Lo scorso 6 febbraio si è tenuta presso il Teatro Politeama di Palermo l'edizione 2025 della cerimonia dedicata al conferimento dei premi intitolati a Mario Francese, il cronista del Giornale di Sicilia ucciso da Cosa Nostra la sera del 26 gennaio 1979, e al figlio, Giuseppe Francese, il minore di quattro fratelli.
Numerosissimi sono stati gli studenti e le studentesse che con i loro insegnanti sono accorsi da scuole di tutta la Sicilia e hanno vivacemente partecipato all'evento, presentato con emozione dalle giornaliste Rai del Tgr Sicilia Lidia Tilotta e Tiziana Martorana e tenutosi proprio in occasione del centenario della nascita del cronista siracusano.
Proprio il Sindaco di Palermo Roberto Lagalla ha tenuto a sottolineare l'importanza della presenza dei giovani, invitati a condividere il valore del ricordo, onorando la memoria del sacrificio con cui Mario Francese, “per il solo fatto di volere svolgere il suo lavoro per intero e fino in fondo”, ha mantenuto intatto il patto di fedeltà al suo mestiere.
Successivamente, Giulio Francese ha messo in luce il ruolo fondamentale dell'impegno che giornalisti e cronisti dimostrano tutti i giorni prodigandosi, anche sul piano nazionale, nella divulgazione di informazioni e temi, talvolta scomodi, spendendosi sul campo, come ha fatto il padre.
Roberto Gueli, Presidente dell'Ordine dei Giornalisti di Sicilia e vicedirettore nazionale della redazione TGR Rai, ha annunciato che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato all'Ordine una medaglia per l'impegno profuso in vista di questa giornata unica. La medaglia è stata consegnata alla famiglia Francese, che costantemente mantiene vivo il ricordo del “nostro Mario”.
“Mario Francese è colui che ha cambiato l'approccio giornalistico alla mafia in questa terra.
Prima di Mario Francese esistevano i mafiosi. Con Mario Francese ha cominciato a esistere la mafia. Prima di Mario Francese esisteva la mafia come fenomeno. Con Mario Francese la mafia è diventata organizzazione.”
Queste le parole di Marco Romano, Direttore del Giornale di Sicilia, che ha spiegato che il Giornale ha voluto inserire nell'edizione del 6 febbraio uno speciale dedicato a Mario Francese, contenente dei contributi di colleghi che hanno vissuto l'esperienza di Mario con il Giornale di Sicilia e alcuni tra gli articoli più significativi firmati dallo stesso cronista negli anni precedenti al martirio.
Inoltre, dopo la lettura di un estratto della sentenza del 13 dicembre 2002, emessa durante il processo d'appello per l'omicidio di Mario Francese, Giulio Francese ha avuto il piacere di ringraziare personalmente il Dottore Antonio Balsamo, Sostituto Procuratore della Corte di Cassazione, estensore della suddetta sentenza, che ha avuto il ruolo essenziale di restituire dignità umana e professionale al padre.
Con commozione nel menzionare il processo, il Dott. Balsamo ha rammentato di aver avuto la possibilità di toccare con mano quell'amore dei familiari, che diventa coraggio civile nel modo in cui Giulio Francese e tutta la famiglia hanno fatto sì che la memoria di Mario Francese diventasse patrimonio comune della città di Palermo.
“Mario Francese, nel momento in cui era difficilissimo condurre indagini sulla mafia, era capace di delineare gli assetti di Cosa Nostra nelle attività più significative nel campo degli appalti pubblici. Chi vuole conoscere la mafia degli anni '70, deve leggere gli articoli di Mario Francese, che ha costruito un contributo importantissimo per il diritto alla verità.” Così ha concluso il suo accorato intervento.
