Il Sole 24 Ore - Quotidiano
Edizione 08/2010
Quando il rumore genera liti di vicinato, la «tollerabilità» delle immissioni va valutata caso per caso, e il giudice – oltre a vietare le attività rumorose – può anche dettare regole e accorgimenti tali da ricondurre le attività entro limiti di accettabilità.
La norma base è l'articolo 844 del Codice civile, che stabilisce che il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. La norma è applicabile nei rapporti tra condomini di uno stesso edificio, sia quando l'immissione molesta e dannosa proviene dal condominio sia quando uno di essi, nel godimento della cosa propria o anche comune, dia luogo ad immissioni intollerabili nella proprietà dell'altro (tribunale di Lodi 28 agosto 2003, n. 10).
Nell'applicazione dell'articolo 844 bisogna tenere conto della peculiarità dei rapporti condominiali e della destinazione assegnata all'edificio dalle disposizioni urbanistiche o – in mancanza – dai proprietari. In particolare, nel caso in cui le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti (ad esempio abitazione e attività commerciale) il criterio dell'utilità sociale impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali, le esigenze personali di vita connesse al l'abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all'esercizio di attività commerciali (Cassazione 15 marzo 1993 n. 3090).
L'assolutezza e l'incomprimibilità del diritto non escludono la necessità di accertare quali siano le condizioni oggettive nel cui contesto il diritto viene esercitato, e se sia razionale il sacrificio totale di ogni altra esigenza in potenziale conflitto con esso, tenuto anche conto che la ricerca dell'effettiva esistenza della menomazione – ossia del confine tra un'attività che reca un semplice fastidio psico-fisico e un'attività che determina una vera e propria menomazione di quel bene, nel senso di dar luogo ad oggettivi fenomeni patologici fisici o psichici – non può essere compiuta con criteri puramente astratti.
Nel corso degli anni, giudici hanno affermato che l'applicabilità dell'articolo 844 richiede l'accertamento caso per caso della liceità o illiceità delle immissioni (tribunale di Varese 3 giugno 1997) e che l'intollerabilità in concreto può riscontrarsi anche quando le emissioni non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale (tribunale di Venezia 4 ottobre 2004).
Pertanto, sia al fine di accertare la concreta sussistenza della lesione, sia al fine di stabilire le concrete modalità della tutela, è giustificato il ricorso all'applicazione analogica delle disposizioni dell'articolo 844 in tema di immissioni moleste, laddove fanno riferimento al criterio della tollerabilità e alla possibilità di estendere l'intervento del giudice al di là della barriera dell'inibizione assoluta, in modo da ricomprendere la determinazione dei mezzi necessari per ricondurre l'attività nei limiti del diritto.
Le propagazioni nel fondo del vicino che oltrepassino il limite della normale tollerabilità costituiscono un fatto illecito perseguibile, in via cumulativa, con l'azione diretta a farle cessare (avente carattere reale e natura negatoria) e con quella intesa ad ottenere il risarcimento del pregiudizio che ne sia derivato (di natura personale), a prescindere dalla circostanza che il pregiudizio sia temporaneo e non definitivo (Cassazione 2 giugno 2000, n. 7420).
L'azione diretta a far valere il divieto di immissioni eccedenti la normale tollerabilità può essere esperita anche nei confronti dell'autore materiale delle immissioni che non sia proprietario dell'immobile da cui derivano e, quindi, anche nei confronti del locatore di questo stesso immobile quando soltanto a costui possa essere imposto un obbligo di fare o di non fare suscettibile di esecuzione forzata in caso di diniego (Cassazione, 1° dicembre 2000 n. 15392).
Nel Codice civile
Le immissioni nell'articolo 844 del Codice civile
Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.
