n.10 - autunno 2022

Intervista al Dirigente scolastico


del prof. Ermanno Lolli

Incontriamo nell'ufficio di presidenza l'ing. Raffaele Balzano, Dirigente del Liceo “Torelli” dal 2021, al quale rivolgiamo alcune domande.

Dirigente, può descriverci le tappe che hanno finora caratterizzato la sua attività professionale?

Dopo la laurea decisi di frequentare un master in informatica perché ritenevo che al titolo di ingegnere elettronico mancasse proprio la componente di informatica. Questa è stata la situazione più importante a livello formativo perchè ad Ariano Irpino lavoravo e studiavo da "recluso" per molte ore al giorno. Questo è stato il primo tassello per cominciare a pensare alla scuola; a seguito del master feci anche due esperienze in azienda, uno in ambito specifico di programmazione ed un altro nel campo della progettazione aerospaziale. In tali occasioni capii che la realtà aziendale non mi si addiceva perché trovavo alienante passare otto ore al giorno di fronte allo schermo di un pc e anche durante le pause si continuava a parlare di progettazione. Sentii dunque la necessità di un lavoro più a contatto con le persone o comunque con una componente relazionale più forte; da qui nacque l'idea di un percorso di studi in quella direzione: frequentai la SSIS, conseguii l'abilitazione, e in possesso del master in informatica preferii per l'insegnamento questa disciplina ad elettronica.

Da quel momento in poi in ambito lavorativo ci fu solo la scuola: i primi nove anni insegnai a Parma (fino al 2012, anno dell'immissione in ruolo come docente di sostegno), poi iniziai la docenza di informatica per tornare per un anno al sostegno (nel frattempo mi era stata offerto l'incarico di vicepreside), per poi continuare negli anni successivi nella disciplina.

Tra le parole maggiormente da lei sottolineate già nel discorso di presentazione al Collegio dei docenti, compariva il termine “inclusione”; come mai?

L'esperienza del sostegno fu un caso: durante la SISS seppi di un modulo di sei mesi dedicato all'inclusione, che credevo comunque non sarebbe stata un'attività di insegnamento a me adatta; ritenevo infatti che la mia formazione non fosse in linea con le esigenze di alunni con bisogni speciali. Anche se scarsamente convinto frequentai il corso e a Parma, anche perché questo mi consentiva un più veloce inserimento nel mondo della scuola, intrapresi timoroso la docenza di sostegno. Il primo ragazzo che mi fu affidato era affetto da spina bifida e dunque costretto sulla sedia a rotelle: nonostante l'incertezza sulle mie capacità di affrontare la situazione, mi bastò il sorriso con il quale l'alunno mi accolse: da lì fu tutto in discesa. L'istituto tecnico di Parma ospitava pochi alunni con disabilità, ma nel corso degli anni, durante i quali

mi occupai di inclusione anche a livello di funzione strumentale, il numero aumentò in modo considerevole, facendo di quella scuola un punto di riferimento nel territorio. Fu indubbiamente una esperienza forte e significativa, durante la quale dovetti affrontare situazioni difficili e inusuali quali l'accompagnamento del disabile in un viaggio d'istruzione all'estero. Ricordo che mi posi il problema della sua sofferenza (la malattia è degenerativa, il ragazzo non c'è più), e un giorno decisi di chiedergli direttamente se fosse felice; la sua risposta, accompagnata dal sorriso, fu: "Certamente, perché non dovrei esserlo??". Fu una risposta illuminante sul valore della vita che mi accompagnò nelle altre esperienze da insegnante di sostegno.


Il tema della trasparenza nella scuola è stato anch'esso centrale nelle parole da lei pronunciate; qual è il suo pensiero in proposito?