Delle otto scuole approdate alla selezione finale della sezione “Premio Mario e Giuseppe Francese Spazio Scuola 2024-2025”, l'Istituto Tecnico “Vittorio Emanuele III” di Palermo è stato proclamato vincitore con il cortometraggio “Luoghi”, per aver saputo raccogliere l'eredità di Mario Francese, “trasformando gli studenti in cronisti capaci di dare voce a chi non ne ha”.
Il Premio Mario Francese è stato conferito a Salvo Palazzolo, giornalista e saggista, inviato speciale de La Repubblica e autore, tra l'altro, insieme al Procuratore Maurizio De Lucia, del libro “La cattura: I misteri di Matteo Messina Denaro e la Mafia che cambia”, presentato dagli stessi autori presso il nostro Liceo proprio il 6 febbraio dello scorso anno.
Luciana Esposito e Filippo Passantino vincono ex aequo il Premio Giuseppe Francese.
Luciana Esposito è una giornalista freelance, fondatrice e direttrice di Napolitan.it -un osservatorio perenne sulle dinamiche camorristiche della periferia orientale di Napoli- ed autrice del libro “Nell'inferno della camorra di Ponticelli-Napolitan”. Sollecitata dalle domande di ragazzi e ragazze che al momento della premiazione hanno potuto interloquire con i vincitori e chiedere alcune curiosità in merito al mestiere delicatissimo ed oggi sempre più a rischio che è il giornalismo, la dottoressa Esposito ha affermato quanto sia complesso avere a che fare con la gestione di un'informazione mirata verso un campo di indagine estremamente scabroso, come quello di cui ha scelto di occuparsi, con coraggio e determinazione, nonostante le costanti minacce da parte dei clan locali.
Filippo Passantino è un giornalista professionista per l'agenzia Sir Servizio di informazione religiosa, ed è impegnato con il progetto editoriale e sociale de “Il Mediterraneo 24”. Ex studente della nostra scuola, Filippo Passantino, esortato dai nostri studenti che hanno scelto di rivolgersi a lui avvertendolo come un vero e proprio ex compagno di liceo, ha parlato di quanto sia fondamentale, già da adolescenti, esporci a stimoli in grado di ispirare la nostra creatività e di farci scoprire le nostre passioni: era infatti ancora uno studente del Benedetto Croce quando ha iniziato a scrivere per il nostro Giornale d’Istituto, iniziando ad esplorare il suo interesse per il giornalismo.
Il 6 febbraio non è stata soltanto una giornata commemorativa: abbiamo avuto l'onore di prender parte ad un evento memorabile, un incontro tra passato e futuro all'insegna dell'impegno e dell'entusiasmo dei giovani, che con la loro luce e la loro grinta prendono consapevolezza del mondo che li circonda per conoscerlo fino in fondo e poterlo migliorare in virtù della forza e della speranza che li contraddistinguono.
GIULIA MELILLI 5^B
Il 30 Ottobre 2024, nella splendida cornice della nostra Aula Magna, si è svolto un convegno sulla figura di Rosario Livatino. Il nostro Liceo ha voluto ricordare, attraverso un momento di confronto e di riflessione, il magistrato siciliano ucciso dalla mafia nel 1990, e dichiarato Beato nel 2021, come martire della giustizia e della fede. Non si è trattato di un evento meramente commemorativo. L’incontro, infatti, ha dato a tutti i partecipanti una preziosa occasione di riflessione sulla scuola come luogo di cittadinanza consapevole, a partire dai valori, irrinunciabili, di giustizia e di legalità. Organizzato dal nostro Liceo, l’evento ha visto la partecipazione di altri due Istituti della città: il Liceo Scientifico Galileo Galilei e il Liceo Linguistico Ninni Cassarà. Presenti i rispettivi Dirigenti scolastici, la Dottoressa Chiara Di Prima e la Dottoressa Daniela Crimi e una rappresentanza di alunni appartenenti ai due Istituti.