La casistica
Il disturbo dell'impianto centrale di riscaldamento
Il condominio è obbligato a risarcire sia il danno biologico sia il danno morale subìto da un condomino a causa delle immissioni sonore, superiori alla normale tollerabilità, provenienti dalla centrale dell'impianto comune di riscaldamento. La liquidazione del danno va effettuata con criterio equitativo dal giudice e non può consistere in una somma meramente simbolica (Corte d'appello di Milano 18 settembre 1990).
Celle frigorifere e danno biologico
Il fatto che sia stata accertata l'intollerabilità delle immissioni rumorose non conduce automaticamente a ritenere che ci sia un danno biologico da risarcire. Al contrario, potrebbe condurre al risarcimento dei danni morali qualora si configurasse il reato previsto dall'articolo 619, comma 1, del Codice penale, che punisce il «Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone». Così hanno stabilito i giudici, a proposito di immissioni rumorose, provocate dal funzionamento di celle frigorifere collocate in un negozio che faceva parte di un fabbricato in regime condominiale, a danno degli occupanti appartamenti vicini.
Sala giochi e schiamazzi non eliminabili
In caso di violazione del limite della normale tollerabilità posto dall'articolo 844 del Codice civile a causa di schiamazzi e rumori provocati dall'attività di una sala giochi, ed essendo risultato vano ogni possibile accorgimento per ricondurre i rumori entro il suddetto limite, ricorrono gli estremi per disporre la cessazione dell'attività (tribunale di Milano 21 gennaio 1991).
La richiesta di spostare la cisterna negli scantinati
Qualora il proprietario di un appartamento situato in un condominio chieda, in primo grado, che venga rimossa una stazione di servizio (serbatoio di carburante e apparecchi accessori) installata negli scantinati dello dell'edificio, perché lesiva di una servitù prediale costituita a suo favore, la stessa richiesta – ma basata su una asserita violazione del regolamento condominiale e del divieto di immissioni di cui all'articolo 844 del Codice civile – costituisce una nuova domanda improponibile per la prima volta in appello.
Disturbo da cani nelle ore del riposo
Il condomino che non assume alcuna iniziativa per impedire al proprio cane di produrre esalazioni e rumori intollerabili nelle parti comuni dell'edificio condominiale è tenuto a risarcire i danni subiti da altro o altri condòmini a causa delle immissioni illecite – improvvise o persistenti – anche in ore destinate al riposo (tribunale di Bari 12 aprile 2006).
Detenzione di animali: può scattare l'allontamento
Può essere ordinato, con provvedimento d'urgenza, l'allontanamento dall'edificio condominiale, con divieto di farvi ritorno, di animali domestici, sia quando ciò sia previsto dal regolamento condominiale, sia quando la presenza degli animali sia fonte di immissioni insalubri e intollerabili e di una diminuzione della possibilità di godimento delle parti comuni dell'edificio, e a maggior ragione quando si tratti di cani dichiarati dal ministero della salute potenzialmente pericolosi. Nella specie, si trattava di due cani pit-bull, sistemati in una cantinola posta a piano terra dell'edificio condominiale (tribunale di Salerno 22 marzo 2004).
La canna fumaria del ristorante
Una canna fumaria posto al servizio di un ristorante, installata in un condominio ex novo e senza alcuna autorizzazione condominiale, dovrà essere rimossa qualora provochi per i condòmini molteplici violazioni rilevanti sul piano possessorio, come immissioni che superino la normale soglia di tollerabilità (tribunale di Salerno 23 marzo 2005).
Legittimazione ad agire dell'amministratore
L'amministratore di condominio non è legittimato a proporre azione nei confronti di un condomino per fare cessare le immissioni di odori che superano i limiti della normale tollerabilità, a norma dell'articolo 844 del Codice civile, provenienti dai locali di proprietà esclusiva destinati all'esercizio di rosticceria, atteso che si tratta di diritti personali dei singoli condomini (tribunaledi Napoli 29 giugno 1999).
(Il Sole 24 Ore, "Norme e tributi", 23 agosto 2010, p.37 a cura di Maurizio De Tilla)