Nello stesso istituto di Parma iniziai il percorso di collaboratore alla dirigenza, e mi resi immediatamente conto, anche a seguito di polemiche interne, di quanto la trasparenza nella pubblica amministrazione debba essere un faro di riferimento. Qualsiasi decisione possa essere assunta da un Dirigente, ad esempio, verrà meglio accolta o accettata di buon grado se accompagnata dalla trasparenza della modalità e dei meccanismi con i quali si è giunti ad essa. La serenità del clima interno è, a questo riguardo, di grande rilievo, considerata l'enorme responsabilità che abbiamo nei confronti dei ragazzi che dalle famiglie ci vengono affidati.


Come è arrivato all'incarico di Dirigente scolastico?

Dopo gli anni di Parma, per ragioni personali decisi di tornare a Napoli, città nella quale fui inserito in un istituto che si presentava come scuola d'élite, posta nella zona più benestante della città. Fu un'esperienza deludente, perché i ragazzi avevano un atteggiamento superficiale e si comportavano come se a loro fosse tutto dovuto. Mi misi dunque alla ricerca di un altro istituto dove l'esperienza umano-professionale potesse soddisfarmi maggiormente. La risposta che mi venne data a chi mi rivolsi fu: ce l'hai non distante da casa, è Scampia. La prima impressione a seguito di una visita all'esterno fu negativa: l'edificio dava l'impressione di un carcere! Poi però mi convinsi a visitarlo all'interno e cambiai parere. Ottenni lì il trasferimento e vi passai due anni molto significativi: la platea degli studenti era assai eterogenea; ragazzi di famiglia distante da ogni contatto con la criminalità convivevano con altri per i quali la scuola rappresentava l'unica alternativa di riscatto sociale. In quei due anni vissi la migliore esperienza da insegnante, soprattutto per il clima di rispetto umano (non provato nell'esperienza precedente) che avevo realizzato con tutti i ragazzi che capivano le mie richieste.

L'idea di fare il concorso da dirigente era già nata a Parma; mi ero reso conto di essere attratto dall'attività organizzativa della scuola, pur dispiacendomi di dover lasciare il contatto diretto con i ragazzi. La fase concorsuale si concluse nel 2019; scelsi le Marche come seconda opzione dopo la Toscana. Conoscevo già questa regione come meta di vacanze, e come primo incarico fui inviato all'Istituto comprensivo "Tonelli" di Pesaro, da cui poi dovetti spostarmi per un ridimensionamento organizzativo e fu la volta, nel 2021, del Liceo Scientifico "Torelli" di Fano. La scelta fu determinata sia dal fatto che abito a Fano, sia dalla conoscenza della tipologia di scuola (a Parma una metà circa dell'istituto era un Liceo Scientifico-Scienze applicate).


Dopo più di un anno di incarico a Fano, che idea si è fatto dei punti di forza e dei limiti del Liceo “Torelli”? E della scuola secondaria superiore a livello nazionale?

Mi sono immediatamente reso conto dell'alto livello di competenze e della professionalità del corpo docente, anche in considerazione dei risultati dei nostri alunni a confronto con quelli di altri istituti. Il nostro è un Liceo che può offrire ed offre molto all'utenza per il futuro degli alunni che decidono di intraprendere questo percorso.

Il punto debole, è, a mio avviso, costituito da una scarsa propensione alla collaborazione tra docenti, elemento diffuso peraltro nella scuola secondaria superiore e in particolare nei licei. Si deve dunque operare maggiormente in questa direzione: lavorare maggiormente in team consentirebbe un deciso miglioramento dell'offerta formativa.

A livello nazionale ritengo il sistema scolastico della scuola superiore di qualità assai elevata, anche per quanto riguarda gli istituti tecnici e quelli professionali. Quello che manca è un rapporto più stretto con la realtà produttiva e con gli enti e le istituzioni pubbliche; da questo punto di vista siamo lontani da uno standard elevato come quello tedesco, che rappresenta un punto di riferimento in Europa. A Parma ho sperimentato un processo in questa direzione: l'azienda Dallara ha offerto all'istituto un software di progettazione (un CAD specifico) formandosi sul quale gli alunni si trovano all'uscita dal percorso scolastico già dotati delle competenze necessarie per un eventuale impiego.