Sabato 7 giugno 2025 il FAI rievocherà i 500 anni delle Guerre Rustiche con alcune visite guidate all'Oratorio di San Rocco e Sant'Antonio Abate a Borgo Valsugana. Io faccio da narratore per la visita delle 14:00.
Il legame fra le Guerre Rustiche e l'Oratorio risiede da un lato nel fatto che in una delle due sale dell'Oratorio si tenne un giuramento di unità dei leader della rivolta. E dall'altro perché fra questi leader vi era Francesco Corradi, principale pittore dell'Oratorio, che quando la rivolta fu repressa subì il taglio della lingua in Piazza Duomo a Trento.
Le notizie su Corradi sono molto scarne. Riporto dalla storia di Borgo di Armando Costa. Il 23 dicembre 1525 in piazza a Trento fu decapitato Jacopo Corradi, e fu tagliata la lingua a Francesco Corradi e a Gaudenzio de Canas Francesco Corradi si era dato molto da fare nelle negoziazioni durante le rivolte, partecipando fra l'altro alla Dieta di Innsbruck. Di lui si riporta di "non averlo mai udito a sparlare delle Superiorità..." Durante il processo, difese se stesso e i suoi coimputati.
La mia fonte principale sono stati i volumi di Vittorio Fabris e la tesi di Giorgia Lucchi (DAMS, Bologna 1999/2000).
Tradotto dalla voce in inglese di Wikipedia
Gli storici non sono d'accordo sulla natura della rivolta e sulle sue cause: se nacque dall'aumento degli affitti; se la nascente controversia religiosa fosse incentrata su Lutero; se una parte benestante dei contadini vide la propria ricchezza e i propri diritti svanire e cercò di integrarli nel tessuto legale, sociale e religioso della società; o se i contadini si opposero all'emergere di uno stato nazionale modernizzante e centralizzatore.
I nobili avevano sconfitto le città e i contadini in una serie di guerre tra le città nel 1440 e il 1460 e avevano iniziato ad aumentare aggressivamente gli affitti. Ciò richiedeva un aumento del loro controllo sui contadini, cosa che fu fatta rafforzando i vincoli della servitù della gleba e limitando l'accesso ai terreni comuni, di cui i contadini avevano bisogno per pascolare il loro bestiame. [ 39 ]
Nel corso della guerra contadina, i gruppi contadini locali presentarono liste di richieste, denominate “articoli”. Uno studio su centinaia di questi articoli ha rilevato che “il 90 percento di tutte le liste contadine attaccava la servitù della gleba”, l’81 percento restrizioni all’accesso ai beni comuni e il 72 percento “chiedeva una riduzione degli affitti”. [ 40 ] Queste tre questioni indissolubilmente connesse spiegano la causa della rivolta.
Dopo aver sconfitto i contadini e i loro alleati cittadini nel 1525, i signori continuarono ad aumentare gli affitti al punto che, negli anni Settanta del Cinquecento, i contadini pagavano tra il 60 e l'80% del loro raccolto in rendite e debiti. Questa cifra insostenibile significava che i contadini non potevano nutrire adeguatamente se stessi, il loro bestiame o rifertilizzare il terreno. Ciò portò a un calo delle rese cerealicole, a una diffusa malnutrizione e a carestie, che aprirono la strada al ritorno della peste. Le tensioni sociali crebbero a tutti i livelli della società, provocando cacce alle streghe e ripetuti scoppi di guerra. Il crescente onere delle tasse di guerra e l'enorme debito paralizzarono ulteriormente l'economia, sfociando in un collasso generale e nella Guerra dei Trent'anni. La Guerra dei Trent'anni fu l'inevitabile conseguenza della sconfitta dei contadini nel 1525. I contadini in Inghilterra, nel frattempo, ottennero la libertà dalla servitù della gleba, il che permise loro di produrre le crescenti eccedenze agricole che alimentarono l'ascesa dell'Inghilterra a potenza mondiale. [ 41 ]
Un'opinione è che le origini della Guerra dei contadini tedeschi risiedano in parte nell'insolita dinamica di potere causata dal dinamismo agricolo ed economico dei decenni precedenti. La carenza di manodopera nella seconda metà del XV secolo aveva permesso ai contadini di vendere la propria forza lavoro a un prezzo più alto; la carenza di cibo e beni aveva permesso loro di vendere anche i propri prodotti a un prezzo più alto. Di conseguenza, alcuni contadini, in particolare quelli con un fabbisogno allodiale limitato , furono in grado di accumulare significativi vantaggi economici, sociali e legali. [ 42 ] I contadini erano più preoccupati di proteggere i guadagni sociali, economici e legali ottenuti che di ricercarne ulteriori. [ 43 ]
Il loro tentativo di aprire nuove strade mirava principalmente ad aumentare la loro libertà cambiando il loro status da servi , [ 44 ] come il famigerato momento in cui i contadini di Mühlhausen si rifiutarono di raccogliere gusci di lumaca attorno ai quali la loro signora avrebbe potuto avvolgere il suo filo. Il rinnovamento del sistema signeuriale si era indebolito nel mezzo secolo precedente, e i contadini non erano disposti a vederlo ripristinato. [ 45 ]
Persone di tutti gli strati della gerarchia sociale – servi della gleba o abitanti delle città, membri delle corporazioni o contadini, cavalieri e aristocratici – iniziarono a mettere in discussione la gerarchia stabilita. Il cosiddetto Libro dei Cento Capitoli , ad esempio, scritto tra il 1501 e il 1513, promuoveva la libertà religiosa ed economica, attaccando l’establishment governativo e mostrando orgoglio per il contadino virtuoso. [ 46 ] Le rivolte del Bundschuh dei primi 20 anni del secolo offrirono un’altra strada per l’espressione di idee antiautoritarie e per la diffusione di queste idee da una regione geografica all’altra.
La rivoluzione di Lutero può aver dato maggiore intensità a questi movimenti, ma non li ha creati; i due eventi, la Riforma protestante di Lutero e la Guerra dei contadini tedeschi, furono separati, condividendo gli stessi anni ma avvenendo indipendentemente. [ 47 ] Tuttavia, la dottrina di Lutero del " sacerdozio di tutti i credenti " potrebbe essere interpretata come una proposta di maggiore uguaglianza sociale di quanto Lutero intendesse. Lutero si oppose con veemenza alle rivolte, scrivendo l'opuscolo Contro le orde assassine e ladre di contadini , in cui osserva: "Chiunque può, colpisca, uccida e pugnali, segretamente o apertamente ... niente può essere più velenoso, dannoso o diabolico di un ribelle. È proprio come si deve uccidere un cane rabbioso; se non lo colpisci, ti colpirà".
Lo storico Roland Bainton vide la rivolta come una lotta che iniziò come un sovvertimento immerso nella retorica della Riforma protestante di Lutero contro la Chiesa cattolica, ma che in realtà fu spinta ben oltre i ristretti confini religiosi dalle tensioni economiche sottostanti del tempo. [ 48 ] [ 49 ]
Friedrich Engels interpretò la guerra come un caso in cui un proletariato emergente (la classe urbana) non riuscì ad affermare un senso della propria autonomia di fronte al potere principesco e lasciò le classi rurali al loro destino. [ 50 ]
Articolo principale: Dodici Articoli
Il 6 marzo 1525, circa 50 rappresentanti delle truppe contadine dell'Alta Svevia ( Baltringer Haufen , Allgäuer Haufen e Seehaufen) si incontrarono a Memmingen per concordare una causa comune contro la Lega Sveva. [ 55 ] Un giorno dopo, dopo difficili negoziati, proclamarono la fondazione dell'Associazione Cristiana, una Confederazione contadina dell'Alta Svevia . [ 56 ] I contadini si incontrarono di nuovo il 15 e il 20 marzo a Memmingen e, dopo ulteriori deliberazioni, adottarono i Dodici Articoli e l'Ordine Federale ( Bundesordnung ). [ 56 ] Il loro stendardo, il Bundschuh , ovvero uno stivale allacciato, servì come emblema del loro accordo. [ 56 ] I Dodici Articoli furono stampati più di 25.000 volte nei due mesi successivi e si diffusero rapidamente in tutta la Germania , un esempio di come la modernizzazione venne in aiuto dei ribelli. [ 56 ]
I Dodici Articoli rivendicavano il diritto delle comunità di eleggere e deporre il clero e richiedevano l'utilizzo della "grande decima" per scopi pubblici dopo la detrazione di un ragionevole stipendio da pastore. [ 57 ] (La "grande decima" veniva calcolata dalla Chiesa cattolica sul raccolto di grano e sui raccolti di vite del contadino. La grande decima spesso ammontava a più del 10% del reddito del contadino. [ 58 ] ) I Dodici Articoli richiedevano anche l'abolizione della "piccola decima" che veniva calcolata sugli altri raccolti dei contadini. Altre richieste dei Dodici Articoli includevano l'abolizione della servitù della gleba, del pedaggio di morte e l'esclusione dai diritti di pesca e caccia; il ripristino delle foreste, dei pascoli e dei privilegi revocati alla comunità e ai singoli contadini dalla nobiltà; e una restrizione sul lavoro statutario eccessivo, sulle tasse e sulle rendite. Infine, i Dodici Articoli richiedevano la fine della giustizia e dell'amministrazione arbitrarie.
Ogni città e villaggio avrà il diritto di eleggere e di destituire il proprio predicatore se si comporta male. Il predicatore predicherà il Vangelo in modo semplice, diretto e chiaro, senza aggiunte umane, poiché è scritto che possiamo raggiungere Dio solo attraverso la vera fede.
I predicatori saranno pagati con la grande decima. Qualsiasi eccedenza sarà utilizzata per aiutare i poveri del villaggio e pagare la tassa di guerra. La piccola decima sarà abolita, perché è stata inventata dagli uomini, poiché il Signore, nostro Dio, ha creato il bestiame gratuitamente per l'umanità.
Finora è stata prassi comune che fossimo trattati come servi, il che è deplorevole, poiché Cristo ci ha redenti tutti con il suo sangue prezioso, sia il pastore che il nobile, senza eccezioni. Pertanto dichiariamo di essere liberi e di voler rimanere tali.
Non è fraterno e non è conforme alla parola di Dio che il povero non abbia il diritto di cacciare selvaggina o uccelli, né di pescare. Poiché quando Dio nostro Signore creò l'uomo, gli diede potere su tutte le bestie, sugli uccelli del cielo e sui pesci dell'acqua.
I nobili hanno preso possesso esclusivo della foresta. Quando il povero ha bisogno di qualcosa, deve comprarla al doppio del suo prezzo. Di conseguenza, tutte le foreste che non sono state acquistate [ovvero le ex foreste comunitarie, di cui molti governanti si erano semplicemente appropriati] saranno restituite al villaggio, affinché chiunque possa soddisfare le proprie esigenze di legname e legna da ardere.
L'eccessivo lavoro obbligatorio richiestoci, che aumenta di giorno in giorno, dovrebbe essere ridotto alla quantità che i nostri genitori erano soliti svolgere, secondo la parola di Dio.
La nobiltà non ci costringerà a svolgere più lavoro obbligatorio di quanto concordato [ Era comune per i nobili aumentare unilateralmente il lavoro obbligatorio che richiedevano ai loro servi ].
Molti campi non producono abbastanza per pagare l'affitto richiesto. Uomini onesti ispezionino queste terre e stabiliscano un affitto equo, in modo che i contadini non siano costretti a lavorare gratis, perché ogni giorno di lavoro merita la sua paga.
Nuove leggi vengono costantemente emanate per imporre nuove sanzioni. Le pene non vengono comminate in base al reato, ma in modo arbitrario [l'aumento di sanzioni e le sentenze arbitrarie erano comuni]. A nostro avviso, dovremmo essere giudicati in conformità con il vecchio diritto scritto, secondo il merito del caso, anziché a capriccio.
