern n. 2” di stanza a Grosskanisa. Nel corso dei successivi acquartieramenti, tra cui S. Georgen, Draskovetz, Kanisa e nei pressi del lago Platten, Forni ha modo di conoscere le plurime realtà del regno ungherese in gran parte per lui sorprendenti, in primis la coesistenza di più nazionalità, ciascuna con emblematiche peculiarità, tali da affascinarlo fino a legarlo profondamente a questa terra. Ne è testimonianza eccellente il libro Alcune notizie sull’Ungheria il cui contenuto di un centinaio di pagine, suddiviso in “Lettere” rivolte come è facile intuire al fratello, restituisce un accattivante affresco della terra magiara. Le sue indagini si soffermano sui villaggi e sui castelli delle signorie, nel vissuto tra storia, cultura e istruzione, viabilità e prodotti del suolo, abbigliamento, divertimenti e superstizioni, per poi affrontare temi di politica, economia e finanza. Quasi vent’anni dopo, nel luglio 1845 Luigi Forni al seguito a Vienna del duca Francesco IV d’Austria Este ottiene il permesso di assentarsi alcuni giorni per visitare Buda e Pest che non conosce ancora di persona. Naviga con il vapore sul Danubio, annota appunti in fogli sparsi e illustra nelle lettere alla moglie Misina le meraviglie del viaggio, nonché ambedue le realtà urbane separate dal Danubio e alquanto dissimili, una sull’altura con testimonianze di regale antichità, l’altra vivacizzata dal recente progresso industriale. Con lo scoppio della rivoluzione del 1848 il lungo filo rosso che legava il conte Forni all’Ungheria si dipana ancora una volta con l’obiettivo di divulgarne ad ampio raggio le emblematiche connotazioni storico-antropologiche. Come attestano i numerosi suoi manoscritti in più copie, compone l’importante saggio Delle popolazioni che abitano l’Ungheria e la Transilvania e si avvale del veicolo mediatico del periodico ducale “Il Messaggere. Foglio di Modena”. Vi compare nell’“Appendice” per tre numeri, il 27 novembre, il 4 e l’11 dicembre ma, nonostante la scritta “continua”, non viene più pubblicato, forse a causa di un’autorevole intervento censorio data la precaria situazione politica.
Alberto Menziani (Deputazione di Storia patria per le Antiche provincie modenesi), Riccardo Pallotti (Archivio di Stato di Modena), Relazioni di carattere militare, ecclesiastico e patrimoniale fra gli Austria-Este e l’Ungheria nel secolo XIX. Prime note di ricerca
Le secolari relazioni tra gli Estensi e l’Ungheria continuarono anche con la nuova dinastia austro-estense, originata dal matrimonio celebrato nel 1771 tra Ferdinando d’Asburgo-Lorena e Maria Beatrice, figlia di Ercole III d’Este ed erede dello Stato di Modena. Sotto il profilo militare, va ricordato che Francesco Ferdinando d’Austria-Este, nato a Modena nel 1819 e Duca di Modena dal 1846 al 1859 col nome di Francesco V, rivestì per oltre quarant’anni, e cioè dal 1834 fino alla morte (1875), la carica di colonnello proprietario del 32° regg. IR di Fanteria, reclutato a Budapest. Il sovrano rimase sempre assai legato al “suo” reggimento, che partecipò con onore alle campagne del 1848/49 e 1859 in Italia e del 1866 in Boemia. Gli inventari dell’Archivio di Stato di Modena denunciano la presenza di documenti relativi all’attività di Francesco V quale Inhaber del 32°, peraltro ad oggi purtroppo non reperiti. Parimenti proprietario di un reggimento a reclutamento ungherese, ma di Cavalleria, e cioè il 3° Ussari, fu l’arciduca Ferdinando d’Austria-Este (1781-1850), zio di Francesco V, che entrò giovanissimo nell’esercito austriaco, pervenendo nel 1836 al grado di feldmaresciallo. Tra i numerosi incarichi di Ferdinando, che parlava correntemente l’ungherese, vi furono quelli di comandante generale dell’Ungheria e di commissario in Transilvania. E proprio in uniforme ungherese il feldmaresciallo è raffigurato in una statua, inaugurata nel 1855, che si può tuttora ammirare a Modena nel vestibolo della cappella mortuaria estense. Anche un altro zio di Francesco V, l’arciduca Massimiliano d’Austria-Este (1782-1863), ebbe a che fare con l’Ungheria, essendo stato tra l’altro incaricato di organizzare l’Insurrectio in Transilvania nella guerra del 1809. Gli Austro-Estensi presero inoltre al loro servizio alcuni militari ungheresi provenienti dall’armata austriaca, come ad esempio Nicola Romay e Giovanni Pisztory. All’incontro, dopo lo scioglimento dell’esercito austro-estense (sett.1863) taluni ufficiali modenesi entrarono in reggimenti ungheresi o comunque di guarnigione in Ungheria.
