Facciamo “Spazio”

di Alfonso Coppola

Nei loro laboratori l’avevano visto, in questi ultimi anni, pian piano prendere forma. Poi, l’annuncio al mondo: “La prima immagine di un “Buco Nero”, “Einstein aveva ragione”! Una “foto” “sviluppata” grazie all’osservazione simultanea di otto radiotelescopi sparsi nel mondo e presentata in sei conferenze stampa internazionali del progetto Event Horizon Telescope (Eht), gestito da circa sessanta istituti scientifici nel mondo.

In realtà, quella che abbiamo visto, non possiamo definirla una vera e proprio “foto”. Almeno non nel senso stretto del termine. «Il termine può servire a rendere l’idea, - spiega Daria Guidetti dell'Inaf, radioastronoma all'Istituto di Radioastronomia di Bologna - ma non è proprio corretto, così come non lo sono i termini “immagine” o “vedere”. Quello che i radiotelescopi hanno raccolto sono, in realtà, onde radio invisibili all’occhio umano, perché - continua Guidetti - all'interno dello spettro delle onde elettromagnetiche, cadono al di fuori della luce che possiamo percepire con gli occhi, cioè i colori dell'arcobaleno». Onde radio che poi sono state, per così dire, “colorate” al fine di renderle visibili.

Tuttavia, il “Buco Nero” esiste ed è stato realmente, in qualche modo, “osservato” in maniera straordinaria. E, cosa fondamentale, quanto “visto” ha confermato quello che fino a qualche tempo fa era stato predetto da calcoli teorici: la presenza di un “campo gravitazionale” in grado di deformare lo spazio. Tutti ricordiamo di aver studiato a scuola la legge di gravitazione universale, la cui scoperta è dovuta a Isaac Newton. Spesso il nostro ricordo ci riporta al mito del grande genio inglese del Seicento che, mentre sonnecchia sotto un albero di mele, viene svegliato dall’improvviso colpo di un frutto maturo sulla sua testa. Lo scienziato s’interroga su quale sia la forza che abbia fatto cadere la mela e, dopo un po’, arriva a formulare la famosa legge di attrazione universale. Una forza universale di gravità con cui un corpo attira ogni altro corpo. È un completo sovvertimento dello schema mentale del mondo aristotelico, quella visione del mondo che era stata dominante per tutto il Medioevo. È una legge che dà ragione del moto dei pianeti intorno al Sole e dei satelliti intorno ai pianeti e costituisce, pertanto, la base di tutta la dinamica cosmica. È una costruzione intellettuale che si rivela immensa. Tutta la tecnologia del mondo ottocentesco e moderno poggia praticamente sulle formule di Newton. Dopo oltre tre secoli è ancora grazie a tali teorie che l’uomo costruisce ponti, treni, grattacieli e motori, e fa volare aerei, prevede l’esistenza di pianeti senza ancora vederli e manda navicelle spaziali su Marte. Il mondo moderno non sarebbe potuto nascere senza le intuizioni di Newton.

Eppure, anni dopo, con un colpo di genio straordinario, Albert Einstein ipotizzò l’esistenza, poi dimostrata, del “campo gravitazionale”. Abbiamo così compreso che noi, e gli oggetti che ci circondano, non siamo contenuti in uno spazio vuoto. Siamo invece immersi, come metaforicamente sosteneva lo stesso Einstein, in un “gigantesco mollusco flessibile”, all’interno del quale gli oggetti, con il proprio peso, sarebbero in grado di deformarlo.

Il Sole piega lo spazio intorno a sé e la Terra non gli gira intorno perché tirata (come sosteneva Newton) da una misteriosa forza a distanza, ma perché sta correndo diritta in uno spazio che si inclina, come una pallina che rotola ai bordi di un imbuto. Non ci sono forze misteriose generate dall’imbuto, è la curvatura delle pareti a fare ruotare la pallina. I pianeti girano intorno al Sole e le cose cadono non perché attratte da qualche forza, ma perché lo spazio è incurvato intorno a loro. È una scoperta rivoluzionaria! Lo spazio nel quale viviamo non è un vuoto che ci contiene. Non è un vuoto tra le cose o le persone. Non è l’assenza di cose. Ma è qualcosa che gli scienziati, attraverso molteplici “osservazioni”, hanno visto contrarsi, incresparsi ed espandersi. Anche se questo contrasta con la nostra esperienza diretta, secondo la quale lo spazio sarebbe solo un invisibile scenario all’interno del quale accadono le cose, dobbiamo prendere coscienza che tutto ciò corrisponde ad una nostra erronea immagine mentale.

La relatività generale e le moderne concezioni dello spazio ci insegnano che bisogna abbandonare l’idea che lo spazio sia costituito da un “astratto vuoto” e accettare il fatto che si tratta invece di una vera e propria entità fisica che ha proprietà e comportamenti, che reagisce con la materia presente nell’universo e che può essere piegato o deformato. La massa di qualsiasi oggetto produce distorsioni e deformazioni nello spazio circostante.

La “foto” del secolo ci ha dato l’opportunità di sondare queste estreme deformazioni dello spazio. Se un tempo non riuscivamo a sentire le increspature prodotte dalle onde gravitazionali che, come le onde del mare, si propagano nell’universo quando una qualche massa provoca una deformazione spaziale, adesso possiamo intercettare gli eventi cosmici che scuotono questa sorta di “gelatina” che chiamiamo spazio.

L’apparente vuoto che ci circonda pullula di una quantità di energia quasi inimmaginabile, che si manifesta sotto forma di particelle virtuali di materia invisibile alla nostra vista. La matrice apparentemente vuota su cui si dispiega il grande libro delle vicende della realtà è un “campo” vivente e animato. Un’entità potente che è tutto fuorché vuota.

(Articolo pubblicato sul periodico Zonagrigia.it il 19/04/2019)