Tra il XII e il XIV secolo, mentre si evolvevano le strategie belliche sui campi di battaglia, la cavalleria incarnò gli ideali di coraggio, generosità, lealtà e purezza tipici del mondo cortese
La particolarità più rilevante di questa classe sociale era una forma di comportamento che riuniva elementi ancora oggi considerati apprezzabili, come la cortesia, l’educazione e l’onestà, ma anche la disponibilità e la generosità. Naturalmente l’addestramento all’uso delle armi rivestiva una certa importanza, ma non esauriva la formazione del cavaliere. Ne facevano parte anche la caccia, gli scacchi e i giochi in generale, a cui vanno aggiunti i valori cristiani e l’amore per la poesia; non è un caso che le origini del romanzo europeo possano essere trovate tra le altre nella letteratura arturiana, che narrava appunto le gesta del leggendario re Artù e dei suoi cavalieri. La triplice natura militare, aristocratica e cristiana avrebbe definito la cavalleria europea del Medioevo e della prima Età moderna.
Ma forse il modo più semplice per comprendere questo singolare fenomeno sociale è attraverso i cavalieri stessi, siano essi reali come quelli che sfileranno nelle prossime righe.
COLLOCAZIONE NEL TEMPO: MEDIOEVO
Si fa preciso riferimento all' epoca medievale. Con il termine "Medioevo" si fa riferimento all'età compresa tra la caduta dell'Impero romano d'Occidente, avvenuta nel 476 d.C., e la scoperta dell'America, nel 1492. La parola Medioevo, che significa età di mezzo, comparve per la prima volta nel XV secolo con un'accezione negativa. Gli uomini del Quattrocento la utilizzarono per indicare la decadenza vissuta dall'umanità dall'arrivo dei Barbari nei confini dell'Impero d'Occidente sino al Rinascimento. Per convenzione gli storici dividono con l'anno 1000 il Medioevo in due parti:
Alto Medioevo: dal V secolo al 1000; Basso Medioevo: dall'anno 1000 al 1492.
Nel Medioevo, la cavalleria era prima di tutto un miles: la milizia costituiva l’essenza della vita di un cavaliere e la cerimonia che lo ha legato a essa. Oltre che miles, il cavaliere nel medioevo era anche vassallo legato a un signore che gli fornisce sussistenza in cambio della fidelitas, un giuramento di fedeltà. La maggior parte delle volte i cavalieri erano figli di nobili non primogeniti che però potevano permettersi di mantenere un cavallo e possedere un’armatura; essi costituivano la piccola nobiltà. Un cavaliere doveva possedere forza fisica, coraggio, senso dell’onore e fedeltà alle gerarchie feudali ed ecclesiastiche. Solo in seguito l’ideale cavalleresco si arricchisce di aspetti più raffinati; infatti nel XII secolo si diffonde il modello di vita della “cortesia”, ossia l’insieme dei valori per conquistare la donna amata: fierezza nei modi, galanteria, eleganza, buone maniere e generosità estrema con il denaro, per dimostrare di non essere attaccato alle ricchezze materiali.
Principali cavalieri medievali
Il 18 marzo 1314 Jacques de Molay, Gran maestro dell'ordine del Tempio, moriva bruciato al rogo. Alcuni anni prima, nel 1306, in seguito all'espulsione degli ebrei dal Paese, lo stato dell'economia francese era prossimo al collasso. Il re Filippo IV aveva chiesto diversi prestiti all'ordine del Tempio, che non era in grado di restituire. Per questo motivo fece svalutare la moneta a più riprese, per la disperazione dei suoi sudditi. Il monarca, in affanno, fece girare la voce che i templari avessero assunto comportamenti poco cristiani, e insieme a Guillame de Nogaret, un personaggio senza scrupoli, e al confessore reale, Guillem Imbert, ordì un piano per distruggere l'ordine e impossessarsi dei suoi beni. Nel 1307 il papa Clemente V e Filippo IV ordinarono l'arresto di Jacques de Molay e di tutti i cavalieri templari con l'accusa di sacrilegio contro la Santa Croce. Molay dichiarò e confessò sotto tortura i capi d'imputazione, anche se in seguito ritrattò. Ciò nonostante, nel 1314 fu bruciato vivo in un rogo eretto di fronte alla cattedrale di Notre Dame di Parigi.
