La Scuola Secondaria di I grado dell'Istituto Comprensivo "Il Guercino" di Cento (FE) presenta il blog "scriviAMO", poiché tutti abbiamo il diritto di esprimerci anche attraverso la scrittura. 

"Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto" 

Italo Calvino

“Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne. Sono le nostre armi più potenti” 

Malala Yousafzai

LABORATORIO DI SCRITTURA

Gli alunni delle classi 1A e 1C si sono coraggiosamente buttati in un laboratorio di scrittura, calandosi nel mestiere degli scrittori veri e propri per ben due mesi di duro lavoro, fatica, momenti di difficoltà, ma anche tanta soddisfazione. Questi ragazzi hanno scelto liberamente l'argomento del loro racconto, hanno scritto tanto, hanno revisionato, hanno condiviso tra loro, hanno editato  e infine hanno scritto la biografia del loro lavoro (process paper). Di seguito potete leggere alcuni dei loro originali racconti.

Eroe moderno

Perché? Perché a volte si esita così tanto prima di fare un’azione che potrebbe cambiare la propria vita e quella di molti? Sicuramente non è ciò che ha fatto il signor Vito Fiorino, prima di fare una scelta che fu veramente importante per la vita di alcune persone. Non era un re, un principe o un VIP, ma la sua storia, purtroppo poco conosciuta, racchiude qualcosa di più prezioso dell’oro: bontà e coraggio. E ha tanto da insegnare.

“Ero in mare, con la mia barca, e la mia era una giornata come tutte le altre. Sino a quando urla atroci e strazianti giunsero dal mare aperto” racconta (ovviamente lo disse con parole diverse). La mia classe, le altre classi, ascoltavano attentamente quello che a prima vista può sembrare un racconto come tanti, ma che non lo è affatto ed è una dolorosa verità da non ignorare, quella di vite innocenti strappate alla vita.

Racconta Vito: “Erano ovviamente migranti, che fuggivano da una casa che non si poteva più chiamare casa. Li portai sulla mia barca, ma qualcuno di loro morì…”  Una triste storia, ma vera, che molti sperimentano sulla propria pelle…

“Fra di loro però c’era un ragazzo, che sopravvisse, e con cui strinsi amicizia. <E ci rincontrammo, dopo molti anni…”  Chissà che emozione!   Dev’essere stato splendido rincontrarlo, ma la precedente esperienza è stata sicuramente atroce, terribile…

Insomma, non è una storia allegra, ma c’è bisogno di più persone come Vito Fiorino e di meno guerre. Ma non bisogna fermarsi alle parole: ci vogliono fatti concreti.

Quindi, Vito Fiorino: grazie, grazie. Grazie mille.

ZECCARDI CATERINA 1A

La stella magica

Era un lunedì di marzo e avevo finito di fare i compiti; dissi a mia mamma che dovevo andare a calcio, lei annuì e io scesi giù in cantina a prendere la bicicletta ed andai a calcio.

Ad un certo punto sentii un grande rumore, mi girai e vidi un grande meteorite, all’inizio mi spaventai ma poi provai ad avvicinarmi. 

Il meteorite si era aperto a metà come un cocco e dentro c’era una stella molto luminosa. Non ci pensai neanche un secondo, la presi e la misi in tasca e subito andai a calcio sfrecciando come una Lamborghini. 

Arrivai a calcio in ritardo, entrai nello spogliatoio, mi misi le scarpe ed andai in campo, dove il mister baffuto disse:  “Adesso facciamo una partita, entrai subito nel primo tempo.

Mi accorsi che in partita ero migliorato nei passaggi, nel controllo palla e nel tiro all’inizio. Mi dissi :“Meglio così a fine partita sarò premiato“. Ma all’inizio del terzo tempo le mie gambe erano incontrollabili, i miei compagni provavano a fermarmi ma non ci riuscivano, sembravo impazzito.

Poi, finalmente, dopo tanti sforzi ero riuscito a tirare fuori la stella dalla tasca e la buttai in campo. Io ero  riuscito a prendere il controllo delle mie gambe, ma la stella aveva fatto un buco sotto terra. 

Un mio compagno vedendo tutto ciò urlò :“La prendo io!“, ma cadde nel buco. Era come se quella stella li  ipnotizzasse. Il mister intanto rimase imbambolato. Io però ero riuscito a riprendere la stella e corsi veloce, davanti agli occhi sbarrati dei miei compagni e del mister, nel punto dove era precedentemente caduto il meteorite.

Provai di rimetterla dentro e subito la stella si spense e il meteorite si chiuse, di conseguenza si sollevò dal terreno e scomparse nel cielo. Noi eravamo rimasti a bocca aperta e il mister provava a schiaffeggiarsi, perché pensava che fosse un sogno ma era tutta realtà. 

Nei successivi giorni vidi che al  telegiornale c'era una notizia che diceva : "Caduta meteorite in Italia e Grecia: circa 30i000 ipnotizzati.“ Il mio sguardo passò da contento ad impaurito, mi venne la pelle d'oca da quello che avevo letto.

Mi alzai subito dal divano e corsi verso la finestra la finestra e… vidi tanti ma tanti meteoriti in cielo e le persone che correvano da tutte le parti urlando. Rimasi traumatizzato. Poi uscii di casa, chiamami i miei amici e gli dissi di venire nella mia cantina per stare al sicuro. Tutti vennero  tranne Alessandro, lui era un ragazzo vivace e pieno di energie, ma quel giorno non si presentò. Così dissi ai miei amici di rimanere lì dove erano e io andai a casa di Alessandro.

Quando bussai alla porta nessuno osò parlare, allora continuai a bussare. Alla decima bussata decisi di aprire la porta con forza e solo dopo un paio di minuti ero riuscito ad aprirla e…trovai Alessandro con una benda alla bocca, lui mi fece un cenno come se mi volesse chiedere aiuto. Mi avvicinai a lui e la porta si chiuse all’improvviso Sbendai velocemente Alessandro e corremmo verso l'uscita della casa.

Intanto che stavamo ritornando nella mia cantina, dove c'erano i miei amici che mi stavano aspettavano, chiesi ad Alessandro che cos'era successo: lui non mi rispose allora gli feci di nuovo la domanda, ma invece di rispondermi aprì la mano e dentro c'era una stella molto più grande di quella che avevo trovato io, però era meno luminosa, dissi ad Alessandro di non metterla in tasca se no avrebbe perso il controllo delle sue gambe. Fortunatamente Alessandro mi ascoltò e proseguimmo la strada per arrivare alla mia cantina.

Quando arrivammo dissi tutto quello che era successo ai miei amici, mentre loro guardavano  la stella molto grande nelle mani di Alessandro.  Alessandro, vedendo gli amici che tremavano dalla paura, disse : "Ragazzi non abbiate paura, adesso troverò il modo di sbarazzarmene." io urlando dissi di no e gli strappai la stella dalle mani. Poi andai in un piccolo angolo della cantina, dove tengo un computer che non uso da tanto tempo.

Avevo paura che il computer non si accendesse, visto che era rimasto tanto tempo fermo in una cantina, ma fortunatamente il computer si accese  ed andai subito  su Google a cercare qualcosa su quella stella, finché trovai una ricerca che diceva: "La stella di Kratos, una delle cose più malvage nella mitologia Greca.”

Il signor Kratos teneva la stella in un profondo buco sotto terra per nasconderla. Ad oggi la stella non si sa dov'è, ma gli scienziati hanno ipotizzato che la stella di Kratos potrebbe essere in questi due paesi: Italia e Grecia .

Cercai di tranquillizzarmi e di non andare nel panico, mi soffermai su una frase che diceva:  "Teneva la stella in un profondo buco sotto terra."  provai a ricercare nel mio cervello un episodio simile, quando mi ricordai che la stella che avevo buttato in campo aveva fatto un profondo buco. Subito dopo chiusi il computer e dissi a i miei amici di andare al campo da calcio e tutti furono d’accordo con me. Prima però prendemmo gli ombrelli e, appena mettemmo  un piede fuori dalla cantina, un fulmine squarciò  tutti gli ombrelli. Noi non pensammo  neanche un secondo a ritornare in cantina e proseguimmo  la strada per arrivare al campo. 

Arrivati al campo il profondo buco c'era ancora, quindi provai a mettere la stella nel buco. I miei amici mi guardavano con degli occhi pieni di paura e io mi girai verso di loro per tranquillizzarli, ma appena mi girai il buco si chiuse e i meteoriti in cielo scomparvero; il temporale se ne andò ed apparve un grande arcobaleno.

Dopo un po' di giorni vidi di nuovo il telegiornale e c'era una foto di me e dei miei amici. Preso dalla felicità andai  a vedere come era messo il campo, ma al posto del campo trovai un museo con scritto su un cartello il mio nome e quello dei miei amici. Feci un grande sorriso e me ne andai.