Molti [nobili] si sono appropriati di prati e campi appartenenti alle città [beni comuni, che erano a disposizione di tutti i cittadini]. Vogliamo che vengano restituiti a tutti noi in comune.
La “Todfall” [imposta di successione] sarà del tutto abolita e mai più le vedove e gli orfani saranno vergognosamente derubati, in contrasto a Dio e all'onore.
È nostra decisione e opinione definitiva che se uno o più degli articoli qui elencati contraddicono la parola di Dio ... li abrogheremo se ci verrà spiegato sulla base di quanto scritto. Se ci fossero già stati concessi articoli e in seguito emergesse che erano ingiusti, allora saranno nulli e privi di valore. Allo stesso modo, tutto ciò è soggetto alla condizione che se si trovassero qui ulteriori articoli scritti contro Dio e che costituiscano un reclamo da parte di qualcun altro.
Il movimento contadino fallì, con città e nobili che stipularono una pace separata con gli eserciti principeschi che ripristinarono il vecchio ordine in una forma spesso più dura, sotto il controllo nominale del Sacro Romano Imperatore Carlo V, rappresentato negli affari tedeschi dal fratello minore Ferdinando . Le cause principali del fallimento della ribellione furono la mancanza di comunicazione tra le bande contadine a causa delle divisioni territoriali e della loro inferiorità militare. [ 70 ] Mentre i Lanzichenecchi, i soldati professionisti e i cavalieri si unirono ai contadini nei loro sforzi (sebbene in numero inferiore), la Lega Sveva aveva una migliore comprensione della tecnologia militare, della strategia e dell'esperienza. Le conseguenze della guerra dei contadini tedeschi portarono a una riduzione dei diritti e delle libertà della classe contadina, estromettendola dalla vita politica. In alcuni territori dell'Alta Svevia come Kempton, Weissenau e Tirolo i contadini crearono assemblee territoriali (Landschaft), sedettero in comitati territoriali e altri organi che si occupavano di questioni che li riguardavano direttamente come la tassazione. [ 71 ] Gli obiettivi di cambiamento per questi contadini, in particolare guardando attraverso la lente dei Dodici Articoli, non si erano realizzati e sarebbero rimasti stagnanti, con un vero cambiamento che sarebbe arrivato secoli dopo.
Un altro risultato della guerra fu che, poiché migliaia di contadini persero la vita, le economie delle regioni coinvolte furono devastate per una o due generazioni successive a causa della mancanza di manodopera.
abbeverata: per dissetare gli animali nei fontanili; in latino medioevale ius beverandi
acquatico: per attingere acqua da fonti o sorgenti; in latino medioevale ius aquandi
adiutorio: gabella una tantum in occasione di eventi straordinari
decima: la grande decima era costituita dalla decima parte del grano prodotto, mentre la piccola decima si applicava sul vino, sulla canapa e su altri prodotti
erbatico: per falciare l'erba in un prato; detto anche erbaggio
ghiandatico: per raccogliere ghiande o condurre maiali nei querceti; anche escatico e glandatico
legnatico: per tagliare e raccogliere legna di alto fusto; in latino medioevale ius lignandi; altro sinonimo boscatico
livello (contratto): per l'utilizzo agricolo dei terreni
macchiatico: per raccogliere legna di basso fusto, arbusti
pantanatico: per pescare anguille e rane negli stagni
pascolatico: per condurre greggi al pascolo (ius pascendi); più diffuso il diritto di fida
pedatico o ius passi: per attraversare o percorrere a piedi strade, sentieri o proprietà private; sulle vie, sui confini del feudo, nei passi montani, ai ponti, ai guadi, anche pedaggio
piscatico: per catturare pesci in acqua dolce o salata; anche pescatico
plateatico: per occupare il suolo pubblico su cui esporre la merce nei mercati
polveratico: tassa per il danno arrecato dalla polvere sollevata dal passaggio di carri e carrozze
pontatico: per transitare sui ponti doganali o di proprietà privata
portatico: dazio doganale o pedaggio riscosso alle porte della città in occasione dell'entrata di merci
relevio: una sorta di imposta di successione pagata dal feudatario al re o dagli eredi del feudatario al Re per ottenere il possesso del feudo
ripatico: per approdare o sostare su rive di acque interne
scalatico: per caricare e scaricare merci nei porti
siliquatico: per raccogliere carrube ed altri baccelli
spicatico: per raccogliere spighe dopo la mietitura; in latino medioevale ius spicandi; inoltre spicilegio e spigaggio
Tradotto autenticamente dalla voce della Wikipedia in tedesco
Il Mortuarium era un pagamento in natura effettuato al padrone di casa alla morte di un servo della gleba (il proprietario).
Storia
L'originario diritto di eredità del signore presso la corte di un liberto, che esisteva fino al XV secolo, col tempo si trasformò in una tassa. Questa tassa aveva solitamente il carattere di un vero e proprio onere (pagamento in natura), come il miglior capo di bestiame, i migliori indumenti, parti o addirittura tutti i beni mobili o le armi dell'uomo. In alcuni casi il pagamento in natura venne sostituito da un'imposta monetaria, applicata anche ai beni soggetti a utili vitalizi , beni latenti o interessi, cosicché l'imposta mortuaria divenne sempre più simile a una moderna imposta sulle successioni .
Questo tassa era un pesante fardello per i contadini, motivo per cui ne chiesero la rimozione, ad esempio nei Dodici Articoli della Guerra dei contadini . Tuttavia, ciò accadde solo verso la fine del XVIII o l'inizio del XIX secolo.
In Baviera, questa tassa sul capo migliore fu abolita insieme alla servitù della gleba il 12 dicembre 1808, in conformità con la legislazione liberale francese . [ 1 ]
Termini
L'imposta aveva nomi regionali e fattivamente diversi come Fall , [ 2 ], [ 3 ] Gewandfall , [ 4 ] Hauptfall , [ 5 ] Besthauptfall , [ 6 ] Leibfall , [ 7 ], [ 8 ] Todfall , [ 9 ] Lass , [ 10 ] [ 11 ] Hauptrecht , [ 12 ] [ 13 ] Besthaupt , [ 14 ] [ 15 ] Kurmede . [ 16 ]
Con il V ed il VI secolo, la pratica della decima si stabilisce in tutta la Chiesa occidentale. Nell'VIII secolo, i governanti carolingi rendono la decima parte della legge civile, come compenso necessario per il mantenimento dell'altare e delle funzioni pastorali (non è un diritto signorile).
Con il XII secolo i monaci, ai quali prima era stato proibito di ricevere decime mentre era loro richiesto di pagarle per poterne in parte godere, furono liberati dall'obbligo del pagamento. Sorgono così controversie sulle decime quando il popolo cerca di evadere il pagamento mentre altri cercavano di appropriarsi di queste entrate.
Le decime medioevali erano suddivise in prediali, dovute dai frutti della terra, personali, dovute dal lavoro; miste, dovute dal prodotto del bestiame. A loro volta queste ultime erano divise in grandi (derivate dal grano, dal fieno e dal legno) destinate al rettore o al curato della parrocchia; e piccole, da altre decime prediali, più le miste e le personali che andavano al parroco.
Dalla voce di Wikipedia:
Rodolfo Belenzani (1372 circa – Trento, 5 luglio 1409) è stato un nobile trentino, protagonista delle rivolte trentine del 1407/1409.
Rodolfo Belenzani nacque da una famiglia nobile arricchitasi amministrando i feudi del principe vescovo di Trento. Da giovane rimase orfano di padre. Fra il 1385 e il 1387 Alberto di Ortenburg (principe vescovo dal 1363 al 1390) lo investì di alcuni possedimenti nella zona di Pressano (oggi frazione di Lavis) e altri benefici. Il 5 maggio 1391 il suo successore Giorgio I di Liechtenstein li confermò. Diventò amico di diversi umanisti, forse studiando a Padova.[1]
In seguito ai tumulti (popolari ma aizzati dalla nobiltà locale[2]) contro il vescovo del 2 febbraio 1407 questi concesse la Carta edictorum et provisionum (Carta degli editti e delle provvisioni).[3] Grazie a questa Belenzani divenne "capitano generale dei concittadini e del popolo di Trento" (capitano del popolo o referendarius). In seguito chiese al vescovo la consegna del Castello del Buonconsiglio: questi rifiutò e Belenzani lo fece prigioniero. Chiese sostegno a Federico IV d'Asburgo, detto Tascavuota, duca d'Austria e Conte del Tirolo. Questi in un primo momento fece alcune promesse al Belenzani, ma poi prese il controllo della città, sollevando l'opposizione della nobiltà trentina. Il 6 ottobre 1407 Belenzani fu arrestato dagli agenti del duca ma fu liberato su cauzione.[2] In seguito però invece di presentarsi al duca come promesso fuggì nella zona di Rovereto, raccogliendo uomini per combatterlo. Tentò senza successo di ottenere l'appoggio della Repubblica di Venezia. Riuscì comunque a conquistare Trento, ma il 5 luglio 1409 rimase ferito e morì.[4]
Notizie tratte dall'articolo di Umberto Corsini
Nella breve sommossa di Trento del febbraio 1435 le richieste portate dai deputati dei rivoltosi al Principe Vescovo si accentrarono ancora intorno ai temi dell'autogoverno comunale, della libera elezione dei rappresentanti della città, dell'autonomia del Magistrato consolare, del rispetto degli Statuti. Anche l'insurrezione delle Valli di Non e di Sole del 1477 trova il suo fondamento nelle querele, espresse formalmente dai Sindaci, per la arbitraria sovrapposizione dei funzionari vescovili ai poteri locali.
Notizie tratte dall'articolo di Umberto Corsini
Sulla rivolta di Levico del 1480 che il Grandi accomuna alle precedenti del secolo, il giudizio va forse ridimensionato essendo stata episodica e motivata più da questioni private e personali che da pubbliche e popolari. E però anche in quel modesto episodio è evidenziata l'insofferenza verso capitani e vicari vescovili venuti da fuori e inseriti come un corpo estraneo nella Comunità gelosa delle proprie libertà decisionali.
Dalla Storia di Borgo Valsugana di Massimo Libardi
A Borgo i primi sentori del malcontento della popolazione contro le vessazioni dei giurisdicenti di Telvana si ebbero nel 1520 quando scoppiò una rivolta contro il dinasta Sigismondo III Welsperg che aveva risposto con le armi alle richieste del riconoscimento degli Statuti da parte della Comunità.
Borgo e la Valsugana furono teatro della parte trentina di quella che viene descritta come la guerra dei contadini tedeschi.
Si veda anche la voce su Francesco Castellalto, che represse la rivolta, e quanto accadde in Val di Non.
È il pdf dell'articolo di Umberto Corsini già pubblicato in «Studi trentini di scienze storiche» (ISSN: 1124-4569), 59/2 (1980), pp. 149-183. Utile anche la pagina di Wikipedia su Michael Gaismair
Se guardiamo a quei tentativi insurrezionali e alle rìvolte molto rapidamente represse (le due del 1407, una cittadina a Trento, capo Rodolfo Belenzani, una valligiana nell'Anaunia; quella cittadina del 1435 e quella del 1477 nelle valli del Noce; e infine quella del 1480 a Levico, in Valsugana) non possiamo non rilevare alcune costanti che si ritroveranno poi riprese e riassunte integralmente nella rivolta dei rustici del 1525 e negli articoli approvati dalla cosiddetta Dieta di Merano. Una di esse, la più generalizzata, è il malcontento, l'insofferenza e i propositi di generica ribellione contro le tristi condizioni socio-economiche nelle quali versava il popolo minuto, urbano e rurale: elemento questo permanente nella storia dell'umanità dall'epoca classica, giù giù per quella medievale e moderna fino alla nostra, e perciò non caratterizzante di nessuno dei momenti insurrezionali che si differenziavano tra di loro per il diverso quadro economico entro il quale si esprimevano e per la diversa natura dei ceti detentori della ricchezza e del potere contro i quali si accendeva la lotta.
