BioTecnoMondo

Sintetizzare il genoma umano? Ora si può

La sintesi del genoma umano è una sfida che interessa i ricercatori di tutto il mondo ed è arrivata, negli ultimi anni, a un punto di svolta

di Valeria Battilana


Un gruppo di 130 scienziati si è incontrato, a maggio del 2016, all’Università di Harvard per discutere di un nuovo colossale progetto: sintetizzare, in laboratorio, entro i prossimi dieci anni, intere sequenze di genoma umano. Al convegno, non aperto ai giornalisti, hanno partecipato ingegneri e ricercatori di fama internazionale.
Ma qual è il vero scopo di questo ambizioso programma? Gli scienziati, una volta prodotto il Dna, lo inseriranno all’interno delle cellule e ne studieranno i processi biologici in cui è coinvolto. Accanto alla possibilità di agevolare lo studio del complesso lavoro delle cellule, ci saranno anche applicazioni in campo medico, per esempio per nuovi vaccini o trapianti.
Alcuni scienziati, tra cui Drew Endy, biologo dell’Università di Stanford, hanno però deciso di non partecipare al programma perché scoraggiati dalle implicazioni etiche. “Potranno essere creati esseri umani con determinati tipi di caratteristiche o, addirittura, fatte copie di persone specifiche?” domanda Endy. George Church, docente di genetica dell’Università di Harvard, afferma che questa immagine del progetto è sbagliata: lo scopo è di creare singole cellule e non interi organismi. “Il programma - dichiara ancora Church - ha l’obiettivo di semplificare i processi di sintesi del Dna, che richiedono grandi investimenti e verrà applicato anche su animali, piante e microbi.”
La sintesi chimica del codice genetico è il futuro della scienza e della medicina perché permette agli scienziati di facilitare lo studio di malattie e tumori e ai medici di mettere a punto terapie specifiche in base al genoma di un individuo.

Ringiovanire le cellule

Uno studio offre indizi per invertire l’invecchiamento

di Adriano Clerici


David Sinclair e il suo gruppo di ricerca della Harvard Medical School hanno riprogrammato i neuroni negli occhi dei topi per renderli più resistenti come le cellule più giovani. Nello studio il team si è concentrato su alcune cellule della retina. Per verificare se il trattamento di queste cellule potesse ringiovanirle, gli scienziati hanno agito sui nervi ottici dei topi e tramite un virus che riattiva la formazione dell'assone iniettato nell’occhio hanno impedito alle cellule della retina di morire. Dalle analisi gli scienziati hanno scoperto che i cambiamenti causati dalla lesione somigliavano a quelli delle cellule di topo invecchiate. In alcune parti del genoma, il trattamento di riprogrammazione ha invertito questi cambiamenti. Inoltre hanno anche scoperto che i benefici dei geni introdotti dipendevano dalla capacità delle cellule di alterare i propri schemi di metilazione. Le cellule dei gangli danneggiate si accumulano sul Dna gruppi metilici/demetilazione se recuperavano.

In un nuovo studio sul glaucoma dei topi (i glaucomi sono un gruppo molto diversificato di malattie oculari) Sinclair e il suo gruppo di scienziati hanno dimostrato che il trattamento genico ripristina una buona percentuale di vista anche dopo aver lesionato il nervo ottico. In un altro esperimento hanno iniettato il gene in topi più vecchi rispetto ad altri ottenendo che dopo alcuni mesi i topi più vecchi avevano acuità simile a quelli più giovani.
Sinclair afferma che ora ha in programma di testare la sicurezza di questo metodo negli animali più grandi e in futuro, forse, anche negli esseri umani.