XHELESHI LEUNARD 1A

 

Dove sono?

Mi sono svegliato presto per andare a fare la foto, faccio colazione, indosso la divisa da calcio. Sono alto e basso un pò tutti e due, ho i capelli lunghi gialli e i miei occhi sono verde chiaro e la divisa da calcio è blu.

 Io e la mia famiglia andiamo a fare la foto allo stadio Bulgarelli. Entro a fare la foto nel campo con i miei compagni di calcio. 

 La foto ovviamente l’abbiamo fatta con il sole in faccia, riuscivo a malapena ad aprire gli occhi. Pensavo che dopo la foto avremo fatto qualcosa. Mi sentivo felice perché a pomeriggio avremo giocato contro il S.Agostino.

Finito la foto, esco ma non trovo più la mia famiglia.

 Allora controllo nelle tribune, ma non ci sono. Sono disperato, penso nella mia testa,  come andare avanti allora dico "Beh penso che l’unico modo per andare avanti è andare a casa”. 

Ci metto 5 minuti per arrivare.

 Mentre cammino speravo che a casa ci fosse qualcuno.

 Durante il percorso  non c’era nessuno, la strada era deserta ma per la prima volta non ho avuto paura. 

Arrivato a casa suono il campanello, aspetto, risuono il campanello ma non c’era nessuno. 

Allora ho suonato il campanello dei miei due vicini ma non hanno risposto. 

Mi sembrava che a casa non ci fosse nessuno, mi giro e mi ritrovo il gatto bianco della mia vicina. 

Il gatto è  tutto bianco con qualche riga verde-nero lo sguardo fisso e gli artigli.

 A quel punto la prima cosa che ho fatto è correre come il vento.

 Mi rincorse per 5 minuti, io riuscì a tenerlo distante al massimo 2 metri (circa). 

Continuo a correre, dopo circa 30 secondi mi giro e non c’era più. 

Mi sa che l’avevo seminato.

  Dopo che l’avevo seminato camminai per 5 minuti, non sapevo dove stavo andando, camminavo e basta.

 Guardo il cartello dove c’è scritto via Vivaldi. 

Giro l’angolo della via Vivaldi e mi ritrovo il mostro di Mercoledì Addams, era tutto grigio  con gli occhi grandi come un orologio da appendere alla parete e tutti rossi e aveva anche lui gli artigli affilati, era abbastanza alto e continuava a fissarmi. Dopo un poì decisi di correre via.

Continuo a correre mi volto e lui mi stava inseguendo, era molto veloce ma io di più. Continuammo così per 10 minuti, dopo un po’ mi stanco e allora ritorno allo stadio Bulgarelli, entro e mi chiudo nello spogliatoio e chiudo la porta a chiave. 

Respiro per 30 secondi. 

Visto che tra un po’ quella bestia avrebbe sfondato la porta, decisi di chiudermi in bagno. Apro la porta del bagno e mi ritrovo Achille che come un fulmine fa sparire il mostro di Mercoledì Addams e mi salva.

 Achille aveva la sua armatura, il casco, lo scudo e la spada, mi guarda e dice: “Michelangelo adesso ti faccio tornare dalla tua famiglia. 

Loro sono nel paese delle nuvole e lì c'è il resto del mondo. Tu eri rimasto qui per sbaglio, la terra è troppo pericolosa”. 

Allora mi prende e mi accompagna nel paese delle nuvole dove li c’è la mia famiglia.

Quando siamo arrivati sembrava la terra ma c’erano un po’ di nuvole sia nel cielo sia in terra. Mi guardo attorno e li trovo lì che mi sorridono, mi abbracciano e dico: “MI FACCIO UNA NUOVA VITA.”

CASADEI MICHELANGELO 1A

 

Boom: che Sogno!!!

C’era una volta nel lontano 1500 un paesino nel centro Veneto. Questo paese era bagnato dal mare e molto famoso per il carnevale.

Nel febbraio del 1500 si esibì un’associazione di nome I Ragazzi Del Guercino, il tema era: “Il Sogno.”

 Questo carro era molto bello e faceva emozionare il pubblico, specialmente di sera. Era addobbato di animali e coriandoli, era decorato e colorato.

Si apriva quando c’era il gettito di coriandoli argentati e dorati. Dalla torretta lanciavano gommoni di plastica. L’unico difetto del carro  era il fatto che fosse molto fragile. Era molto alto e quindi arrivava dove c'era il vento più forte, i carristi non pensavano succedesse una cosa del genere.                                                 

La quarta domenica di carnevale c'era un vento a 70 km/h ma i carristi lo ignoravano e fecero carnevale lo stesso.                

Quando il carro si aprì cadde giù tutto e il carro si ruppe. Il carro era disintegrato e gli tolsero 500 punti. 

Quella sera con il carro mezzo rotto, il capo carrista sognò che il carro era vivo e che gli animali si esibivano esibirono. Nel suo sogno Il capo carrista a carnevale era vestito con la giacca impermeabile, perché l'atmosfera era umidiccia e bella fresca, era di aveva come statura intermedia e magrolino., quella sera aveva il pigiama gonfio e soffice. Quel lunedì mattina appena svegliato annunciòo' ai carristi e disse: “Visto che il nostro carro si è rotto, stasera alle 20:30/21:00 ci vediamo al capannone e vi dirò cosa faremo l'ultima domenica al posto di portare il carro rotto.”

Quella sera il capo carrista disse queste parole: “Visto che il carro di animali aveva volpe, coniglio, gatto, cane e io a casa li ho tutti, ci esibiremo con quelli.”

Quella domenica si esibirono e fecero 495 punti; gli animali erano vestiti così: “Il gatto con un pon pon in bocca e il tutù, il cane da majorette, la volpe da vampiro e il coniglio da carota.                          

Dopo la giuria disse le premiazioni: “Al 5°posto con punti 997 si è classificato l'associazione carnevalesca Risveglio; al 4°posto con punti 1095 si sono classificati i Toponi; al 3°posto con punti 1219 si sono classificati i Mazalora; al 2° posto con punti 1300 i Fantastic 100. Vincono con punti 1423 l'associazione carnevalesca I RAGAZZI DEL GUERCINO!!!".

Il paesino venne chiamato Venezia che significa: "Città del carnevale e dei canali.”  Inventarono il carnevale nei canali sulle gondole, sulle queli che ci stavano i carri che sbarcarono nel Mare Adriatico poi fecero lo spettacolo.          

Invitarono i 5 carri più belli d'Italia e partecipò anche il carro del Guercino, ci potevano andare solo i vip, i nobili veneziani e i ricchi.

Il capo carrista morì e il popolo mise dentro alla tomba la coppa del carro: “Il sognatore perfetto.”

La morale è: “MAI ABBATTERSI ANCHE SE SI È INFERIORI DEGLI ALTRI, ALZARSI E RIALZARSI UNA O PIÙ VOLTE.”

MELLONI DIEGO 1A

 

L’ANIMA SPECCHIATA

Fissavo il riflesso del mio corpo da un tempo indefinito, vorticando in una spirale di dubbi tormentosi.

Lo specchio mi dava risposte confuse. 

Era mio nemico.

Mi deformava, mi opprimeva, mi giudicava, mi imprigionava. 

Vedevo solo forme imprecise e curve sbagliate: troppo piccole in alcuni punti, troppo formose in altri.

Inclinai lievemente il capo di lato per osservarmi meglio: le braccia paffute, le gambe sbilenche, le ginocchia imprecise, le caviglie sottili.

Trattenni il fiato e la tirai dentro, poi mi girai di profilo.

Il mio peso non sembrava essere aumentato.

Avevo il pieno controllo di me. Eppure… non ero soddisfatta.

Ogni giorno mi scontravo con il riflesso di una ragazza che non riuscivo più a riconoscere. 

Il disordine nella mia testa non si placava. L’umore non migliorava. La mia anima non cambiava colore.

E ogni volta penso alla costante paura di non sentirsi abbastanza, che rappresenta una parte fondamentale della vita che vive ciascuno di noi. Certe persone l’affrontano a testa alta come se fossero fatte di un’armatura che regge anche la più pesante offesa, altre persone invece hanno così tanta paura di potersi ferire che si coprono interamente con vestiti larghi o il viso che traspare sotto quel cappuccio oscuro che posa su una testarda testolina che chissà quanti pensieri contiene. 

Una testolina ed un corpo sfiniti che chiedono aria da quelle vesti tanto coprenti e monotone.

Ma la vera domanda è com’è possibile che quella innocente e così pura ragazza abbia l’aria così esausta?