Altre costanti dei moti rivoltosi popolari del Trentino nei secoli XV e XVI sono proprie dello specifico quadro politico-istituzionale in cui il territorio e la sua gente erano inseriti. Questo quadro politico istituzionale era caratterizzato dalla compresenza e sovrapposizione di poteri locali, comunali e valligiani sanciti per tradizione o per formali statuti; di poteri principesco-vescovili tendenti a misconoscere e a restringere od annullare quelli locali; di diritti di avocazia del Conte del Tirolo nel quale, a torto o a ragione, si intravvede a causa dei suoi secolari conflitti con il Principe Vescovo di Trento un possibile difensore dal malgoverno di questi, dei suoi ministeriali, della nobiltà di casata o rurale, che tutti in vario modo e a diversi livelli opprimevano socialmente ed economicamente il popolo minuto cittadino e contadino .
All'interno di un tessuto giuridico, amministrativo e fiscale tanto complesso e confuso si sviluppò la secolare protesta del «comun homo» contro i potenti, dei poveri contro i ricchi, l'aspirazione religiosa ad una vita veramente cristiana, come elemento generalizzato e di fondo; ma essa assume prospettive di soluzioni caratterizzanti che sono individuate nella difesa, riconferma ed allargamento delle autonomie valligiane e comunali come strumenti di limitazione e contenimento dei poteri signori e come ordinamento sociale capace di garantire una reale democrazia partecipativa. In questa contrapposizione tra poteri locali, sentiti come concreta libertà, e poteri della gerarchia feudale, mal tollerati come imposti da un sistema politico-sociale nel quale l'uomo comune non ha alcun ruolo, particolarmente viva è l'avversione contro i ministeriali, gli ufficiali del Principe Vescovo, vicari, capitani, ecc., che vengono dal di fuori delle comunità, ignari delle costumanze e tradizioni locali, spesso della lingua.
[...]
Il Cles, come documenta il Tisot, era convinto che se non avesse agito in maniera radicale sin dall'inizio, quello che egli considerava come il male, avrebbe invaso tutta l'Italia e che perciò egli aveva combattuto per salvaguardare una zona di confine che non doveva essere valicata. Confine, bene inteso, non linguistico ed etnico, ma religioso e confessionale; ed è anche questo un aspetto della situazione trentina che non va ignorato e che riconferma la validità del giudizio secondo cui l'insurrezione dei rustici nel Trentino se ebbe dei contenuti sociali e di rivendicazioni morali ed economiche unificabili con quelle dei rustici tedeschi e una base generica di aspirazioni evangeliche comune, fu per ahro un fenomeno di importazione ed un'appendice meridionale non animata dallo spirito di rivolta contro la Chiesa e la fede cattolica e da propositi di scissione da esse, come v'eran nei paesi della Germania e della Svizzera.
Anima religiosa sì nella rivolta dei rustici trentini ( e anche tirolesi) ma con scarso o nessun rilievo di problematiche dogmatiche e riformatrici del «credo >> anche se gli echi di quelle controversie erano penetrati, in misura modesta, nel territorio tirolese-trentino. Si trattava piuttosto, come nota bene il Macek, di una riforma di tipo popolare nella quale l'accento cadeva prevalentemente su problemi e programmi sociali e politico-amministrativi. Ma per il Trentino - crediamo sia opportuno ripeterlo - il punto d'arrivo delle proposte riformatrici è rappresentato dagli Articoli di Merano del 1525 non dalla Landesordnung del 1526. La differenziazione tra i due documenti proposti allo scopo di rinnovare la società è notevole specialmente e proprio sul piano dogmatico: a Merano non si contestano i sacramenti, ci si limita a reclamare che << siano a ciascuno dati fidelmente per l'amor de Dio>> (art. 10) senza richieste di pagamenti o di regali; nella Landesordnung si afferma che « devono essere distrutte tutte le immagini, capitelli, le cappelle se non sono parrocchie, e devono essere abolite le messe in tutto il territorio perché questo è un orrore davanti a Dio ed è del tutto non cristiano >> (punto 6) nel che il Macek vede - un po' estensivamente invero - la richiesta di abolizione della Chiesa, di eliminazione di tutti i sacramenti e di distruzione delle chiese. Nel Trentino (si può dunque ritenere) il processo di sviluppo dell'insurrezione contadina contro i congiunti poteri politico-ecclesiastici ha la sua origine non nella controversia fideistico-dogmatica e nella disputa teologica che provenisse d'oltralpe, ma bensì su un terreno di critica e di rivolta contro tradizioni, consuetudini ed ordinamenti giuridici e sociali nelle strettoie dei quali i rustici in ispecie trovavan le cause della loro miseria morale e materiale e della oppressione cui i singoli e le comunità eran soggetti. La Riforma Luterana prese modesta influenza a sud del Brennero, e in ispecie nel Trentino solo col 1525, lo stesso anno della rivolta dei rustici; e anche in quell'anno si scriveva da Trento «notetis quod isti rustici non sunt luterani», Non dunque il pensiero di Lutero, non le dispute sui princìpi teologici e dogmatici, e nel Trentino neppure il pensiero di Zwingli e le idee di Minzer e dell'anabattismo poterono costituire motivo sufficiente per lo scoppio della guerra rustica, ma il diffuso richiamo al puro vangelo e ad una sincera traduzione di esso nella vita della società e nei rapporti tra gli uomini. È da ciò che prende consistenza la carica rivoluzionaria e la volontà di agire, subito e fortemente, non appena giungono le notizie della sollevazione in atto nel Principato Vescovile di Bressanone e nel Tirolo.
[...]
Questa sordità del Trentino ai movimenti riformatori d'oltralpe per gli aspetti riguardanti le questioni e le controversie teologiche e dogmatiche può spiegarsi con molti motivi, non ultimo, crediamo noi, quello dell'appartenenza del Trentino ad un mondo culturale e linguistico diverso da quello in cui erano originati luteranesimo, anabattismo e la riforma di Zwingli. Ciò aveva ovviamente maggior importanza a livello popolare dove la lingua parlata era pressoché l'unièo mezzo di trasmissione delle idee; per il ristretto ambiente degli intellettuali nel quale serviva anche la lingua scritta e dove era conosciuto oltre che il volgare italiano anche il latino e il tedesco, il diaframma interposto alla diffusione della Riforma religiosa fu costituito indubbiamente dalla diversa area culturale e politica in cui il Trentino era collocato e dalle sue più strette ·relazioni con il mondo italiano. Anche secondo il Gilli « La rivolta dei contadini contro il principe-vescovo ( di Trento) fu ispirata dalle notizie di analoghe rivendicazioni nelle vicine regioni dell'alta Germania, specialmente nel Wiürttemberg; ... però moventi prettamente ereticali sembrano da escludersi, oppure· furono sopiti da un tempestivo ed energico intervento dell'autorità religiosa e laica .
Scansioni:
Storia della guerra rustica in Trentino (pp. 19-77)
Processi - Borgo e Telve nella Valsugana (pp. 217-223)
Processi - le condanne (pp. 240-244)
Traduzione automatica, via Gemini, della versione inglese della voce di Wikipedia Against the Murderous, Thieving Hordes of Peasants
Contro le orde assassine e ladre di contadini (in tedesco: Wider die Mordischen und Reubischen Rotten der Bawren ) è un'opera scritta da Martin Lutero in risposta alla guerra dei contadini tedesca . Iniziata nel 1524 e conclusasi nel 1525, la guerra dei contadini fu il risultato di una tumultuosa serie di lamentele in molti ambiti diversi: politico, economico, sociale e teologico. Martin Lutero è spesso considerato il fondatore della rivolta dei contadini; tuttavia, mantenne la fedeltà ai principi contro la violenza dei ribelli. Contro le orde assassine e ladre di contadini rappresenta la reazione di Lutero alla guerra dei contadini e allude alla preoccupazione di Lutero di poter essere ritenuto responsabile della loro ribellione.
Contesto
La guerra dei contadini
Scoppiata nel 1524, la guerra dei contadini si diffuse nelle regioni germaniche del Sacro Romano Impero fino alla sua soppressione nel 1525. Molti fattori, tra cui i cambiamenti nelle strutture sociali ed economiche, giocarono un ruolo nell'incitare i contadini alla rivolta. Il passaggio da una base economica interamente agraria durante il XIV e il XV secolo servì da sfondo allo sviluppo di nuove classi sociali, che non potevano e non coincidevano con la tradizionale gerarchia feudale. Sebbene inizialmente le lamentele citate dai contadini fossero essenzialmente basate su abusi individuali da parte del governo della Chiesa, questo cambiò con il passare del tempo e sarebbe arrivato a comprendere queste questioni minori all'interno di una generale insoddisfazione per l'intero ordine feudale . [ 1 ]
Lutero e i contadini: ispirazione riluttante
La relazione tra la Riforma protestante e la Guerra dei contadini è da tempo oggetto di dibattito. Un'interpretazione tradizionale in materia è che la rivolta dei contadini derivò dalla dottrina di libertà spirituale di Martin Lutero e dall'applicazione delle sue idee come giustificazione religiosa per sconvolgimenti sociali e politici. È vero che Lutero offrì strumenti utili ai contadini: la sua attenzione alla sola scriptura pose l'accento sul sacerdozio di tutti i credenti. Ciò rafforzò l'idea di "legge divina", secondo cui le costruzioni sociali contrarie alla legge divina non potevano comandare la fedeltà del popolo e giustificare la ribellione. Forse anche l'esempio di Lutero influenzò la rivolta, poiché il suo lavoro fu una ribellione contro le due autorità più significative dell'epoca in cui si oppose sia al Papa che al Sacro Romano Imperatore. [ 2 ] È probabile che le opinioni di Lutero coincidessero semplicemente con i desideri dei contadini e fossero utilizzate per tale motivo.
Anche altre personalità religiose come Huldrych Zwingli e Thomas Müntzer influenzarono i contadini. Zwingli insegnò dal 1523 in poi che affinché il Vangelo avesse successo, le leggi secolari dovevano essere trasformate secondo la legge di Dio, cosa che corrispondeva perfettamente a ciò che i contadini volevano. Müntzer, che avrebbe guidato un esercito di contadini fino alla sua sconfitta a Frankenhausen (15 maggio 1525) da parte delle truppe imperiali, fu in grado di incoraggiarli citando passaggi scritturali che sembravano supportare la ribellione contro l'autorità legittima: Luca 22:35–38 e Matteo 10:34. Per una classe contadina oppressa in così tanti modi e a così tanti livelli, la leadership di uomini come Müntzer e l'ispirazione della Scrittura che sembrava giustificare la violenza avrebbero reso la ribellione davvero molto allettante.
Inoltre, si può dire che gli attacchi di Lutero alla chiesa cattolica romana abbiano ispirato vari gruppi a sollevare le armi in una rivoluzione. I contadini si collegavano agli appelli di Lutero contro il clero e alle idee sulla libertà cristiana, e desideravano "vendicarsi di tutti i loro oppressori". [ 3 ] I membri più potenti della società, tra cui borghesi e nobili minori, cercarono di spezzare il potere del clero, sfuggire alle richieste di Roma e guadagnare finanziariamente dalla confisca delle proprietà della chiesa.
Quando la pressione si fece più forte attorno a queste idee rivoluzionarie, Lutero dovette scegliere da che parte stare, e si unì ai borghesi leali, alla nobiltà e ai principi. Schierandosi con l'autorità legittima, Lutero predicò il progresso pacifico e la resistenza passiva in documenti come Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca nel 1520. [ 4 ] Credeva che non ci fossero circostanze in cui la violenza dovesse essere usata a favore del Vangelo, ad eccezione degli sforzi contro l'opera di Satana.
