words from friends
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Carlo ci mancherà molto. Ne ricorderemo il valore, i contributi importanti, la straordinaria intelligenza e generosità. (Luigi Ferrajoli, Università Roma 3)
Lecce, 21 luglio 2014
SALUTO A CARLO.
È con commossa e profonda gratitudine che saluto Carlo. A lui devo i progressi della mia fede, purificata grazie alle sue critiche derivanti da un’incredibile perspicacia, onestà intellettuale, libertà da conformismi e rispetto per gli altri. Certamente non potevamo accontentarci di un’idea di Dio costruita dall’uomo, fosse anche un filosofo o un teologo, né, tanto meno, da pietismi interessati o appaganti. La sua rigorosa ricerca della giustificazione, anche attraverso tutti i possibili controlli formali, non gli permetteva di ammettere infondate soluzioni ad aspettative umane: piuttosto nessuna soluzione, e la coerenza e il coraggio di accettare questo vuoto.
Entrambi siamo stati toccati da dolorose perdite di persone molto care, e sapevamo che la morte è il coronamento della vita: pertanto un momento che va vissuto e preparato con il massimo rigore e coerenza. Lui ora vi è arrivato e conosce la realtà del fuori del tempo.
Avendo accolto le testimonianze ereditarie di molte persone oneste che ho conosciuto, ho accettato l’esperienza storica e contingente della rivelazione di Dio creatore e perdutamente innamorato e rispettoso di ciascuna delle sue creature e della loro libertà, anche di rifiutarlo. Direi, in particolare, innamorato di Carlo per le sue doti di autentica umanità, onesta coerenza e capacità di generare negli altri l’amore per questi atteggiamenti.
Nessuno di noi ha meriti sufficienti per aspirare a vedere Dio, è solo il Suo infinito amore che ci porta alla Sua presenza. Appunto confidando in quest’amore senza confini, mi vedo Carlo ammirare l’umanamente irraggiungibile e gustarlo nella vita gioiosa fuori dal tempo. Chiedo umilmente al Signore di essere accanto a noi che rimaniamo orfani della presenza di un tale compagno di viaggio che ci ha preceduto alla meta (Ruggero Ferro, Università di Verona)
Ho conosciuto Carlo tardi. Dal primo incontro Carlo mi è sembrato un uomo speciale. Un uomo che amava la vita, che seguiva le sue passioni, con forza. Si raccomandava sempre di non chiamarlo al telefono prima dell'una del pomeriggio, perché prima dormiva. Ricordo ancora una volta d'averlo chiamato alle 11 del mattino, e d'averlo probabilmente fatto cadere dal letto. Poi aveva la palestra, poi però poteva stare al telefono per ore a raccontarti delle sue ultime elucubrazioni. E' stata una fortuna incontrarlo e conoscerlo. (Massimiliano Carrara, Università di Padova)
Carlo della Pozza è stato un caro amico e un prezioso collaboratore per molti di noi. (Tecla Mazzarese, Università di Brescia)
Very sorry to hear the news!
(Valeria De Paiva, California USA)
I only knew Carlo Dalla Pozza through his work on pragmatics. The seriousness of his approach to applications of non-standard logics was refreshing. The obituary circulated by Gianluigi Bellin makes clear that Dalla Pozza's interests were far wider than I had realised. The current age rewards narrow specialism. The obituary is a charmingly affectionate celebration of someone who experienced a broad intellectual life. (Martin Hyland, King's College, Cambridge)
Ho appreso la notizia da Carlo Penco, e sono molto, molto rattristato per la scomparsa di Carlo Dalla Pozza.
Ho avuto sempre, una grande stima di Carlo Dalla Pozza, come uomo e come studioso. E mi rammarico molto che l’accademia italiana non l’abbia valorizzato come meritava ampiamente.