Io mi sto semplicemente descrivendo, forse quella ragazza tanto insicura, fragile e paurosa sono proprio io. Lo so che l'accettazione di se stessi è una cosa che dovrebbe venire in automatico, una cosa per la quale nessuno dovrebbe farsi un problema. 

Quindi la domanda è: perché questa così brutta insicurezza, accumula tante persone compresa me? 

Ma ormai siamo immersi in una società che ha standard e canoni quasi irraggiungibili che purtroppo non sono delle preferenze che variano da persona a persona, ma sono una cosa del tipo “se non sei così, non sei abbastanza”, “se non hai un fisico a clessidra e non sei formosa, non mi soddisfi”.

Sono delle critiche che ci colpiscono il più delle volte dietro le spalle, perché chi le dice non ha neanche il coraggio di affrontare il cosiddetto problema.

Ma veramente non essere come vogliono gli altri mi rende un problema?

Semplicemente quando hai delle vocine dietro la schiena che ti ricordano ogni santo momento il tuo inesistente valore è molto difficile accettarsi, no…?

E poi quelle maledette voci prendono il sopravvento e invadono la mia mente che non riesce a contrastare questa forza immensa. Insomma, alla fine la vocina sono diventata proprio io, sono io che ho ceduto a quelle vocine che ormai stanziano nella mia testa e tutto ciò si collega alla costante paura di non sentirsi abbastanza. Una paura molto più complessa, molto più nociva, una paura che non è assolutamente come quella di uno spavento, una paura così tanto irrequieta da poter svegliare e mettere in allarme ogni singola parte del mio corpo. È una paura data dal soffermarsi su quello che gli altri semplicemente vedono. 

 

Io mi  chiamo Alessia Gomes ho 26 anni è vivo a Parigi. Sono una ragazza orfana, mia madre è morta due anni fa, invece mio “padre” non l’ho mai conosciuto perché non si è assunto la responsabilità di avermi.

Decisi di non guardarmi più allo specchio, uscii dalla mia camera da letto e andai verso il salotto. Il mio appartamento era stato recentemente ristrutturato. Il salotto era molto spazioso con grandi finestre panoramiche e un divano angolare grigio con dei cuscini bianchi. Davanti al divano ho i 2 tavolini in vetro bianco e acciaio con una finitura in oro, sulla parete grigia attrezzata in stile moderno con ante, avevo elementi a giorno sospesi in cui in ognuno avevo posato un fiore, cassettoni e un porta TV colore bianco frassinato. Il pavimento invece era in gres porcellanato effetto ardesia. 

In cucina avevo un mobile all’ingrosso bianco-grigio.

Avevo un bagno in cui la base era sospesa con elemento curvo a due cassettoni, specchio con faretto Led e infine avevo una grande vasca bianca.

Oggi doveva venire da me la mia migliore amica Marta, quindi decisi di mettere in ordine .

Dopo aver finito tutto mi siedo sul divano ma sento il telefono che avevo posato sul tavolo squillare, quindi mi alzai sbuffando e presi il telefono vedendo che era Marta.                                     

<< Pronto, Alessia?>>

<< Sì Marta, mi hai chiamata tu, è ovvio che sono io.>>

<< Ecco,arrivo alle 15:30. Ah è ho la riserva delle chiavi che mi avevi dato.>>

<< Va bene, a dopo allora.>> metto giù e andai di nuovo verso il divano. 

Dopo essermi seduta, decisi di andare su Instagram al mio ultimo post. 

Entrai nei commenti e vidi commenti positivi, ma scesi ancora un po’ più giù e vidi insulti.

Lanciai il telefono e, una volta varcata la porta della camera da letto, la cosa giusta sarebbe stata tirare un sospiro, infilarmi nel letto e meditare su me stessa per cercare di ritrovarmi, di riconoscermi, di tornare ad amarmi almeno un po’. Ma preferii dirigermi in bagno e riempire la vasca abbastanza profonda da poter accogliere un corpo minuto come il mio.

Non mi premurai di spogliarmi; mi limitai soltanto a sfilare gli anfibi e le calze per lanciarli in un angolo lontano.

Vestita di rabbia e angoscia, privata dell’ultimo brandello di lucidità, vi immersi prima un piede poi l’altro, distendendomi supina con le mani saldamente ancorate ai bordi di ceramica, finché bacino, petto, collo furono completamente sommersi. Prima di affondare come una nave in mare aperto, raccolsi l’ultimo soffio d’aria, trattenni l’ossigeno nei polmoni e gonfiai le guance, poi andai giù, restando con gli occhi aperti a fissare il nulla e attendere che accadesse qualcosa.

Qualsiasi cosa.

Gli abiti divennero di piombo.

I capelli nastri solleticanti attorno a me.

I rumori ovattati appartenenti a un mondo che avrei voluto salutare.

Avevo sempre bisogno di arrivare al limite per combattere contro le tenebre che avevo dentro. Dovevo  rischiare, giungere sull’orlo del precipizio per poter sentire la voce di mia madre, per poterla vedere o per poterne percepire il tocco delicato. 

Desideravo vedere la mamma ancora una volta.

Non ero mai stata capace di dirle quanto l’amassi, di ringraziarla quando ogni sera mi rimboccava le coperte, di sorriderle quando mi schioccava il bacio della buonanotte sulla fronte o di apprezzarla quando mi tediava con le ramanzine, spesso severe e oppressive, con le quali cercava di dimostrarmi il suo affetto.

Avevo perso la mia stella polare. 

Il mio punto di riferimento.                                                                                                               

La mia unica forza.

Ero stata una pessima figlia, non avevo mai eccelso a scuola, le avevo procurato un sacco di guai, non avevo mai fatto nulla che potesse renderla fiera di me.

Mi piacerebbe raggiungerti, pensai, così avrò un’altra occasione per scusarmi, mamma.

Restai ferma, sott’acqua.

Le forze pian piano iniziarono ad abbandonarmi, il cuore a rallentare i battiti. 

Rilassai le dita, staccandole dai bordi; le percepii anchilosate, fredde come il gelo che mi stava penetrando nella pelle, fin dentro le ossa.

Forse questa volta avrei portato a termine la mia deprecabile iniziativa.  

Chiusi le palpebre quando la pressione nel petto aumentò; fu inequivocabile il segnale delle ultime rimanenze di ossigeno.

L’acqua cominciò a tracimare, bagnando il pavimento mentre continuava a sgorgare dal rubinetto aperto.

Trattenni l’istinto di dimenarmi e di riemergere per alimentarmi d’aria.

Tutto stava per finire, davvero.

Non conoscevo nessun modo per accelerare le cose; dovetti solo attendere.

Aspettai, aspettai, aspettai… finché qualcuno chiuse il rubinetto e, con una forza madornale, mi agguantò per i fianchi per tirarmi su, fuori dall’inferno al quale mi ero condannata.

Tossii e quando aprii gli occhi, orlati dalle ciglia bagnate, incontrai due iridi verdeazzurre e mi accorsi che era lei. La mia migliore amica, Marta.

Mi sollevò e scivolò sul pavimento portandomi con sé. Gli caddi addosso.

<< Tu non avresti dovuto…>>

<< Fai silenzio Alessia.>> Mi rimproverò prima ancora che formulassi il mio pensiero. Era arrabbiata o delusa, non seppi interpretarlo. 

<< Non credevo fossi così incosciente…>> Marta spostò la testa e con una mano cercava di prendere un asciugamano.

Mi accasciai su di lei e sospirai << Ti sei spaventata?>> 

<< Secondo te?>> Percepii una sfumatura di rimprovero nel suo timbro.

<< Sì.>> Assentii

<< Hai idea di cosa sarebbe successo se non sarei venuta in tempo?>>

<< Avrei raggiunto la mamma e…>>

<< Non dire fandonie, Alessia. Arrendersi non è un’opzione valida. Anzi, per quanto mi riguarda, non è neanche un’opzione.>> Contestò infastidita.

<< Ognuno è libero di fare ciò che vuole, no?>> 

<< No. Sapendo che lasci indietro me, la tua migliore amica che ti è sempre stata vicina. Devi considerare il dolore non solo come un’esperienza sensoriale spiacevole o traumatica, ma come una delle tante strade che puoi intraprendere per conoscere te stessa.

Può permetterti di approdare a una realtà diversa, di superare la dipendenza che provi nei confronti delle persone che hai perso in passato, o che ti stanno attorno nel presente.>> Marta insinuò le dita tra i miei capelli bagnati e li pettinò adagio, come se volesse consolarmi dopo avermi inflitto un’amara verità.