Lutero e Müntzer: contrasti nella leadership
Lutero affermò che "non desiderava che il Vangelo fosse difeso con la forza e lo spargimento di sangue. Il mondo è stato conquistato dalla Parola, la Chiesa è mantenuta dalla Parola, e la Parola rimetterà anche la Chiesa in se stessa, e l'Anticristo, che ha guadagnato il suo senza violenza, cadrà senza violenza". [ 3 ] Nello stesso periodo in cui Lutero predicava la resistenza pacifica, Müntzer attaccò il sacerdozio con violenti sermoni, invitando il popolo a sollevarsi in armi. Anche lui citò riferimenti biblici per giustificare la sua prospettiva, e chiese "non dice forse Cristo: 'Non sono venuto a portare la pace, ma una spada'? Cosa devi fare con quella spada? Solo una cosa se vuoi essere servitore di Dio, ed è scacciare e distruggere i malvagi che ostacolano il Vangelo". [ 5 ]
Mentre gli ideali riformisti di Lutero diventavano sempre più popolari di giorno in giorno, le idee audaci di Müntzer erano politicamente agitate e più pericolose. Müntzer sosteneva che la Bibbia non era infallibile e definitiva, che lo Spirito Santo aveva modi di comunicare direttamente attraverso il dono della ragione.
I dodici articoli dell'Unione cristiana dell'Alta Svevia
I Dodici Articoli dell'Unione Cristiana dell'Alta Svevia , noti anche come Dodici Articoli della Foresta Nera , o semplicemente Dodici Articoli in breve, servono come manifesto per la Guerra dei Contadini, sebbene non siano gli unici dietro di essa. I Dodici Articoli sono un riassunto composto da Sebastian Lotzer di centinaia di altri articoli e lamentele con i riferimenti biblici che supportano ogni punto. In superficie sembrano piuttosto moderati e includono: il desiderio di poter eleggere i propri pastori; decime raccolte da utilizzare solo all'interno delle proprie comunità; la fine della servitù della gleba, con la promessa di obbedire ai governanti eletti e nominati; il diritto di pescare o cacciare senza limitazioni; il diritto di prendere legna se necessario; una limitazione del lavoro dovuto ai signori; la fine dei tradizionali servizi contadini; affitti ragionevoli pagati ai signori; giudizi equi nei casi legali; terre comuni restituite ai contadini per uso comune; la fine dell'usanza dell'heriot (il diritto di un signore di impossessarsi dei beni migliori di un contadino alla sua morte); e infine, se una qualsiasi di queste richieste può essere dimostrata non supportata dalle scritture, è nulla e non valida. I contadini volevano ascoltare il Vangelo e vivere la loro vita di conseguenza, e coloro che potevano essere considerati nemici del Vangelo erano i nemici dei contadini. L'idea di "puro Vangelo" serviva come loro giustificazione. [ 6 ] I Dodici Articoli chiedevano succintamente la fine del feudalesimo e il rafforzamento dei beni comuni , un sistema di usufrutto comunale che ostacolava il nascente capitalismo.
Gli scritti di Lutero
Ammonimento alla pace
I contadini avevano usato la Bibbia per sostenere le loro lamentele e, a sua volta, per giustificare la loro ribellione, e Lutero l'avrebbe rivoltata contro di loro. Si espresse contro i contadini, confutando specificamente i Dodici Articoli dell'Unione Cristiana dell'Alta Svevia , unendosi ai cattolici romani per combattere l'orda inferocita. L'Ammonizione alla pace di Lutero fu scritta per svolgere diverse funzioni, inizialmente per prevenire spargimenti di sangue per mano di gruppi armati di contadini, ma anche per rimuovere l'interpretazione errata della Scrittura come giustificazione per la violenza e infine come risposta a diversi appelli che richiedevano il suo consiglio. [ 7 ]
La prima parte dell'Ammonizione si rivolge ai principi e ai signori, esortandoli a riconoscere la minaccia rappresentata dai contadini, "a non prendere alla leggera questa ribellione" [ 8 ] e chiedendo loro di essere più premurosi per evitare lo scontro. Rimprovera i principi, rendendo chiaro che sono da biasimare, affermando che "non abbiamo nessuno sulla terra da ringraziare per questa disastrosa ribellione se non voi principi e signori ... come governanti temporali non fate altro che imbrogliare e derubare il popolo in modo da poter condurre una vita di lusso e stravaganza. La povera gente comune non può più sopportarlo". [ 8 ]
La seconda parte si rivolge ai contadini e, sebbene Lutero riconosca le loro richieste come ragionevoli come presentate nei Dodici Articoli , afferma chiaramente che sbagliano a usare la forza per modificare la situazione. Si oppone in particolare al loro uso del Vangelo come giustificazione. La terza sezione riconosce che sia i principi sia i contadini non si sono comportati come buoni cristiani, rimproverandoli entrambi, perché se dovesse scoppiare una guerra entrambi i gruppi perderebbero le loro anime immortali.
L'Ammonizione alla pace di Lutero e la successiva pubblicazione di Contro le orde assassine e ladre di contadini furono scritte in risposta ai Dodici articoli dell'Unione cristiana dell'Alta Svevia e videro un'ampia circolazione in tutta la Germania. Sebbene non si sappia quando Lutero lesse effettivamente per la prima volta i Dodici articoli , fu certamente prima del 16 aprile 1525. [ 9 ]
Contro le orde assassine e ladre dei contadini
Lutero rimase ampiamente all'oscuro della misura in cui l'agitazione permeava i contadini finché non intraprese un tour della Turingia con Filippo Melantone . Fu in questo periodo che fu in grado di osservare in prima persona la gravità della situazione, con i contadini che facevano "l'opera del diavolo". [ 10 ] Tentò di prevenire ulteriori violenze predicando contro di esse, ma riconobbe che ciò ebbe scarso, se non nullo, impatto.
Nel maggio del 1525, scrisse Contro i contadini in rivolta , un titolo che sarebbe stato inasprito dagli stampatori di altre città senza l'approvazione di Lutero. In questa pubblicazione, denunciò severamente i contadini con tre accuse: che avevano violato i giuramenti di fedeltà, il che li rendeva soggetti a punizioni secolari; che avevano commesso crimini contrari alla loro fede; e che i loro crimini erano stati commessi usando il nome di Cristo, il che era blasfemia:
I contadini hanno preso su di sé il peso di tre terribili peccati contro Dio e contro gli uomini; con questo hanno meritato la morte nel corpo e nell'anima ... hanno giurato di essere leali e fedeli, sottomessi e obbedienti ai loro governanti ... ora deliberatamente e violentemente rompono questo giuramento ... stanno iniziando una ribellione e stanno violentemente derubando e saccheggiando monasteri e castelli che non sono loro ... hanno meritato doppiamente la morte nel corpo e nell'anima come briganti e assassini ... nascondono questo terribile e orribile peccato con il Vangelo ... così diventano i peggiori bestemmiatori di Dio e calunniatori del suo santo nome [ 10 ]
Lutero arriva a giustificare le azioni dei principi contro i contadini, anche quando si tratta di atti di violenza. Ritiene che possano essere puniti dai signori in quanto "diventati infedeli, spergiuri, disobbedienti, ribelli, assassini, ladri e bestemmiatori, che persino un sovrano pagano ha il diritto e l'autorità di punire". [ 10 ] Venera persino coloro che combattono contro i contadini, affermando che "chiunque venga ucciso combattendo dalla parte dei governanti può essere un vero martire agli occhi di Dio". [ 10 ] Chiude con una sorta di disclaimer: "se qualcuno pensa che questo sia troppo duro, ricordi che la ribellione è intollerabile e che la distruzione del mondo è da aspettarsi ogni ora". [ 10 ] Una delle ragioni per cui Lutero esortò le autorità secolari a reprimere la rivolta contadina fu l'insegnamento di San Paolo sulla dottrina del diritto divino dei re in Romani 13:1–7 , che afferma che tutte le autorità sono nominate da Dio e non devono quindi essere contrastate.
Lettera aperta sul duro libro contro i contadini
Dopo la sconfitta delle forze di Müntzer il 15 maggio 1525 a Frankenhausen, la guerra dei contadini era praticamente finita, poiché ora mancavano loro leader con forza politica e militare. [ 11 ] Sentivano di essere stati traditi da Lutero e lo criticarono di conseguenza per la pubblicazione di Contro le orde assassine e ladre dei contadini . I cattolici sottolinearono che l' Ammonizione della pace rivendicava i contadini, affermando che le loro lamentele erano legittime, ma quando divenne chiaro che i contadini avrebbero perso, li abbandonò nel suo scritto Contro le orde assassine e ladre dei contadini . Fu esortato dai suoi amici a fare una ritrattazione, cosa che si rifiutò fermamente di fare.
Dopo alcuni mesi, decise di scrivere una spiegazione formale, in una lettera aperta a Caspar Muller , intitolata Lettera aperta sul duro libro contro i contadini . Difende i suoi scritti precedenti e afferma che è dovere del cristiano "sopportare l'ingiustizia, non impugnare la spada e ricorrere alla violenza". [ 12 ] Difende la "durezza" da lui usata, affermando che "un ribelle non merita argomenti razionali, perché non li accetta. A persone come queste bisogna rispondere con un pugno, finché il sudore non gli gocciola dal naso". [ 13 ]
Afferma inoltre che i principi erano troppo severi nel punire i contadini e sarebbero stati puniti da Dio per il loro comportamento. Con questo documento divenne chiaro che Lutero era un uomo socialmente conservatore, che non avrebbe minacciato l'autorità secolare.
Conseguenze: Lutero e il protestantesimo
Lutero vide che un violento sconvolgimento avrebbe alienato i principi, la nobiltà e alcune città, e sarebbe stato probabilmente schiacciato dall'opposizione cattolica o imperiale. [ 14 ] Lutero sarebbe stato punito per le sue opinioni, era visto come un complice dei principi, e fu persino lapidato a Orlamünde. [ 15 ]
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Ulteriori letture[ modificare ]
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Dalla voce di Wikipedia
Il tabellione, nell'antica Roma, era il pubblico scrivano con attribuzioni ufficiali. Negli atti amministrativi, colui che sottoscriveva l'atto come pubblico ufficiale dandogli validità.
Durante il Medioevo era il nome con cui venivano indicati i notai. Il tabellionato era l'equivalente di quello che oggi viene indicato come notariato
Il segno di tabellionato era il signum particolare con cui il notaio medievale, durante la sua evoluzione quale figura professionale dotata di publica fides, apponeva ai documenti per convalidare l'atto appena stipulato e che, secondo le parole di Alessandro Pratesi, può definirsi «l'antenato dell'odierno timbro notarile»[42]. Derivante, come termine, dai tabelliones Romani e Bizantini, fu poi adottato dai notarii Longobardi prima e Franchi poi, e all'inizio consisteva in un semplice segno di croce[43], affidandosi così alla pratica dell'invocatio secondo cui ogni cosa che un cristiano faceva, doveva farlo in nome di Dio (Lettera ai Colossesi, 3,17)[44]: il segno di croce veniva poi riempito di vari segni (note tironiane ed et tachigrafici) che significavano la parola notarius o iudex e indicavano l'appartenenza di quel notaio alla categoria o corporazione locale.
Successivamente, con lo sviluppo del notariato e l'affermazione di questa categoria a partire da un periodo oscillante tra l'XI e il XIII secolo, il semplice segno di croce venne sostituito da un simbolo molto più elaborato, che differenziasse il signum tabellionis di un determinato notaio da quello di un altro professionista. Come scrive Anna Lanfranchi:
«Esso era costituito dalle iniziali del notaio (nome e cognome) e da ogni serie di aggiunte che l’estro e il gusto lasciavano liberamente suggerire; era cura dei notai, infatti, arricchire i propri signa di elementi decorativi che potessero differenziarli e renderli distintivi e personali.»
(Lanfranchi, p. 45)
1 Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. 2 Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna. 3 I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fà il bene e ne avrai lode, 4 poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male. 5 Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. 6 Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio. 7 Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto il rispetto.
35Poi disse loro: "Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla". 36Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37 Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento". 38Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli disse: "Basta!".
34Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada.
