La Storia del Fumetto in Italia

La Sergio Bonelli Editore (prima parte)

di Alfonso Coppola

La grande svolta avvenne intorno alla metà degli anni Sessanta del secolo scorso. In quegli anni, infatti, il fumetto in generale, inteso come forma d’arte, fino a quel momento ritenuto un elemento culturale di “serie B”, una “robetta” destinata ad un pubblico giovane, ingenuo, se non proprio decisamente infantile, iniziò ad essere rivalutato a tutti i livelli.

Erano gli anni in cui si diede vita al fenomeno delle associazioni e delle fanzines. Gruppi culturali che si differenziavano profondamente in quanto a preparazione culturale generale e specifica, che spesso erano in lotta tra loro, ma che si mostravano tutti ugualmente vitalissimi, impegnati soprattutto nel campo delle ristampe e degli studi «filologici».

Da quel mondo, affascinante ed acerbo allo stesso tempo, maturò l’attuale critica di fumetti, quella «adulta», che riuscì faticosamente a superare limiti e pregiudizi connessi a quella particolare mentalità diffusa nei riguardi del «mondo delle nuvole», alla quale abbiamo accennato, e cominciò a muoversi seguendo sempre di più un serio approccio critico.

Attraverso le pagine di questa rubrica ripercorreremo la storia del fumetto in Italia, e con essa, assisteremo contemporaneamente ai mutamenti culturali che hanno contrassegnato la vita del nostro paese e, magari, sarà anche l’occasione per rispolverare vecchi ricordi legati proprio alla nostra vita, risorti grazie alle immagini scaturite da quell’incredibile oceano di emozioni che emerge da quella che, a tutti gli effetti, può essere definita una vera e propria «Fabbrica della Fantasia».

E il nostro viaggio non poteva che cominciare con la storia di una famiglia, a un tempo imprenditori e creatori, dispensatori di avventure a fumetti da tante generazioni per milioni e milioni di lettori nel mondo, che oggi conosciamo con il marchio di «Sergio Bonelli Editore».

Nel corso del Ventesimo secolo, ci è capitato sicuramente di imbatterci in vere e proprie dinastie. Rivendichiamo con «orgoglio nazionale» certe Aziende che, tramandate di padre in figlio, perseverano nello svolgimento delle loro originarie attività senza mai tradire la loro missione principale. Si tratta di marchi assurti nel mondo a simboli di Made in Italy, distintivi di beni di consumo quali automobili, linee di abbigliamento, prodotti alimentari, ecc.

Meno scontato è associare il concetto di dinastia a una fabbrica produttrice di fantasia e di intrattenimento in ambito editoriale. I fumetti, in fondo, sotto forma di albo, di libro, o di “giornalino” o “giornaletto” (come si diceva una volta), rientrano a pieno titolo nella categoria di beni di consumo. Ma sono anche cultura, sottostanno alle regole del mercato, fanno flop o boom, reagiscono agli umori del loro destinatari, proprio come le auto, le moto, gli abiti griffati e i cosmetici che applichiamo al nostro viso.

Con i loro contenuti sono in grado di regalare sogni, aprire orizzonti, trasmettere sentimenti, rivelare scoperte altrimenti avvolte nel mistero. Per questo, agli Agnelli, ai Missoni, ai Versace, ai Ferrero, potremmo associare, a tutti gli effetti, con caratteristiche del tutto peculiari, anche i Bonelli.

La storia inizia con un giovane ventenne che, imitando il suo romanziere preferito, Jack London, gira per l’Europa in cerca di esperienze dirette. Dorme sotto i ponti, si guadagna da vivere come spaccalegna in una fattoria in Lussemburgo e finisce addirittura in prigione in Belgio per essere rimasto coinvolto in una rissa che aveva provocato la distruzione di un ristorante. Si dirige poi in Francia dove per un certo periodo esercita l’attività di allenatore di pugili professionisti.

Giovanni Luigi Bonelli, questo il suo nome, anche se tutti preferiscono chiamarlo Gianluigi, è un giovane atletico, vigoroso e di bella presenza e, per questo, in un pomeriggio d’estate del 1928, nella Balera Monterosa dove, a ritmo di foxtrot, la gioventù milanese trascorre le domeniche, il ventenne non passa inosservato all’allora diciassettenne Tea Bertasi. Tra la raffinata Tea e il tenebroso e affascinante Gianluigi è amore a prima vista. È l’unico caso in cui il giovane, invece di primeggiare, è così romantico da scriverle una serie di poesie.

Nel 1932 i due si sposano e vanno ad abitare in via Rubens al numero 9, dove risiede la famiglia di lei, e dove nasce il piccolo Sergio. Tea lavora come disegnatrice di modelli per una casa di moda e Gianluigi, con la sua licenza ginnasiale, è impiegato in un’industria tessile. Ma la sua passione è la scrittura. E, di notte, scrive poesie e novelle. Tea capisce subito l’insoddisfazione di suo marito e lo incoraggia a mettere a frutto la sua facilità di scrittura. Gianluigi comincia così ad inviare plichi contenenti brevi racconti a diversi editori, ma con scarsi risultati.

Nel 1933, però, la redazione del Corriere dei Piccoli è in cerca di un autore in grado di realizzare delle vignette per alcune tavole statunitensi dalle quali erano state eliminate le nuvolette, e gli offre l’incarico. Nello stesso periodo riesce anche a pubblicare alcuni brevi racconti sul Giornale Illustrato dei Viaggi e delle Avventure di Terra e di Mare di Sonzogno. Tutto, però, nel completo anonimato.

Naturalmente, l’impiego ricevuto non gli consente di abbandonare il suo lavoro da impiegato, ma Bonelli non demorde e, grazie alla collaborazione offerta alla Sonzogno, riceve gratuitamente diversi libri. Ritrova così le opere dell’amato London e scopre autori come Joseph Conrad, Zane Grey e Rafael Sabatini, dai quali attingerà idee utili per il futuro…. (continua…)

(Articolo pubblicato sul periodico Zonagrigia.it il 23/11/2019)