I suoi lavori scientifici meritano un’attenta e profonda considerazione, e devono essere oggetto di studio e di discussione. (Michele Abrusci, Università Roma 3)
I'm very sorry to hear the news of the death of Carlo Dalla Pozza, and that at an early age for these days. It's clear that he meant a lot to you, both personally and through his influence and your work together. Thank you for the very informative obituary. (Solomon Feferman, Stanford University)
In un incontro fin troppo breve ho imparato a conoscere Carlo l'uomo, accanto al sempre lucido filosofo e logico. Mi ha lasciato un bellissimo ricordo e mancherà a molti di noi. (Giuseppe Primiero, Middlesex University)
La distanza e gli impegni di lavoro non mi hanno permesso di frequentare Carlo con l’assiduità che avrei voluto, e questo per me è stato un motivo di rammarico. Non ho mai pensato a Carlo come a un collega ma come a un amico con cui condividevo la passione disinteressata per un certo numero di temi di ricerca. Nella visita che ho fatto a Carlo recentemente, prima che le sue condizioni precipitassero, ho ammirato la forza e la lucidità con cui affrontava la sfida di una malattia crudele: qualità di un uomo che aveva fatto della filosofia un modo di vivere e di pensare. Mi considero un privilegiato per essere stato amico di una persona come Carlo Dalla Pozza. (Claudio Pizzi, Università di Siena)
It's very sad news about Carlo: he was a genuine philosopher who cared about the hard problems, both philosophical and logical, and there are few people like that in the world. It is good to know that you, Gianluigi, are continuing to represent Carlo's research program, which I think has a good deal of promise: one of the things that I found interesting and stimulating about it was the idea that compound speech acts were worth investigating. Although I am not now working so closely on Carlo's ideas, I find his approach very inspiring, particularly his concentration on intensional phenomena and his ideas for close links between semantics and pragmatics. (Graham White, Queen Mary, University of London)
Carlo ci mancherà, sia per il suo entusiasmo e rigore nelle imprese filosofiche ed intellettuali che per la sua straordinaria personalità. Le sue idee sempre chiare, i suoi consigli, erano un punto di riferimento di cui ci si poteva fidare. (Kurt Ranalter)
Ho un ricordo ancora indelebile di Carlo Della Pozza che risale ai primi e lontani anni '70, quando frequentava le lezioni dei Proff. Bruno Widmar (Filosofia della scienza) e Ferruccio Rossi-Landi (Filosofia del linguaggio) presso l'Università di Lecce, con i suoi interventi su temi ancora poco 'frequentati' dalla logica alla filosofia del linguaggio. Poi ho continuato sia pure saltuariamente a seguire i suoi studi, alcuni dei quali ancora punto di riferimento; ma ciò che ancora mi ha colpito è la sua continua caparbietà a non voler sottostare a certe regole della vita accademica (riunioni, consigli di Facoltà o di Dipartimento, ecc.) pur sapendo che ciò non l'avrebbe aiutato nella sua carriera, oltre ai suoi orari strani nel fare lezione. Ma comunque Carlo ha lasciato in primis fra gli studenti e poi a chi lo ha conosciuto un ricordo difficilmente cancellabile e la sua perdita non è soltanto un evento grave per gli amici, ma anche una perdita per gli studi logici. (Mario Castellana, Università del Salento)
PENSIERO PER CARLO
Ho conosciuto Carlo molti anni fa a Lecce, in occasione di un convegno sulla logica del ragionamento giuridico, ove io parlai sulla dimostrabilità della legge di Hume in alcuni sistemi di logica deontica. Carlo mi fece alcune osservazioni critiche sul modo con cui intendevo il linguaggio dei sistemi normativi. In quegli anni si discuteva molto in Italia e all'estero sul modo di interpretare il significato delle proposizioni normative: sono proposizioni che esprimono il contenuto delle norme o sono asserzioni sulle norme? La questione era ed è decisamente importante, anche per il fatto che la scelta tra le due interpretazioni è soggetta ad una sorta di dilemma poco agevole. Se sono asserzioni sulle norme allora sono suscettibili d'essere vere o false senza alcuna difficoltà. Si riferiscono infatti a stati di cose concreti. In tal caso tuttavia la verità della norma coincide con la verità dell'essere promulgata da una autorità e si perde con questa definizione la possibilità di distinguere tra ciò che è obbligatorio e ciò che è comandato. Se