Quando la Russia restò senza Dio

Alfonso Coppola

Sono trascorsi cento anni da quando, nel 1917, i bolscevichi presero il potere in Russia. Su “La Repubblica” on-line (http://www.repubblica.it/) è in corso, da qualche tempo, la pubblicazione di un’interessante rubrica dedicata proprio alla rivoluzione russa dal titolo “Cronache di una Rivoluzione”: “Ezio Mauro torna sui luoghi della rivoluzione per raccontarne i protagonisti in 10 puntate: … il primo è dedicato a Grigorij Rasputin, il monaco analfabeta che influenzava le decisioni politiche e militari dello zar Nicola II e di sua moglie Aleksandra. Il suo avventuroso assassinio, avvenuto nel dicembre 1916, anticipò la caduta della famiglia imperiale e la fine di un'epoca… Da questo delitto, il primo atto che porterà a Lenin e alla Rivoluzione, incomincia il viaggio di Ezio Mauro”. Il settimo capitolo di queste “Cronache” è dedicato al momento in cui “la fine della monarchia coincide con la rottura del vaso mistico che da 300 anni univa Zar e Pope” ed ha per titolo “Santa Madre Russia resta senza Dio”.

Intorno alla grande fossa su Campo di Marte venivano poste 183 bare rosse. Un colore che, quel giorno, si poteva notare in ogni cosa, “nelle bandiere, sulle coccarde, nei fiocchi tra i capelli delle ragazze”. Così Ezio Mauro descrive quei momenti: “Mancava soltanto Dio, nei primi funerali della storia russa in cui non c'era una preghiera, nemmeno un pope o una benedizione”. Terminava così l’epoca che “teneva insieme nell'acquasanta lo Zar e la Chiesa, l'Autocrazia e l'Ortodossia, la fede e l'impero, con la spada del sovrano che proteggeva il Dio da cui riceveva autorità, legittimazione e l'unzione eterna… il legame identitario, costitutivo del potere russo era così forte e così profondo che senza lo Zar la Chiesa non sapeva come esistere… l'anima russa per la prima volta si scopriva vacante…La separazione era compiuta, e la Chiesa ormai sciolta e sola si incamminerà verso il martirio che riporterà un Dio sofferente in Russia”.

Lenin aveva già detto da anni tutto quello che pensava di Dio: "Chiesa e clero hanno una funzione di classe come puntelli ultra-reazionari della borghesia", i popi "sono feudatari in sottana che difendendo la loro posizione di predominio fanno un'aperta difesa del medioevo". Quanto alla ricerca di Dio, bisogna lasciarla da parte, "perché ogni idea religiosa, ogni civettare con il buon Dio è la più pericolosa delle abominazioni, il più infame dei contagi". Così scriveva poi, riecheggiando Engels: “Se c’è una verità oggettiva (come pensano i materialisti), se soltanto la scienza naturale, che modella il mondo esterno sull’esperienza umana, è capace di comunicarci la verità oggettiva, viene con ciò respinto incondizionatamente qualsiasi fideismo” (W. I. Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, Roma 1973). Per Lenin la lotta contro la religione è “l’ABC dell’intero materialismo e, quindi, anche del marxismo”.

“Il nuovo governo” scrive Mauro, “esproprierà subito le terre della Chiesa e i monasteri, confischerà le sue opere pie, vieterà l'insegnamento della religione e passerà le scuole confessionali allo Stato, annullando gli effetti civili del matrimonio ortodosso e introducendo il divorzio. Ma il 13 novembre arriverà il primo omicidio di un pope, il parroco di Santa Caterina Ioann Kochurov, arrestato dai bolscevichi durante una processione e fucilato senza processo nei campi di Zarskoe Celo. Nei primi mesi della rivoluzione verranno imprigionati e giustiziati il metropolita della Galizia, i vescovi di Selenginsk, di Tobolsk, di Perm, di Nezinsk, di Sarapul, di Vjazma, di Kirillov. Nei primi anni saranno fucilati 20 mila sacerdoti e parrocchiani”. Significativa è la sintesi finale dell’articolo: “La fede si ritira nei cuori, si ribella e si sottomette secondo la pressione del terrore, ondeggia come le fiammelle dei ceri riuniti a grappoli davanti alle icone dove tutto è sacro, la presenza del Santo nel dipinto, l'acqua benedetta mescolata ai colori, le immagini consacrate a Dio che da lui ricavano la forza di guarire le malattie, favorire i raccolti, cacciare gli spiriti malvagi dalle case dove sono perennemente esposte nell'angolo più alto. In quelle fiammelle sta il mistero della fede in Russia dopo il 1917: esile e tremolante, catturata e compromessa e tuttavia accesa per trasmettere il segreto del fuoco sacro a chi un giorno verrà... La Russia sapeva. Ma sapeva anche la verità che Bulgakov fa pronunciare sottovoce al Professore, su una panchina degli stagni Patriarshie qualche anno dopo e per l'eternità: «Tengano presente che Gesù Cristo è esistito»".

Come per ogni esperienza della vita, anche qui, cristianesimo e marxismo-leninismo ortodosso hanno avuto qualcosa da imparare l’uno dall’altro. Il problema del “senso della vita”, ad esempio, e altri problemi morali, nel tempo, sono tornati ad essere argomenti discussi sempre più frequentemente nelle pubblicazioni sovietiche. Un senso della vita che il marxismo-leninismo aveva riposto esclusivamente nel lavoro, nella solidarietà militante e nell’esistenza dialogica, concetti destinati a condurre al dispiegamento della personalità, alla soddisfazione morale e alla felicità umana. Elementi importanti, fondamentali nella vita quotidiana. Certamente. Ma che si sono rivelati incapaci, evidentemente, di offrire al singolo individuo una concezione logicamente coerente e umanamente stimolante sul senso della vita individuale, quando ci troviamo di fronte ai problemi sul significato ultimo dell’esistenza, o di fronte al problema, ad esempio, del decesso e della morte, che vanificano ogni perfezionamento della personalità e ogni felicità.

Per Marx e per i marxisti Engels, Lenin, Stalin, l’ateismo, nella loro vita personale, nella loro formazione culturale, era e rimaneva d’importanza fondamentale e si connetteva essenzialmente con la loro teoria sociale e storica. Nella loro visione, la religione e la scienza erano da intendersi come due metodi di comprensione della realtà che necessariamente dovevano escludersi a vicenda, per cui non potevano essere veri entrambi contemporaneamente.

La legittimità di principio e la necessità storica di una razionalità autonoma e di una conoscenza scientifica non dovrebbero invece condurci, necessariamente, ad una razionalità assolutizzata che, per sua natura, è incapace di comprendere tutte le dimensioni dell’umano. Così si espresse il noto studioso del marxismo Iring Fetscher: “Di fronte però alla posteriore critica marxista della religione la teologia e l’epistemologia contemporanee possono addurre in campo argomenti convincenti. Esse possono dimostrare che la fede cristiana non è affatto legata a una visione del mondo medievale, che la teologia odierna non pone più ostacoli alla ricerca scientifica, ma si limita, nell’interesse dell’uomo e della sua dignità di persona, a sollevare obiezioni contro un uso privo di scrupoli delle conoscenze scientifiche. Nel contempo si rimanderà alla comprensione della scienza di quasi tutti i principali scienziati contemporanei, che sanno esattamente quanto poco la scienza sia in grado di risolvere i problemi concernenti il senso dell’esistenza umana, il valore della vita e i nostri doveri morali”.

(Articolo pubblicato sul periodico Zonagrigia.it il 30/08/2017)