INTERVISTA ALLA PRESIDENTE DI +EUROPA EMMA BONINO
INTERVISTA ALLA PRESIDENTE DI +EUROPA EMMA BONINO
"Non temo un superamento della L.194, che peraltro necessiterebbe un tagliando, ma nella mancata applicazione" -
"La Costituzione non vale forse per le donne?", chiedevano il 5 giugno 1973 fuori dal tribunale di Padova. È il giorno del processo a Gigliola Pierobon: l’allora ventitreenne venne processata per aver abortito clandestinamente quando era minorenne. Un processo come tanti altri, o almeno così sarebbe stato se l’avvocata della difesa Bianca Guidetti Serra non lo avesse trasformato in una battaglia ideologica: quel che aveva subito la sua assistita riguardava migliaia di italiane. Centinaia furono le donne che scesero a manifestare e a distribuire volantini.
In questo clima di tensione nacque a Milano il C.I.S.A. (Centro d’Informazione per la Sterilizzazione e l’Aborto), fondato dai radicali Emma Bonino, Adele Faccio, Luigi De Marchi e Maria Adelaide Aglietta. Lo scopo è quello di sensibilizzare e informare sull’aborto e sui metodi anticoncezionali (sia per le donne che per gli uomini).
Le prime repressioni della disobbedienza civile non si fanno attendere: nel 1975 diversi esponenti vengono arrestati e la stessa Bonino, dirigente del Centro, si autodenuncia per protesta.
L’anno scorso ho avuto la possibilità di contattare la dott.ssa Bonino e porle alcune domande riguardo la L.194 e le lotte che resero possibile alle donne l’interruzione volontaria di gravidanza.
Noi nati nel 2000 non sappiamo molto dei decenni precedenti, ciò che sappiamo spesso si basa sui film (che mostrano solo parte della realtà), vorrei dunque chiederle: come descriverebbe la scena italiana degli anni ‘70? Qual era il clima, l’atmosfera che si respirava?
Di grande movimento. Sono stati gli anni della proposizione di referendum come quelli per il divorzio o per la legalizzazione dell'aborto, per l'affermazione dell'obiezione di coscienza, per la riforma del codice di famiglia con anche l'abolizione del delitto d'onore. Il che mi pare paradossale guardando indietro. Nel senso che i giovani di oggi, che hanno accesso ben più all'informazione, all'istruzione, alla conoscenza in generale, non sembrano rendersi conto di ciò che hanno ereditato dalla mia generazione. E come non mi stanco mai di ripetere i diritti e gli avanzamenti in termini di libertà vanno tutelati e possibilmente bisogna battersi per nuove conquiste. Altrimenti in un attimo appena ci si distrae si rischi di tornare indietro. Per cui mi auguro una maggiore presa di consapevolezza e una nuova stagione di movimentismo e attivismo, che possa garantire ai giovani migliori condizioni di quelle in cui sono nati. Non c'è che l'imbarazzo della scelta, ma mobilitatevi.
Com’era essere una donna in politica? Che rapporti aveva con altre politiche (es. Tina Anselmi, Leonilde Iotti)? C’era una cooperazione trasversale per raggiungere comuni obiettivi oppure gli ideali politici erano più forti?
Non è che basta essere donna per determinare un rapporto più profondo a prescindere dalle idee politiche. Tina Anselmi e Nilde Iotti, come altre le conoscevo, ma non per questo avevamo un rapporto approfondito. E essere donna in politica è difficile, perché devi farti spazio ben più dei colleghi uomini, i quali raggiunto il potere difficilmente lo lasciano. Questo è vero per la politica, certo, ma anche per tutti gli altri ambienti. Per cui se posso permettermi occorre che le donne pretendano il potere, stiano meno in disparte e più in prima fila. È l'unico modo per rendere effettivamente la parità un dato reale.