sono proposizioni che esprimono un contenuto normativo, si può distinguere tra il fatto d'essere comandato e il fatto d'essere obbligatorio. In questo secondo caso, però, sorge il problema di conferire uno statuto semantico appropriato alla nozione di fatto deontico in contrapposizione a fatto aletico. Le osservazioni critiche di Carlo erano per l'appunto rivolte al fatto che i risultati di indipendenza di cui avevo parlato al convegno erano formulati in un linguaggio normativo espressivo di tipo semantico, mentre lui già preferiva una lettura pragmatica degli asserti normativi. Da allora il nostro dialogo continuò, anche se spesso a distanza e soprattutto per mail o per telefono. Anzi la discussione ben presto si allargò ai temi centrali dei fondamenti della logica e della epistemologia, ove l'interesse a dialogare veniva proprio dal contrasto tra le nostre concezioni di fondo. Carlo coltivava con estremo rigore argomentativo e senza indulgere alle mode del momento una visione della logica e del mondo di stampo analitico a forte coloritura neoempiristica, rifacendosi a Carnap, autore tra i più fecondi e consequenziali del Circolo di Vienna. Io al contrario ero (come sono tuttora) perplesso sulle risorse che tale filosofia mette a disposizione per fondare una semantica difendibile delle modalità. La discussione di questi temi si è concentrata in questi ultimi anni ed è stata recentissimamente stimolata dal Convegno sul pensiero di Carlo organizzato a Lecce alla fine di marzo dai suoi collaboratori. Era nostra intenzione proseguire la discussione su questi temi, che aveva avuto un seguito per mail, anche durante l'estate. Proprio in agosto avevo programmato di passare con la famiglia una vacanza al mare vicino a Lecce, sì da avere l'occasione di vederci. Carlo stesso mi aveva dato indicazione per la sede da scegliere. Purtroppo non ho fatto in tempo. La notizia della sua scomparsa mi ha scosso molto e mi addolora il fatto di non poterlo incontrare come ci eravamo promessi di fare. Mi riprometto di continuare la discussione leggendo i testi che mi ha spedito e di farne un commento con le osservazioni che nella sua ultima lettera mi diceva di attendere. Sono convinto che sarà contento. (Sergio Galvan, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano).
PER CARLO DALLA POZZA
Franchezza, lealtà, lungimiranza intellettuale, coerenza sia professionale che relazionale. La sua intelligenza dei contenuti e delle cose, legata al mondo come ai temi della più ampia cultura letteraria, della logica, della filosofia del linguaggio e della metafisica come ambito specialissimo del non decidibile, del '...da non dire....', come per Wittgenstein, merita un concorso di attenzione da più fronti, sia dal versante delle scienze esatte, sia da quello delle scienze umane. La probabilità che il 'Principio di demarcazione' sia necessario come modalità del pensiero, quando si impegna applicandosi a formulare proposizioni che abbiano un senso e diventino così verificabili sul piano semantico, con valore di verità accertabile, ci spinge a lavorare sui suoi testi, ritenendoli prospettiva aperta e dinamica per mettere in cammino le sue idee e le teorie che le rappresentano, innovate dal suo preciso stile investigativo.
Carlo Dalla Pozza si pone infatti come Hermes al crocevia di molteplici percorsi ed in altra sede dimostrerò come per ciascuno di essi ci affidi gli strumenti di bordo per poterne scandagliare i parametri che li caratterizzano.
Condividere il suo prezioso gusto per la conversazione sottolineata da sguardi intensi e significativi, accompagnata da quel calore umano che riesce sempre a far sentire l'interlocutore a suo agio e pienamente rispettato; portare l'altro a riflettere con la dovuta serietà sui temi della salute e della bellezza, del corpo come dell'amore, dell'arte, della poesia, della vita delle parole, perché ci sia crescita e crescita condivisa; progettare con competente spontaneità nuovi ambiti nei quali riprendere in mano il percorso già fatto e da qui ripartire per andare oltre, con quell'entusiasmo che contagia tutti perché lui ne possiede la matrice, tenendo come perfetto auriga tra le mani le redini che controllano quei cavalli divini di platonica memoria: tutto questo rappresenta il modo per aver Carlo Dalla Pozza dalla propria parte, quale insostituibile, lucido, arguto compagno di viaggio affinché il percorso da compiere sia in ricerca. Infinito.
