Gli antichi mestieri

Sabato 21 ottobre 2017

A Rivoreta si è tenuta la premiazione del Concorso "Antichi mestieri".

La nostra scuola ha ottenuto un premio classificandosi al 4° posto e l'alunna Soldati Elisa si è classificata 3° con questo testo.

"I VECCHI MESTIERI"

Il giorno 31 luglio sono andata a Rivoreta , in occasione della 32° edizione della giornata del "Museo vivente".

Mi sono ritrovata in questo piccolo paesino in cui sembrava essere tornati indietro nel tempo.

Sono rimasta stupita da quanta passione ci mettevano tutti quanti a raccontarmi come venivano svolti questi lavori .

Quelli che mi hanno colpita di più sono stati la lavandaia e il calzolaio.

Essendo abituata a vedere che i panni oggi giorno vengono lavati in lavatrice e quindi senza molta fatica , mi è sembrato strano ma interessante osservare come veniva fatto il bucato una volta. Lo facevano circa una volta al mese e i panni da lavare non erano solo di una famiglia ma di diverse . Era anche un momento di ritrovo per parlare e raccontarsi le cose che accadevano.

I panni venivano bagnati , stropicciati e battuti sulla pietra del pozzo o sui sassi del fiume a seconda della zona del paese in cui si trovavano.Dopo venivano messi in una conca , dove sulla base vi era un foro con un tubicino che serviva da scarico.Sopra a essa mettevano " il cenerone", un pezzo di iuta fitta che aveva la funzione di non far passare la cenere che successivamente li veniva appoggiata sopra .

Il lavoro era molto faticoso, perchè a questo punto dovevano versarci sopra dell'acqua bollente dove usciva dallo scarico della "conca" e questo passaggio veniva ripetuto cinque sei volte.Unendo l'acqua bollente alla cenere avveniva una reazione chimica chiamata "ranno", un sapone sbiancante e sgrassante e per questo i panni venivano belli bianchi e profumati.In un secondo tempo li strizzavano e li mettevano ad asciugare.Una volta asciutti passavano alla stiratura che veniva fatta con ferri da stiro in ghisa dalla forma molto simile a quelli di oggi ma diversi nel loro funzionamento:alcuni avevano un'apertura per poterci mettere dentro la brace che serviva per scaldare la piastra,altri invece erano senza apertura e per scaldarli li mettevano sopra la stufa a legna per poi essere usati.

Un altro mestiere che mi è piaciuto molto è il calzolaio, un lavoro importante per la vita quotidiana.Le scarpe venivano fatte tutte a mano.Una calzatura usata tutti i giorni dalle donne era lo zoccolo.Veniva utilizzato un pezzo di legno di faggio e una volta presa la misura del piede li davano la forma con un attrezzo chiamato "coltello a petto".Dopo ci veniva chiodato sopra il cuoio e così era pronto.

La vita quotidiana richiedeva anche un altro tipo di calzatura: lo scarpone usato soprattutto per lavori.

Prendevano la misura del piede con "la forma" in legno, poi ci costruivano sopra la scarpa : la rivestivano con il cuoio , la rigiravano e prendevano diverse solette di altre scarpe già usate e le chiodavano con le bullette , dei chiodi con la testa più larga che non facevano scivolare sul terreno e sull'erba perchè a quei tempi non vi erano le strade come ci sono adesso fatte in cemento e asfalto.Dopo facevano dei buchini nel cuoio con "la lesina", prendevano una setola di cinghiale che li serviva da ago e nel suo buco ci facevano passare un filo robusto a doppio .Per tirare il filo si servivano di un particolare guanto di cuoio che lasciava scoperte le dita e li serviva per non tagliarsi la mano dal filo che tiravano molto forte per fare le cuciture strinte tutte fatte a mano.

Questa giornata mi ha fatto anche pensare sorridendo a come poteva essere la mia famiglia a quei tempi : immagino il mio babbo che fa il falegname e che costruisce un trenino giocattolo al mio fratellino , la mia mamma davanti al focolare che gira la polenta di castagne nel paiolo ed io che imparo a filare la lana e a fare sciarpe e calzini.

Mi sono resa conto di quanta fatica ci mettevano le persone in questi lavori e quanto mi dispiace che non vengano più apprezzati perchè ormai superati e dimenticati per colpa della troppa tecnologia.

COMPLIMENTI A ELISA!