Al convegno hanno partecipato figure di spicco come il Procuratore Capo della Repubblica di Palermo, il Procuratore della Repubblica di Termini Imerese, il già Procuratore della Repubblica di Agrigento, amico e collega di Livatino, e il Direttore Generale facente funzioni dell’USR Sicilia.
Ad accogliere gli illustri ospiti, noi di SpazioLibero: un team di redattori il cui impegno ha avuto come finalità quella di contribuire a rendere l’evento il più possibile fluido ed armonico.
Il convegno ha inizio con il discorso del nostro Dirigente Scolastico, il Dottore Mario Veca, che ricorda Livatino come simbolo di giustizia da trasmettere alle nuove generazioni, sottolineando la postura interiore del magistrato, che ha scelto di vivere la giustizia come un servizio alla comunità.
Ad allietare i presenti, il Coro polifonico del Liceo Benedetto Croce, diretto dal professore Girgenti, che ha voluto segnare l’avvio del convegno con una magistrale esecuzione dell’Inno di Mameli
Al tavolo siedono relatori di grande prestigio, tra i quali il Direttore generale f.f. dell’USR Sicilia Marco Anello, che ci aiuta a comprendere perché la figura di Livatino viene descritta come “Il martire”, un uomo che ha dedicato la sua vita alla giustizia, non per diventare una celebrità, ma solo e unicamente per spirito di servizio, per senso del dovere nei confronti del prossimo. Il martirio, nel caso di Livatino, diventa testimonianza della fede e dei suoi valori interiori.
È di grande impatto il discorso dell’Avv. Giuseppe Russo, Presidente Regionale dell’A. Ge. Sicilia, che si rivolge ai noi ragazzi e ci sprona ad affrontare lo studio con senso di responsabilità, al fine di adoperarci per il bene comune, seguendo l’esempio di Rosario Livatino. Lo ricorda come professionista serio, affidabile nel suo percorso in magistratura, un uomo che seguiva i principi dettati dalla sua coscienza, un autentico cristiano che aveva come guida il Vangelo e la Costituzione.
Segue l’interessante intervento del Dott. Leonardo Agueci, che chiarisce alcuni aspetti dell’essere magistrati. Il magistrato ha nelle sue mani un potere che può incidere pesantemente sulla vita di altri cittadini. Ciò implica una grande responsabilità, che non può non basarsi sul senso di giustizia e sul desiderio di benessere dell’intera comunità. Livatino ha vissuto la sua intera esistenza come servizio alla società. Il dott. Agueci si sofferma, poi, sul fenomeno mafioso definendolo “cancro della città” e su ciò che essa rappresentava quando Livatino era impegnato nella sua attività di magistrato; una mafia che "convinceva" attraverso l’intimidazione. Una mafia che Livatino ha combattuto svolgendo il proprio dovere con onestà e integrità morale.
Momento prezioso del convegno è stata la visione de “La Camicia Azzurra. Storia di Rosario Livatino”, il docufilm realizzato dagli studenti delle Istituzioni Scolastiche appartenenti alla Rete “Nel Solco del Giudice Rosario Livatino”, in collaborazione con il partner del progetto, il Centro di produzione video e grafica Larcadarte della regista Rosalba Vitellaro. Suggestive le testimonianze dei compagni di liceo del magistrato: “meglio un uomo che cade che una foresta che cresce”, afferma uno di loro. Interessante, altresì, la testimonianza del magistrato Allotta che, nel docufilm, parla della concezione che Livatino aveva del lavoro: il lavoro come “preghiera”, come servizio alla collettività.
