Collegiata (San Lorenzo)

L’ORIGINE DI UN NOME

Santa Croce sull’Arno è una cittadina del pisano che si trova nella zona del Valdarno inferiore, in età contemporanea particolarmente nota per far parte del distretto industriale conciario denominato “comprensorio del cuoio”, un centro economico-lavorativo di grande rilievo per la Toscana. Sebbene il fiorente sviluppo possa far pensare a Santa Croce come un paese nato in seguito all’industrializzazione, si rimarrà sorpresi nello scoprire che invece le sue origini sono antichissime e anche il suo toponimo, non a caso,nasconde delle ragioni storiche e religiose.

Il territorio dove nacquero i primi insediamenti sulle rive dell’Arno (già testimoniati a partire dal VIII secolo), apparteneva al tempo alla diocesi di Lucca, in cui era diffusa la venerazione del Volto Santo, il celeberrimo crocifisso ligneo raffigurante il corpo di Cristo vivo sulla croce, vestito con una lunga tunica. Sono molteplici le leggende riguardanti questa immagine divina, secondo alcuni scolpita da Nicodemo dopo la resurrezione per ricordare ai fedeli la fisionomia umana del figlio di Dio.

La leggenda racconta il ritrovamento della croce in Palestina da parte del vescovo Gualfredo, che spedì il simulacro su un’imbarcazione via mare con la speranza che potesse raggiungere una terra cristiana, scongiurando così la sua distruzione. Nel 782 la nave si avvicinò a Luni, approdando spontaneamente solo quando il vescovo Giovanni I giunse nella zona dopo essere stato avvisato in sogno da un angelo. Da qui la croce venne trasferita a Lucca (ancora oggi conservata nella Cattedrale di San Martino) e la devozione all’immagine sacra fu inarrestabile, crescendo a dismisura in Europa come meta di pellegrinaggio di potenti e semplici fedeli, e arrecando alla città legittimazione divina, prestigio, ricchezza.

È proprio grazie al modello votivo lucchese che nasce Santa Croce nel Valdarno, quando nella seconda metà del XIII secolo è attestato per la prima volta il toponimo di questo luogo, fiorito intorno ad un medesimo Volto Santo custodito nell’antico oratorio di Santa Croce sul Poggetto, e dove confluirono le piccole realtà territoriali che popolavano queste rive dell’Arno. Il culto della croce,esteso nell’intera circoscrizione vescovile, fu uno dei più venerati in età medievale e moderna, ed è quindi legittimo presupporre che fu proprio la progressiva importanza acquisita da tale fede popolare che portò anche nelle zone limitrofe l’emulazione di una croce analoga, servendo inoltre come legittimazione dell’autorità lucchese sul territorio.

L’oggetto di culto legato alle vicende di fondazione del paese oggi si trova nella collegiata di San Lorenzo, costruita nel XVI secolo sulla preesistente chiesa intitolata proprio alla santa croce.

L’imponente statua policroma, che secondo la critica è da datare al XIII secolo per mano di un anonimo artista lucchese, è costituita da più parti assemblate con gesso e colla, dipinte con pittura a tempera, e ritrae l’immagine viva di Cristo,caratterizzato da una fisionomia del volto severa e solenne,con la testa leggermente sporgente per la propensione del collo in avanti: i connotati somatici s’ispirano al Volto Santo di Lucca ma non sono completamente identici, in quanto appaiono più sintetici, così come anche la resa plastica della tunica orientale è ridotta ai minimi termini, appena accennata in fondo alla veste e nelle maniche, mentre è del tutto assente nella parte alta del torace. Il fascino arcaico che sprigionano le croci ispirate al modello lucchese, in Toscana presenti in vari esemplari, deriva dalla tradizione del Christus Triumphans, che unisce nella rappresentazione la morte di Gesù e il momento della resurrezione, oltre alla particolarità della tunica sacerdotale che li copre.

Nella collegiata è esposta un’altra notevole opera statuaria, raffigurante un Angelo annunziante in terracotta parzialmente invetriata, datato ai primi decenni del XVI secolo. Secondo le ricostruzioni storiche recenti, l’opera non faceva parte dell’arredo originario della chiesa ma vi giunse in seguito da un luogo di culto imprecisato, dove forse era collocata a lato di un altare, accompagnata da un suo ignoto pendant raffigurante la Vergine annunciata. Per l’inclinazione sentimentale con cui è modellato questo giovane angelo, la critica ha assegnato la statua a Andrea della Robbia (1435-1525), nome sostenuto anche dall’utilizzo dalla lavorazione della terracotta solo in parte invetriata: la tecnica di cui l’artista si servì spesso nella sua produzione tarda, fu ideata per rifinire alcune zone con colore a secco, conferendo all’opera un’impronta più naturale, come avviene per la statua santacrocese, policroma nell’incarnato del viso e delle mani, oltre che nella stola in origine di colore rosso (colorazione non era realizzabile con tale metodo). Oggi la pittura stesa a secco si è quasi del tutto persa, mentre permangono intatti i colori della tunica fissati dall’invetriatura, a riprova della straordinaria resistenza della tecnica robbiana.

Guardando nella zona presbiteriale, la parete di fondo dietro l’altare maggiore è occupata da un’edicola pensile di gusto settecentesco (1709-1716) in marmi misti, attribuita a Bartolomeo di Moisé, la cui attività è ancora tutta da ripercorrere.

Il dossale si compone dell’unione di diversi elementi architettonici e decorativi, quali volute, ghirlande di frutta, cornucopie e angeli, che ne fanno un monumento complesso ma nell’insieme armonioso: al centro una nicchia contiene la statua del santo titolare della chiesa, San Lorenzo, affiancata ai lati da alcune raffinate lesene disposte gradualmente e che determinano il focus dell’altare.

Spostandoci nella navata destra della collegiata, incorniciato da una monumentale edicola, si trova un quadro raffigurante la Pietà, dipinto dal pittore fiorentino Anton Domenico Bamberini (1666-1741), molto attivo nella diocesi di San Miniato. Oltre la fama di buon frescante, Bamberini da qui prova di sé in un’opera su tela dove colloca al centro della scena il fulgido corpo di Cristo sostenuto da Maria, sotto un cono di luce etera e celestiale che rischiara entrambi, lasciando il resto dei partecipanti in penombra. Il dipinto proveniente dal monastero di Santa Cristiana e realizzato probabilmente tra il secondo e terzo decennio del XVIII secolo, ci offre il pretesto per raccontare un’altra storia religiosa e attuale al tempo stesso,appartenuta a Santa Croce sull’Arno e che si lega al nome di Oringa Menabuoi.