4Io guardavo, ed ecco un vento tempestoso avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinìo di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di metallo incandescente. 5Al centro, una figura composta di quattro esseri animati, di sembianza umana 6con quattro volti e quattro ali ciascuno. 7Le loro gambe erano diritte e i loro piedi come gli zoccoli d'un vitello, splendenti come lucido bronzo. 8Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d'uomo; tutti e quattro avevano le proprie sembianze e le proprie ali, 9e queste ali erano unite l'una all'altra. Quando avanzavano, ciascuno andava diritto davanti a sé, senza voltarsi indietro.
10Quanto alle loro fattezze, avevano facce d'uomo; poi tutti e quattro facce di leone a destra, tutti e quattro facce di toro a sinistra e tutti e quattro facce d'aquila. 11Le loro ali erano spiegate verso l'alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo.
2 In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso
È usato come ultimo verso del Te Deum
In te, Domine, speravi:
non confundar in aeternum.
Ove si noti (da Google Gemini):
Il verbo latino "confundar" è una forma del verbo cōnfundō, cōnfundere, cōnfūdī, cōnfūsum (confondere, mescolare, mettere in disordine).
"Confundar" può essere:
Prima persona singolare, futuro semplice passivo indicativo del verbo "cōnfundō". Significa: "sarò confuso/a", "sarò mescolato/a".
Prima persona singolare, presente passivo congiuntivo del verbo "cōnfundō". Significa: "che io sia confuso/a", "che io sia mescolato/a".
Il Te Deum (estesamente Te Deum laudamus, latino per "Noi ti lodiamo Dio") è un inno cristiano in prosa di origine antica.
Nella Chiesa cattolica il Te Deum è legato alle celebrazioni di ringraziamento; viene tradizionalmente cantato durante alcune solennità,[1] come la sera del 31 dicembre - per ringraziare il Signore dell'anno appena trascorso - oppure nella Cappella Sistina ad avvenuta elezione del nuovo pontefice, prima che si sciolga il conclave, o ancora a conclusione di un Concilio.
Nella Liturgia delle ore secondo i riti romano[2] e ambrosiano,[3] il Te Deum trova il suo posto alla fine dell'Ufficio delle letture, prima della orazione conclusiva, nelle solennità, nelle feste dei santi, in tutte le domeniche tranne quelle di Quaresima (e, per il rito ambrosiano, anche quelle di Avvento), nei giorni fra l'ottava di Natale e quelli fra l'ottava di Pasqua.
È utilizzato anche assieme ai cantici ordinari delle Preghiere del Mattino nel Libro delle preghiere comuni, ed è ancora in uso presso molte Chiese riformate.
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Figlio di Francesco e Gertrude Anich de Courtäsch, apparteneva all'importante casato dei Castellalto, ramo della famiglia dei signori di Telve, che controllava parte della Valsugana dal castello omonimo. Suo padre fu vicecapitano a Castel Ivano e luogotenente a Castel Telvana: per questo fin da piccolo fu indirizzato alla carriera militare e inviato ancora ragazzo alla corte di Massimiliano I d'Asburgo, di cui i Castellalto erano feudatari.
[...]
Dopo la sconfitta definitiva dei francesi a Pavia che aveva posto fine alla guerra franco-imperiale in Lombardia, Francesco di Castellalto tornò in Trentino dove però, dopo poco tempo, scoppiò la rivolta contadina. Egli fu da subito fervente sostenitore del potere vescovile e imperiale della regione, tanto che il vescovo di Trento Bernardo Clesio lo nominò il 15 maggio 1525 luogotenente generale del principato, insieme al capo dei lanzi Georg Frundsberg. Dopo la fuga del vescovo e i tumulti scoppiati a Trento egli arringò la folla e riuscì ad assumere il controllo della città che si dichiarò fedele al vescovo. Visto l'ottimo lavoro svolto, ricevette anche l'investitura di commissario imperiale dall'arciduca Ferdinando I d'Asburgo e partecipò con questo titolo all'assemblea di Merano ai primi di giugno, in cui si discusse la strategia per affrontare il problema. Vista la mancanza di truppe si decise di perseguire inizialmente una linea morbida, per poi sedare con forza la rivolta non appena fossero arrivati abbastanza uomini. In quest'ottica Francesco Castellalto inizialmente viaggiò tra le valli per tenere a bada i contadini senza ricorrere alle armi poi, appena arrivarono le truppe necessarie, tra agosto e settembre comandò una forte repressione prima in Valsugana, poi a Sporo a capo di 1000 fanti italiani, e in seguito di nuovo in Valsugana che fu messa a ferro e fuoco. La brutalità della repressione sembra avesse provocato dei rimorsi nel Castellalto che però furono arginati dalle pressioni di vescovo e arciduca. Una volta sedate le sommosse partecipò ai processi contro i ribelli che si svolsero tra il 1526 e il 1527, mostrando una certa moderazione.
La guerra dei contadini tedeschi (in tedesco der deutsche Bauernkrieg) fu una rivolta popolare nell'Europa rinascimentale all'interno del Sacro Romano Impero, che avvenne tra il 1524 e il 1526. Come il precedente movimento della Lega della scarpa e come le guerre hussite, fu un insieme di rivolte per motivi economici e religiosi di contadini, ma anche abitanti delle città e nobili. Il movimento non possedeva un programma comune.
Il conflitto, che si svolse principalmente nelle aree meridionali, centrali e occidentali dell'odierna Germania, ma che influenzò anche aree confinanti delle odierne Svizzera e Austria comprese l'odierno Alto Adige (capeggiato da Michael Gaismair) e parte del Trentino (dove prese il nome di "Guerra rustica" o "guerra dei carneri" e dalla quale si distinse la figura di Francesco Castellalto), coinvolse al suo apice, nella primavera-estate del 1525, un numero stimato intorno ai 300 000 contadini insorti. Le fonti dell'epoca stimano in 100 000 il numero dei morti.
La guerra trovò ragioni etiche, teoriche e teologiche nella riforma protestante, le cui critiche ai privilegi e alla corruzione della Chiesa Cattolica Romana sfidarono l'ordine religioso e politico costituito.
La guerra dei contadini, tuttavia, rifletté anche un radicato malcontento sociale: per comprenderne le cause si devono esaminare le strutture mutanti delle classi sociali in Germania e le loro mutue relazioni. Queste classi erano quelle dei principi, dei nobili minori, dei prelati, dei patrizi, dei borghigiani, dei plebei e dei contadini.
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Michael Gaismair, o Gaismayr (Ceves, 1490 – Padova, 15 aprile 1532), è stato un politico e rivoluzionario austriaco, capo ed ideologo della rivolta contadina in Tirolo e nel Salisburghese tra il 1525 e il 1526.
Biografia
Gaismair nacque a Ceves (Tschöfs, oggi frazione di Vipiteno), presumibilmente nel 1490[1], da una famiglia di contadini e piccoli imprenditori minerari. Studiò alla scuola dell'Ordine Teutonico di Vipiteno (secondo altri[2] presso la Lateinische Schule di Bressanone riformata da Nicolò Cusano)[3] e poi in un'università italiana la cui identificazione non è certa[4].
Nel primo decennio del 1500 divenne segretario del principe-vescovo di Bressanone Sebastian Sprenz[1][5]. Trovò impiego come scrivano nelle miniere di Schwaz, per passare poi - dal 1518 al 1524 - alle dipendenze del capitano dell'Adige (ovvero il luogotenente del Tirolo a sud del Brennero) Leonhard von Völs con il compito di arruolare mercenari per l'esercito tirolese[3].
Nel 1524 si sposò a Bressanone con Magdalena Ganner, di origini contadine ma dotata di cultura, soprattutto biblica.
Michael Gaismair e la rivolta contadina del 1525
Le origini della rivolta
Il motivo scatenante la rivolta contadina fu la decisione del Principe vescovo di Bressanone di revocare il titolo di pescatore vescovile[non chiaro] alla famiglia Paßler, della Valle di Anterselva, nei pressi di Brunico: ciò dette il via ad una serie di gravi disordini fomentati dalla famiglia Paßler, sia nei confronti del nuovo pescatore che nei confronti delle autorità vescovili. Alla guida del movimento si era posto Peter Paßler.
La reazione dell'autorità fu il bando di alcuni componenti della famiglia, la loro cattura e messa a morte; lo stesso Peter Paßler venne catturato e condannato a morte a Bressanone il 9 maggio 1525.
Il 9 maggio 1525 Gaismair partecipò alla liberazione di Peter Passler che veniva condotto all'esecuzione per aver diretto l'insurrezione contadina in Val Pusteria l'anno precedente. Con l'assalto popolare dell'Abbazia di Novacella, cui parteciparono cinquemila valligiani, il 12 maggio 1525, in seguito al rifiuto monastico di abolire le imposte, e conseguentemente al rogo di tutti i registri e libri contabili, Gaismair fu eletto Feldhauptmann, comandante supremo della rivolta[3].
La Dieta Provinciale del 1525
Il 13 maggio Gaismair venne nominato capitano dai contadini in rivolta. Subito convocò la dieta provinciale per il giugno successivo, a Innsbruck. In quest'occasione richiese al reggente della Contea del Tirolo, l'arciduca Ferdinando una serie di concessioni:
Eguaglianza di fronte alla legge e redazione di una raccolta di leggi civili e penali
Abolizione dei privilegi della nobiltà
Elezione dei giudici e loro pagamento, in modo che fossero indipendenti dall'esazione di pene pecuniaria
Abolizione del potere della Chiesa, tramite:
l'elezione dei parroci
la destinazione delle decime unicamente a opere di carità
La dieta terminò con un compromesso, ma nell'agosto del 1525 Ferdinando fece arrestare Gaismair a Innsbruck, cancellò tutte le sue assicurazioni, e represse militarmente la rivolta contadina[5].
La redazione degli Statuti e la fine della rivolta
Dopo sette settimane di prigione riuscì a fuggire e riparò in Svizzera, dove - a Zurigo - conobbe Ulrico Zwingli, abbracciando la sua riforma.
In Svizzera (gennaio-marzo 1526) redasse gli statuti che dovevano essere l'alternativa al compromesso di Innsbruck: una repubblica di minatori e contadini, con sede a Bressanone, con le risorse minerarie bene pubblico e beni artigianali venduti sotto controllo statale. Preparò anche militarmente la rivolta, con l'aiuto di Zwingli. Il progetto di attaccare Glorenza venne scoperto e Gaismair si recò a Salisburgo, ove fu eletto capo della rivolta.
Nonostante le vittorie sul campo, Gaismair e il suo esercito furono costretti alla ritirata attraverso gli Alti Tauri e la val Pusteria, riparando ad Agordo, territorio della Serenissima Repubblica di Venezia, all'epoca in guerra con gli Asburgo (Lega di Cognac). Gaismair combatté nelle truppe venete e si guadagnò il riconoscimento di un vitalizio che gli consentì di stabilirsi a Padova, ma non riuscì ad ottenere nuove truppe per entrare in Tirolo e riprendere la rivolta (nel dicembre 1529 l'Austria e Venezia avevano infatti firmato la pace).
Morì nel 1532 a Padova, in Prato della Valle (dove è presente una targa in sua memoria) assassinato per mano di due fanti che volevano incassare la taglia messa sulla sua testa da Ferdinando I[1].
Valutazione storiografica
Per via della sua lotta contro Chiesa e Monarchia, Gaismair venne ignorato dalla storiografia della sua epoca. Nel XX secolo la sua figura acquistò maggior notorietà, venendo in un primo tempo strumentalizzata sia da parte comunista (per via dell'afflato comunitario che ispira i suoi statuti e che venne sottolineato nientemeno che da Friedrich Engels), sia da parte dei nazisti (che sottolineavano la sua lotta contro il Conte di Salamanca (ebreo), consigliere di Ferdinando)[6].
È solo a partire dalla seconda metà del XX secolo che si cerca di valutare la vicenda di Michael Gaismair secondo criteri non ideologizzanti. In quest'opera si distingue la Michael Gaismair Gesellschaft (Società Michael Gaismair), fondata nel 1976. A Bolzano e a Vipiteno delle vie sono state intitolate a Gaismair, nel centro storico di Trento gli è stata dedicata l'omonima piazzetta.
