Recensioni

Roberto Bonafé

Disegni, pitture e sculture

Roberto Bonafé si pone nella produzione odierna come continuatore, o meglio, esponente di una formula pittorica per così dire impressionista, alla quale conferisce una originale impronta personale. Appare palese nelle opere di Bonafé la genuinità del discorso creativo, l’impulso dell’artista a liberarsi di regole e scuole severe, che spesso limitano la naturalezza e la libertà dell’atto creativo, il modo di sentire la pittura come comunicazione istintiva, tale da venire recepita dal pubblico mediante una intuitiva sensazione emotiva che nulla ha a che fare con le artificiose trappole celebrali. L’artista osserva semplicemente come è la vita che cade sotto gli occhi di ognuno, senza schermi, con assoluta sincerità; l’afferra con occhiata rapida e sicura e la riporta sulla tela in maniera realista, accendendo il suo naturalismo di tensione impressionista. Nascono così i “paesaggi” di Bonafé, le sue nature morte, le figure umane, temi fondamentali del suo discorso pittorico. Le figure e i volti sono semplici e silenziosi ma profondamente incisivi. Potremmo dire che qui la pittura di Bonafé si fa di pensiero. Non vi è solo abilità di mano, gusto dell’illustrazione; vi è anche la segreta attività dello spirito, la rivelazione pittorica di un sentire e di un vedere che sono solo suoi.

Egli rileva intuitivamente gli atteggiamenti della psiche, anziché i soli aspetti del volto e gli atteggiamenti delle persone, l’eterno dualismo cioè tra ciò che si appare e ciò che si è, e ancora la fatica di vivere, di essere autenticamente uomini. Scaturisce da tutto questo un pessimismo che definiremmo, alla maniera leopardiana, “cosmico” ma che si riscatta nella fiducia dell’artista nelle più intime possibilità dell’uomo. A loro volta i paesaggi, resi con pennellata sciolta e fluida, colpiscono per i giochi di luce, per i mutamenti di colore contenuti in brevissimi spazi di tela all’interno di uno stesso soggetto e anche per la forma che, vista da un’ottica distanziata, si presenta nel suo aspetto di massa; tralascia cioè il particolare a beneficio dell’essenziale.

Sono paesaggi permeati di malinconia, di nostalgia, discreti e fugaci, che trasmettono ciò che l’autore sente nell’intimo e rivelano l’istintiva capacità di Bonafé di illuminare di mutevoli luci il quadro, di fermare nelle sue tele un solo e irripetibile attimo della realtà luminosa e cromatica.

Mike Yacin

Personale di Roberto Bonafé

La composizione rigorosa, l’equilibrio cromatico dato dal contrasto simultaneo di piccole complementari, la profondità tonale dei vari piani atmosferici e il cromatismo luminoso delle superfici rendono i suoi paesaggi una ricerca voluta di sintesi strutturale delle componenti percettive.

Il ritratto diventa quindi una trasposizione di elementi riconoscibili nella natura fisica e psichica della persona, nella quale si ritrova l’individualità costruita sulle manifestazioni passate e la promessa del suo futuro potere espressivo.

Mike Yacin

I lavori di Roberto Bonafé sono per la maggior parte ambientati al sole, alle intemperie: insomma all’aria aperta.

Il suo pennello ritrae la libertà dunque, ma con l’attenta ricerca delle forme, la scelta ponderata del colore; la conoscenza della materia trattata, sono il suo segreto per la realizzazione di lavori dalla forte impronta impressionistica, letta negli scorci di campagna, nei campi con papaveri, nei volti dei contadini, ecc…

Il sentimento, di questo artista, si sviluppa attraverso una spiccata passione per l’arte figurativa, amplia il suo spazio vitale, per offrire all’osservatore – non si dimentichi che è destinato all’osservatore il lavoro del pittore – la migliore realtà, ispirata alla natura, viva, reale, concreta.

Franco Montaldo

Bonafé: la campagna e i tramonti

E’ un tramonto porpora, malinconico, magnifico ed esistenziale sulle campagne della nostra pianura. Le cascine e alcune case sono immobili nell’ombra, le prime luci alle finestre richiamano la lenta e serena pace delle cene e delle famiglie contadine che abitano la natura e che, tali e quali da millenni, sono perfettamente in sintonia con l’ambiente, con la vita e con il destino. Le persone sono strette nel conforto della famiglia, al riparo delle case e dei focolari, nell’abbraccio delle relazioni sociali di un piccolo paese che, con le sue case che insediano l’immenso paesaggio come tende di pionieri, vuole sopravvivere al suo “essere-gettato” nel mondo e alla sfida della morte che viene evocata simbolicamente dalla notte e celebrata dal rituale emotivo del tramonto. Roberto Bonafé, uno dei migliori artisti della nostra zona, dipinge così, con rappresentazioni di una bellezza e di un’intensità emotiva notevoli. Si tratta di un artista vero, ispirato, di quelli di cui il contributo è essenziale, di quelli che hanno sempre saputo chi sono, che non si svestono dei propri panni, che proseguono la propria strada come una ricerca. Bonafé non pretende di rivelare intuizioni travolgenti, non è interessato al mito wagneriano e romantico dell’artista genio che demiurgicamente pretende di rivelare verità inaudite. Per lui è a lungo andare più proficua la ricerca, la faticosa e giornaliera scoperta di piccole verità che col tempo si sommano e danno un contributo solido e corposo alla conoscenza. Come Cezanne e Pissarro. Il Pissarro dell’impressionismo che Bonafé ama in modo particolare ma a cui non si ispira eccessivamente perché è chiaro che il nostro ha la stoffa dell’artista che si ispira da sé, che ha fin troppo da dire di suo e cui gli spunti interessano in modo relativo.