Oltre alla sfera militare, le relazioni tra la Casa d'Este e l'Ungheria, nel corso dei secoli XVIII e XIX, investirono anche gli ambiti ecclesiastico e patrimoniale. Per quanto concerne i rapporti con la Chiesa ungherese, va ricordata la figura dell'arcivescovo Carlo Ambrogio d'Austria-Este (1785-1809), figlio degli arciduchi Ferdinando e Maria Beatrice. L’invasione francese dell’Italia aveva costretto gli Asburgo d'Este a riparare a Vienna; alla corte austriaca essi conobbero una notevole affermazione grazie alle nozze di Maria Ludovica, sorella di Carlo Ambrogio, con l’imperatore Francesco I. In tale contesto, il giovane prelato, già vescovo di Vác, fu eletto arcivescovo di Esztergom, la sede primaziale d’Ungheria. Nel luglio 1808 Carlo Ambrogio fu consacrato primate d’Ungheria per mano dei vescovi di Eger, Győr e Szombathely. La sua presenza è attestata, oltre che ad Esztergom, nella vicina Tata e a Szerencs (Ungheria orientale). Proprio a Tata l’arcivescovo si spense nel 1809, durante l’occupazione francese di Vienna; di fronte a tale emergenza gli Austria-Este avevano trovato riparo nell’Ungheria orientale (Maria Beatrice a Nagyvárad/ Grosswardein, l’imperatrice Maria Ludovica a Eger). Del resto i duchi di Modena erano titolari di possedimenti in Ungheria fin dalla prima metà del Settecento, quando avevano ottenuto dagli Asburgo le contee di Arad e Jenő; ben documentata dalle carte dell’Archivio Estense è la signoria di Arad, in Transilvania, cui si aggiunse, nell’Ottocento, il dominio di Sárvár, nell’Ungheria occidentale. Quest’ultimo apparteneva agli Asburgo d’Este ancora nel XX secolo, se si pensa che proprio a Sárvár, nel 1922, si spense l’ex re di Baviera Luigi III di Wittelsbach, marito di Maria Teresa d’Austria-Este, la nipote dell’ultimo duca di Modena.
