La coscienza sopravvive alla morte fisica?

di Alfonso Coppola

La coscienza continua a sopravvivere dopo la nostra morte? È stato questo l’argomento centrale della giornata di studi, dal titolo “Coscienza oltre la vita”, alla quale Pim van Lommel, cardiologo di fama internazionale, ha partecipato recentemente a Messina, nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zancaper, nell’ambito di una conferenza interamente dedicata al rapporto fra la scienza e le esperienze di pre-morte. Nato nel 1943, Pim van Lommel si è laureato nel 1971 all’Università di Uthrecht e ha concluso la specializzazione in cardiologia nel 1976. Ha lavorato per 25 anni nell’Ospedale Universitario di Rijnstate e, dal 1986, si occupa a tempo pieno della ricerca sulle NDE (Near-Death Experience: esperienze di pre-morte) e della relazione fra la coscienza e le funzioni cerebrali. Nella sua definizione, una “NDE è il ricordo (riferito) di tutte le impressioni vissute in un particolare stato di coscienza, che includono alcuni elementi specifici, quali la visione di un tunnel, di una luce, dello scorrere delle immagini della propria vita, di persone defunte o della propria rianimazione”. Un ricercatore americano sulle NDE, il professore di psichiatria e di scienze neuro-comportamentali Bruce Greyson, ha formulato un’altra interessante definizione: “Le NDE sono profondi eventi psicologici con elementi trascendentali e mistici, che si verificano tipicamente in soggetti in punto di morte o in situazioni di grave pericolo fisico o emotivo”. Nel corso della conferenza a Messina, Pim van Lommel ha spiegato che “le conoscenze mediche ordinarie, chiaramente, sostengono che è impossibile che la coscienza possa essere mantenuta una volta che il cuore ha cessato di battere. Durante l’arresto cardiaco i pazienti sono clinicamente morti. La morte clinica è definita come un periodo d’incoscienza determinato dalla mancanza di ossigeno nel cervello perché o la circolazione, o il respiro, o entrambi, si sono fermati. Se non vengono subito iniziate le manovre rianimatorie, le cellule cerebrali andranno incontro, nell’arco di cinque-dieci minuti, a un danno irreparabile e il paziente quasi sempre morirà, anche se l’attività cardiaca si riprendesse successivamente. Ecco che una NDE è uno speciale stato di coscienza che si verifica durante un periodo di imminente o di effettiva morte fisica, psicologica ed emozionale”. Dopo aver preso in esame tutte le spiegazioni materialistiche sull’argomento, il cardiologo è giunto alla conclusione che “le attuali conoscenze scientifiche non riescono a spiegare come tutti una serie di elementi presenti in una NDE possano essere sperimentati nel momento in cui, in molte persone, le funzioni cerebrali sono gravemente compromesse” e, continua, “sembra esistere una relazione inversa tra la chiarezza della coscienza e la perdita delle funzioni cerebrali”. Nel 2001 lo studio olandese da lui promosso, che aveva coinvolto 15 ospedali tra il 1988 e il 1992, fu pubblicato su Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche internazionali. Durante tale periodo 344 pazienti “consecutivi”, che erano stati sottoposti a un totale di 509 rianimazioni coronate da successo, furono inclusi nello studio. I dati sono stati confrontati con uno studio statunitense, condotto dal professore Bruce Greyson, e due britannici, condotti da Sam Parnia, medico delle unità di cure intensive e Peter Fenwick, neuropsichiatra. Pim van Lommel ha dichiarato: “Sulla base di questi studi prospettici sui pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco, abbiamo risolto che, durante i loro arresti cardiaci, mentre il flusso di sangue al cervello era compromesso, una significativa percentuale aveva sperimentato tutti gli elementi delle NDE previsti”. E, ha concluso, “come questo sia possibile resta senza risposta”. Nel corso della conferenza è stato presentato il libro pubblicato dal Pim van Lommel, Coscienza oltre la vita, nel quale sono dettagliati i risultati di questi anni di ricerche sulle NDE e nel quale l’autore riporta la seguente riflessione: “la ricerca scientifica sul fenomeno delle NDE mette in evidenza i limiti delle nostre attuali idee mediche e neurofisiologiche sui vari aspetti della coscienza umana e sul legame tra la coscienza, la memoria e il cervello. Secondo i modelli predominanti, i ricordi e la coscienza sono prodotti da un grande gruppo di neuroni o da reti neuronali. Poiché non ci sono evidenze che confermino le abituali spiegazioni sulle origini e sul contenuto delle NDE, il concetto comunemente accettato, ma mai provato, che la coscienza sia localizzata nel cervello dovrebbe essere messo in discussione. Come può una coscienza estremamente lucida venir sperimentata fuori dal corpo quando le funzioni del cervello sono momentaneamente interrotte durante un periodo di morte clinica? Cosa accade quando il flusso di sangue al cervello si interrompe? E cosa sappiamo realmente del normale funzionamento del cervello?”

Interrogativi che in realtà stanno aprendo nuovi orizzonti, nel panorama scientifico, sulla comprensione e sul rapporto tra coscienza, mente e cervello. Ma questo potrà essere oggetto di una prossima riflessione.

(Articolo pubblicato sul periodico Zonagrigia.it il 31/07/2018)