COMPLESSO IPOGEO
“LE PRIARE”
di Montecchio Maggiore (VI)
Il complesso delle cave sotterranee detto delle “Priare”, secondo la denominazione locale, si trova sulla sommità della dorsale collinare di Montecchio Maggiore, poco sotto uno dei due castelli scaligeri di Bellaguardia e della Villa, meglio noti come “i castelli di Giulietta e Romeo” e, più precisamente, sotto quello di Giulietta o della Bellaguardia. Secondo la tradizione, ad ispirare il conte Luigi da Porto (1485-1529) a comporre la notissima novella, ripresa poi da Shakespeare, sarebbero stati proprio i due castelli, ben visibili dalla propria villa a Montorso.
L'ingresso delle "Priare"
Il sistema sotterraneo trae origine dall’estrazione della “pietra tenera” o “pietra di Vicenza”, un materiale da costruzione assai pregiato, utilizzato in edilizia e per opere architettoniche. L’origine delle cave di Montecchio è da porre in relazione con la costruzione dei complessi fortificati, eretti in varie epoche alla sommità del monte. Fonti archeologiche attestano la presenza romana nel sito tra il II e IV secolo d.C. Secondo la tradizione, che tuttavia finora non ha trovato fonti di riscontro, da queste cave proviene la pietra con cui furono scolpiti i sarcofagi trovati nella necropoli romana della Chiesa di S. Felice a Vicenza. D’altra parte, la posizione strategica del colle rende molto probabile che in questo luogo sorgessero fortificazioni già in epoca remota, anche se le prime notizie documentate della loro presenza sono del 1231. A questa data fa infatti riferimento la presenza di cave per l’estrazione della pietra, tant’è che nelle Cronache di Giovan Battista Paglierino (1415-1506), poi riprese da Francesco Barbarano (1596-1656), si afferma a proposito del Ponte Posterla di Vicenza che nell’anno 1231 “fu fabbricato in pietra, e la comunità di Montecchio Maggiore per certo delitto fu condannata di dare, e condurre tutte le pietre necessarie per detta fabbrica”. L’estrazione della pietra, anche se via via in maniera sempre più sporadica, è stata attiva fino a dopo la seconda guerra mondiale. Durante il conflitto le Priare servirono da ricovero alla popolazione locale, che qui trovò sicuro rifugio dai bombardamenti aerei. Sembra che proprio in questo periodo siano stati realizzati lavori di riadattamento, come molte delle tamponature che chiudono i vani laterali del complesso sotterraneo. Dopo la guerra, abbandonata definitivamente l’attività estrattiva, le Priare furono utilizzate, tra il 1972 e il 1985, come fungaia. Dopo questa data il sistema sotterraneo subì un inesorabile degrado, anche a seguito dell’abbandono degli impianti della fungaia.
Resti degli impianti della fungaia, prima del rispristino
Nel 2000 il Club Speleologico Proteo di Vicenza iniziò una serie di indagini all’interno del complesso sotterraneo. In questa fase venne esplorata una serie di cavità naturali intersecate dalla cava e si eseguì un dettagliato rilievotopografico dell’intero complesso ipogeo, cui seguirono ricerche per inquadrare correttamente il sistema sotterraneo e la sua storia.
Un originale progetto di valorizzazione, elaborato dagli speleologi vicentini, fu accolto favorevolmente dall’Amministrazione Comunale di Montecchio Maggiore e diede l’avvio alla realizzazione e alla esecuzione di un progetto definitivo di recupero e valorizzazione turistico-culturale del sistema ipogeo, integrato in un’area, quella dei Castelli della Villa e di Bellaguardia, già di per sé straordinariamente rilevante sul piano archeologico, storico, letterario.
Le visite al complesso sotterraneo avvengono in totale sicurezza e sotto la guida di un accompagnatore qualificato, in grado di soddisfare le molte curiosità che questo singolare sito senza dubbio potrà suscitare nel visitatore.
I vasti ambienti sotterranei sono composti dal ramo principale, che conduce alla parte più interna e profonda del sistema a circa 200 metri dall’ingresso con un dislivello negativo di circa 8,50 metri e da un ramo secondario di circa 300 metri che, dalla parte mediana della cavità, sottostante il castello di Bellaguardia, come una vera e propria via di fuga, conduce ad una seconda uscita, ubicata a circa 160 metri dall’ingresso principale. Per motivi di sicurezza, tuttavia, solo una parte del ramo principale è aperto alla visita. Lungo il percorso appositi punti visita provvisti di adeguate didascalie permettono di illustrare con dettaglio gli elementi salienti della geologia e della storia del sito. Il complesso sotterraneo ha uno sviluppo spaziale di 1475 metri, di cui 1186 relativi ai vani artificiali e 289 metri alle 25 cavità naturali intercettate nello scavo della pietra e relative a fenomeni di epicarsismo.
Il punto nodale della cavità e della stessa visita è il cosiddetto “vano della morte”, situato nella parte più profonda e interna del sistema ipogeo. Secondo una tradizione, peraltro comune a molte fortificazioni medievali, nel mastio del Castello di Bellaguardia, o di Giulietta, sarebbe presente un pozzo in cui venivano gettati i condannati a morte, ed è forse a quest’ultimo che allude la denominazione del vano. Qui si trovano effettivamente degli alti camini naturali, di cui uno sbarrato da una grata metallica; il rilievo topografico ha tuttavia evidenziato che i camini si trovano circa 70 m al di fuori delle mura di cinta del castello, così che la leggenda popolare non trova fondamento nei fatti. Ciò tuttavia nulla toglie alla straordinaria suggestione che suscita la vista di questi antichi vani sotterranei.
Testi e fotografie
Club Speleologico Proteo - Vicenza
Riferimenti bibliografici
GLERIA E., 2002 – I Covoli dei Castelli di Giulietta e Romeo a Montecchio Maggiore (Vicenza). Atti del V Convegno Nazionale sulle Cavità Artificiali, Osoppo.
MARCHETTO GC., 2006 Le grotte di Giulietta sotto al Castello di Bellaguardia. Speleologia Veneta,14: 142-146.