Tiziana Maria Osio (Archivio di Stato di Modena), Il ruolo del vescovo Giuliano Sabbatini nell’acquisizione dei comitati di Arad e Jeno in Ungheria da parte del duca Rinaldo d’Este (1725-1726). Prime note di ricerca
27 novembre 1726 : l’imperatore Carlo VI con una vera e propria investitura feudale assegna i comitati di Arad e Jeno, ampio territorio di duecentodieci tra terre, villaggi ed altri luoghi al duca di Modena Rinaldo, fedele vassallo, “cum iure regio, iure patronatus et iure gladii”. Dietro questa importante acquisizione si cela la paziente e sapiente attività diplomatica estense volta ad avere una compensazione per i danni patiti durante la guerra di successione spagnola, e in particolare per la distruzione della rocca di Brescello nel 1704, nonchè per la mancata restituzione di Comacchio, occupata dalle truppe imperiali per diciassette anni e poi ridata allo stato pontificio nel 1725. L’artefice di questo risultato è il ministro estense presso la corte imperiale a Vienna, il vescovo Giuliano Sabbatini, che inizia con questo importante successo un’irresistibile ascesa sua personale e della sua casata. Originario di Fanano nel Frignano, entrato nell’Ordine dei Padri Scolopi, diventa uomo di fiducia del sovrano estense, rappresentandolo come suo Ministro presso le più importanti corti europee, Vienna, Parigi, Dresda, e Torino, e nominato successivamente Consigliere di Stato. Il ruolo di primo piano svolto dal vescovo Sabbatini, che l’anno successivo occupa i territori in Ungheria per conto del sovrano estense, è riconosciuto anche da L.A. Muratori nelle sua Antichità Estensi. Ed è proprio grazie ai preziosi servigi resi, che, su intercessione del duca d’Este, Sabbatini ottiene il Vescovado di Apollonia e l’Arcipretura di Carpi proprio nel 1726. Dalle carte dell’archivio privato della famiglia Sabbatini, depositato presso l’Archivio di Stato di Modena, dal carteggio con L.A. Muratori, e dal carteggio ambasciatori dalla Germania emergono interessanti spunti sull’azione diplomatica svolta da Sabbatini, che saranno oggetto di una più approfondita ricerca.
Alberto Attolini (Archivio di Stato di Modena), Intrigo internazionale a Modena. La causa di Crouy-Chanel contro Francesco V tra massoneria e alta politica
All’indomani della caduta del governo ducale, il barone Alberto Nyary è tra i primi a studiare i documenti dell’Archivio Segreto Estense, da poco aperto al pubblico. Questa attività di ricerca trova coronamento con la stampa di due opuscoli a carattere storico-genealogico, che divengono il punto di partenza per una causa giudiziaria particolare: Auguste Crouy-Chanel cita Francesco V per rivendicare il titolo di duca di Modena. Quella che, a prima vista, potrebbe sembrare poco più che una controversia bizzarra e priva di fondamento giuridico, viene ricollocata nel suo contesto originario dei circoli dell’emigrazione politica ungherese e delle logge massoniche di diversa obbedienza e di difforme orientamento ideologico, finendo con il rivelare una sottesa – occulta – trama di politica internazionale tesa a colpire l’Impero d’Austria e la Casa d’Asburgo.
Ilona Kristóf, Beatrice d'Aragona nel ruolo "materno" e politico
Beatrice d’Aragona (1457-1508) viene considerata dall’opinione pubblica, basandosi sul parere dei contemporanei, una delle regine ungheresi più influenti della storia. Le ricerche storiche ungheresi fino a tempi recenti non avevano dato credito a questa opinione. Nella mia presente relazione intendo esaminare in base alle fonti d’archivio la capacità di Beatrice a far valere i propri interessi. Prenderò in considerazione quegli elementi della sua attività quando obbedì alle aspettative dettate dal marito contrapponendoli alle sue azioni contrarie alle norme. Metterò a confronto i risultati ottenuti con la sua influenza all’immagine che si comunicava di sé. In base a tale esame si può affermare che nelle sue lettere si attribuì un’influenza assai maggiore rispetto a quella che si può verificare analizzando gli eventi. Fino agli inizi degli anni 1480 volle rafforzare le sue posizioni tenendo presente gli interessi dinastiche della sua famiglia. La prevista successione al trono di Giovanni Corvino per via della sua sterilità la mise in pericolo e ciò le fece cambiare politica. Benché la nomina di Ippolito d’Este ad arcivescovo di Esztergom fosse l’unico caso in cui si possa dimostrare e considerare riuscita l’influenza della regina sul marito, ciò non cambiò ormai la posizione di Beatrice ormai. Entrando in scena i suoi problemi personali e coinvolgendosi sentimentalmente compì passi contari alle abitudini dell’epoca alla corte ungherese, tirando a sé stessa il giudizio negativo dei contemporanei e dei posteri, non solamente riguardo alla sua natura difficile. Questi gesti vennero proiettati anche come il suo presunto influsso a posteriori fino al suo primo incontro con il re. In base alle fonti si può affermare che il potere e l’influenza di Beatrice, nonostante le sue manifestazioni vistose verso l’estero, furono dipendenti unicamente dalla volontà del marito.