Sconvolta, mi raddrizzai per guardarla in faccia. << Mi stai dicendo che devo dimenticarmi della mamma?>>>

Gocce d’acqua distillavano dai miei indumenti bagnando i suoi. << Ti sto dicendo che prima o poi dovrai accettarne l’assenza.>>

 

4 anni dopo…

Mi ritrovo distesa su un lettino prendisole con la vista al mare di Sardegna, al mio fianco c’era Marta che dormiva beatamente.

Beh ragazzi… vi devo dire che col tempo ho cominciato ad accettarmi e a disinteressarmi del parere degli altri.

Alla paura che avevo non serviva un’armatura di acciaio, ma di consapevolezza di essere abbastanza.

 

 MILUT CLARA MARIA 1A

 

Sogni su due ruote

Stavo andando come ogni giorno in bici a scuola, svoltai in via Penzale e vidi la campagna avvolta in un mantello di nebbia fitta e bianca, vidi tante macchine e furgoni passare, alcune molto vicine a me altre facevano attenzione e tenevano una distanza di sicurezza.

Ad un tratto vidi sfrecciarmi di fianco mio fratello, anche lui in bici, che mi sorpassa senza battere ciglio.  Essendo una strada molto trafficata; mio padre mi diceva sempre di stare attento ad attraversare e di stare al bordo strada. Poi pian piano sentii un rombo che si fece lentamente più forte, mi resi conto che stava arrivando un camion ad alta velocità; io però restai tranquillo perché ero abituato a essere sorpassato da tanti veicoli.

Dopo alcuni secondi (l’hai appena usato) però mi decisi a guardare l’autista,  perché il rumore si era fatto molto forte: aveva una mano fuori dal finestrino, una pipa in bocca e una specie di cappello e occhiali neri. Nella sua espressione si vedevano chiaramente lineamenti di disprezzo e decisione.

Mi resi conto che stava andando proprio sul bordo strada, cioè dove mi trovavo io. Spaventato cercai di andare ancora di più ai lati/esternamente sul bordo strada, ovvero sull’erba. Ora l’autista aveva guidato il camion un metro dietro di me, e con la parte davanti il punto avanti del camion mi toccò la ruota dietro. Io persi l’equilibrio e caddi nel piccolo fosso in secca da tempo. 

Gridai all’autista (scrivi cosa gridasti), che non si era neanche fermato, inutilmente, perché si stava già allontanando a tutto gas. Mi resi conto che il mio dito e la gamba sinistra si erano probabilmente rotti. 

Immediatamente presi il telefono, e chiamai i miei genitori e gli dissi velocemente, dilaniato per il dolore, cosa era successo. Loro vennero subito e chiamarono l’ambulanza, che arrivò il più velocemente possibile, e mi portò all'ospedale. Il dottore confermò che si erano rotte le ossa, mi misero la fasciatura e lo ingessarono. 

Dovetti restare in ospedale per ben 26 giorni. Quando mi svegliai il giorno dopo ripensai a quello che mi era successo il giorno precedente e provai a intuire il perché di tutto questo.

Nei seguenti due giorni altri tre ragazzi che avevano vissuto la mia stessa cosa vennero a popolare l’ospedale; “Almeno non mi annoierò!!” 

Perché quell’autista voleva fare queste cose?? 

Era arrivato il 26° giorno e finalmente le mie ossa erano guarite, salutai e augurai buona guarigione agli altri 6 ragazzi (altri 3 erano venuti dopo).

Ero libero!!

I seguenti 20 giorni andai in macchina con mia mamma per timore sia mio che suo. Arrivai sempre a casa sano e salvo fino a che una sera mio papà, che dubitava di questo strano avvenimento, decise, discutendo con noi, di riprovare ad andare in bici, ma accompagnato per sicurezza. 

Quella notte non dormì bene e sognai di essere letteralmente investito. 

Ma successe peggio. 

Partii con mia madre e non appena svoltammo via gigli per via Penzale, il mio cuore cominciò a pulsare forte, veloce.

Poco dopo venne il camion, sempre lo stesso, anticipato dal rombo, ma questa volta venne direttamente dalla nostra via parallela, era dipinto di blu e nero, aveva un motore scoperto come un cartone di pizza tagliato a metà in orizzontale; ad un tratto sentii abbaiare un abbaio, capii subito che era di Milo (il mio cane), che abbaiava in continuazione. 

- Noooooooo, mamma ha preso Milo.-. 

Mia mamma non parlò perché era rimasta senza parole, (e anche impaurita.) Il camion si stava avvicinando a grande velocità verso di noi. Cercammo di accelerare, inutilmente perché la strada era dritta; ancora in corsa a gran velocità ci tamponò la bici e noi cademmo nel fosso, io per la seconda volta. IL camion se ne stava andando di nuovo, ma questa volta con il mio cane.

- NOO, MILOOOO…-

- Elia, cosa c’è?-

Era mia mamma che mi era venuta svegliare chiedendomi con calma cosa avevo. 

- Ma allora era un sogno-.

- Sì, hai sognato-.

Ma come, il camion, il fosso e … Milo!

Spaventato corsi alla porta e chiamai il mio cane. Lui venne e mi scodinzolò tranquillo con le orecchie alte. 

Meno male: era vivo. 

Dopodiché andai in cucina a raccontare tutto a mia mamma. 

Ora potevo andare a scuola tranquillo, senza paura di essere preso di mira.

SANDRI ELIA 1A

L’ISOLA DEGLI ANANAS

  In un’isola in mezzo al mare viveva una comunità di pappagalli. Quell’isola era piena di vegetazione, soprattutto di alberi di ananas, per questo la chiamavano “l’isola degli ananas”. Lìi’ c’era una temperatura mite e splendeva sempre il sole. I pappagalli dell’ isola degli ananas vivevano felici e spensierati, sotto la guida del loro capotribùu’ Esmeraldo. Esmeraldo era un pappagallo di media statura e le sue piume erano di un verde smeraldo brillante, da cui prendeva il nome. Era un capo protettivo verso gli altri pappagalli, e non li trattava come sudditi, ma come amici. 

Il suo nome scientifico era “parrocchetto dal collare”, ma nell’isola degli ananas c’ erano molte altre specie, tutte diverse: cacatua, ara, cocorite, calopsiti… 

Tutti i pappagalli dell’isola vivevano pacifici e spensierati.  

Tra tutti i pappagalli, Esmeraldo aveva una migliore amica: Fiamma, una dolce pappagallina color tramonto, “bella come nessun’altra”, pensava Esmeraldo. Era un conuro del sole e Esmeraldo aveva deciso che un giorno o l’altro sarebbe diventata la sua fidanzata. 

Tuttavia aveva anche un quasi-nemico (“quasi-nemico” perché essendo il capo doveva rimanere abbastanza imparziale riguardo a simpatie e antipatie). Si chiamava Alberto e gli stava antipatico perché secondo lui aveva pianificato di corteggiare Fiamma, perché stava sempre con lei. Anche lui apparteneva alla specie “conuro” come Fiamma, ma non aveva il piumaggio color tramonto: aveva le ali verdi, la pancia bianca, il collo di una sfumatura giallo-arancione e la punta della testa nera, come se gliel’avessero intinta in una pentola di catrame. Alberto era un po’ egocentrico ma del resto era simpatico ed Esmeraldo lo avrebbe accettato, se non fossero stati rivali in amore.

  Un giorno Esmeraldo, Alberto e Fiamma decisero di fare una passeggiata insieme. Quel giorno c’era un bellissimo sole, molto caldo, così dopo un po’ furono tutti assetati. Alberto ebbe l’idea di sdraiarsi all’ombra di una palma a sorseggiare un frullato di ananas e cocco fresco. Mentre Alberto andava a comprare i frullati in un bar vicino, Esmeraldo e Fiamma avevano il compito di cercare una palma abbastanza grande da far stare all’ombra tutti e tre.

Intanto si era fatto tardi. Esmeraldo pensò che quello fosse il momento giusto per dire a Fiamma cosa provava, perché fino a quel momento non ce n’era stata occasione. Stava per farlo quando nella sua mente sorsero dei dubbi : “E se mi rifiutasse? E se preferisse Alberto?”. Mentre rimuginava Fiamma aveva avvistato una grande palma vicino al mare e dopo arrivò anche Alberto. “ Tanto non gliel’avrei detto comunque: non è ancora il momento!” pensò Esmeraldo. 

Poi si sedettero sotto la palma, anche se non serviva più a fare ombra perché il sole era tramontato.

«Che bello il tramonto oggi» disse Alberto «mi ricorda proprio le tue piume, Fiamma!» 

«Già, è vero.» concordò Esmeraldo, ma gli sembrava strano che Fiamma non parlasse perché di solito era molto socievole.

 A quel punto si accorse che dormiva. 

«Fiamma dorme!» bisbigliò Esmeraldo.

«Lo so.» rispose Alberto.