Il Dott. Salvatore Cardinale ha voluto evidenziare quanto sia importante la scuola nella formazione dei cittadini e quanto sia fondamentale mantenere viva la memoria del giovane magistrato. Ha parlato delle scuole che portano il nome di Livatino, nate grazie ad un impegno continuo teso alla diffusione e alla promozione dei valori di giustizia e legalità in tutta Italia. Queste scuole, secondo Cardinale, sono luoghi dove i giovani non imparano solo il diritto, ma anche l'etica e la responsabilità civile. Salvatore Cardinale ha spiegato che ricordare Rosario Livatino è un modo per insegnare alle nuove generazioni a compiere il proprio dovere con onestà, senza scendere a compromessi. Ha elogiato la scuola come custode della memoria e ha invitato gli insegnanti a promuovere e a far crescere gli spazi di educazione civica in tutte le scuole italiane. "Ricordare Livatino nelle scuole non è solo un atto di commemorazione", ha detto, "ma una lezione viva per formare cittadini consapevoli e responsabili." La nostra società, aggiunge il Dott. Ambrogio Cartosio, Procuratore di Termini Imerese, ha necessità di carità in quanto amore nella sua forma più pura. Un valore che dovrebbero essere impartito innanzitutto dalla famiglia e dalla scuola. Infatti, la cultura mafiosa ed il suo modus vivendi non possono essere combattuti efficacemente solo dai magistrati e dalle forze dell’ordine. Racconta, poi, la storia del magistrato Antonino Saetta, ucciso a Canicattì nel 1988 dalla Stidda. Il motivo del suo omicidio fu il coraggio che egli ebbe nel denunciare la mancata giustizia nel processo contro gli uccisori del capitano Basile, che causò l’incarcerazione dei tre killer con relativa condanna all’ergastolo. La mafia decise di vendicarsi, uccidendo il magistrato che si era rifiutato di piegarsi al volere di Cosa Nostra, esattamente due anni prima dell’uccisione di Livatino. La Stidda, per dimostrare di essere capace anch’essa di poter zittire un magistrato, uccise Rosario Livatino.
Importa evidenziare l’intervento della Dott.ssa Lia Sava, Procuratrice generale della Repubblica di Palermo, che definisce la scuola come il “vivaio” della legalità. Si sofferma, poi, sulla figura di Livatino come Beato. Egli non provava paura o senso di vergogna nell’essere cristiano. Egli lavorava secondo il principio evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso”, senza mai arrendersi o abbassare la testa.
Il Viceprefetto aggiunto della Prefettura di Palermo, la Dott.ssa Ludovica Zarbo, ci ricorda, poi, gli ideali di cui è depositario il giudice Livatino, custode di valori etici ed esempio per tutti noi
Non poteva mancare, in un convegno di tale spessore, il momento dedicato alle domande degli studenti. Ecco alcune di esse.
“Il giudice Livatino era soprannominato ‘Giudice ragazzo’, questo nome gli è stato attribuito soltanto per la sua età o per altri motivi?”
Riportiamo uno stralcio della risposta del Dirigente Scolastico Mario Veca: Questa è una ‘vexata quaestio’, come direbbero i vostri professori di latino. Il presidente Cossiga in quel periodo, disse “attenzione ad affidare delle indagini a dei magistrati ancora non troppo esperti”. Si parlò di “giudici ragazzini”, mai nel dettaglio di Livatino. Successivamente il Presidente chiarì il suo discorso, dicendo che non intendeva affibbiare un epiteto dispregiativo ma voleva sottolineare il fatto che alcune indagini molto complesse andavano affidate a magistrati più esperti. Rosario Livatino, a 37 anni, era già un gigante da certi punti di vista.
“La professoressa di latino e greco di Rosario Livatino, Ida Abate, ha cercato per moltissimi anni di trasmettere ai suoi alunni la figura di Rosario e i valori in cui credeva. Come pensa che le professoresse e i professori oggi possano trasmettere gli stessi valori, in cui credeva Livatino, ai ragazzi immersi sempre più nella realtà digitale?”