Hajnalka Kuffart: La comitiva italiana d'Ippolito I d'Este nel 1487
Le ultime ricerche hanno reso necessario riprendere il tema della scorta di Ippolito I d’Este per poter creare un’immagine quanto più dettagliata sulle carriere delle singole persone. Nel corso delle indagini intendiamo esaminare la questione da due direzioni: Tibor Neumann si occupa dei nobili ungheresi, mentre la presente relazione è dedicata alla comitiva di origine italiana. La corte arcivescovile di Esztergom è il frutto del compromesso tra le due sorelle, Beatrice ed Eleonora d’Aragona. I membri italiani non erano esclusivamente ferraresi, ma ce ne erano alcuni delegati dalla regina e altri potevano venire anche dalla comitiva – prevalentemente napoletana – dell’arcivescovo precedente, Giovanni d’Aragona, la presenza dei quali rifletteva pure l’intenzione della regina. Tra le copiose fonti (libri contabili, dispacci, istruzioni, relazioni ecc.) occupano un posto rilevante quegli abbozzi che sono nati durante l’anno che precedeva il primo viaggio di Ippolito in Ungheria (1486/87). Uno di questi contiene i nomi della progettata scorta ungherese, mentre su sei versioni variegate da note, nomi barrati e reintegrazioni troviamo quelli che sarebbero rimasti in Esztergom oppure tornati a Ferrara. La versione finale è stata allegata all’istruzione del governatore Beltrame Costabili. Il risultato delle considerazioni però è stato ulteriormente influenzato dalle circostanze reali.
György Domokos (Università Cattolica Péter Pázmány, Gruppo di ricerca "Vestigia"), Dal Canale di Burana al fiume Hernád. Lettere di Taddeo Lardi, il bis gubernator Agriensis dall'Ungheria
Taddeo Lardi servì la dinastia degli Estensi in Ungheria per venticinque anni (1487-1512) con un’interruzione di un paio di anni. Le sue più di settanta lettere datate da qui e ora conservate all’Archivio di Stato di Modena documentano non solo gli eventi principali del periodo (l’arrivo della nuova regina, la guerra antiturca, ecc.), ma anche la vita quotidiana a Esztergom, Buda e Eger. La relazione intende presentare, a proposito della pubblicazione prevista dell’espitolario, lo stile, la lingua, il ruolo, il personaggio del Lardi (sepolto a Cassovia, l'odierna Košice inSlovacchia) e offrirà un saggio del contenuto di alcune delle lettere.
Dorottya Kriston, Il padre delle ricerche dei hungarica in Italia e dell'araldica ungherese. In memoriam Nyáry Albert
Gli inizi della cooperazione tra l’Archivio di Stato di Modena e i ricercatori ungheresi si collegano alla storia dei rapporti italo-ungheresi nel periodo del Risorgimento. Com’è ben noto, nelle truppe di Garibaldi combatterono numerosi soldati ungheresi e il Regno d’Italia nascente ospitò molti emigranti dopo la guerra di indipendenza ungherese del 1848-49. Tra loro fu il barone Albert Nyáry (1828-1886), attivista repubblicano, uno dei “giovani di marzo”, partecipe delle battaglie a Napoli, il primo ungherese a visitare gli archivi italiani negli anni ‘60. Le sue copie manoscritte formano il primo nucleo dei progetti miranti a rinvenire delle fonti che durano fino ad oggi. Ma l’opera omnia di Nyáry non è importante solamente per questo. Dopo il suo ritorno in Ungheria nel 1866 abbandonò la politica e si concentrò all’organizzazione della vita accademica ungherese; fece parte nella fondazione di società scientifiche e redasse riviste. Dagli anni ‘70 si dedicò all’araldica che in Ungheria era stato fino ad allora un campo scientifico marginale. Il suo capolavoro, Il filo conduttore dell’araldica diventò un punto di riferimento per le future ricerche.