Vaccino mRna vs Covid-19

Il vaccino BNT162B2, costituito da Rna messaggero (mRna) sintetizzato in laboratorio, induce la produzione della proteina Spike che attiva la risposta immunitaria senza modificare il patrimonio genetico del ricevente

di Alessandro Colombo


L’idea di sfruttare il processo di sintesi proteica cellulare al fine di modificare proteine già prodotte dalle singole cellule o per farne produrre di nuove risale al 1978. E’ questo il motivo per cui è stato possibile produrre il vaccino in tempi così brevi.
L’mRna contenuto nel vaccino riproduce la sequenza genetica che nel virus SarsCov-2 codifica per la proteina denominata Spike. Essa si lega ad uno specifico recettore sulla membrana cellulare dell’ospite e permette l’ingresso del virus nelle cellule. Le molecole di mRna, sintetizzate e stabilizzate, vengono rinchiuse all’interno di microscopiche vescicole lipidiche che, iniettate nel muscolo deltoide, permettono l’ingresso dell’mRna nelle cellule.
L’mRna codifica la sintesi della proteina Spike a livello dei ribosomi. La Spike prodotta in questo modo stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi specifici. In chi si è vaccinato e viene esposto al contagio, gli anticorpi così prodotti riconoscono le proteine Spike ed impediscono l’ingresso del virus nelle cellule.
La tecnologia mRna è vantaggiosa in quanto il vaccino non introduce nelle cellule il virus vero e proprio ma solo le informazioni genetiche necessarie a costruire la proteina Spike. Non può quindi provocare la malattia.
L’mRna contenuto nel vaccino non viene integrato nel Dna cellulare e quindi non può propagare se stesso nelle cellule dell’ospite e tanto meno in quelle riproduttive. Inoltre non resta nell’organismo ma si degrada poco dopo la vaccinazione. Ne consegue che la preoccupazione che il vaccino possa renderci Ogm è infondata.

Vera carne prodotta con cellule animali?

L’arrivo nei ristoranti di questa nuova carne ha già innescato un dibattito: servirà a diminuire la macellazione degli animali?

di Luca Ghion


“Il progetto fornisce una soluzione assurda a un problema serio” afferma il biofisico Andrew Pelling riguardo all’idea di produrre carne in laboratorio.

A partire dal 2012 molti laboratori hanno aderito al piano. Dopo un anno Londra aveva già i primi hamburger ma in quelli a venire Michelle Millar Fisher definì il progetto uno “sleeper hit” (successo dormiente).

La prima domanda è: come si fa a creare della carne tramite un organismo migliaia di volte più piccolo come la cellula?

Esistono più modalità: la prima produce della carne coltivata da cellule umane e sangue espirato, processo subito contestato da molti commenti sui social network dove i creatori sono stati accusati di cannibalismo.

Un altro metodo presentato dagli scienziati è quello in cui si prelevano cellule muscolari tramite biopsie di animali vivi o usando piume prelevate da animali morti: le cellule sono poi nutrite con delle proteine così da poter accrescere il tessuto. Da questo processo si riescono a produrre fino a cinquanta mila tonnellate di carne senza dover aggiungere altre cellule nel corso della produzione.
Tali metodi permettono di non dover più macellare troppi animali.
Ricerche di mercato stimano che questo nuovo business possa raggiungere il valore di 428 milioni di dollari entro dieci anni.

Tale previsione potrebbe avverarsi senza difficoltà. Il due dicembre scorso, infatti, Singapore è diventato il primo Governo al mondo a introdurre in maniera ufficiale sul mercato il nuovo tipo di carne.

Nei prossimi anni il business della carne da laboratorio potrebbe fare irruzione anche nel mercato occidentale.

Batteri elettricamente attivi

Ricercatori dell’Università Kaust hanno scoperto di recente un batterio capace di produrre elettricità tramite l’utilizzo di composti organici


di Andrea Mariano


I ricercatori dell’Università Kaust in Arabia Saudita hanno scoperto un nuovo batterio chiamato Desulfuromonas acetexigens.