Prima di spirare riuscì a ritrattare di nuovo pubblicamente tutte le accuse e, secondo la leggenda, lanciò una maledizione sui responsabili della cospirazione, a cui augurò di presentarsi davanti al tribunale di Dio entro un anno.
In effetti, nel giro di poco la maledizione si avverò, perché il papa Clemente V morì e, poco dopo, si spense anche Filippo IV, vittima di un incidente di caccia.
Annoverato a partire dal XIV secolo in poi tra i Nove prodi (un mitologico gruppo di nove figure maschili), Goffredo è uno dei punti di riferimento su cui si modellò l’ideale cavalleresco. Figlio del conte Eustachio II di Boulogne e di Ida di Lorena, fu insieme ai suoi fratelli uno dei principali comandanti della Prima crociata, in cui ben presto si mise in evidenza. La sua fama e il suo prestigio tra l’eterogeneo gruppo di baroni che guidavano la spedizione erano così grandi che, una volta conquistata Gerusalemme, gli venne offerto il trono del nuovo stato crociato. In un gesto di moderazione che ne mostrò il lato più cavalleresco, Goffredo rifiutò di farsi incoronare re: riteneva che nessuno dovesse indossare una corona d’oro là dove Cristo ne aveva portata una di spine. Accettò invece il titolo di Difensore del santo sepolcro. Come ci si può attendere da un cavaliere della statura di Goffredo, la sua fama non si esaurisce in questo episodio. Di lui parlano vari testi letterari, in parte relativi al suo viaggio in Terra santa e in parte destinati a nobilitare il suo lignaggio. Ad avere maggiore risonanza tra questi ultimi fu la leggenda del Cavaliere del Cigno. Nelle sue prime versioni narrava la storia di un eroe senza nome, ma alla fine del XII secolo il protagonista assunse concrete relazioni di parentela con la dinastia dei Buglione. In un gesto che mostrò il suo lato più cavalleresco, Goffredo di Buglione rifiutò di essere incoronato re di Gerusalemme
Goffredo di Saint-Omer è stato un cavaliere fiammingo, tra i fondatori dell'ordine dei Cavalieri templari. Apparteneva alla famiglia dei signori di Saint-Omer, attualmente nel nord della Francia, forse figlio di Guglielmo I di Saint-Omer e di Melisende Piquigny. Insieme al fratello maggiore Ugo e al padre, parteciparono alla prima crociata come vassalli di Roberto II delle Fiandre. Il fratello Ugo di Saint Omer è anche ricordato come uno dei migliori cavalieri del Regno di Gerusalemme. In seguito alla risposta della chiamata di papa Urbano II, giunse a Gerusalemme nel 1099. Qui si presentò al re Baldovino II di Gerusalemme e con altri otto cavalieri, tra cui l'amico Ugo di Payns, intorno al 1119 formarono il nucleo dei primi Cavalieri templari. Goffredo divenne il comandante in seconda di Ugo di Payns, che fu il primo Maestro dei Templari. Essi si consacrarono totalmente alla loro missione e decisero di abbandonare ogni ricchezza ed offrire le loro spade e la loro esperienza militare a difesa dei pellegrini che si recavano in Terrasanta. La leggenda vuole che Ugo di Payns e Goffredo di Saint-Omer fossero così poveri da possedere un solo cavallo, e ciò avrebbe dato origine alla famosa immagine sul sigillo dei Templari, di due uomini in groppa ad un cavallo, con spirito di condivisione totale.
Il termine “letteratura cavalleresca” comprende un insieme di poemi che narrano le gesta dei cavalieri medievali. Influenzato dai toni dell’epica, questo genere accoglie anche toni satirici, ospita interventi in prima persona dell’autore e descrive vari tipi di azione.