Dott.ssa Chiara Di Prima: Grazie per questa provocazione, ma è un po’ quello su cui stiamo riflettendo nel mondo della scuola. Perché abbiamo davanti una minaccia o un'opportunità, che è quella dell’intelligenza artificiale, tema che stiamo affrontando non soltanto dal punto di vista tecnologico ma anche dal punto di vista etico. Qual è l’idea? Che la giustizia sta sempre in una conciliazione di due aspetti, quello della tecnica e quello del rimanere umani, esseri con una ragione ma anche con un cuore, con delle mani operose e con un senso di trascendenza, che ognuno può individuare in una figura spirituale di riferimento o, comunque nel tendere al miglioramento continuo e alla migliore prospettiva di vita possibile. Rimanere legati ad un profilo educativo in un’era di tecnologia significa utilizzare le tecnologie al servizio della persona, qualunque esse siano. Della tecnologia non possiamo frenare la corsa ma possiamo accelerare il nostro modo di renderci consapevoli del loro utilizzo.
“Una frase simbolo di Livatino è ‘Quando moriremo nessuno verrà a chiederci quanto siamo stati credenti ma quanto siamo stati credibili’. Per un magistrato oggi, cosa significa essere credibile?
Dott. Leonardo Agueci: Cosa significa essere credibili? Significa essere indipendenti, applicare la legge e solo la legge, agire secondo coscienza, non avere timore reverenziale verso nessun altro potere. legge. La credibilità di un magistrato sta nel dimostrare di essere realmente indipendente nei confronti di altri poteri e altre forze che fanno parte della società.
“I magistrati di oggi si possono definire operatori del diritto o della giustizia?”
Dott. Ambrogio Cartosio: La domanda è filosofica ed è molto delicata, perché ho conosciuto i mafiosi e, siccome sono siciliano, non li ho conosciuti solo sul piano professionale, ma anche nella realtà quotidiana, ho avuto anche compagni di scuola che stanno scontando l’ergastolo. Avendo conosciuto i mafiosi so bene cosa c’è alla radice della cultura mafiosa, c’è anche la convinzione di essere interpreti di un senso di giustizia. Un mafioso vecchio stampo è un soggetto che mira alla sovranità sul territorio: “Io sono quello che esercita la reale sovranità sul territorio sono disposto anche a riconoscere il prestigio che hai tu magistrato, tu professore, tu uomo politico, ma tu devi riconoscere il mio prestigio di mafioso perché io ho anche come obiettivo quello di regolamentare i rapporti sociali secondo quello che è il mio senso di giustizia”. È un senso di giustizia che ha portato perfino un padre mafioso a uccidere la propria figlia perché si era resa responsabile del tradimento del proprio marito. Quindi sì, il magistrato deve sicuramente avere il senso di giustizia, però il faro dal quale non si può allontanare è il diritto, è un soggetto che deve applicare il diritto. E vi assicuro che non sono pochi i casi in cui applichiamo leggi che non condividiamo, che troviamo sbagliate. Se uno decide di farlo però non deve pensare di essere il depositario della giustizia in assoluto, deve essere il servitore della legge e quindi colui che applica il diritto.
“La battaglia decisiva contro la mafia è quella culturale. Da questo punto di vista, quali effetti può avere sortito la beatificazione di un magistrato ucciso dalla criminalità organizzata? E quanto può aver contribuito a modificare la religiosità degli uomini d’onore?”
Dott.ssa Lia Sava: Bellissima domanda, articolata e complessa. Effettivamente lo abbiamo detto tutti quanti, lo diciamo in più contesti: la mafia verrà sconfitta da un esercito di maestri, professori, da menti che insegnano quei valori dei quali abbiamo parlato. Quindi il fatto che Rosario Livatino sia stato ucciso e poi beatificato, quanto può aver cambiato la mentalità mafiosa? Difficile dirlo. Come dice Papa Francesco: “Peccatori sì, corrotti no” e allora il corrotto è difficile che venga fuori dal circolo mafioso, perché ha l’animo ormai marcio. Però la testimonianza di gente come Livatino o Padre Puglisi e di tanti altri eroi silenziosi forse può generare il miracolo e quindi dalla corruzione dell’animo si può approdare alla resurrezione e chiedere perdono.
