Bibbia

2. “Ma come la protologia della Bibbia non può essere un reportage sugli avvenimenti dell’inizio, allo stesso modo l’escatologia non può essere un pronostico degli avvenimenti della fine. La Bibbia parla perciò anche qui «non una lingua scientifica di dati di fatto», ma una «lingua metaforica di immagini». Di nuovo vale per il linguaggio biblico: le «immagini non» vanno «prese alla lettera»; altrimenti la fede diventa superstizione. Ma non vanno «nemmeno rifiutate» solo perché sono immagini; altrimenti la ragione degenera in razionalismo. Le immagini non possono essere eliminate o ridotte a concetti astratti, ma devono essere «comprese correttamente»: esse hanno la loro propria ragione, rappresentano la realtà con la loro propria logica, vogliono rendere chiara la dimensione profonda, il nesso logico della realtà. È necessario quindi trasporle nuovamente dalla cornice di comprensione e rappresentazione dell’epoca a quella di oggi.”

3. “Molti «cristiani rinati», alla luce di tutte le catastrofi mondiali, le guerre, le carestie, i terremoti, gli tsunami e le altre catastrofi naturali, citano la visione opprimente e spaventosa del Nuovo Testamento e con essa fomentano le paure…Tutti questi apocalittici, con il loro enorme seguito di cristiani conservatori, hanno urgentemente bisogno di delucidazioni su cosa intendono veramente i passaggi apocalittici della Bibbia.”

4. “La ricerca scientifica e la ricerca biblica storico-critica hanno reso sempre più plausibile che la «tradizione del paradiso di Adamo ed Eva» e del loro peccato originale (Gen 1-3; Lettera ai Romani 5,12-21) sia una narrazione simbolica dell’uomo, che va compresa come tale (in ebraico «Adam» indica l’essere umano, o gli esseri umani come concetto collettivo). Essa non offre alcun resoconto storico di una coppia concreta di uomini; il «monogenismo» - la discendenza di tutti gli uomini da Adamo ed Eva – divulgato ancora da papa Pio XII, oggi viene difficilmente sostenuto anche dai teologi cattolico-romani. Nei primi capitoli della Bibbia non si tratta di affermazioni scientifiche, bensì di un’interpretazione religiosa della situazione umana fondamentale data sin dall’inizio.”

5. “La Bibbia non descrive dati di fatto scientifici, ma li spiega anche per il nostro vivere e agire umani contemporanei. Il piano del pensiero e quello del linguaggio vanno sempre separati accuratamente, se si vogliono evitare gli equivoci fatali del passato da ambo le parti, della scienza come della teologia. Il linguaggio scientifico e quello religioso sono così poco paragonabili quanto quello scientifico e quello poetico... La nostra interpretazione della Bibbia non deve mettere in evidenza nemmeno un granello di ciò che è scientificamente dimostrabile, bensì dar rilievo a ciò che è «irrinunciabile» per la fede e per la vita. Le scienze naturali non devono «provare» l’esistenza o l’inutilità di Dio. Esse devono piuttosto portare avanti, per quanto loro possibile, la capacità di spiegare il nostro universo dal punto di vista della fisica e, nel contempo, lasciare spazio a ciò che per principio non è spiegabile fisicamente. Di questo parla la Bibbia.”

6. “Ma né i cristiani, né gli ebrei devono credere che la Bibbia, come parola diretta di Dio, sia stata annunciata dal «cielo» - come suppongono i musulmani riguardo al Corano: secondo la tradizionale comprensione islamica, esso è dettato in ogni caso alla lettera per gli uomini e perciò è anche vero in ogni singola affermazione. La Bibbia, invece, intende se stessa come «parola di Dio con le parole degli uomini», poiché essa lascia riconoscere in ogni punto di essere stata raccolta frase per frase dagli uomini, trascritta, rielaborata e portata avanti in diverse direzioni. In quanto opera degli uomini essa è perciò non senza mancanze e contraddizioni, dissimulazioni e mescolanze, limitatezze ed errori. In ogni caso, una raccolta molto varia di testimonianze della fede, più o meno chiare, forti e deboli, originali e tramandate. Questo carattere storico degli scritti non solo rende possibile la «critica biblica», ma addirittura la richiede. Una critica biblica seria è irrinunciabile, affinché il messaggio biblico di Dio non rimanga chiuso in un libro di uomini dei tempi passati, ma venga annunciato in ogni epoca in modo sempre nuovo e vivo.”

7. “Il processo di formazione del primo libro di Mosè, la Genesi, potrebbe essere durato un mezzo millennio… Il primo racconto della creazione (Genesi cap. 1)… fu scritto dopo l’esilio babilonese attorno al 500 a.C. Esso utilizza palesemente il materiale sulla formazione dell’universo riunito probabilmente già nel VI secolo a.C. nelle cerchie sacerdotali di Babilonia e… si presenta quindi come antimito del mito babilonese… Il secondo racconto della creazione del libro della Genesi (Genesi cap. 2) è più antico di secoli: venne scritto o compilato già verso il 900 a.C. da uno sconosciuto predecessore dell’elohistico, che viene chiamato dalla ricerca «jahvista» (J).”