Esmeraldo guardò il tramonto, e si ricordò della prima volta che aveva incontrato Fiamma. 

Avevano passato tutta la giornata insieme, fino a tardi. Mentre ripensava a tutte le cose che avevano fatto, scorse all’orizzonte una nuvola di fumo. “Chissà cosa sarà?” si chiese.

Poi si voltò verso Alberto e scoprì che si era addormentato anche lui. Era davvero una bella serata, silenziosa, buia. Esmeraldo era immerso nei pensieri e non si accorse che si stava facendo ancora più buio. A un certo punto smise di pensare, si accoccolò più vicino a Fiamma e chiuse gli occhi. 

  La mattina seguente Esmeraldo fu svegliato dalla luce dell’alba. Alberto era già sveglio e stava scrutando il mare. 

«Cosa guardi?» chiese Esmeraldo, con la voce ancora impastata dal sonno.  

«C’è una barca,» rispose Alberto «e sembra che a bordo ci siano dei pappagalli.»

«Come noi?» chiese allora Esmeraldo. 

«Sì, ma sono tutti neri!». 

Allora Esmeraldo, stupito, si alzò per vedere «Strano!» esclamò quando li ebbe visti. 

«Già!» confermò Alberto. 

«Dici che vengono qui?». 

«Boh!». 

A quel punto si svegliò anche Fiamma. «Buongiorno!» sbadigliò. «Cosa c’è per colazione?» domandò poi, svegliandosi del tutto. «Niente, per ora, ma se ti va possiamo  andare in un bar.» rispose Alberto. «Ok, l’importante è mettere qualcosa sotto i denti!» esclamò Fiamma, pensando già a cosa prendere al bar.

E così si incamminarono verso il bar. Fiamma ordinò i pancake ricoperti di sciroppo d’acero, Esmeraldo un toast e una spremuta d’arancia e Alberto un cappuccino. 

«Di cosa parlavate prima che io mi svegliassi?» domandò Fiamma appena arrivò l’ordine.

«Niente di importante. Abbiamo visto una barca avvicinarsi» rispose Alberto, con il becco sporco di panna montata.

«E sembrava che ci fossero dei pappagalli neri a bordo» aggiunse Esmeraldo, poi diede un morso al suo toast.  

«Ah. Alberto, mi fai assaggiare la panna montata?» chiese Fiamma, finendo il primo pancake.

«Ma certo!» rispose lui, prese un cucchiaino, lo mise nella tazzina di cappuccino e lo tirò fuori pieno di panna montata, poi lo diede a Fiamma. 

A quel punto Alberto finì il cappuccino e poi dichiarò: «Ragazzi, devo andare: ho un impegno con i miei amici!» «Ciao!» lo salutò Fiamma.

«Ci vediamo!» disse Esmeraldo. 

«A presto!» concluse Alberto, poi se ne andò. Quando rimasero soli, Esmeraldo pensò: “È il mio momento! Se non le dico adesso quello che provo per lei!” Così raccolse tutto il suo coraggio da capotribù e si fece avanti. 

«Fiamma, ti devo dire una cosa!»

«Dimmi pure!» rispose curiosa di cosa avrebbe detto. «Io…» cominciò Esmeraldo, ma non ebbe il tempo di finire la frase perché arrivò all’improvviso Gioele, il suo segretario (ogni capo che si rispetti ha un segretario). Gioele era una cocorita gialla con qualche sfumatura verde o blu qua e là. Era molto simpatico e sempre ligio nel suo lavoro di segretario. Fin da piccolo era un amico inseparabile di Esmeraldo. Erano cresciuti insieme e quando Esmeraldo fu nominato capotribù,  Gioele divenne il suo segretario. Aveva una fidanzata. Si chiamava Bianca ed era una cocorita albina (bianca, per l’appunto). Era una grande amica di Fiamma, che quando non la vide insieme a Gioele rimase un po' delusa, perché era da tanto che non la vedeva. 

Si salutarono poi Gioele annunciò: «Sono appena sbarcati dei pappagalli neri  e il loro capo vuole vederti.» 

Poi si rivolse a Fiamma e aggiunse: «Mi dispiace ma oggi  Bianca aveva degli impegni.»

«Fa niente» lo rassicurò Fiamma, poi mangiò l’ultimo boccone di pancake. 

«Tu vieni con noi o resti qui?» domandò Esmeraldo a Fiamma. 

«Sprecando così un’occasione di avventura? Certo che vengo con voi!» esclamò lei, alzandosi. 

«Bene, allora incamminiamoci!» si intromise Gioele, per poi fare cenno di seguirlo verso la spiaggia.

  Ad aspettarli c’era il capo dei pappagalli neri appena sbarcati.

«Bene, finalmente sei arrivato!» disse, in tono provocatorio. 

«Cosa volete, e chi ti credi di essere?» chiese irritato Esmeraldo. 

«Sono Lorenzo, il possente capo dei pappagalli… neri e sono venuto per invadere la vostra isola!» rispose l’altro. «Te lo impedirò!» annunciò di rimando Esmeraldo. 

«Non credo proprio! Hai persino bisogno della fidanzata per uscire di casa, fifone!» sentenziò Lorenzo. A quel punto Esmeraldo si infuriò. 

«Primo, so difendermi benissimo e secondo non è la mia fidanzata!» disse. 

«Allora ti propongo una lotta sulla spiaggia: chi vince fa restare la sua comunità sull’ isola  e chi perde viene cacciato!» propose Lorenzo, già pregustando la sua possibile vittoria. 

Esmeraldo guardò verso la folla dei curiosi che si era riunita per vedere cosa succedeva. C’era chi faceva cenno sì e chi cenno di no.  

«Hai paura che io ti batta, fifone?» lo punzecchiò Lorenzo . «Non è un fifone, sta solo scegliendo il modo in cui batterti! Vero, Esmeraldo?» disse Fiamma.

«Giusto! Per me va bene, tanto non puoi competere con me!» rispose Esmeraldo. 

«Allora domani ci vediamo qui a quest’ora.» concluse Lorenzo.  

«A domani.» salutò brusco Esmeraldo, poi volò via.

Quella notte i pappagalli neri dormirono in tende di fortuna, costruite da Raimondo, il segretario tuttofare di Lorenzo. 

Raimondo era in tenda con Lorenzo e in quel momento gli stava facendo un massaggio con un unguento speciale. «Va bene così, Lori?» chiese, usando il solito soprannome.

«Sì, grazie Raimondo! Buonanotte!» lo ringraziò Lorenzo. «Buonanotte» rispose Raimondo, poi spense la luce.

  Alberto scoprì dell’accaduto solo quando la mattina seguente vide sulla spiaggia Esmeraldo e Lorenzo, contornati da un recinto per allontanare i vari spettatori. Da una parte erano riuniti tutti i pappagalli neri e dalla parte opposta quelli dell’isola degli ananas. Alcuni pappagalli erano persino andati su degli alberi per vedere meglio la scena.  

«Che succede?» chiese a Fiamma. 

«Quella barca che avevate visto ieri è sbarcata e il capo dei pappagalli neri, Lorenzo, ha sfidato Esmeraldo per la conquista dell’isola!» rispose lei.

«E lui ha detto di sì? Poteva dire di no, tanto l’isola era già nostra!» disse Alberto, agitandosi un po’.

«Lo ha fatto per la sua reputazione! Se avesse detto di no, tutti lo avrebbero preso per un pappa-molle, invece che per un pappa-gallo!» disse di rimando Fiamma, ma poi si zittì, perché stava cominciando l’incontro.

Fiamma e Alberto si erano messi in prima fila, per vedere meglio. La zuffa cominciò. Lorenzo graffiò Esmeraldo nell’occhio con la zampetta, che per difendersi la morse.

Lorenzo tirò indietro la zampetta, ma mentre faceva ciò Esmeraldo lo graffiò, per “ricambiare il favore”. 

Allora Lorenzo indietreggiò e diede una testata a Esmeraldo. 

«Ahi!» gridò Esmeraldo, ma poi si riprese subito e lo graffiò una seconda volta, stavolta nell’ altro occhio. Allora Lorenzo gli diede altre quattro-cinque capocciate. Quando si fu ripreso, Esmeraldo gli diede una testata, cercando di imitare Lorenzo, ma si fece male da solo.

«(è maiuscola)E’ tutto quello che sai fare?» lo provocò Lorenzo.

A quel punto Esmeraldo si infuriò e si alzò in volo.

Voleva mettere in pratica un attacco aereo. 

A un certo punto scese in picchiata su Lorenzo, puntando i suoi artigli verso di lui.

Tutti in quel momento erano agitati: sia i pappagalli dell’isola degli ananas che i pappagalli neri si zittirono in attesa di cosa sarebbe successo. 

