Al Senato si parla del problema delle Sette

Alfonso Coppola

Lo scorso giugno, presso la “Sala Caduti di Nassirya” del Senato, presenti il sottosegretario all’istruzione Angela D’Onghia, il senatore Piero Liuzzi e la dottoressa Lorita Tinelli, fondatrice del CeSAP (Centro Studi Abusi Psicologici), ha avuto luogo ufficialmente “il battesimo” dell’Associazione Italiana Vittima delle Sette (AIVS), promossa e guidata dal regista e sceneggiatore pugliese Toni Occhiello.

Occhiello è stato membro di un movimento religioso alternativo per più di trent’anni e, in seguito a questa esperienza, come ha dichiarato, “Ha visto rovinata la sua carriera artistica, il suo lavoro, il suo patrimonio e la sua eredità. La sua famiglia si è ritrovata distrutta nel subire l’alienazione di affetti ed amicizie”; perciò ha deciso di farsi promotore di un’iniziativa di sensibilizzazione delle coscienze. La sen. D’Onghia, in occasione dell’evento, ha manifestato la volontà di tenere un incontro in Commissione per decidere il da farsi. “Il problema interessa tutti”, ha sottolineato, “magari non è visibile a chi non conosce i fatti, ma il Parlamento se ne deve occupare. Le Sette attirano sempre più giovani. Presto vedrà la luce un documento e poi inizierà un iter in Commissione e poi in Aula”.

Negli ultimi decenni la crescita delle Sette, e il loro effetto su individui e famiglie, ha assunto una dimensione drammatica. È un fenomeno internazionale: negli Stati Uniti, Canada, Europa, Australia, Giappone e altrove, cresce in maniera esponenziale il numero delle famiglie irrimediabilmente danneggiate dal coinvolgimento in esperienze religiose settarie e che, per effetto di questo coinvolgimento, sono state plagiate e private di ogni esercizio del senso critico. Agli adepti viene impedito di dare il proprio contributo al benessere dell’umanità in campi come scienza, medicina, insegnamento, ecologia …

Un’ulteriore preoccupazione è dovuta al fatto che le Sette, spesso, mettono i membri contro la famiglia di origine, usando una pletora di ragioni studiate per plasmare il singolo, asservendolo all’ideologia del gruppo. I genitori, i parenti, gli amici esterni al Movimento sono considerati come persone malvage e non più degne di fiducia, da evitare ad ogni costo. Un comportamento “elitario” dove gli aderenti al gruppo sono indotti a pensare di avere il diritto di determinare chi debba prosperare, o addirittura sopravvivere.

Ciò che manca alle Istituzioni statali, ma anche alla coscienza collettiva, è la comprensione del fenomeno e la scarsità di analisi approfondite. Attualmente la maggioranza delle persone resta relativamente all’oscuro dell’esistenza delle Sette, anche per il silenzio dei media che, nella migliore delle ipotesi, considerano il fenomeno legato a comportamenti bizzarri o al massimo illegali. Quando l’argomento viene sollevato, molti hanno difficoltà a individuare con precisione la pericolosità che questi gruppi rappresentano, ritenendo che ciò che accade al loro interno non sia poi così diverso da comportamenti deviati che si possono riscontrare in un determinato ambiente lavorativo o in un qualsiasi contesto familiare legato ai valori imposti da una inflessibile etica giudeo-cristiana. Un attento ascolto delle vittime e una seria indagine sulle conseguenze del settarismo religioso basterebbe a mostrare il motivo per cui dovremmo seriamente preoccuparci.

Pur plaudendo all’iniziativa annunciata in Senato, riteniamo che l’attenzione debba incentrarsi principalmente sul piano del diritto e non su quello delle credenze, ossia quello teologico. Forse sarebbe il caso di riprendere in considerazione la Risoluzione sulle Sette in Europa che il Parlamento Europeo adottò nell’ormai lontano 1996 e in cui, “pur nel rispetto doveroso della libertà di coscienza, di religione e di pensiero”, si raccomandava agli Stati membri di cooperare nella lotta contro le violazioni dei diritti fondamentali della persona di cui si rendono colpevoli certi presunti movimenti religiosi alternativi”.

(Articolo pubblicato sul periodico Zonagrigia.it il 13/10/2017)