Lettera aperta di Ale Senso

"Viviamo immersi in un irreale silenzio rotto solo dalle sirene delle ambulanze e dalle campane a morto” mi dice mia zia dalla provincia di Bergamo.

Quando tutto è iniziato mi trovavo a Berlino per seguire un progetto artistico, il mio primo istinto fu di tornare subito a Bergamo per stare con la mia famiglia e aiutare mia madre ma mia sorella, tecnico di radiologia presso l’ospedale Giovanni XXIII, mi spiegò chiaramente che sarebbe stato meglio per nostra madre che io rimanessi a Berlino perché non avrei fatto altro che aumentare il rischio di contagio per lei. È stata una decisione difficile e tuttora ne soffro.

Le notizie dall’Italia e dalla mia città in particolare si susseguono con un assurdo turbinio.

L’emergenza sanitaria, l’emergenza economica, l’emergenza sociale…

Sono convinta che sia arrivato il momento per tutti noi di diventare parte attiva e dedicare il nostro tempo e le nostre risorse sia per sostenere quelli di noi che per vocazione professionale sono in prima linea, sia per iniziare a disegnare il dopo, per far sì che ciò che è successo non si ripeta mai più. Dobbiamo, tutti, occuparci della nostra società. Possiamo e dobbiamo rifuggire dal pregiudizio e confrontare le nostre idee con dignità e rispetto piuttosto che rispondere urlando senza ascoltare. Questa esperienza ci insegna che, non importa quanto benestanti o bisognosi si sia, siamo tutti esseri umani con la stessa voglia di vivere assieme e che il bene degli altri è anche il nostro bene.

Per agire nell’immediato ho pensato di lanciare una raccolta fondi per sostenere economicamente le nostre strutture sanitarie falcidiate da decenni di tagli alla spesa. A questo scopo metto a disposizione alcune delle mie opere più recenti nelle quali ho raccontato la frammentazione e l’intima solitudine imposte all’essere umano da da un’organizzazione sociale sempre più economicista e mercificante, nonché il bisogno di una rinascita.

Ale Senso