I batteri elettricamente attivi sono colonie di microrganismi autotrofi, cioè capaci di sintetizzare le proprie molecole organica senza assumere altre sostanze, o eterotrofi, cioè che per nutrirsi devono utilizzare coposti sintetizzati da altri organismi.

Questi batteri sono capaci di scambiare elettroni con materiali solidi conduttivi per sostenere il loro metabolismo in condizioni limitanti. Data questa loro capacità sono reperibili in moltissimi luoghi e vengono isolati da diversi ecosistemi in modo semplice.

Esistono parecchi tipi di batteri con questa capacità, infatti ne sono stati finora scoperte ben 94 specie.

L’obiettivo è riuscire ad alimentare in modo efficiente i sistemi elettrochimici alla base del trattamento delle acque reflue. Questo batterio ha il vantaggio, rispetto a quelli scoperti finora, di produrre in minor tempo una maggiore densità di corrente.

Alcuni scienziati e ricercatori coinvolti nello studio dell’università Kaust, data la grande efficienza del batterio, parlano addirittura di scoperta rivoluzionaria. La sua funzionalità è così sbalorditiva da produrre, nelle prime 20 ore di sperimentazione una densità di corrente di nove ampère per metro quadrato. In più, il Desulfuromonas acetexigens ha un altro vantaggio: non sfrutta idrogeno nel suo processo e non ha bisogno di essere alimentato.
La fase di sperimentazione di questo batterio è però ancora in corso. Per ora non è possibile ottenere un suo utilizzo efficiente.

Pomodori da marziani

I ricercatori del Cold Spring Harbor Laboratory hanno modificato geneticamente le piante di pomodoro per poterle coltivare ovunque

di Andrea Palmieri


Pomodori all’apparenza normali ma che potrebbero rappresentare un punto di svolta per il futuro dell’alimentazione. Creati in laboratorio con tecniche di ingegneria genetica, sono progettati per essere coltivati in luoghi non adatti alla crescita delle piante.

In particolare gli scienziati sono intervenuti per velocizzare la crescita delle piante, la fioritura e la produzione di frutti, pronti già dopo 40 giorni. Se si toccano però alcuni geni, si scombina l’intero sistema-pianta e si altera la produzione degli zuccheri, oltre alla loro distribuzione. Per questo era importante riarmonizzare la pianta e si è così individuato il gene Sier, che controlla la lunghezza degli steli.

Le piantine sono molto più basse di quelle che siamo abituati a veder crescere nei nostri orti. I frutti assomigliano a pomodori ciliegini: “Hanno dimensioni molto piccole e un buon sapore”, afferma Zach Lippman.

Piccole piantine che producono molti frutti in un tempo breve sono una soluzione vincente, secondo gli autori della ricerca. Questa innovazione è anche green: si evitano i fertilizzanti che inquinano l’acqua, si diminuisce la produzione di anidride carbonica e si risponde in modo efficace alla sempre maggiore richiesta di cibo.

Per ottenere queste caratteristiche particolari i ricercatori hanno dovuto modificare alcuni geni, responsabili della crescita riproduttiva, della dimensione delle piante e della lunghezza degli steli.

La Nasa si è mostrata molto interessata ai nuovi pomodori, ritenuti utili per le future missioni spaziali durante le quali bisognerà coltivare alimenti nutrienti in spazi molto ridotti.

Questi pomodori perciò potrebbero davvero essere una nuova frontiera dell’agricoltura, sul nostro Pianeta ma non solo.

Ogm per la salute di tutti

Parecchi ricercatori stimano che se modifichiamo diversi organismi animali o vegetali in alcuni tratti di Dna, questi potranno essere un punto di partenza per la prevenzione di malattie

di Irene Pellizzer


La manipolazione genetica di alcuni insetti è diventata un’importante area di ricerca, soprattutto per la prevenzione di malattie parassitarie. Alcuni centri di ricerca negli Stati Uniti hanno iniziato a creare zanzare Ogm nelle quali viene prodotta una piccola proteina chiamata SM1, che blocca l’ingresso del parassita della

malaria, Plasmodium, nell’intestino della zanzara. Ciò provoca l’interruzione del ciclo di vita del parassita e impedisce alla zanzara di trasmettere la malattia agli altri animali. L’introduzione di queste zanzare Ogm in natura potrebbe quindi aiutare a ridurre la diffusione di questa malattia tra la popolazione.