Si sentiva solo il rumore delle onde infrangersi nel mare.

Esmeraldo piombò sull’avversario e lo spinse. Lorenzo  invece di volare via a sua volta, cadde in acqua.

 Esmeraldo aveva vinto, tra la gioia dei pappagalli dell’isola degli ananas! Poi però, non vedendo Lorenzo risalire a galla, nella mente di Esmeraldo scattò il meccanismo di protezione verso gli altri pappagalli. Allora si tuffò. 

Ci mise un po’ a trovarlo, perché sott’acqua c’era una specie di nuvola che gli impediva di vedere e Lorenzo era proprio lì in mezzo. “Strano.” pensò Esmeraldo. Alla fine trovò a tastoni Lorenzo che aveva perso i sensi. “Non avrebbe dovuto provocarmi, ma mi dispiace molto per lui!” pensò Esmeraldo mentre risaliva a galla. 

Ma a galla c’era una sorpresa che lo aspettava.

Quando riuscì a riaprire gli occhi scoprì con suo grande stupore che Lorenzo non era più nero, ma aveva un piumaggio scarlatto e si poteva riconoscere che apparteneva alla specie “lorichetto rosso”. Esmeraldo era sconvolto, come tutti i pappagalli dell’isola degli ananas, che pretendevano spiegazioni. 

  «Eravamo una comunità di pappagalli che viveva tranquilla in un’isola, come voi. La particolarità della nostra isola era un vulcano. Eravamo molto fieri del nostro vulcano, fino a ieri l'altro, cioè quando cominciò a eruttare. Fu la cenere uscita dal vulcano a farci annerire così. (è maiuscola) E’ per questo che con l’acqua le piume di Lorenzo sono tornate normali. Quel giorno successe anche che, per salvare due giovani cocorite, Lorenzo perse il dono di volare, bruciandosi l’ala destra con uno schizzo di lava. Per questo siamo venuti in barca e non in volo.» spiegò Raimondo, quando gli chiesero spiegazioni.

«Capisco, mi dispiace. Ma perché non l’avete detto subito? Vi avremmo accolti con piacere!» disse Alberto. 

«Sì, è vero!» confermò Esmeraldo, poi pensò: “Ecco perché quel giorno ho visto una nuvola di fumo!”.

 

Fiamma era contenta perché adorava il lieto fine. Lorenzo aveva già ripreso i sensi e stava chiacchierando con lei seduto sulla spiaggia.

«Allora , non sei sempre stato nero!» esclamò Fiamma, molto presa dalla storia di Lorenzo. 

«Già!» rispose soddisfatto di sé, mettendo in mostra il suo piumaggio rosso rubino.

Intanto Gioele e gli altri si stavano tuffando in mare per far scomparire il nero, così da rivelare il loro vero colore.

Mille colori apparirono dopo che i pappagalli dell’isola vulcanica si furono lavati.

«Che bello spettacolo!» disse Alberto a Esmeraldo.

«E’ vero! Senti, possiamo smetterla di essere nemici solo per Fiamma?» chiese Esmeraldo.

«Non siamo mai stati nemici.» rispose confuso Alberto.

«Sì, lo eravamo per Fiamma. La volevi corteggiare!».

«Ma che dici? Fiamma è mia cugina!» spiegò Alberto, capendo il malinteso.

«Quindi, ho proprio capito male?» chiese l’altro confuso.

«Sì. E comunque non ce la farai mai a corteggiarla se continui così. Guarda, sta parlando con Lorenzo!» lo avvisò Alberto. 

«Hai ragione! Vado subito a parlarle!» dichiarò deciso Esmeraldo.

«Ciao Fiamma, posso parlarti?» le chiese.

«Ok! Scusaci un attimo Lorenzo!» cinguettò, poi si spostò all’ombra di una palma con Esmeraldo.

«Fiamma, vuoi essere la mia fidanzata?» chiese Esmeraldo a Fiamma, guardandola negli occhi.

«Sì!» rispose lei. Si abbracciarono.

Alberto osservava la scena da lontano.

“Finalmente ce l’ha fatta! Era da tanto che lo vedevo provare senza successo. Sono proprio contento per lui” pensò.

Gli si avvicinò Lorenzo. 

«Che bello il lieto fine! Giusto?» . 

«Già» confermò Alberto «sono proprio contento che le due civiltà si siano unite!».

 

Il sole tramontò.

«Guarda, Fiamma, oggi il tramonto ti assomiglia!» disse Lorenzo. 

«Grazie.» rispose Fiamma.

«Fammi indovinare. Te l’hanno già detto più di una volta!» scherzò Lorenzo. 

«Esatto, e parecchie volte!» rise lei.

Lorenzo, Fiamma, Esmeraldo e Alberto erano sotto una palma, che ormai non serviva più per proteggerli dalla luce del sole.

Erano vicini all’accampamento di tende dei pappagalli dell’isola vulcanica, intenti ad osservare il cielo, calmo e armonioso come non mai.

Fiamma si addormentò per prima, seguita da Esmeraldo e Alberto.

Lorenzo, che di solito si addormentava tardi, restò sveglio ancora un po’. “Oggi è stata proprio una bella giornata!” pensò, poi appoggiò la testa sulla spalla di Alberto, chiuse gli occhi e si addormentò.

TEDESCHI SOFIA 1A


LE AVVENTURE DI UNA FATA

C’era una volta tanto tempo fa, in un castello molto  grande, una fata che stava preparando delle pozioni per fare magie.

A un certo punto entra una bambina di nome Caterina, con il suo cavallo Berardo, e la fata turchina gli dà una pozione magica,lei la beve poi diventa invisibile.

Senza farsi vedere da nessuno va nella casa sull'albero.

Qui c’è un orco che tiene la porta chiusa, perché teneva imprigionata la figlia della fata turchina.

Quindi Caterina senza farsi vedere prova ad entrare in casa,quando ci riesce fa bere alla bambina l’ultimo goccio di pozione in modo da far  diventare invisibile anche lei, senza farsi vedere escono e tornano al castello.

Quando arrivano si sentono sfinite perché hanno corso tanto,così per recuperare le energie mangiano un po’ di cioccolato dato dalla fata turchina, finito il cioccolato si sentono meglio e vissero tutti felici e contenti.

TUMIOLI PAOLO e MEHAR MEERAB 1A

Tempo

Era un giorno qualunque e il tempo era nuvoloso, sembrava che stesse stava per iniziare a piovere.

Quel giorno i miei genitori mi dissero che dovevano uscire a fare una passeggiata, e mi chiesero se potevo tenere mio tuo fratello. Io gli dissi che andava bene; loro mi salutarono e uscirono dalla porta.

Decisi di guardare la tv, ma dopo un’ora sentii un urlo che proveniva dalla stanza di mio fratello:  

era mio fratello che chiedeva: “AIUTO!.”

Appena sentii quell’ urlo corsi in camera di mio fratello, entrai nella camera: di mio fratello era sparito.                                                                   

Succedeva che avevo lo sguardo fisso nel nulla, e avessi le sopracciglia ravvicinate al centro: sembrai sul nel punto di scoppiare a piangere. (questa descrizione è ottima: complimenti!)

Ma dopo un po’ immaginai la loro faccia arrabbiata perché mi avevano detto di controllarlo.

Mi avrebbero messo in punizione per un'eternità se avessero scoperto che era sparito.

Scesi le scale, presi la borsa e indossai le scarpe e la giacca.

Uscii fuori casa e chiusi la porta a chiave. Decisi di andare a chiedere a qualcuno se aveva visto mio fratello, ma purtroppo a tutte le persone a cui che avevo chiesto nessuno lo aveva visto.

Dopo 3 ore avevo chiesto a tutte le persone della zona/quartiere città, ma nessuno lo aveva visto.

In quel momento, improvvisamente mi ricordai che avevo dimenticato il libro di storia a scuola e domani c’era la verifica e non avevo ancora studiato, allora corsi a scuola per andare a prendere il libro di storia.

Entrai nella scuola, incontrai la bidella che stava lavando il pavimento e le chiesi se potessi andare a prendere il libro di storia; lei mi disse che potevo andare a prendere il libro.

Allora, intanto che stavo attraversando il corridoio, notai che nel muro c’era una leva, tirai la leva e nel muro si aprì una porta;, entrai in quella stanza:, era una stanza tutta fredda e buia, sperai che ci fosse un interruttore per accendere la luce per vedere cosa c’era in quella stanza.

Dopo un po’ di tempo riuscii a trovare l'interruttore della luce, la accesi Si accese la luce: sembrava una stanza non aperta da 40 anni. Era una stanza tutta piena di ragnatele e polvere e ch'era una scrivania con degli appunti per delle invenzioni che non avevo mai visto. C’era un'invenzione sotto un velo, tolsi il velo e sotto di esso il velo c'era una macchina del tempo. Non ne avevo mai visto una,  perché non esistevano. 