Le origini della poesia cavalleresca risiedono con grande probabilità nel rinnovamento dell’ordine sociale avvenuto in Francia nel periodo successivo alla rinascita carolingia, che gli storici fanno coincidere con la fioritura e il risveglio culturale nell’Europa occidentale negli anni in cui era al potere Carlo Magno.
In questa fase storica, assistiamo al sorgere di una nobiltà feudale dalle rovine di un impero e si viene a creare un rapporto diretto tra monarca e feudatario; inoltre, il cristianesimo si introduce nel contesto politico, mentre fiorisce l’amore cortese e ritualistico.
Il genere cavalleresco dominò tra i secoli XII-XIII e fu definito anche aulico o curiale o cortese.
La sua diffusione si spinse oltre le Alpi e i Pirenei, e in Germania.
In origine, questa poesia aveva come scopo principale quello di intrattenere e per questo può essere accomunata alla lirica nata presso le corti provenzali.
I primi esempi di poesia cavalleresca derivano dalla tradizione classica latina o da quella greco-bizantina.
In Francia, il genere cavalleresco prese il via da due grandi filoni tematici: guerresco (ciclo carolingio) costituito dalle canzoni di gesta dei paladini di Carlo Magno, principale opera la “Chanson de Roland” (poema scritto nella seconda metà dell’XI secolo) e amoroso (ciclo bretone) più romanzesco e avventuroso, che celebra le imprese di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda.
Le canzoni di gesta francesi e i cantares de gestas spagnoli rivisitano in chiave leggendaria eventi storici, ad esempio, le guerre di religione contro gli Arabi che avevano occupato la Spagna, allo scopo di celebrare la civiltà cristiana contro quella islamica.
L’epica germanica, invece, fuse gli ideali eroici di un popolo di guerrieri con elementi magici e favolistici, e miti religiosi nordici (Odino, Thor, le Valchirie).
Protagonista indiscusso della letteratura cavalleresca è il cavaliere: uomo forte e valoroso che rischia la morte pur di fare del bene.
Questo personaggio è collocato in un tempo astorico e in uno spazio mitico, e possiede una psicologia elementare: privo di incertezze, è mosso da passioni primordiali.
Destinato quasi sempre alla morte, è avvolto in un sacro alone di gloria e gli è riconosciuta una dimensione quasi sovrumana.
Il cavaliere modello di questi tempi è Rolando, nipote e paladino di Carlo Magno.
CORTI
Il signore feudale, quando doveva esercitare il suo potere, lo faceva in un insieme di ville ed edifici in cui soggiornava. Questa è una reminiscenza del mondo rurale romano, dove era la villa a svolgere questa funzione.
La corte, a questo punto, può configurarsi come l'insieme di tali edifici, residenza del signore. In quest'ambito si svilupperà un'economia, cosiddetta curtense, che sarà un'economia di passaggio e che, nel corso dei decenni, porterà al feudalesimo vero e proprio.
Il modello di corte meglio studiato, in quanto ci sono pervenuti più documenti, è quello affermatosi in Francia; ma tale modello, con piccole varianti, può essere tranquillamente applicato a tutta l'Europa del tempo.
L'origine, come si è detto, è dovuta alla villa romana. Da essa si esercitava un potere su un latifondo più o meno esteso. Per via della grossa pressione fiscale, i piccoli coltivatori preferivano sottostare al potere del padrone della villa, al fine di evitare le tasse, divenendo così coloni; stessa cosa, nel tempo, fecero anche artigiani e commercianti, creando così un vero e proprio microsistema economico e produttivo al servizio del signore della villa. Ciò conferiva un grosso potere ai signori della villa.
Ci si rende conto che, con le invasioni barbariche, questi poli di attrazione divennero fortissimi, in quanto le città andarono spopolandosi. I cittadini infatti, preferivano rifugiarsi in campagna, e trovavano dove vivere nelle ville che, ormai, si stavano trasformando in veri e propri piccoli centri.