L’evento si conclude con i ringraziamenti del nostro Dirigente e con l’auspicio che la figura di Rosario Livatino sia celebrata non solo nella nostra terra, ma in tutto il territorio nazionale, così che egli diventi per tutti un faro di giustizia e di cittadinanza attiva.
Nel cuore di tutti noi questo evento ha lasciato una nuova consapevolezza: essere uomini significa aprirsi all’altro; solo così possiamo costruire una società basata sul bene comune.
VITTORIA PERLONGO 4^CA,
AURORA MACELLARO 4^CA,
FABRIZIO VALENTI 4^B
Il 27 settembre 2024, il Liceo Scientifico "Benedetto Croce" di Palermo ha accolto due personaggi estremamente rappresentativi nell'attualità del mondo dello sport italiano: Rachid Berradi -mezzofondista, campione europeo nei 10.000 metri, finalista alle Olimpiadi di Sidney 2000 e Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana-, impegnatissimo nell'Atletica come nel sociale, e Nadia Battocletti, mezzofondista italiana, medaglia d'argento nei 10.000 metri piani ai Giochi olimpici di Parigi 2024 e campionessa europea dei 5.000 e 10.000 metri piani a Roma 2024.
Insieme a loro Bartolo Vultaggio, Presidente della FIDAL -Federazione Italiana Dell'Atletica Leggera- dal 2004 al 2008 e oggi consigliere della Federazione, e Giuliano Battocletti, padre e allenatore della campionessa olimpica.
Ad aprire la conferenza è stato il nostro Dirigente, il Dott. Mario Veca, che ha dimostrato grande empatia nel sensibilizzare noi giovani ragazzi e ragazze sul ruolo chiave che ha lo sport nell'indirizzare verso una vita all'insegna della legalità e della socialità.
Cosa meglio dello sport, infatti, può farci tirar fuori la determinazione nel raggiungimento dei nostri obiettivi?
Lo Sport, ci ha tenuto a sottolineare il Preside, è impegno, lavoro, disciplina, sacrificio, rispetto del prossimo, responsabilità, abilità organizzativa, rigore, predisposizione e accettazione della vittoria e della sconfitta; ma sport significa anche soddisfazione, divertimento, benessere psico-fisico, cura di sé, spirito di appartenenza non solo nei confronti della propria squadra ma anche, come nel caso di Nadia, della propria Nazione e, infine, stimolo a migliorarci ogni giorno di più per vincere, prima di tutto, la sfida con noi stessi in vista di un domani più rigoglioso.
Insomma, lo sport, come la scuola, è maestro di vita, ci insegna come stare al mondo.
Dopo questa edificante introduzione, l'atleta Rachid Berradi ha spiegato al giovane pubblico come la corsa sia, tra tutti, il settore più vasto nello sconfinato universo dello sport e, insieme al consigliere Vultaggio, ha insistito sul fatto che questa disciplina sia come il DNA: non esisteranno mai persone che corrono allo stesso modo, ogni corridore è unico. La corsa è un'impronta, un segnale distintivo.
Proprio Bartolo Vultaggio ha tenuto ad aggiungere un dettaglio non irrilevante che spesso, quando si pensa alla corsa, si tende a trascurare o addirittura ad ignorare: è uno sport individuale che richiede un lavoro di squadra per raggiungere livelli elevati; la corsa è, prima di ogni cosa, condivisione e collaborazione.
Calore ed entusiasmo hanno riempito ogni angolo della nostra aula magna dal valore inestimabile quando insieme agli studenti e alle studentesse Nadia ha rivissuto attraverso una breve proiezione un frammento della recente vittoria parigina.
Emozionata e con lo sguardo del cuore ancora fisso su quel momento glorioso, ha preso la parola per ripercorrere alcuni dei passaggi più significativi della sua crescita come ragazza e atleta, raccontando, per esempio, come la corsa non sia stato il suo primo colpo di fulmine. Fin da piccola, infatti, ha praticato le più svariate discipline sportive, per poi capire, da bimba più matura, che l'atletica sarebbe stata il suo amore eterno, determinata a fare della sua più grande passione il suo lavoro, la sua vita di tutti i giorni.
