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Questa è la storia del brevetto per un sistema di propulsione navale alimentato dal combustibile derivato dai rifiuti, nato dalla fantasia di un tecnico ambientale supportato nella ricerca tecnica e progettuale da alcuni amici ingegneri, che ha ricevuto attenzioni internazionali e che non ha mai visto la sua realizzazione grazie dall'inerzia di burocrati ministeriali.

La storia inizia da una certo momento della vita di Franco Piermartini (2001), inventore del Sistema di propulsione navale alimentato da combustibile derivato dai rifiuti-CDR ed estensore di questa "Piccola storia italiana": quando si dice economia circolare !!!

UNA PICCOLA STORIA ITALIANA

Agosto 2001.

Il mio socio (io al 5%) mi ha licenziato in tronco.

Continuavo a pensare che fosse un socio, invece era un investitore d'assalto.

Prima di partire per le ferie mi dice che posso prendermela comoda, che al rientro il mio posto non ci sarà.

Ero il Direttore della All Green Rifiuti Srl, ma mi ha sbattuto fuori.

Parto con la famiglia per le ormai programmate ferie, caparra pagata, se devi piangere meglio farlo al mare, puoi sempre prendere la scusa dell’acqua salata.

Ma io sono un tipo caparbio. Ero al mare ma con il cervello da altre parti. Con una figlia di 8 anni ed un muto da pagare non c’era tempo per piangere.

NASCITA DI UNA IDEA

Forse non tutti sono consapevoli del fatto che il combustibile navale prevalentemente utilizzato è costituito praticamente da catrame, materiale finale di scarto di tutta la filiera di trattamento del petrolio. Ciò lo rende il combustibile di gran lunga più inquinante di qualunque altro e pone le emissioni navali al primo posto nella classifica delle sorgenti di inquinamento atmosferico.

Episodi di incidenti accaduti spesso (e anche molto recentemente) rendono il combustibile navale, in caso di fuoriuscita dai serbatoi, un pericolo enorme per la salvaguardia dell’ambiente marino e degli ecosistemi sia marini che costieri.

Persiste da anni nel nostro Paese una pregiudiziale ostilità di principio nei confronti della termovalorizzazione dei rifiuti, che consiste nell’utilizzo (a valle di tutte le fasi di recupero che si possono o si vogliono attuare) della “merce” più preziosa contenuta nel rifiuto secco residuo: il potere calorifico.

Vale circa un terzo di quello del petrolio e la metà di quello di altri combustibili fossili che importiamo in quantità rilevantissima a prezzi altrettanto rilevanti.

Tale ostilità ha impedito la realizzazione, nel nostro Paese, di un parco di impianti di termovalorizzazione comparabile a quello di altri Paesi evoluti e certamente più sensibili del nostro quanto a tutela ambientale: i fatti Campani ne mostrano con evidente drammaticità le conseguenze, con costi enormi (a nostro carico) di trasporto e smaltimento in termovalorizzatori stranieri che lo usano, pagati, per produrre parte della propria energia elettrica.

Sullo scoglio di Ventotene guardo con insistenza la nave che consegna acqua potabile e riparte vuota. Poco dopo dalla banchina del porto, camion compattatori di rifiuti salgono sul traghetto per essere smaltiti in discariche in terra ferma toscana e torneranno vuoti:

perché il rifiuto secco non può essere utilizzato come combustibile in un impianto a vapore e muovere la nave dell’acqua?

In questo contesto, nel 2001 viene presentato un brevetto internazionale.

Alcuni tecnici – tra i quali il sottoscritto - piccoli imprenditori hanno ottenuto il riconoscimento brevettuale solo nel 2004 (l’iter non è semplice) di un idea cosi concepita: perché non considerare il combustibile derivato dai rifiuti con tecnologie di qualità (CDRq) un possibile combustibile per impianti a vapore che generano elettricità per alimentare i motori elettrici di propulsione navale?

L’idea ora brevettata viene presentata al Parlamento italiano ()

SVILUPPO DELL’IDEA

L’idea si è concretizzata nel progetto di un impianto completo, oggetto di brevetto, inclusa una sezione di depurazione fumi comparabile a quella dei termovalorizzatori terrestri e sottoposta a diversi soggetti per un giudizio di validità.