Inoltre diversi studiosi hanno dato il via anche a piante Ogm, in cui vengono aggiunti geni specifici al genoma della pianta, che producono proteine di interesse farmaceutico. L’utilizzo delle piante come “bioreattori”, produttori biologici di molecole ricombinanti, è vantaggioso in quanto permette la produzione di proteine specifiche che danno scarse reazioni allergiche. Questo campo farmaceutico viene chiamato «Plant Molecular Pharming» e fa parte della cosiddetta Red Biotechnology.

I microbi, le piante e gli animali Ogm hanno rivoluzionato anche la produzione di medicinali complessi, in modo da permettere l’inizio di una generazione di prodotti e terapie più sicuri ed economici. La produzione di nuovi farmaci avviene ad esempio nelle cellule di mammiferi Ogm, coltivate in colture di laboratorio, in quelle del lievito che permettono di ottenere il vaccino contro l’epatite B e nei batteri Escherichia coli da cui si estrae l’insulina umana per la cura del diabete. Nuovi vaccini a Dna potrebbero essere utili per la prevenzione di malattie dimostratesi resistenti agli approcci vaccinali tradizionali tra cui l’Aids e la tubercolosi.

Restare umani
o valicare il limite?

Le grandi opportunità della scienza non devono però far dimenticare il senso della vita

di Samuel Rossini


La clonazione ha fin dall'inizio generato dibattiti bioetici: la Aaas (American association for the advancement of science) suggerisce di proibire la clonazione umana fino a quando la procedura non sarà sicura.

Si è sempre pensato che la natura umana fosse un organismo immodificabile: s’interveniva per curarla, per migliorarla, ma non per trasformarla in modo creativo. La scienza delle biotecnologie interviene nella struttura stessa dell'essere vivente: non appena si scindono e poi si ricompongono gli elementi fondamentali di un genoma, il complesso dei geni in un organismo, s'infrange l'originaria identità dell'essere umano. Infatti la clonazione avviene grazie al prelevamento e trasferimento del nucleo di una cellula dell'organismo da clonare, in una nuova cellula uovo della stessa specie dell'organismo da replicare.

Quando si pone un problema relativo all'opportunità d’intervenire per curare malattie con procedure d’ingegneria genetica, si scatena un dibattito tra progressisti e conservatori. Dalla parte dei conservatori, ci sono i religiosi: oggi la Chiesa si schiera in difesa della tradizione umanistica.

I principi espressi dai comitati di bioetica, in Italia il Cnb (Comitato nazionale di bioetica), sono molto generali per poter raccogliere il consenso più ampio: si tratta però, del consenso del buon senso, e tutti sanno che il buon senso, di fronte al fascino della scoperta e al guadagno che ne deriva, fa sempre una figura patetica.

Il filosofo e sociologo Jürgen Habermas afferma che quando si cerca di racchiudere gli interventi scientifici per escludere quelli etici, si trovano confini non determinabili, mentre avremmo bisogno di limiti precisi per stabilire ciò che è cura della malattia e ciò che è etica. Con questo pensiero si afferma un diritto personale che sovrasta i fondamenti naturali della vita.