Allora pensai che con quella macchina del tempo potevo tornare indietro nel tempo prima che mio fratello sparisse.

Prima di salire sopra la macchina del tempo presi degli attrezzi, così se si fosse rotta sarei riuscita ad aggiustarla. Salii sopra la macchina del tempo.

Provai ad attivarla, la macchina del tempo anche se non sapevo come funzionava. Dopo un po’ di tentativi riuscii ad accenderla. Appena si fermò nel momento che avevo scelto/programmato, scesi dalla macchina del tempo.

E andai a chiedere a un signore in che anno eravamo e mi disse che eravamo nel 2018: troppo presto, dovevo riprovarci.

Dopo 4 ore riuscii a tornare nel momento prima che mio fratello sparisse.

Mi avvicinai vicino alla mia casa, appena i miei genitori se ne andarono mi affacciai alla finestra: dentro c’era una persona identica a me, allora pensai che se ero sono tornata indietro nel tempo, significava che  c’era  qualcun altro a posto mio e che se mi avesse vista vede si sarebbe preso prenderà uno spavento

e avrebbe potuto potrebbe chiamare la polizia.

Allora entrai di nascosto dalla porta senza farmi vedere, però la mia copia mi vide allora uscì dalla porta di corsa e salii un’altra volta sopra la macchina del tempo per ritornare un’altra volta in quel momento.

Adesso che avevo capito come funzionava la macchina nella macchina del tempo subito riuscì a ritornare nello stesso momento.

Però questa volta decisi pensai che dovessi aspettare che venisse la persona che aveva rapito mio fratello, così l'avrei seguita e avrei capito dove aveva portato mio fratello e sarei tornata nel presente a prendere mio fratello in quel posto.

In quel momento intanto stavo aspettando che venisse rapito mio fratello per vedere dove l'avrebbe portato.  

Notai che il ladro se n'era già andato via con mio fratello allora di corsa senza fare rumore lo inseguii.

Vidi che era entrato in una via deserta non c’era nessuno, quella persona stava entrando con mio fratello in una porta però prima di entrare nella porta c’era da mettere un codice che era 2890 appena guardai  il codice lo scrissi in un foglio. 

Ritornai nella macchina del tempo e tornai nel presente.

Allora andai in quella via che avevo visto.  Andai davanti la porta scrissi il codice e la porta si aprì.

In quella stanza trovai mio fratello chiuso in una cella corsi da lui e gli chiesi dove fosse la chiave della cella.

Lui mi rispose che le chiavi erano sopra la scrivania corsi a prendere le chiavi, la porta della cella si aprì io e mio fratello che ne andammo via di corsa a casa.   Per fortuna i miei genitori non erano tornati a casa, e non scoprirono mai cosa era successo in quelle ore in cui che non c’erano.





   

 

  





 

 



IMMAGINAZIONE


E se…inventassi un’amica immaginaria? Presto capirete.

Essere come me non è certo facile: tutti credono che sia una tipa strana. Io sono piuttosto silenziosa, ma tanto a scuola nessuno si rivolge a me, quindi non è certo un problema. La mia passione  sono i videogiochi e i libri fantasy, sono il mio mondo. Quando ho capito di dovermerela cavare da sola, pensavo fosse una buona idea diventare una discreta. Ma adesso ho capito che ho bisogno di qualcuno. Un amico. Eppure, nessuno vuole parlarmi. Credo di avere una “fervida” immaginazione, o almeno è quello che dice mia madre. Se è vero, allora non credo che avrò problemi a inventarmi un amico immaginario. Fa molto strano dirlo: “inventarsi un amico”. Tornando a ciò che dicevo prima, il bello di avere degli amici immaginari è che puoi decidere il loro aspetto, il carattere e tutto il resto.

Ah giusto.

Voi non sapete chi sono io. Be’, a me i misteri piacciono. Quindi deciderò di tenere la suspense. Sono sicura che prima o poi verrete a sapere della mia “identità segreta". 

Allora…voglio che la mia amica si chiami con il mio soprannome: Endler. Magari che sia anche sicura di sé, avventurosa. Si, mi piace. Ora basta solo immaginare il suo aspetto. Occhi viola (il mio colore preferito-e il colore dei miei capelli), alta e con capelli lunghi. 

- Ciaoooo! - una voce femminile alle mie spalle che mi saluta. Ma chi è?

- AAAA!! Ma chi sei? Cosa ci fai qui?!- riguardo alla mia reazione, credo di aver esagerato. Ma poi mi rendo conto: alta, con capelli lunghi e occhi viola. Endler!

-Calmati! Non mi riconosci?- dice lei.

-In realtà… ciao, Endler. suppongo che abbia funzionato. E scusa se ho urlato in quel modo, prima.-  Ma lei mi sorride. Mi dispiace davvero, ma il lato buono è che almeno ora posso parlare con qualcuno, e ne sono molto felice.



-Cosa ti va di fare adesso?- mi chiede Endy.

-Non saprei. Ma non ho molto tempo, devo fare i compiti domani, ho la verifica di spagnolo.- detto questo, mi guarda delusa.

-Seriamente? Sono brava in spagnolo. Domani posso darti tutte le risposte che vuoi in verifica! Vuoi giocare alla play sì o no?- Sinceramente, non credo che sia una buona idea. Forse non è davvero così brava come dice, ma abbiamo più di 30 pagine da studiare!

-Va bene allora, ma sappi che mi fido di te, quindi non farmi sbagliare.-

-Promesso!-


Oggi c’è la verifica di spagnolo e sono molto nervosa, non ricordo molte cose. Per fortuna c’è Endler che si è offerta di aiutarmi. Spero che mi suggerirà le cose giuste. Mi rendo conto che, mentre entro in classe, mi sudano le mani. Le verifiche mi rendono sempre così, ma credo che facciano questo effetto a molte altre persone. -Nervosa?- mi chiede Will, un ragazzo emarginato, proprio come me. -Molto. E tu hai studiato?- gli chiedo. -Poco, perché ieri pomeriggio avevo molte cose da fare e non avevo tempo per ripassare-. È evidentemente ansioso. La prof Halos ci consegna i fogli mentre ci sediamo. Scrivo il nome, la data e comincio. “La prime risposta è “perra”, la seconda è “moco”.” Fortunatamente, io e Endy abbiamo la telepatia. Così posso comunicare con lei senza dire niente. Mi metto a scrivere, ma ho la costante paura di sbagliare. E se Endy non mi sta dicendo le risposte giuste?

“Endler, sei sicura di quello che stai dicendo?”

“Sì ovvio.” Lo spero bene.



Una volta suonata la campanella, consegno la verifica. Molti non sono riusciti a finirla, quindi se prendo un voto basso non sarò l’unica.

-Ragazzi, ragazzi! Volevo semplicemente dirvi che vi consegnerò le verifiche durante la quinta ora, dal momento che ho un’ora buca in cui posso correggerle. Arrivederci!- 

Cavolo! Non me lo aspettavo. Ma non importa. - Ciao di nuovo- dice qualcuno dietro di me, Will. - Ciao. Ehm… bella maglia.- Indossa una maglietta dei Dead’id Hills, una delle mie band preferite.

-Anche a te piacciono i Dead’id Hills?- mi chiede.

-Sì, li adoro!- così cominciamo a parlare di musica e di band e altre cose del genere.

“Ti sei già dimenticata di me? Hahahahahahaha!” Mi chiede Endler con la nostra telepatia speciale. “Ovviamente no!”. Alla fine è una tipa molto simpatica. 

Mi avvio per l’aula di musica, dove io suono la batteria. La prossima ora verrà la prof Halos per consegnare le verifiche, ma so già che sono andata male. È come se fosse un promemoria, che ritorna ogni minuto della lezione. Ma perchè mi preoccupo così tanto solo per una verifica?

Allora mi concentro sulla musica, sul pezzo che devo suonare davanti a tutti. 

La mente si libera da tutti i pensieri.

E poi…

-Toc! Toc!- È la prof Halos. All’improvviso non ho più così paura dei risultati.

Ho preso 5. Non fa niente. Ma a questo punto arriva Endy: “Ehm…non arrabbiarti, Violet. Scusa, ma pensavo di essere davvero brava!” So che ne è davvero convinta e che le dispiace davvero. A un certo punto mi appare davanti. I suoi occhi sono lucidi, la carnagione chiara del viso si è arrossata. È davvero imbarazzata. “Non importa Endy.”

Guardo Will. Sembra…è rossissimo e trema. Mi dispiace anche per lui.