Riferimenti nella cultura
Nel 1899 Franz Kranewitter, tirolese, autore di drammi a sfondo patriottico, scrisse un pezzo teatrale dedicato alla figura del rivoltoso, intitolata Michel Gaissmayr. Nel estate del 2001, in occasione del festival teatrale Tiroler Volkssch
La Discussione sulla dichiarazione del potere delle indulgenze (in latino Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum), nota anche come Le 95 tesi, fu un elenco di tesi, redatte dal frate agostiniano Martin Lutero. Dal 16 al 18 aprile 1521 Lutero fu convocato per ritrattarle alla Dieta di Worms ma, invece di abiurare, difese dinanzi all'assemblea la sua riforma del cristianesimo, che sarà successivamente denominata Riforma protestante.
Si racconta che questo elenco di tesi sia stato affisso alla porta della chiesa del castello (Schlosskirche) di Wittenberg, in vista di una pubblica assemblea in cui Lutero avrebbe difeso e provato le proprie affermazioni, come era allora costume corrente nei centri universitari. Ma, in realtà, non risultano testimonianze coeve dell'affissione. Autorevoli storici hanno sostenuto che le 95 tesi furono in realtà inviate il 31 ottobre 1517 ai vescovi interessati e che furono diffuse solo dopo la mancata risposta dei vescovi.[1] La storia dell'affissione infatti è raccontata nel 1546 da Filippo Melantone, che peraltro il 31 ottobre 1517 non era a Wittenberg.[2]
Comunque, questo ipotetico gesto per convenzione storica è considerato l'inizio della Riforma protestante.
Nel 1525 si trovò a fronteggiare la cosiddetta "guerra rustica", una rivolta delle popolazioni tirolesi provate dalle frequenti guerre e dai pesanti tributi imposti dai Signori. I rivoltosi, che chiedevano, fra l'altro, l'abolizione dei dazi e della servitù della gleba, la libertà completa di caccia e pesca, e una riforma del clero, costrinsero il vescovo a fuggire da Trento. I contadini vennero sconfitti dopo tre mesi in una battaglia campale dalle truppe vescovili e dei nobili feudatari.
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Manca uno studio storico organico su questa figura soprattutto per la difficoltà di capire un personaggio considerato "tedesco" dai popoli italiani, ma allo stesso tempo "latino" dalle popolazioni germanofone. Ma è questo carattere a differenziarlo da tanti personaggi trentini a lui contemporanei: l'essere appunto un europeo di una zona di transizione come il Trentino. Da una parte si rapportò con la Chiesa Romana, i papi e le maggiori corti italiane (Medici, Gonzaga, Sforza). Dall'altra parte Clesio mantenne sempre stretti i legami con il mondo tedesco, la famiglia Asburgo e si confrontò con le tesi della Riforma. Dimostrò una ferrea volontà di difendere il Cristianesimo dal pericolo dello scisma. Clesio si adoperò per l'organizzazione del Concilio di Trento, allo scopo di trovare una mediazione tra la Riforma protestante, che si stava diffondendo all'interno delle terre dell'Impero, e l'autorità papale. Tuttavia Bernardo, il maggior fautore del Concilio di Trento non poté parteciparvi perché morì improvvisamente, a Bressanone, nel 1539, 6 anni prima dell'apertura del Concilio.
Il concilio di Trento o concilio Tridentino fu il XIX concilio ecumenico della Chiesa cattolica, convocato per reagire alla diffusione della riforma protestante in Europa. L'opera svolta dalla Chiesa per porre argine al dilagare della diffusione della dottrina di Martin Lutero produsse la controriforma.[1]
Il concilio di Trento si svolse in tre momenti separati dal 1545 al 1563 [1545-1547; 1551-1552; 1562-1563] e, durante le sue sessioni, a Roma si succedettero cinque papi (Paolo III, Giulio III, Marcello II, Paolo IV e Pio IV). Produsse una serie di affermazioni a sostegno della dottrina cattolica che Lutero contestava. Con questo concilio la Chiesa cattolica rispose alle dottrine del calvinismo e del luteranesimo.
L'aggettivo tridentino viene ancora usato per definire alcuni aspetti caratteristici del cattolicesimo ereditati da questo concilio e mantenuti nei secoli successivi sino al concilio Vaticano I e II.
Il termine crux commissa fu inventato[1] da Giusto Lipsio (1547-1606) per indicare quel particolare tipo di croce, di cui la traversa è posta alla sommità della parte verticale (cum-missa), la cui forma richiama la lettera T. Per questo è anche definita croce a T o tau.[2]
Nell'inaugurare il Concilio Lateranense IV nel 1215, il papa Innocenzo III, per promuovere una grande riforma generale della Chiesa, evocò la visione di Ezechiele 9 in cui si segna con un tau la fronte dei giusti destinati ad essere salvati dallo sterminio generale. San Francesco d'Assisi, che forse era presente, fece del tau evocato dal papa il suo sigillo personale.[18]
Fra Tommaso da Celano racconta di Francesco: "Familiare gli era la lettera Tau, fra le altre lettere, con la quale firmava i biglietti [...] con tale sigillo san Francesco firmava le sue lettere, ogniqualvolta o per necessità o per spirito di carità, inviava qualche suo scritto". E san Bonaventura da Bagnoregio scrive: "Venerava questo segno e gli era molto affezionato, lo raccomandava spesso nel parlare; con esso dava inizio alle sue azioni e lo scriveva di propria mano sotto quei bigliettini che inviava per motivo di carità".[19]
La famosa Benedizione a Frate Leone, conservata nella cappella delle reliquie della Basilica di San Francesco ad Assisi, è uno di tali biglietti da Francesco firmati con il Tau.[20]
1 Allora una voce potente gridò ai miei orecchi: "Avvicinatevi, voi che dovete punire la città, ognuno con lo strumento di sterminio in mano". 2 Ecco sei uomini giungere dalla direzione della porta superiore che guarda a settentrione, ciascuno con lo strumento di sterminio in mano. In mezzo a loro c`era un altro uomo, vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco. Appena giunti, si fermarono accanto all`altare di bronzo. 3 La gloria del Dio di Israele, dal cherubino sul quale si posava si alzò verso la soglia del tempio e chiamò l`uomo vestito di lino che aveva al fianco la borsa da scriba. 4 Il Signore gli disse: "Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono". 5 Agli altri disse, in modo che io sentissi: "Seguitelo attraverso la città e colpite! Il vostro occhio non perdoni, non abbiate misericordia. 6 Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: solo non toccate chi abbia il tau in fronte; cominciate dal mio santuario!". Incominciarono dagli anziani che erano davanti al tempio.
Dall'articolo del 2018 di Civiltà Cattolica Teologia della prosperità. Il pericolo di un “vangelo diverso”
«Teologia della prosperità»: questo è il nome più conosciuto e descrittivo di una corrente teologica neo-pentecostale evangelica. Il nucleo di questa «teologia» è la convinzione che Dio vuole che i suoi fedeli abbiano una vita prospera, e cioè che siano ricchi dal punto di vista economico, sani da quello fisico e individualmente felici. Questo tipo di cristianesimo colloca il benessere del credente al centro della preghiera, e fa del suo Creatore colui che realizza i suoi pensieri e i suoi desideri.
Il rischio di questa forma di antropocentrismo religioso, che mette al centro l’uomo e il suo benessere, è quello di trasformare Dio in un potere al nostro servizio, la Chiesa in un supermercato della fede, e la religione in un fenomeno utilitaristico ed eminentemente sensazionalistico e pragmatico. [...]
Negli Stati Uniti milioni di persone frequentano assiduamente «mega-chiese» che diffondono queste teologie della prosperità. I predicatori, profeti e apostoli arruolati in questo ramo estremo del neo-pentecostalismo, hanno occupato spazi sempre più importanti nei mass-media, pubblicando un’enorme quantità di libri rapidamente divenuti best-sellers e pronunciando conferenze che molto spesso vengono diffuse a milioni di persone con tutti i mezzi disponibili di internet e delle reti sociali. [...]
I pilastri del «vangelo della prosperità», come già abbiamo anticipato, sono sostanzialmente due: il benessere economico e la salute. Questa accentuazione è frutto di un’esegesi letteralista di alcuni testi biblici che sono utilizzati all’interno di un’ermeneutica riduzionista. Lo Spirito Santo viene limitato a un potere posto al servizio del benessere individuale. Gesù Cristo ha abbandonato il suo ruolo di Signore per trasformarsi in un debitore di ciascuna delle sue parole. Il Padre è ridotto «a una specie di fattorino cosmico (cosmic bellhop) che si occupa dei bisogni e dei desideri delle sue creature». [...]
Al tempo stesso, essi insegnano che, trattandosi di una «confessione di fede», i seguaci sono responsabili, con le loro parole, di ciò che avviene loro, si tratti della benedizione o della maledizione economica, fisica, generazionale o spirituale. Un ritornello che molti di questi pastori ripetono è: «C’è un miracolo nella tua bocca» (There is a miracle in your mouth). Il processo miracoloso è il seguente: visualizzare dettagliatamente ciò che si vuole, dichiararlo espressamente con la bocca, reclamarlo con fede e autorità da Dio e considerarlo già ricevuto. Infine, il «reclamare» le promesse di Dio estratte dai testi biblici o dalla parola profetica del pastore colloca il credente in una posizione dominante rispetto a un Dio prigioniero della sua stessa parola, così come essa è stata percepita e creduta dal fedele. [...]
Ovviamente, eventi luttuosi o disastri, anche naturali, o tragedie, come quelle dei migranti o altre simili, non forniscono narrative vincenti funzionali a mantenere i fedeli legati al pensiero del «vangelo della prosperità». Questo è il motivo per cui in questi casi si nota una totale mancanza di empatia e di solidarietà da parte degli aderenti. Non c’è compassione per le persone che non sono prospere, perché chiaramente esse non hanno seguìto le «regole», e quindi vivono nel fallimento e non sono amate, dunque, da Dio. [...]
In questa teologia un altro concetto centrale, e intimamente correlato con il precedente, è il principio di «semina» o di «seme». Il testo classico di riferimento è Gal 6,7: «Non fatevi illusioni; Dio non lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato». Ma anche Mc 10,29-30: «Gesù [a Pietro] rispose: “In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà”».
La prosperità materiale, fisica e spirituale trova uno dei suoi testi preferiti nel v. 2 della Terza lettera di Giovanni: «Carissimo, mi auguro che in tutto tu stia bene e sia in buona salute, come sta bene la tua anima»[12]. Nell’Antico Testamento, il testo di riferimento è Dt 28,1-14.
I brani vengono interpretati in maniera del tutto funzionalistica. Ad esempio, nel libro La volontà di Dio è la prosperità, la predicatrice Gloria Copeland ha scritto, riferendosi a donazioni per ministeri come il suo: «Tu dai un dollaro per amore del vangelo, e già te ne toccano 100; tu dai 10 dollari, e in cambio ne riceverai 1.000 in regalo; tu dai 1.000 dollari, e in cambio ne ricevi 100.000. Se doni un aereo, riceverai cento volte il valore di quell’aereo. Regala un’automobile, e otterrai tante di quelle automobili da non averne più bisogno per tutta la vita. In breve, Marco 10,30 è un buon affare!».
In definitiva, il principio spirituale della semina e del raccolto, alla luce di un’interpretazione evangelica completamente estrapolata dal suo contesto, è che dare è anzitutto un fatto economicistico, che si misura in termini di ritorno dell’investimento. Si dimentica, dunque, quello che si legge subito dopo Gal 6,7, cioè: «Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna» (v. 8).