I barbari d'altronde, dovevano trovare il modo di controllare un territorio tanto frammentato e le cui infrastrutture erano ormai andate distrutte, e così in Germania si arrivò all'idea del feudo.
In questo modo i popoli invasori si assicurarono il controllo indiretto dei territori appartenuti ai romani.
Tutta l'economia curtense viveva in un'ottica di autoconsumo: si consumava ciò che si era prodotto. Quindi, oltre alla produzione delle derrate alimentari (agricoltura, caccia, produzione vinicola), c'era chi pensava alla loro preparazione (macellerie, panifici, fabbriche per la produzione di attrezzi da lavoro).
Si arrivò al punto che, le poche città spopolate rimaste, si rifornissero di prodotti da queste corti.
La scarsità di denaro portò al baratto per gli scambi interni; e si arrivò, grazie all'autarchia, ad un lungo periodo di pace.
La corte, oltre alle case dei servi, prevedeva stalle, granai, una cappella, la casa del signore (maniero) che spesso inglobava tutte queste strutture.
Il signore era protetto da amici e guardie del corpo, che formavano i Vassi (sarebbero divenuti i futuri vassalli nel periodo feudale).
Le corti, nel corso dei secoli, sarebbero divenute così grandi da divenire dei veri e propri centri abitati. Ne sono un esempio città come Villafranca o Francavilla, che non sono null'altro che i toponimi delle antiche "ville libere".
Il palazzo di Aquisgrana era un complesso di edifici residenziali, politici e religiosi scelti da Carlo Magno per essere il centro del potere carolingio. Il palazzo si trovava nell'attuale città di Aquisgrana, nella parte occidentale dell'attuale Germania, nel Land della Renania settentrionale-Vestfalia. La costruzione del palazzo iniziò un anno dopo che Carlo Magno ne desiderò l'edificazione. La maggior parte del palazzo fu distrutta, ma rimane tutt'oggi la cappella palatina che è considerata un fulgido esempio di architettura carolingia e una forte testimonianza della rinascita carolingia. Nell'antichità i romani scelsero il sito di Aquisgrana per le sue sorgenti termali e la sua posizione di avamposto verso la Germania. La città romana si sviluppa in relazione a queste terme secondo una classica pianta a scacchiera che seguiva quello di un accampamento legionario. Un palazzo era destinato ad ospitare il governatore della provincia o l'imperatore. Nel IV secolo, la città e il palazzo furono distrutti dalle grandi invasioni. Mentre Clodoveo fece di Parigi la capitale del regno dei Franchi, il palazzo di Aquisgrana fu abbandonato fino all'avvento della stirpe carolingia. Appena salito al potere, Carlo Magno soggiornò ad Aquisgrana, ma anche in altre ville in Austrasia. Tuttavia, decise di stabilirsi per governare il suo regno e poi il suo impero in modo più efficace. La scelta di Aquisgrana fu attentamente valutata da Carlo Magno e intervenne in un momento chiave del suo regno. Fin dalla sua ascesa a re dei Franchi, Carlo Magno aveva condotto numerose spedizioni militari che gli avevano permesso di arricchire l'erario, ma anche di allargare il regno, soprattutto verso oriente. La posizione geografica di Aquisgrana fu decisiva nella scelta di Carlo Magno: si trovava nel cuore delle terre carolinge, in Austrasia, una regione che rappresentava la culla della sua famiglia, in un crocevia di vie terrestri e su un affluente del Reno. In seguito, Carlo Magno lasciò l'amministrazione delle regioni meridionali al figlio Ludovico, nominato re d'Aquitania: egli poté così risiedere stabilmente al nord.
Questo rappresenta un vero e proprio lavoro di compendio riguardo la maestosià delle corti e gli ideali dei cavalieri nell'epoca medievale.
Il progetto è stato interamente realizzato da Terrenzio Cristian ed Amicantonio Alessandro.