Nel 2018 Nadia ha iniziato a gareggiare rappresentando il Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre, l'istituzione sportiva fondata nel 1983 su iniziativa del campione olimpico dei 200 metri Pietro Mennea.
Ha inoltre partecipato ai ragazzi che non sempre ogni cosa è andata come sperava, condividendo con loro la forte delusione provata per l'esito dei Mondiali di Atletica Leggera tenutisi a Budapest nel 2023, quando la finale dei 5.000 metri l'ha vista sfinita e abbattuta. Tuttavia, è riuscita a rialzarsi, ha perseverato e continuato a lavorare sodo per il grande sogno e alla fine sono arrivate le immense soddisfazioni nel 2024 con i Campionati Europei di Atletica Leggera a Roma e le Olimpiadi a Parigi, affrontate dalla mezzofondista con tenacia e risolutezza nonostante l'infortunio subito durante la competizione precedente.
È stato poi sorprendente assistere alla cura e alla puntualità che tre giovanissimi alunni -da poco meno di un mese immersi nell'ambiente adulto e maturo che il nostro Liceo si propone di creare per la crescita intellettuale di noi studenti- hanno riservato alla presentazione della complessa storia della nostra scuola, collocata in un quartiere storico della città arabo-normanna di Palermo cui la stessa Nadia è legata indissolubilmente, anche grazie alle radici stabilite qui dal papà Giuliano, che dall'età di diciassette anni ha abitato per un periodo nella nostra splendida e vivace città.
Che lo sport sia elemento di unione e di intesa è un postulato, ma questa conferenza è stata in grado di tradurre dal vivo tale principio: è incredibile infatti che due mondi apparentemente distanti - quello di adolescenti concentrati sui propri percorsi di crescita personale e scolastica e quello di un'atleta campionessa del mondo - siano riusciti a incastrarsi perfettamente.
E per questo sono state numerosissime le domande che ragazzi e ragazze, con curiosità ed interesse, hanno desiderato porgere a Nadia. Quest'ultima, per esempio, ha spiegato che sebbene in certi momenti della sua vita le sia capitato di vacillare, il tempo l'ha portata alla realizzazione che sia proprio la corsa il suo punto ripartenza, dove ogni volta ha ritrovato il coraggio per andare avanti e grazie alla quale ha potuto mettere in campo gli insegnamenti tratti dagli stimoli circostanti. Proprio per questo motivo, infatti, non ha mai smesso di studiare e, dopo aver frequentato il Liceo Scientifico, si è iscritta all'università che oggi la vede all'ultimo anno del corso di laurea magistrale in Ingegneria Tecnica. L'aver conciliato lo sport con lo studio, per Nadia, è stato imprescindibile e la rende esempio vivente del fatto che tutto sia possibile con impegno e dedizione, sulla scia del Campione Pietro Mennea, che ha conseguito quattro lauree e affrontato cinque Olimpiadi.
A tal proposito, l'atleta ci ha raccontato che non ha mai percepito di essersi oltremodo sacrificata, ma, semplicemente, per lei è stato determinante fissare un tempo da impiegare per gli allenamenti (tendenzialmente, nei periodi di carico sono due al giorno, in quelli di scarico anche uno può essere sufficiente) e alle trasferte, così da ritagliare degli spazi per tutto ciò che va oltre alla corsa. È ovvio che il suo sia uno stile di vita in cui lo sport ha la priorità su tutto, come per ogni altro atleta, d'altronde. Ad esempio, si impegna a seguire una sana dieta mediterranea e cerca di riporre il massimo della disciplina negli allenamenti, per far emergere il coraggio durante le competizioni.