Pensando a Carlo affronterò il pensiero abissale, già in parte intuito da Kant e prima di lui da Bach, quando ha delineato nella mente e in partitura la 'Ciaccona', l'ultima danza della 'Partita in re minore', quel tutto di te mentre raccogli lo sguardo di chi sta morendo, l'ultimo della vita, ed attraverso il quale entri in una dimensione che viene vissuta da quel momento in poi come speciale eredità che è passione per la vita e determinazione, saggezza e vuoto essenziale, quella forza d'animo che ti consente di andare oltre, in piena autonomia, arricchito dal dono eccezionale della dedizione che non reclama mai ricompensa. Dopo questa esperienza, allora, là dove prima ti prendevano brividi di paura e di incertezza, di dubbio e di sgomento, opacità ed ambiguità tutte umane, ora hai acquisito SOLARITÁ, piena capacità di condividere con tutti la luce dell'amore che è fonte stessa della vita. Carlo ama. Carlo ci ama. Ieri, ora e per sempre. (Ilia Pedrina)
UN BREVE RICORDO IN MEMORIA DI CARLO
Molti anni fa Carlo Dalla Pozza e Carlo Penco insegnavano entrambi all’Università di Lecce. Entrambi erano impegnati in intense attività di ricerca, che avevano molti punti in comune. Era nata fra di loro una profonda amicizia, e ricordo bene le lunghe, interminabili discussioni che si prolungavano a volte fino all’alba. Come vecchio amico e interlocutore di Carlo Dalla Pozza vi partecipavo anch’io, cercando di ampliare ulteriormente il dibattito tramite il punto di vista di un ricercatore impegnato a risolvere problemi apparentemente del tutto diversi. Il comune interesse per gli aspetti epistemologici e filosofici della ricerca scientifica rendeva la discussione straordinariamente interessante, interdisciplinare e vitale. Ricordo quei giorni con nostalgia, per la stimolazione intellettuale e per il senso di profondo cameratismo generato dal condividere le stesse passioni. Spesso, poi, mi accadeva di ripensare a quanto si era detto e di riassumerlo in una poesiola ironica e goliardica, destinata a divertire gli amici che avevano partecipato al dibattito. Allego qui una di queste composizioni, come contributo alla memoria di Carlo Dalla Pozza e come ricordo dei temi che allora ci appassionavano. (Claudio Garola, Università del Salento)
LA BALLATA DEL TERMINE TEORICO
Das Problem der Existenz theoretischer Entitäten
discettò Feyerabend.
“Non ci capisco niente”
disse la gente
un po’ arrabbiata,
“sono frustrata.”
“Stupidi,” con disprezzo
disse Kuhn, tutto d’un pezzo,
“non v’è un problema di comprensione,
è un’implicita definizione.”
CORO
Il popolo era angosciato,
intimidito, frastornato,
e non sapeva, quando mangiava,
se si nutriva o filosofava.
Vendicatori,
su un bianco cavallo Tarskiano,
i Carli gemelli
sono arrivati di lontano,
belli,
armati della rilucente potenza
della regole di corrispondenza.
Hanno ridato sangue vivo
al termine osservativo.
CORO
Festeggia il popolo esultante
il ritorno trionfante
della esplicita definizione
illustrata per ostensione.
Scritta in data imprecisata per celebrare l’alleanza fra Carlo Dalla Pozza e Carlo Penco e la sua gloriosa vittoria sulle truppe barbariche dei distruttori del metodo scientifico.
Sono arrivato a Lecce per insegnare filosofia dellla scienza nel 1988 e sono stato accolto benissimo da tutti. Ma il maggiore stimolo intellettuale mi venne dato da due istituzioni, diciamo, private: (1) la prima era una biblioteca ricchissima e aggiornatissima di testi italiani e inglesi. La biblioteca era a Taranto, in casa di Carlo e Cristina (la quale, oltre alla ricca conversazione con cui sfidava sempre Carlo, è da ricordare per le eccezionali cene che organizzava a casa sua); (2) la seconda era il gruppo di ricerca informale su cose formali costituito da Carlo Dalla Pozza e Claudio Garola. Sono gli anni in cui Carlo stave completando la sua teoria formale della pragmatica pubblicata su Erkenntnis nel 1995. Mi ricordo quando è arrivata la risposta di Erkenntnis: paper accettato senza alcuna critica. Pubblicare su Erkenntnis è stato il giusto riconoscimento per uno studioso di Carnap (fondatore, assieme a Reichenbach, della rivista stessa).
