Il cervello è davvero l’unica origine della mente?

di Alfonso Coppola

“La mente non è nient’altro che il risultato dell’attività dei neuroni presenti nel cervello”. È questa la concezione che conosciamo, quella diffusa fra la maggior parte degli studiosi contemporanei di diverse discipline accademiche, quali Biologia, Psicologia e Medicina. Il neuro scienziato Kandel, premio Nobel per la medicina ha, infatti, dichiarato: “È provato che tutti i processi psichici, normali ed anormali, sono funzioni del cervello”. William James, un medico ritenuto il padre della psicologia moderna, affermò nel suo manuale Principii di psicologia, pubblicato nel 1890: “Che il cervello sia la base somatica diretta delle operazioni mentali è un fatto così generalmente ammesso oggidì, che lo pongo qui come un postulato, di cui tutto il resto del libro dimostrerà la verità”. La mente, quindi, riducibile al nostro corpo, al nostro cervello. La mente, semplicemente come “prodotto” del nostro cervello.

Il fatto che numerosi, insigni e scrupolosi studiosi sostengano questa posizione, e che lo facciano con tanta energica convinzione, indurrebbe naturalmente a pensare che, dopo tutto, questa sia la pura e semplice verità. Le nostre esperienze mentali soggettive non sarebbero altro che il frutto di scariche neuronali. Ma le cose stanno proprio così? Il cervello è davvero l’unica origine della mente?

Daniel J. Siegel, illustre neuropsichiatra presso la University of California School of Medicine di Los Angeles, e dirigente della Mindful Awareness Research Center e del Mindsight Institute, autore di fama internazionale, ha affermato in un suo recente libro, “I misteri della mente” (Raffaello Cortina Editore, Milano 2017): “Il concentrarsi sul cervello presente nella scatola cranica come origine della mente ha avuto enorme importanza nella nostra vita, perché ci ha aiutati a comprendere alcuni fattori in grado di compromettere la salute mentale...tuttavia, queste scoperte non portano alla conclusione logica né scientifica che sia soltanto il cervello a dare origine alla mente, come invece spesso si sostiene. Potrebbe darsi, infatti, che mente e cervello non siano la stessa cosa. Piuttosto, potrebbero influenzarsi a vicenda, come la ricerca scientifica sta iniziando a evidenziare”.

“Le attività mentali quali le emozioni, i pensieri e i ricordi”, continua Siegel, “vengono influenzati direttamente, se non addirittura generati, dallo stato complessivo del nostro corpo”. Ad influenzare la mente non sarebbe, quindi, soltanto il cervello, ma anche altri fattori come i geni, il corpo, le relazioni personali e l’ambiente socio-culturale. “Quindi, la mente può essere considerata «in-corpo-rata», non solo inscatolata nel cranio…non solo incarnata, ma anche relazionale”. “Qualcosa di più che non la semplice attività del cervello”, aggiunge lo scienziato Guido Brunetti, “un sistema interconnesso e interagente che comprende non solo il corpo e il cervello dell’individuo, ma anche le relazioni sociali, l’ambiente, il livello interpersonale e transpersonale. Mente e cervello sono strutture interconnesse e si influenzano a vicenda”.

Alla conclusione che “la comparsa dei fenomeni mentali richiede una spiegazione ulteriore” che ci costringe ad “estendere il confine di ciò che finora non è stato nemmeno ammissibile pensare” è giunto anche uno dei più noti filosofi contemporanei, Thomas Nagel, docente alla New York University, dove insegna filosofia della mente, che nel suo libro, “Mente e cosmo”, propone una sintesi stringente: “La visione materialistica e oggettiva del mondo proposta dalla scienza moderna semplicemente non offre margini per una spiegazione dell’esistenza dei fenomeni coscienti”. E conclude: “Se la coscienza non è spiegabile (per ragioni di principio) da fisica e biologia nella loro forma attuale…allora la biologia non può essere una scienza puramente fisica…Non abbiamo al momento attuale alcuna concezione di quella che sarebbe una spiegazione della natura fisica di un fenomeno mentale”.

“Negli ultimi anni sono stati analizzati vari tipi di fenomeni mentali” afferma lo studioso della coscienza David Chalmers della Australian National University, “ma la coscienza ha resistito caparbia a tutte queste indagini”. Chalmers riconosce che “il problema realmente difficile della coscienza è il problema dell’esperienza. Quando pensiamo e percepiamo, c’è un frullio di elaborazione delle informazioni, ma esiste anche un aspetto assolutamente soggettivo. Questa parte soggettiva è l’esperienza cosciente. Quando vediamo, per esempio, facciamo esperienza di certe sensazioni visive…È innegabile che alcuni organismi siano soggetti a queste esperienze. Ma la questione su come ciò avvenga rimane misteriosa”. Persino il premio Nobel Steven Weinberg ammette che “c’è un problema con la coscienza, e che sebbene essa possa presentare un corrispettivo neurologico, la sua esistenza non sembra derivare dalle leggi fisiche”.

Infine, Robert Lanza, professore presso la Wake Forest School of Medicine (North Carolina) e direttore scientifico della Ocata Therapeutics, dove si occupa di cellule staminali e clonazione, biologo di fama internazionale, incluso fra le “100 persone più influenti del mondo” da Time, ha ammesso: “In realtà, se vogliamo essere scientificamente onesti, dobbiamo riconoscere di non avere idea di come appaia la consapevolezza, né nel singolo individuo, né nella collettività, ma di certo non dalle molecole e da fenomeni elettromagnetici. Ci possiamo addirittura chiedere: la coscienza è davvero qualcosa che nasce?”.

(Articolo pubblicato sul periodico Zonagrigia.it il 13/09/2018)