Rimbaud sosteneva che generalmente ai poeti interessa leggere le opere degli altri, ma non ai grandi poeti. Roberto Bonafé ha un’attività intensa, anche la sua partecipazione alle mostre è notevole, tuttavia la produzione è sempre legata all’ispirazione ed è ritmata dai momenti di maggiore creatività. Le sue opere sono incentrate sui paesaggi nostrani, sulla ricerca delle atmosfere. Ama i cieli blu turbinanti di nubi e di vento, ama i crepuscoli, i colori più suggestivi dei nostri paesi. Se la dissennata politica urbanistica e lo scempio architettonico che hanno colpito le nostre zone negli ultimi anni sono riusciti a celarci l’originaria bellezza dei borghi, lui va a cercare i luoghi dove la bellezza è ancora intatta, dove è manifesta la naturale capacità dei nostri avi di costruire abitazioni splendide e in sorprendente armonia con il contesto paesistico. Pensate alla rocciosa e alpestre bellezza di Voltaggio, pensate ai rossi intensi e agli aranci un po’ malinconici di Campo Ligure, che riflettono le stupende cromie del sole in Valle Stura. Bonafé rappresenta tutto ciò con una tecnica ad olio eccelsa, che si è impegnato a trasmettere agli allievi dell’associazione “Laboratori d’Arte” di Novi Ligure nei mesi scorsi. Si inserisce nella fondamentale tradizione dei pittori locali che amano i soggetti e i paesaggi tradizionali della nostra zona ma, con la sua straordinaria capacità di indurre nello spettatore forti sentimenti e, contemporaneamente, un senso di grande serenità, riesce ad essere un artista unico ed originale. Avere un suo quadro a casa propria costituisce una grande fortuna.

Marcus Risso

Franco Barella incontra gli artisti di casa nostra

Conoscete Roberto Bonafé?

Apparentemente legato a una riproduzione fedele delle immagini recepite, ne supera l’iconografia figurativa imprimendo nelle sue composizioni ritmi di ricerca supportati da spunti di fantasia, che ci inducono ad un giudizio di modernità insospettato al primo incontro. Una fantasia che gli consente di scoprire in contorte radici sembianze di donne, delfini, teste equine, combattimenti e come tali, scoprendoli, riuscire a riproporceli.

Ama la sua, la nostra, terra, le sue valli attorno, i suoi paesaggi degradanti appena delineati dalle colline, i suoi campi arati dormienti nella neve o sommersi nelle fioriture primaverili, gli ultimi gelsi fraschetani al tramonto avvolti nelle prime brume autunnali. Sottende accese campiture rese composte da un dosaggio attento di colori, di tenerezze che trasporta e confronta con i severi monti del Trentino dove si rifugia per un riposo, forse anche rigenerativo della vena pittorica. Confronta, ma non confonde, la poesia delle nostre terre di cui annota le modulazioni tonali, mentre rimarca gli echi profondi, ricchi di antiche favole e leggende, fra imperiosi castelli e austere cime alpine. Indaga tempi e temperie cercando di fissare un momento che repentinamente sfuggirà per modificarsi, rinnovarsi e divenire irripetibile. Con lo stesso intento conduce la ricerca sulla figura. Cerca di cogliere l’impulsivo gesto di tenerezza del nonno che custodisce la nipotina. Avverte e fissa lo stupore del pastore, anche un po’ intimorito, che non comprende, non si spiega il perché lo stiano ritraendo. Nel tenero sogno di mondi festosi e felici dell’adolescente, immagina e accenna all’ombra appena avvertita, proiettata dal contatto con la realtà.

Questi momenti che Bonafé riesce a cogliere, memorizzare, rivivere e riprodurre nelle sue tele, sono gli stessi che imprime allorché coglie il taglio che la luce dà alle geometrie dei manufatti dell’uomo. Non saprei dire se li ama o li ritiene intrusioni nella natura, ma non li trascura, né li lascia freddamente staccati. Forse perché sono rifugio, tane dell’uomo che cura la sua terra, forse perché sono utili arcate sinuose che accompagnano il percorso del torrente senza ostacolarlo, ne dà un’immagine amica, segnata da luci solari o morbide, per inserirle in armonia quale elemento sia pur estraneo, ma non avverso, nel verde, nelle brume, nello spazio della natura.

Franco Barella