Il progetto:

  • nel 2005 è stata oggetto di tesi di laurea presso l’Università degli Studi Roma Tre, Facoltà di Ingegneria ;

  • nel 2007 l’Enea lo ha pubblicato sul proprio sito con il titolo “Una nuova filiera per la valorizzazione dei rifiuti: l'uso del combustibile derivato da rifiuti nella propulsione navale - Valutazioni tecniche ed economiche” ;

  • nel 2009 è stato oggetto di una valutazione preliminare di compatibilità ambientale da parte della Lamir S.r.l., che ha stimato e quantificato la riduzione significativa dell’impatto sulla qualità dell’aria ;

  • nel 2011 è stato inserito nell’elenco di progetti potenzialmente meritevoli di premio per innovazione e beneficio ambientale presso 2011 Sustainable Shipping Awards London (sezione Green Shipping Initiative of the Year )

Per poter procedere alla fase attuativa, anche solo come prototipo sperimentale, era necessario proporlo all’I.M.O, (International Maritime Organization), affinché fosse riconosciuta e regolamentata, pur con tutte le necessarie cautele e le eventuali limitazioni, la possibilità di impiego del CDRq come combustibile per la propulsione navale (quindi non come forma di smaltimento ma come impiego per produrre energia).

Affinché l’I.M.O. potesse esprime il suo parere (positivo o negativo) era necessario che i Ministeri dei Trasporti e dell’Ambiente italiani, congiuntamente, presentassero all’IMO il progetto; la sottomissione di richiesta di parere può essere presentata solo due volte l’anno.

NEBBIA, PALUDE E MURO DI GOMMA

Nel 2008 è iniziato, da parte dei promotori del progetto, l’iter ufficiale della richiesta presso i due ministeri, con il seguente risultato: il Ministero dei Trasporti ha manifestato interesse ed ha atteso il parere (necessario) del Ministero dell’Ambiente, più volte sollecitato dai proponenti; il Ministero dell’Ambiente, in tutte le occasioni di incontro, ha manifestato la sua perplessità con le seguenti motivazioni:

  • l’incenerimento in mare, finalizzato alla distruzione dei rifiuti, sarebbe vietato da una norma internazionale;

  • la concessione dell’autorizzazione richiesta dovrebbe essere accompagnata anche da una autorizzazione al trasporto del CDRq;

  • non c’è una legge che lo consente

  • Alla prima motivazione di perplessità è stato risposto che, secondo diverse sentenze della Corte di Giustizia Europea (13 febbraio 2003 C-228/00 e C-458/00, 14 ottobre 2004 C-113/02), l’utilizzo del CDR per la produzione di energia, in sostituzione di una fonte non rinnovabile, è un’azione di recupero e non di smaltimento e di conseguenza non può essere considerato incenerimento;

  • alla seconda motivazione è stato fatto presente che nessun mezzo di locomozione, incluse le imbarcazioni, necessita di autorizzazione al trasporto del proprio carburante.

  • Alla terza si è fatto notare che se ci fosse stata una legge l’idea progettuale non avrebbe risposto ai requisiti di “sconosciuto e novativo” e quindi non sarebbe stato riconosciuto brevettualmente.

Poiché non c’è peggior sordo…. si è indotti a pensare che la motivazione o le motivazioni che trattennero il Ministero dell’Ambiente ad associarsi a quello dei Trasporti nel trasmettere all’IMO la semplice richiesta di espressione del parere (senza sbilanciarsi né a favore né contro) fossero state altre, chissà quali?

UNA AMARA CONSIDERAZIONE

I proponenti hanno abbandonato il progetto non più in grado di mantenere economicamente i brevetti.

Nell’ultimo incontro al Ministero dell’Ambiente 23/5/2012, riconfermammo che il nostro spirito era affermare un concetto integrato di ricerca innovazione Know how elementi per affrontare:

  • sindrome NIMBY per la realizzazione di termovalorizzatori,

  • strategia 20-20-20 ,

  • sviluppo sostenibile,

  • fonti rinnovabili,

  • difesa della cantieristica navale italiana attraverso lo sfruttamento del know how brevettato.

  • riconfermammo la nostra disponibilità a forme di collaborazione con lo Stato nelle forme individuabili al fine di mantenere in Italia l’intera proprietà intellettuale.

Fa tristezza che non si è riusciti a giungere ad una verifica conclusiva.

Nessuno al Ministero è stato capace dal 2004 di mettere nero su bianco le motivazioni della contrarietà (ma oggi si può forse pensare che i motivi fossero altri?).

L’idea può essere applicata senza particolari costi e, nonostante il netto calo del pezzo dl Petrolio, la sua applicazione continua a garantire sicuramente un grande vantaggio ambientale e un ritorno economico certo.

Noi offriamo tutta la nostra esperienza di 14 anni dedicati a studiare questo specifico tema, per costituire un gruppo di lavoro congiunto.

Tutta la documentazione tecnica in nostro possesso può essere messa a disposizione di chi volesse approfondire la sua applicazione.