Zoltán Péter Bagi: L’organizzazione delle truppe e dei mercenari italiani partecipanti alla „Lunga guerra” (1591–1606)
Nel Cinquecento e nel Seicento il territorio del Regno d’Ungheria fu uno dei teatri di guerra tra l’Europa cristiana e l’Impero Ottomano che incarnava il mondo musulmano. Seguendo gli ideali cavallereschi risorgenti i volontari provenivano in massa da tutte le parti del continente e anche l’Impero Asburgico assumeva capitani e mercenari forestieri esperti di guerra. Nella mia relazione voglio presentare l’organizzazione delle truppe italiane in Ungheria durante la “Lunga guerra” (1591–1606), dividendo l’esposizione in due parti. Prima parlerò delle truppe ausiliari papali che vennero tre volte nel territorio del Regno d’Ungheria nel periodo della guerra (nel 1595, nel 1597 e nel 1601). Poi, attraverso gli esempi di Germanico Strassoldo e Alessandro Ridolfi, presenterò anche il modo dell’ingaggio degli italiani da parte del sovrano asburgico.
Tibor Martì, La dote di Beatrice d'Aragona
Durante le mie ricerche negli ultimi anni in diversi archivi spagnoli tra i documenti dell’Archivio Nazionale Storico di Spagna, provenienti da Valencia, e poi grazie all’aiuto del mio collega Bence Péterfi nelle fonti dell’Archivio di Simancas ho trovato un materiale diplomatico relativo all’eredità di Beatrice d’Aragona. È probabile che i diplomi legati alla persona di Beatrice, arrivati a Madrid alla fine dell’Ottocento, abbiano fatto parte della sua eredità e siano stati conservati nella biblioteca di suo nipote Ferrante d’Aragona duca di Calabria (1488-1550). Gli obiettivi della mia relazione sono la presentazione delle fonti, la divulgazione delle questioni sull’origine dei diplomi e il riassunto breve delle informazioni sulle trattative attorno al contratto di alleanza e a quello prematrimoniale tra 1474 e 1476. Una delle nuove fonti che voglio presentare è una copia del contratto prematrimoniale stipulato tra il sovrano di Napoli Ferrante d’Aragona e Mattia Corvino nel dicembre 1476 a Buda che contiene l’elenco tassativo della dote di Beatrice – probabilmente quest’elenco finora sconosciuto è l’elemento più ragguardevole del materiale diplomatico per la ricerca.
Tibor Neumann, Nobili ungheresi nella comitiva d'Ippolito I d'Este
Nell’agosto del 1486 l’ambasciatore ferrarese ha dato notizie da Posonio (l’odierna Bratislava) dell’organizzazione della futura corte ungherese di Ippolito I d’Este, arcivescovo di Esztergom, e nella relazione cita le parole della regina Beatrice d’Aragona, zia di Ippolito: “quando epso Don Hipolyto cavalcarà, haverà così bella comittiva, come pochi altri Signori de Italia”. Menziona pure l’elenco composto dalla coppia reale che è stato spedito a Ferrara per dimostrare come si sarebbe organizzata la comitiva di baroni e nobili. Per fortuna la lista menzionata è conservata, perciò, dopo aver presentato la corte progettata ed esaminato il quesito se Beatrice non avesse esagerato, all’inizio del mio contributo intendo determinare chi e secondo quali criteri hanno composto l’elenco in questione. Di seguito esaminerò cosa si sono realizzate delle idee, visto che Ippolito è arrivato un anno dopo del previsto, come si vede evidentemente anche nella composizione della sua scorta. Ne sorge la domanda se sono riusciti a trovare delle persone non meno illustri. Alla fine presento brevemente i cambiamenti e le tendenze della comitiva ungherese dopo il 1487 ed analizzo i rapporti tra il personale della corte reale e quella arcivescovile. Gli studi sulla scorta del giovane arcivescovo fanno parte di una ricerca più ampia sull’argomento dell’organizzazione della corte ungherese di Ippolito che stiamo svolgendo insieme con Hajnalka Kuffart.