La mezzofondista ha inoltre ripercorso le fortissime emozioni provate a Parigi. In occasione dei Giochi Olimpici è stata avvolta da un clima di felicità e di festa che per sempre rimarrà indelebile nella sua memoria: il ricordo della vittoria, per Nadia, non è soltanto lo stadio pieno, il pubblico che la acclama e l'ambiente caotico che le ruota attorno, ma soprattutto quella corsa che verso la fine si fa sempre più veloce e piena della consapevolezza che il suo sogno è a ogni passo più vicino alla sua realizzazione. È proprio in quell'ultimo giro -lo scatto finale, specialità e punto di forza della Battocletti- che ha sentito la gioia immensa di una meta bramata tenacemente ora a pochi metri dall'essere raggiunta, e questo -ribadisce più volte- non ha prezzo. Pertanto, invita tutti i giovani all'ascolto a credere e ad inseguire i propri sogni, solo così potranno avverarsi: bisogna volere l'impossibile, affinché l'impossibile accada!
Alla fine della conferenza, l'atleta trentina ha parlato con emozione e gratitudine del grande supporto che ha sempre avuto da parte della sua famiglia con cui condivide un legame profondo e unico. Il fatto di essere allenata dal suo papà, Giuliano Battocletti, una figura su cui sa di poter sempre contare, è per lei fonte di sicurezza e conforto; sapere che il suo allenatore è una persona con cui ha un'ottima intesa, che la conosce fino in fondo e la comprende in ogni istante è fondamentale.
Forte dell'egregio esempio dell'atleta Battocletti, il Preside ha voluto suggellare l'incontro recitando l'enunciato dell'articolo 54 della nostra Costituzione Italiana, potenziale fonte di ispirazione per noi piccoli sognatori, che con orgoglio e disciplina dobbiamo adempiere ai nostri compiti per raggiungere gli obiettivi che ci siamo preposti.
Per concludere, è indubbio che il momento più alto e toccante sia stato quello in cui, con emozione e orgoglio, Bartolo Vultaggio ha donato a Nadia "In corsa nel vento", il libro intitolato a Pietro Mennea che il campione duecentometrista aveva regalato al Consigliere con una dedica personale in virtù dell'amicizia e della stima reciproca che li legava. Abbiamo avuto l'opportunità di assistere a un gesto estremamente significativo, che poggia sulla fiducia, sull'ammirazione e sulla stima che il Consigliere Vultaggio ripone nella giovane campionessa.
Due chiacchiere con Bartolo Vultaggio
Al termine della conferenza, abbiamo avuto modo di scambiare qualche parola con il consigliere Vultaggio, che ci ha amichevolmente manifestato la sua gioia nel poter regalare a Nadia un oggetto per lui di ineguagliabile valore, il libro che racconta l'esperienza di Pietro Mennea, dagli inizi come corridore fino al suo esordio con le 5 Olimpiadi e il periodo glorioso dei record e delle vittorie. Il duecentometrista italiano -afferma Vultaggio- “ha rappresentato lo sport vero, bello e sano che oggi Nadia Battocletti incarna perfettamente”.
“L'impegno che Nadia ha dimostrato, l'essere riuscita a conciliare, come Mennea -un uomo coltissimo e assetato di sapere, tanto da non lasciare nemmeno alla carriera sportiva di frenare i suoi studi- la corsa e l'università, la volontà di rappresentare l'ideale di “mens sana in corpore sano” così come era accaduto a Pietro, mi hanno fatto desiderare di regalarle questo libro prezioso, dove, tra l'altro, è fortemente marcata l'importanza di un equilibrio tra la salute fisica che lo sport richiede e il benessere mentale di cui ogni atleta, in quanto persona, necessita. Per quanto sono legato a questo libro, non l'avrei mai dato a nessuno che non fosse Nadia.”
GIULIA MELILLI 5^B
FOTO DI ROBERTA BONGIORNO E LUIS MIGUEL SALVO 5^B