La teologia della prosperità (a volte chiamata vangelo della prosperità , vangelo della salute e della ricchezza , vangelo del successo , vangelo della fede del seme , movimento della fede o movimento della fede della parola ) [ 1 ] [A] è una convinzione diffusa tra alcuni cristiani carismatici secondo cui la benedizione finanziaria e il benessere fisico sono sempre la volontà di Dio per loro e che la fede , la confessione scritturale positiva e le donazioni a cause caritatevoli e religiose aumenteranno la ricchezza materiale . [ 2 ] Il successo materiale e in particolar modo quello finanziario sono visti come una prova della grazia divina o del favore e delle benedizioni. [...]
La teologia della prosperità insegna che i cristiani hanno diritto al benessere e, poiché le realtà spirituali e fisiche sono viste come un'unica realtà inseparabile, interpreta il benessere come salute fisica e prosperità economica. [ 54 ] Gli insegnanti di questa dottrina si concentrano sull'emancipazione personale , [ 55 ] promuovendo una visione positiva dello spirito e del corpo . Essi sostengono che ai cristiani è stato dato potere sulla creazione perché sono fatti a immagine di Dio e insegnano che la confessione positiva consente ai cristiani di esercitare il dominio sulle loro anime e sugli oggetti materiali che li circondano. [ 55 ] I leader del movimento vedono l' espiazione come un mezzo per alleviare la malattia, la povertà e la corruzione spirituale; [ 56 ] la povertà e la malattia sono considerate maledizioni che possono essere spezzate dalla fede e dalle azioni giuste. [ 49 ] [...]
La ricchezza è interpretata nella teologia della prosperità come una benedizione di Dio, ottenuta attraverso una legge spirituale di confessione positiva, visualizzazione e donazioni. [ 57 ] I credenti possono vedere questo processo in termini quasi meccanici; [ 58 ] [...]
L'insegnamento spesso si basa su interpretazioni non tradizionali dei versetti biblici, [ 56 ] e il Libro di Malachia riceve spesso un'attenzione particolare. Mentre i cristiani hanno generalmente celebrato Malachia per i suoi passaggi sul Messia , gli insegnanti di teologia della prosperità di solito richiamano l'attenzione sulle sue descrizioni della ricchezza fisica. [ 60 ] I versetti citati frequentemente includono:
Malachia 3:10 : " Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia cibo nella mia casa, e mettetemi alla prova in questo, dice il Signore degli eserciti: vedrete se io non vi aprirò le cateratte del cielo e non riverserò su di voi tanta benedizione che non vi sarà più spazio per riporla. " ( NR ) [ 10 ]
Giovanni 10:10 : " Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. " ( NR ) [ 10 ]
Filippesi 4:19 : «Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno secondo la sua gloriosa ricchezza, in Cristo Gesù». (NR) [ 56 ]
3 Giovanni 1:2 : "Caro, desidero che tu prosperi in ogni cosa e goda buona salute, come prospera l'anima tua." (NR) [ 6 ]
Marco 11:24 : "Perciò vi dico: tutte le cose che domanderete pregando, credete di riceverle, e le otterrete." (RV)
La teologia della prosperità si presenta come la rivendicazione della vera dottrina e quindi parte di un percorso verso il dominio cristiano sulla società secolare. [ 42 ] Essa sostiene che le promesse di prosperità e vittoria di Dio a Israele nell'Antico Testamento si applicano ai cristiani della Nuova Alleanza oggi, e che la fede e le azioni sante liberano questa prosperità. [ 55 ] C. Peter Wagner , un leader della Nuova Riforma Apostolica , ha sostenuto che se i cristiani prendono il dominio su alcuni aspetti della società, la Terra sperimenterà "pace e prosperità". [ 61 ]
Oltre a Francesco Corradi, hanno contribuito agli affreschi dell'Oratorio due pittori tedeschi, Francesco Naurizio senior e junior. Il cognome Naurizio è in realtà una deformazione di "norico", cioè "di Norimberga". Nel suo Autoritratto con pelliccia, Albrect Dürer si firma
ALBERTUS DURERUS NORICUS
IPSUM ME PROPRIJS SIC EFFIN-
GEBAM COLORIBUS AETATIS
ANNO XXVIII
Da notare che l'autore della pala nella prima sala è Lorenzo Fiorentini, dove anche qui il cognome denota un'origine geografica.
L'immagine qui sopra è tratta da Wikimedia Commons
Langelo scorciato sulla destra è una concessione alla prospettiva rinascimentale
"L'uomo ricco tradizionalmente è chiamato epulone, dal latino, letteralmente, banchettatore. In Roma antica gli epulones erano i membri del collegio sacerdotale istituito nel 196 a.C., incaricati di organizzare le cerimonie in onore di Giove, parte fondamentale dei Ludi Magni. È possibile che Pietro Crisologo (406–450), vescovo di Ravenna, sia stato il primo ad usare questo nome in relazione al ricco della parabola.[8]
La parabola è stata molto citata da artisti e teologi per i suoi chiari riferimenti alla vita dopo la morte.
Nella tradizione cristiana Lazzaro è stato visto come protettore dei malati di lebbra, cosicché i lebbrosari dove venivano raccolti i malati venivano anche chiamati lazzaretti."
19 C`era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20 Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21 bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23 Stando nell`inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24 Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell`acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25 Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26 Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27 E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28 perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch`essi in questo luogo di tormento. 29 Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi.
I levrieri possono essere stati ripresi dal Sant'Eustachio di Dürer o da San Giorgio e la Principessa di Pisanello nella basilica di Santa Anastasia a Verona
(voci e immagini tratte da Wikipedia e Wikimedia Commons)
Giobbe (in ebraico: אִיּוֹב 'Iyyōbh, in greco: 'Ιώβ, nella Vulgata: Iob [Alcuni Padri della Chiesa anche Hiob], in arabo Ayoub ―أيوب Ayyūb―, la variante in turco è Eyüp, e il significato del suo nome probabilmente è "osteggiato", che "sopporta le avversità")[2] è un patriarca idumeo protagonista del Libro di Giobbe[3], libro dei Ketuvim della Bibbia ebraica e classificato dai cristiani tra i libri sapienziali dell'Antico Testamento.
Giobbe rappresenta l'immagine del giusto la cui fede è messa alla prova da parte di Satana.
Il libro di Giobbe, considerato uno dei capolavori della letteratura universale, è composto da un lungo dialogo poetico (3,1-42,6), preceduto e seguito da un breve racconto in prosa, tutto incentrato sulla condizione del protagonista, messo alla prova da Dio e poi da lui riabilitato (1,1-2,13; 42,7-17). L'autore principale di questa opera probabilmente si è ispirato a un racconto sapienziale dell'epoca, che narrava le dolorose vicende di un uomo profondamente religioso, giusto e buono, il quale, dopo essere stato privato dei beni, dei figli e della salute, vedeva premiata la sua incrollabile fedeltà. Attorno a questo racconto, un autore successivo ha sviluppato, attraverso una lunga serie di dialoghi, la riflessione religiosa sulla giustizia di Dio, che sembrava essere messa in discussione dalla sofferenza del giusto e dell'innocente.
Il libro di Giobbe si ispira a un'esperienza dell'uomo di ogni tempo, quella del dolore. Più in particolare, questo libro si sofferma sulla sofferenza che colpisce l'innocente e il giusto, di fronte alla quale sembra stendersi l'ombra del silenzio di Dio. Secondo una credenza che anche l'antica tradizione biblica accetta, la sofferenza era considerata una punizione per il peccato. Questa concezione è condivisa dai tre amici di Giobbe, che dominano la scena dei cc. 3-31 del libro. Essi sostengono la tesi che la sofferenza dell'uomo è sempre conseguenza di una sua colpa e che Dio premia e punisce nella vita presente gli uomini, secondo i meriti e le colpe. Essi, però, non sanno piegarsi sull'uomo innocente che soffre e grida a Dio il suo dolore, come invece fa Giobbe. E proprio Giobbe, con parole ardite, va al cuore della condizione umana, proiettando in Dio l'interrogativo lacerante del perché del suo dolore di uomo innocente, chiedendo arditamente conto a Dio di questo suo modo di agire, che egli ritiene ingiusto. Nei cc. 32-37 la sofferenza viene giustificata come una correzione che Dio fa all'uomo, sia all'empio sia al giusto, e come una misura preventiva per scoraggiarne l'orgoglio e la presunzione. I cc. 38-42 contengono la risposta di Dio a Giobbe: di fronte al mistero insondabile di Dio creatore, Giobbe comprende l'assurdità delle sue parole di accusa. Comprende anche che Dio non può essere ingiusto e accetta con fede il mistero del suo agire nei confronti dell'uomo.
Composto forse dopo l'esilio babilonese, che durò dal 587 al 538 a.C., il libro di Giobbe era destinato ai Giudei che, in seguito alla caduta di Gerusalemme e alla loro deportazione, avevano perduto ogni cosa e si interrogavano sulla giustizia e bontà di Dio. Probabilmente il libro si è formato nel corso del tempo e in fasi successive, ma la sua redazione finale è avvenuta in un momento in cui si rendeva necessario e urgente infondere una nuova speranza e una nuova fiducia in Dio ai deportati e a coloro che, tra mille difficoltà, andavano ricostruendo Gerusalemme. Giobbe è il protagonista, non l'autore di questo libro. L'autore, vissuto probabilmente nella terra di Canaan, è un Israelita profondamente religioso e colto, ma al tempo stesso anticonformista, che desidera penetrare più profondamente il mistero dell'uomo e il mistero di Dio.
Capitolo 1
1 Viveva nella terra di Us un uomo chiamato Giobbe, integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male. 2Gli erano nati sette figli e tre figlie; 3possedeva settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e una servitù molto numerosa. Quest'uomo era il più grande fra tutti i figli d'oriente.
4I suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno di loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare le loro tre sorelle per mangiare e bere insieme. 5Quando avevano compiuto il turno dei giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si alzava di buon mattino e offriva olocausti per ognuno di loro. Giobbe infatti pensava: "Forse i miei figli hanno peccato e hanno maledetto Dio nel loro cuore". Così era solito fare Giobbe ogni volta.
6Ora, un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. 7Il Signore chiese a Satana: "Da dove vieni?". Satana rispose al Signore: "Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo". 8Il Signore disse a Satana: "Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male". 9Satana rispose al Signore: "Forse che Giobbe teme Dio per nulla? 10Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e i suoi possedimenti si espandono sulla terra. 11Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha, e vedrai come ti maledirà apertamente!". 12Il Signore disse a Satana: "Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui". Satana si ritirò dalla presenza del Signore. [...]
[dopo che figli e figlie sono morti, e ha perso tutti i sui beni]
20Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostrò 21e disse:
"Nudo uscii dal grembo di mia madre,
e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto,
sia benedetto il nome del Signore!".
22In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.
Capitolo 2
3Il Signore disse a Satana: "Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male. Egli è ancora saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui per rovinarlo, senza ragione". 4Satana rispose al Signore: "Pelle per pelle; tutto quello che possiede, l'uomo è pronto a darlo per la sua vita. 5Ma stendi un poco la mano e colpiscilo nelle ossa e nella carne e vedrai come ti maledirà apertamente!". 6Il Signore disse a Satana: "Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita".
7Satana si ritirò dalla presenza del Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. 8Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. 9Allora sua moglie disse: "Rimani ancora saldo nella tua integrità? Maledici Dio e muori!". 10Ma egli le rispose: "Tu parli come parlerebbe una stolta! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?".
In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.
11Tre amici di Giobbe vennero a sapere di tutte le disgrazie che si erano abbattute su di lui. Partirono, ciascuno dalla sua contrada, Elifaz di Teman, Bildad di Suach e Sofar di Naamà, e si accordarono per andare a condividere il suo dolore e a consolarlo. 12Alzarono gli occhi da lontano, ma non lo riconobbero. Levarono la loro voce e si misero a piangere. Ognuno si stracciò il mantello e lanciò polvere verso il cielo sul proprio capo. 13Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti. Nessuno gli rivolgeva una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore.
[...]
