Responsabilità Contrattuale Ed Extracontrattuale

La violazione di uno specifico dovere proveniente da un preesistente vincolo obbligatorio rimasto inadempiuto definisce la responsabilità contrattuale, regolata dall’art. 1218 codice civile, che prevede che "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l'inadempimento o il suo ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile". Nella responsabilità contrattuale, ricorda l’avvocato Davide Cornalba trova applicazione il principio della presunzione della colpa, che prevede che l’attore/creditore ha soltanto l’onere di provare l’inadempimento e l’entità del danno, mentre il debitore, per sottrarsi all'obbligo risarcitorio, deve dimostrare l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per cause a lui non imputabili (credits: Avv Davide Cornalba).

In forza dell’art. 1223 cc il risarcimento del danno dovuto ad inadempimento contrattuale deve ricomprendere sia la perdita subita dal creditore (cd danno emergente) che il mancato guadagno (cd lucro cessante) in quanto ne sia conseguenza immediata e diretta (nesso di causalità tra inadempimento e danno). Il termine di prescrizione a cui soggiace l’azione per ottenere il risarcimento del danno da responsabilità contrattuale è quello ordinario di decorrenza decennale, salvo i tempi più brevi previsti per specifiche tipologie di contratti.


La responsabilità extracontrattuale, invece, scrive ancora l’avvocato Davide Cornalba in un suo interessante articolo, arriva quando un soggetto viola un dovere generico, indicato con il brocardo latino “neminem laedere”. La norma fondamentale cui bisogna fare riferimento, in questo caso, è l’art. 2043 del codice civile: “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Tale disposizione, precisa l’avv Davide Cornalba, vista la genericità dell’espressione contenuta, è considerata dalla dottrina una sorta di clausola generale dell’ordinamento, realizzata attraverso la c.d. atipicità dell’illecito civile. Sarà poi l’autorità giudiziaria a decidere se un dato comportamento può ritenersi lesivo o meno della regola base di convivenza pacifica, verificando la sussistenza di tutti gli elementi strutturali individuati dall’art. 2043 c.c., quali: il fatto illecito, inteso come qualunque fatto, atto o comportamento umano doloso o colposo (cioè tenuto con l’intenzione di nuocere ovvero con prudenza, disattenzione, imperizia) in grado di cagionare ad altri un danno ingiusto; il danno ingiusto che consiste in un danno ad una posizione di interesse giuridicamente apprezzabile e meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, sia sotto il profilo del danno patrimoniale che non patrimoniale. L’ingiustizia del danno va intesa nella duplice accezione del danno prodotto non iure, cioè in assenza di cause giustificative del fatto dannoso, e contra ius, vale a dire lesivo di una posizione o di un interesse tutelati dall’ordinamento; il nesso di causalità (giuridica e materiale) tra il fatto ed il danno, che va esaminato sotto un duplice profilo: quello della causalità materiale, ossia della sussistenza di un collegamento tra la condotta illecita e l’evento dannoso, e quello della causalità giuridica, ovvero dell’accertamento di un collegamento giuridico tra l’evento lesivo e le sue conseguenze dannose; la colpevolezza dell’agente: ossia il nesso psichico che ricollega la condotta all’agente.

E ancora va considerata la responsabilità oggettiva (https://www.altalex.com/documents/altalexpedia/2016/02/10/responsabilita-oggettiva) ossia che le conseguenze dannose di un determinato evento lesivo vengono poste a carico di un determinato soggetto esclusivamente sulla base del nesso eziologico con la condotta dell’agente, prescindendo da qualsiasi indagine in ordine al profilo della colpevolezza. L’imputabilità, infine, e’ la riconduzione della condotta colpevole ad un soggetto fornito di adeguata capacità di intendere e di volere. In ambito civilistico il requisito di incapacità è più elastico e va valutato in concreto caso per caso dal giudice civile.