Per un anno (1990-91) abbiamo vissuto nello stesso appartamento e immancabilmente ogni sera verso mezzanotte mi offriva un caffè, al che quasi immancabilmente rispondevo “grazie, ma devo alzarmi domattina presto”: è il mio esempio preferito di implicatura conversazionale (in parole povere, un esempio di come dire “no” senza dirlo e senza offendere chi ti offre un caffè). Il ricordo di Claudio in queste pagine e la sua poesia goliardica rispecchiamo il clima di quegli anni. Al suo ricordo delle notti insonni a discutere di filosofia aggiungo la instancabile argomentazione di Carlo, le chilometriche passeggiare, gli aspic di sua mamma, e anche, non secondaria, la sua forza: una volta era stato accoltellato alla schiena a Taranto, ma era riuscito a voltarsi e sbattere la testa del mancato assassino sul marciapiede fino a renderlo inoffensivo. Un'altra aveva difeso un suo amico che rischiava un pestaggio in un ambiente un po’ brutale: per evitare il pestaggio Carlo aveva poggiato le dita sul petto del personaggio più robusto e aggressivo, con due leggere pressioni in modo da fargli sentire cosa stava dietro la spinta. Subito tutti pacificati (e l'amico è sfuggito a un poco piacevole scontro). Ultimo aneddoto: una volta mi ha fatto un occhio nero (per sbaglio) scambiando due pugni con me a casa di Cristina: il giorno dopo avevamo una videoconferenza sugli atti linguistici e abbiamo giocato in modo da far comparire a video solo il lato destro della mia faccia, dato che il sinistro era impresentabile (nonostante la bistecca di manzo appostavi immediatamente per fermare l’ematoma attorno all’occhio).
Le sue lezioni alla lavagna non lasciavano dimenticare la sua prestanza fisica e con cipiglio analogo alla lotta fisica prendeva di petto i problemi filosofici, sempre battendo sui grossi punti chiave, evitando i piccoli dibattiti sull'ultimissima versione di una ennesima critica a un dettaglio di un qualche articolo secondario. Questo era per lui un lavoro da "dandy" della filosofia.
Magari alcuni aspetti del suo lavoro potranno essere criticati per mancanza degli ultimi dettagli degli ultimi articoli pubblicati e studiati da noi dandy, ma nei suoi scritti vediamo sempre all’opera un lavoro fatto di testa sua. (Carlo Penco, Università di Genova).
Avevo incontrato Carlo Dalla Pozza solo un paio di volte prima di conoscerlo, tardi, quando era già prostrato dalla malattia. Se penso alla prima immagine che ho di lui - peraltro sempre confermata - non posso che sorridere: Carlo era spettinato. Sempre. E mi piace ricordarlo così, come un atleta nella lotta - lo era per davvero - che ostinatamente non si è mai piegato alle convenzioni, ai compromessi, alle lusinghe del mondo. La penultima volta che l’ho visto, mi ha portato in camera sua a mostrarmi i suoi santi “laici”, le foto di grandissimi del pensiero: Frege, Russell, Carnap (l’amatissimo), Benedetto Croce e altri che ora non ricordo. Non credo di essere troppo “eterodosso” se penso che un posticino in questo empireo logico ce l’abbia ora anche Carlo. Solo, come sempre, un po’ spettinato. (Ciro De Florio, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano)
Ciao Carlo! Sono passati due anni e ti penso sempre. Ovviamente quando faccio logica e ricordo il tuo motto "di che c***o è prova una prova se non della verità di un enunciato", ma anche per mille altre cose: le tue ricette, i tuoi sorrisi, la tua disponibilità, le tue lezioni di filosofia analitica e logica che proseguivano al bar. Carlo era semplicemente formidabile. Ufficialmente, teneva solo un corso di logica classica, ma ogni anno ne organizzava uno parallelo per me, Davide, Antonio, Alfredo, Gian Maria, Giacomo, Giancarlo (e pochi altri) su temi come le logiche modali, la sua logica pragmatica, meta-etica e teoria delle norme e sulle grandi dicotomie filosofiche del tipo analitico/sintetico, a priori/ a posteriori, osservativo/teorico. Penso che mi abbia odiato solo un giorno: quello in cui mi laureai al mattino e dovette svegliarsi presto per essere nella mia commissione di laurea (con gli occhiali da sole che gli davano un aspetto un po' cyborg). Amava la buona vita, il buon cibo e riusciva a parlare di questioni sottili e intellettuali in diversi campi (dall'arte, alla filosofia, alla scienza), ovviamente non al mattino. Mi manchi. Un abbraccio. (Daniele Chiffi, Università di Padova)