Lei è conosciuta soprattutto per la lotta per il diritto d’aborto. Ricorda il “caso Pierobon” (Lorenza Perini definì la manifestazione come la "prima vera azione organizzata del femminismo in Italia")? Perché fu diverso rispetto ad altri processi? Ebbe qualche influenza quello che stava succedendo in altri Paesi (es. 1973, Roe contro Wade negli Stati Uniti)?
Di Pierobon, mi ricordo certo, ma vagamente. Io negli stessi anni seguivo una strada simile e parallela. Dopo avere vissuto quell'aborto ed essermi umiliata ho deciso che non sarebbe accaduto mai più a nessuna. Sono entrata in contatto con Adele Faccio e insieme a Marco Pannella e Gianfranco Spadaccia abbiamo cominciato un percorso di aiuto pubblico ad abortire alle donne che ne avevano bisogno, e quindi di autodenuncia. Le influenze erano molteplici in quegli anni, tra Paesi europei - io per esempio, prima di tornare in Italia per l'azione di disobbedienza civile che mi avrebbe portato all'arresto per far esplodere il caso, compice anche l'inchiesta lanciata allora dal "Borghese", ero stata in Francia per studiare e conoscere di persona Simone Veil, grazie alla cui azione l'Assemblée Nationale depenalizzava l'aborto quattro anni prima che in Italia. Dubito però che il caso Pierobon abbia attraversato l'Oceano e influenzato la magistratura americana.
Come trattavano i giornali italiani tale argomento? C’era differenza tra testate di diversa corrente politica?
Dopo la pubblicazione, nel gennaio del 1975, di un servizio del giornale di destra Il Borghese scoppiò il caso della clinica di Firenze, Cisa, in cui accompagnavamo le donne per abortire in sicurezza. Arrestarono Adele Faccio, Gianfranco Spadaccia e me. In realtà avevamo assunto la responsabilità pubblicamente già da diversi mesi, proprio per far esplodere il caso. Un ruolo altrettanto importante lo ebbe la copertina de L'Espresso, che più di sinistra, si schierò ampiamente contro l'aborto clandestino, sempre nel 1975, e influenzò molto le elettrici e gli elettori nel loro voto per il referendum.
Il diritto all’aborto non è saldo (si vedano gli accadimenti in America di due anni fa): oggi come oggi il suo accesso presenta ancora delle difficoltà (obiezione di coscienza, pochi consultori spesso gestiti da organizzazione pro-life,...), il rischio di un ritorno al passato c’è?
Non si tratta di un ritorno al passato, ma semplicemente di quello che dicevo all'inizio. I diritti e le libertà vanno tutelati. E di certo le derive nazionaliste, di destra, come nel nostro Paese, che strizzano l'occhio alle posizioni dei pro-life, sbandierando, come nelle stesse parole della Signora Presidente del Consiglio, lo slogan "Dio, Patri, Famiglia", non sono a difesa delle libertà personali. Non temo un superamento della L.194, che peraltro necessiterebbe un tagliando, ma nella mancata applicazione, con un dilagare di medici obiettori, rendendo di fatto impossibile a una donna che assuma questa sofferta decisione di poter abortire. Il ritorno al passato ci sarà se la società nel suo complesso e le giovani generazioni in particolare non decideranno di scendere di nuovo in piazza. Perché non basta un like per prendersi cura delle libertà e della democrazia.
L’aborto è un tema sempre attuale e avere una legge che lo renda possibile non significa che dobbiamo porlo in secondo piano: a quasi 50 anni dalla L.194 l’accesso a questo diritto è complicato, per non dire quasi impossibile. Non dobbiamo dimenticare chi nel passato ha lottato e dato la sua vita perché noi potessimo vivere meglio la nostra, perché potessimo avere un’alternativa sicura.
Non possiamo alienarci dalla realtà e lasciare che ci privino di ciò che è nostro senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Abbiamo il dovere di guardare fuori dalla finestra della nostra quotidiana realtà per osservare, capire e migliorare la società in cui siamo immersi.
Linda Piva 4F