Capitolo 6, Giobbe ai suoi amici
22Vi ho detto forse: "Datemi qualcosa",
o "Con i vostri beni pagate il mio riscatto",
23o "Liberatemi dalle mani di un nemico",
o "Salvatemi dalle mani dei violenti"?
24Istruitemi e allora io tacerò,
fatemi capire in che cosa ho sbagliato.
25Che hanno di offensivo le mie sincere parole
e che cosa dimostrano le vostre accuse?
26Voi pretendete di confutare le mie ragioni,
e buttate al vento i detti di un disperato.
27Persino su un orfano gettereste la sorte
e fareste affari a spese di un vostro amico.
28Ma ora degnatevi di volgervi verso di me:
davanti a voi non mentirò.
29Su, ricredetevi: non siate ingiusti!
Ricredetevi: io sono nel giusto!
30C'è forse iniquità sulla mia lingua
o il mio palato non sa distinguere il male?
Capitolo 42
1 Giobbe prese a dire al Signore:
2"Comprendo che tu puoi tutto
e che nessun progetto per te è impossibile.
3Chi è colui che, da ignorante,
può oscurare il tuo piano?
Davvero ho esposto cose che non capisco,
cose troppo meravigliose per me, che non comprendo.
4Ascoltami e io parlerò,
io t'interrogherò e tu mi istruirai!
5Io ti conoscevo solo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti hanno veduto.
6Perciò mi ricredo e mi pento
sopra polvere e cenere".
7Dopo che il Signore ebbe rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz di Teman: "La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe. 8Prendete dunque sette giovenchi e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi e io, per riguardo a lui, non punirò la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe".
9Elifaz di Teman, Bildad di Suach e Sofar di Naamà andarono e fecero come aveva detto loro il Signore e il Signore ebbe riguardo di Giobbe.
10Il Signore ristabilì la sorte di Giobbe, dopo che egli ebbe pregato per i suoi amici. Infatti il Signore raddoppiò quanto Giobbe aveva posseduto. 11Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo; banchettarono con lui in casa sua, condivisero il suo dolore e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui, e ognuno gli regalò una somma di denaro e un anello d'oro.
12Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. 13Ebbe anche sette figli e tre figlie. 14Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea. 15In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell'eredità insieme con i loro fratelli.
16Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. 17Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.
Come nota Giorgia Lucchi nella sua tesi, in Bellini c'è serenità, e rimozione di qualsiasi accenno a dramma e sofferenza.
Non così in Corradi, dove aleggia uno spirito nordico più cupo, intriso di pessimismo assoluto.
L'analogia con la composizione di Bellini, comunque, ha permesso l'identificazione del personaggio con Giobbe.
4Io guardavo, ed ecco un vento tempestoso avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinìo di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di metallo incandescente. 5Al centro, una figura composta di quattro esseri animati, di sembianza umana 6con quattro volti e quattro ali ciascuno. 7Le loro gambe erano diritte e i loro piedi come gli zoccoli d'un vitello, splendenti come lucido bronzo. 8Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d'uomo; tutti e quattro avevano le proprie sembianze e le proprie ali, 9e queste ali erano unite l'una all'altra. Quando avanzavano, ciascuno andava diritto davanti a sé, senza voltarsi indietro.
10Quanto alle loro fattezze, avevano facce d'uomo; poi tutti e quattro facce di leone a destra, tutti e quattro facce di toro a sinistra e tutti e quattro facce d'aquila. 11Le loro ali erano spiegate verso l'alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo.
6Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d'occhi davanti e dietro. 7Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l'aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un'aquila che vola. 8I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere:
"Santo, santo, santo
il Signore Dio, l'Onnipotente,
Colui che era, che è e che viene!".
Da Google Gemini:
Iconografia Caratteristica di Sant'Antonio Abate
Sant'Antonio Abate è spesso riconoscibile per i seguenti elementi:
L'Abito Eremitico/Monastico: È quasi sempre raffigurato con un semplice abito monastico, spesso di colore scuro, che riflette la sua vita da eremita nel deserto. A volte indossa un mantello ruvido.
Il Bastone a Tau (o Stampella): Questo è uno degli attributi più distintivi. Si tratta di un bastone con l'impugnatura a forma di lettera "T" (tau greco) o una stampella. Il bastone simboleggia il suo cammino di vita nel deserto, il sostegno nella vecchiaia e anche la sua funzione di guida spirituale. La croce a Tau è stata anche associata all'Ordine degli Antoniani, che curavano il "fuoco di Sant'Antonio".
Il Maiale (o Cinghiale): Un maiale è quasi sempre presente ai suoi piedi o al suo fianco. Ci sono diverse interpretazioni di questo simbolo:
Permesso Speciale: I monaci Antoniani avevano il permesso di allevare maiali all'interno dei centri abitati per sostenere le loro opere di carità e per utilizzare il grasso animale (strutto) nella cura del "fuoco di Sant'Antonio" (herpes zoster), una malattia che causava bruciore intenso.
Vittoria sul Demonio/Carne: Il maiale può anche simboleggiare le tentazioni della carne e del peccato che Sant'Antonio ha saputo vincere durante la sua vita nel deserto.
Fertilità/Abbondanza: In alcune culture, il maiale era simbolo di fertilità e prosperità.
Il Fuoco: Spesso, il fuoco (o una fiamma) è raffigurato in qualche modo vicino a lui o in mano. Questo si riferisce alla malattia del "fuoco di Sant'Antonio" (herpes zoster, ma anche l'ergotismo, noto come "fuoco sacro"), che l'Ordine degli Antoniani curava con dedizione. Simbolicamente, può anche rappresentare il fuoco delle tentazioni che Antonio sopportò o il fuoco purificatore della fede.
Il Campanello: Un piccolo campanello (o campanella) è talvolta appeso al suo bastone o alla sua cintura. Questo era usato dagli Antoniani per annunciare il loro passaggio mentre andavano in cerca di offerte, o per allontanare gli spiriti maligni.
Il Libro: Talvolta tiene un libro, che simboleggia la sua saggezza, la sua vita di studio delle Scritture e la sua funzione di padre del monachesimo.
Il Demone/Figure Demoniache: Nelle scene che narrano le sue tentazioni nel deserto, Sant'Antonio è spesso raffigurato mentre combatte o viene assalito da creature mostruose e demoniache. Queste scene mettono in evidenza la sua forza spirituale e la sua resistenza al male.
Gli strumenti della passione si trovano rappresentati ad esempio nell'incisione di Albrecht Dúrer "La Santa Trinità" (1511)..
L'immagine qui di seguito rappresenta la copia presso il Metropolitam Museum of Art.
Nel XV secolo pare fossero comune portare in processione gli strumenti della passione, come fanno ancor oggi le confraternite nella Sardegna settentrionale.
Dalla voce di Wikipedia:
Il Vangelo secondo Marco - così come quello di Matteo, che usò Marco come fonte principale - riporta che Gesù, prima di morire, disse: "«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»" (Mc15,34 ; Mt27,46).
[È una citazione da Salmi 22(21):2:
2 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza":
sono le parole del mio lamento.
3 Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.
4 Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode di Israele.
5 In te hanno sperato i nostri padri,
hanno sperato e tu li hai liberati;
6 a te gridarono e furono salvati,
sperando in te non rimasero delusi.]
Commento dalla Bibbia CEI 2008:
22,1 In questo salmo, considerato una delle preghiere più intense di tutto il Salterio, profonda fiducia in Dio e totale abbandono a lui si alternano con l’angoscia e la sofferenza dell’orante. L’intervento liberante di Dio apre all’inno di lode, che nel finale (forse un’aggiunta successiva) coinvolge tutte le nazioni. Il salmo è stato usato, fin dalle origini della Chiesa, per commentare la passione di Gesù e la sua glorificazione. Gli evangelisti Marco e Matteo ricordano che l’ultima invocazione del Signore al Padre venne espressa con le parole iniziali di questo salmo (Mc 15,34 e Mt 27,46). La spartizione delle vesti è commentata da Giovanni con la citazione del vv. 19 (Gv 19,23-24) e gli insulti a Gesù registrati nel Vangelo di Matteo (Mt 27,43) conservano un’eco delle ingiurie dei vv. 8-10.
Secondo invece il Vangelo di Luca, Gesù - appena prima di spirare - disse: "«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò." (Lc23,46) [...]
Differentemente, il Vangelo di Giovanni riporta, in merito all'ultima frase detta da Gesù subito prima di spirare: "«Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò." (Gv19,30).
Il personaggio indicato nella losanga come Biasio Fürst, che è uno dei committenti, dovrebbe essere lo stesso che è rappresentato accanto a Giobbe. Come riporta Giorgia Lucchi, vi è traccia di un "Biasio di Osbaldo sarto detto Fürst", ove "Fürst" non indica ascendenze nobiliari, ma piuttosto l'aver lavorato per il dinasta.
La spada è quella tipica dei Lanzichenecchi, corpo creato da Massimiliano I nel 1493, e che erano passati per la Valsugana durante la Guerra della Lega di Cambrai (1508-1516).
Lo stile di abbigliamento dei Lanzichenecchi influenzò la moda del tempo. (Foto da Wikipedia)
L'immagine di sinistra è Sant'Anna Selbdritt/Metterza. L'unico altro esempio in Trentino si trova nella Chiesa di San Mauro a Baselga di Pinè. A destra Giobbe.
Quella di mezzo è una Sacra Conversazione - la Madonna con Sant'Antonio Abate e San Rocco. Come scrive Giorgia Lucchi, rispetto alle Sacre Conversazioni veneziane,
non c'è lo sfondo paesaggistico
non c'è profondità prospettica e sviluppo dei piani
i personaggi mancano di vitalità, e sono schiacciati, o collocati in uno spazio illusorio appena necessario
vi sono ritocchi a tempera dei dettagli
Guardate il passaggio fra il riquadro di sinistra (guardando) e quello centrale. Nella parte superiore l'architettura sembra andare in dentro, nella parte inferiore sembra andare in fuori. Escher avrebbe apprezzato!
Sant'Anna Metterza (Selbdritt)
Sacra Conversazione
Sacra conversazione con San Rocco e Sant'Antonio Abate (che regge una fiamma nella mano sinistra), di Lorenzo Fiorentini
Sacra Famiglia, di Francesco Naurizio junior
Il finto trittico e gli affreschi dell'Oratorio vengono accostati, come riporta Giorgia Lucchi, alle opere presenti nella Chiesa di San Mauro a Baselga di PInè. Dalla voce di Wikipedia:
Il tesoro più importante della chiesa è senza dubbio il trittico a portelle barocco appoggiato contro la parete sinistra della navata, opera quattrocentesca in legno scolpito e dorato di probabile scuola bolzanina[1][3]. Cuore dell'opera sono le tre sculture della Madonna Immacolata e dei santi Mauro e Giovanni Battista; le portelle raffigurano, all'interno, bassorilievi di santo Stefano (a sinistra) e san Michele (a destra), mentre le facce esterne si combinano in un'immagine dell'Annunciazione. La predella inferiore riporta al centro un gruppo scultoreo di Gesù Cristo con i dodici apostoli; le portelle raffigurano all'interno le sante Margherita d'Antiochia e Barbara, e all'esterno vari altri santi[3].
Come scrive Giorgia Lucchi, a Volano si vedono un trattamento più rinascimentale, inclusi sfondi di paesaggi, e una prospettiva più solida
Come riporta Giorgia Lucchi, le influenze italiane sull'opera di Francesco Corradi appaiono derivare dalle opere dei Vivarini. A proposito di Antonio Vivarini, si legge su Wikipedia
Sarà proprio lui a segnare il passaggio dal gotico fiorito, al primo Rinascimento con una pittura più prospettica e moderna.
Tutto questo mediato dai bellunesi Antonio Rosso e Matteo Cesa. Corradi opera una mediazioni, sulla base dei gusti dei committenti, fra il gusto grafico gotico e il modellato rimascimentale. Il suo ciclo di San Rocco è il primo del suo genere in Trentino.