Linfociti vs tumore

Alcuni studi medici del Centro di Ricerca contro il cancro F. Hutchinson dimostrano come sia possibile con la chimica cellulare curare alcuni tipi di malattie che di solito richiedono terapie specifiche

di Matteo Salvadè


Al centro di ricerca F. Hutchinson hanno utilizzato la clonazione di t-cell T CD4+ (linfociti del sistema immunitario, un tipo di globuli bianchi). I linfociti cresciuti per riconoscere e distruggere le cellule tumorali contenenti l’antigene NY-ESO-1 hanno fatto regredire il melanoma in stato avanzato di un paziente. La tecnica ha avuto effetto positivo sul paziente che è guarito senza sottoporsi ad alcuna ulteriore terapia.

Prima di parlare dell’ambito terapeutico è utile comprendere i principi fondamentali del clonaggio. Si tratta di una tecnica di ingegneria genetica che riproduce milioni di copie identiche di un frammento o di un intero filamento di Dna.

La terapia genica, utilizzata per la cura dei tumori, sfrutta linfociti T di un paziente malato di tumore e li modifica per indurli a riconoscere le cellule tumorali. Grazie a questa tecnica il sistema immunitario del paziente stesso riconosce e attacca le cellule tumorali, risultando una terapia meno invasiva per il paziente rispetto a quelle tradizionali. Ogni specifico anticorpo, è prodotto da uno specifico linfocita. L'isolamento e la coltura in vitro di una singola cellula capace di produrre un singolo anticorpo rappresenta una fonte di anticorpi monoclonali, ossia ottenuti da un solo tipo di cellula immunitaria. Tuttavia i linfociti, quando sono coltivati in vitro, muoiono dopo brevissimo tempo, e perciò non li si può considerare una fonte per la produzione a lungo termine di anticorpi. Le cellule di linfocita T CD4+ crescono in ambienti appositi che garantiscono la loro sopravvivenza.

Gli studi relativi alla terapia genica, in questo caso immunoterapia, hanno prodotto risultati molto promettenti che permettono alla medicina di fare passi da gigante, aprendo la porta a uno svariato numero di applicazioni possibili.

Trapianto di organi suini
negli esseri umani

La clonazione di maiali geneticamente modificati permette l’eliminazione di virus pericolosi per l’uomo

di Fabio Zanetti


Una ricerca pubblicata sulla rivista Science afferma la possibilità di trapiantare organi suini in un organismo umano, date le dimensioni simili (xenotrapianto). Si attua perciò una modifica genetica con lo scopo di rimuovere dal Dna del maiale i retrovirus, che potrebbero essere dannosi per l’uomo.

I ricercatori hanno rimosso, mediante la tecnica di editing genetico Crispr-Cas9, le sequenze di Dna suino che potrebbero generare infezioni da retrovirus. I nuclei delle cellule modificate si sostituiscono a quelli delle cellule uovo suine dalle quali, tramite tecniche di clonazione, si ricavano gli embrioni, impiantanti nell’utero di una scrofa in un secondo momento.

I retrovirus potrebbero essere pericolosi per l’organismo umano perché, come confermano studi condotti in provetta, i virus rilasciati dalle cellule suine riescono a trasferirsi in quelle umane senza difficoltà.

Alcuni ricercatori che lavorano in questo campo ritengono, però, che il problema principale sia la compatibilità degli organi suini coi tessuti umani poiché, tra i rischi principali, vi sono: rigetto degli organi, reazioni autoimmuni e rilascio di sostanze tossiche nel sangue.

Un altro ostacolo è una questione di carattere etico. Si opporrebbero, infatti, da una parte comunità religiose ebree e islamiche che considerano i maiali come animali impuri, dall’altra animalisti che condannano l’operazione poiché il maiale-donatore verrebbe ucciso. Inoltre, verrebbero alla luce questioni burocratiche: il paziente, infatti, deve sapere che l'organo donato per tale operazione proviene da un suino.

Nonostante tutti questi ostacoli, lo xenotrapianto potrà essere un metodo efficace per salvare vite umane che richiedono una donazione di organi, vista la carenza del numero di donatori rispetto al numero di pazienti.