Quando la prof Halos se ne va, mi rimetto a suonare. Suonare per me è bellissimo, mi aiuta a concentrarmi e a liberare la mente.

Quando finisce la scuola, al suono della nostra campanella squillante, torno a casa. La strada per arrivare a casa mia non è molto lunga, infatti arrivo a casa più presto di solito.

“Sai, penso che tu sia davvero brava a suonare, Violet.” dice Endler.

In realtà, non me lo ha mai detto nessuno, quindi stento a crederci. 

“Non lo so. Nessuno mi ha mai detto un cosa del genere.”

Nel frattempo, mi viene un’idea. “ Endy…e se provassi a fare amicizia con Will?”

Dapprima, lei non risponde. Quindi, entro in casa.

-Ciao a tutti!- dico, ma ovviamente non c’era nessuno. I miei genitori sono sempre a lavorare, quindi al pomeriggio sono tutto il tempo sola. Prendo dal frigo una bottiglia di latte e mangio i cereali.

-Penso che sia una buona idea fare amicizia con Will- risponde Endler a voce alta. 

-Davvero?- Rispondo. - in fondo, devo superare la mia “paura” di fare amicizia. E poi io e Will siamo molto simili.- La guardo: ha un’aria sospetta, sta sicuramente pensando a qualcosa.- Domani a scuola potresti provare a parlarci.-

Lo farò di sicuro. Il momento perfetto sarebbe durante la pausa pranzo: il momento peggiore della giornata. Tutti i gruppi di amici si siedono allo stesso tavolo, e gli altri si siedono in disparte.

Nella mensa puoi fare amicizia con chiunque, ma tanto io non ci ho mai provato. Decido di dare un freno ai miei pensieri, quindi chiudo il discorso. 

Per il resto del pomeriggio mi diverto con la mia amica “immaginaria”, anche se non riesco a smettere di pensare a…domani.


Ed è così che mi ritrovo nella mensa scolastica ad aspettare che un tizio con cui ho parlato una volta sola in tutta la mia vita mi parli di nuovo e diventi mio amico. 

Ma poi…- Hey, posso sedermi qui oppure è occupato?- mi chiede Will con uno strano sorrisetto.

-Non c’era nemmeno bisogno di chiederlo.- rispondo. Per un attimo stiamo in silenzio entrambi.

-Tu…ti va di venire a casa mia dopo la scuola?- mi chiede.

Sto letteralmente esplodendo. Mi sarebbe venuta voglia di saltare su dalla sedia, ma ovviamente non l’ho fatto. Non è di certo una cosa da me. E poi sono così emozionata da sentire che sto avvampando.

Quindi gli rispondo di sì.


Ciani Viola 1C

A CAVALLO DELLA STORIA 


La cattedra con tutti quegli oggetti sconosciuti che ci ha mostrato la prof di scienze, noi alunni disposti su due tavoli mastodontici, seduti su degli sgabelli estendibili ai lati del tavolo. Suona la campanella.

L'ora è passata velocissima, mi fermo nel cortile a chiacchierare con alcuni dei miei amici. Mi viene un dubbio, non so se ho preso la borraccia, apro lo zaino e la cerco: non c'è!

Allora rientro in classe, da solo, vedo che è appoggiata sotto il banco... la prendo e alzo la testa. Cade un silenzio innaturale.

 Mi sento irrequieto, torno fuori da scuola, avverto una strana sensazione, sembra che la gente abbia cambiato i vestiti, ma ora che guardo bene sono cambiate anche le facce.

Un signore si ferma davanti a me. La prima cosa che mi viene da chiedere è: "Ma tu chi sei, scusa?" Allora mi risponde con un accento sconosciuto: "Per qual cagione siffatte vesti tu indossi, o messere?" 

Grazie al mio vasto lessico e alla conoscenza di una lingua affascinante come il volgare, capisco subito che non è una buona idea chiedere a un passante.

 Mi decido e vado in giro per la città.

Prima però penso che sia meglio segnare la posizione su Google Maps, tiro fuori il cellulare dalla tasca dello zaino, ma... Non si accende! Sottovoce bisbiglio: "Questo è un serio problema".

Immagino allora che mi serva un orologio, arrivo in piazza, ma là in alto non c'è un orologio: c'è solo una specie di bastone in ferro appiccicato al campanile.

Per fortuna intuisco che è una meridiana, data la mia conoscenza della storia.

Voglio urlare.

"Ok. Sono circa le 14:45" dico tra me e me. In quel momento mi ricordo che non ho pranzato e mi viene un certo languorino, quindi decido subito di mangiare la merenda che mi ero procacciato al mattino.

Finito di mangiare, siccome ho ancora fame, vado a comprare un pezzo di pane.

Una volta arrivato dal fornaio, pago con 5 euro, ma il venditore mi sgrida dicendo: "Non baratto quella vile moneta, gentile guascone, qui si usa solo un soldo ch’è detto fiorino".

Ringrazio, lascio il pane e esco dal negozio. Sono esterrefatto e incredulo, ma dopo quello che mi è successo sono quasi sicuro di essere stato teletrasportato nel 1300 d.C. 

Mi sento desolato e abbattuto, ma so che questa è una grande e unica opportunità e quindi la devo sfruttare al massimo! Penso: "Sì, è vero che non sono più a casa, ma tutto sommato, siccome a me piace la storia, essere qui non mi dispiace. Anche perché spero di esaudire un sogno, trovare una persona famosa, cioè Dante Alighieri. Quindi, se voglio incontrarlo sarà meglio darsi una mossa e correre a Firenze, dov’è nato e cresciuto. Purtroppo, non ho quella strana moneta chiamata fiorino e senza quella non vado da nessuna parte, di fatto non credo che arriverò mai a Firenze".

Ma proprio in quel momento, sento uno strano verso, come un nitrito di un cavallo, anzi è davvero un nitrito di cavallo. Infatti, vedo un cavallo arrivare verso di me: in un primo momento penso che finalmente posso viaggiare, ma subito dopo mi ricordo che non so montare un cavallo... Decido comunque di fare una prova, ma all'istante cado dal cavallo!

Non mi do per vinto, decido di continuare a provare a cavalcarlo, e dopo quasi due ore riesco a salirci sopra e pian piano a partire. Passa un tempo che mi sembra infinito, arrivo a Firenze e cerco la via “Santa Margherita”, perché avevo studiato Dante con la prof. Gavioli e sapevo quindi tutto di lui, compreso dove abitava.

Sono emozionato, sento come se il desiderio più grande della mia vita si fosse appena realizzato, mi tremano le gambe e mi sudano le mani.

Busso alla porta.

Silenzio.

Dopo mezz'ora sono ancora qui che che busso, ormai demoralizzato, e inizia pure a piovere.

Aspetto ancora dieci minuti e poco dopo si apre la porta, faccio un salto dallo spavento, e sono così felice che quasi mi commuovo: davanti a me c’è Dante in persona!!

Lui subito mi accoglie con:

"Buongiorno giovincello,

Che fai qui senza ombrello?

Da dove arrivi così conciato,

Sei di qui o importato?

Tieni questo ti asciugherá,

Ma poi ridammelo qua!"

Incredibile: lui parla in un antico volgare, ma al mio orecchio le parole suonano in italiano corrente!

E intanto mi porge un asciugamano. "Vengo da Cento" rispondo io mentre mi asciugo con il panno.

Lui riprende:

"Bello è il numero cento,

di vederti sono assai contento"

Gli rispondo: "No, intendo Cento la città." 

E lui:

"Scusami sono assai stolto,

Non conosco il luogo, oh giovine colto!

Ordunque basta cincischiare,

Inizierò le mie odi a recitare!"

Ma gli rispondo: “Tranquillo, sono già felice che sei qui, non serve che ti sforzi a trovare tutte quelle rime. E in più ho anche fame. Sai sono qui da tanto tempo, hai qualcosa da sgranocchiare?”

Lui mi fa:

“A trovar le rime non mi sforzo

Se vuoi ho del caffè d’orzo.

Anzi, scusami, se mi dici che hai tanta fame

ti offro cervo in un piatto di rame".

"Va bene" rispondo io, entusiasta di passare un po' di tempo con il mio eroe. 

Ma appena apro la porta… subito cambia di nuovo tutto!!

È come se tutto fosse tornato al presente, mi ritrovo a Cento, non c'è più Dante… non che questo sia una brutta cosa, perché tutte quelle rime mi stavano facendo venire il mal di testa!!

Comunque quello era il mio sogno da sempre e sono contento di averlo vissuto. Avrei voluto dire e chiedere tante altre cose a Dante, ma ho avuto davvero poco tempo. Me ne farò una ragione.

Appena arrivo a casa racconto tutto a mia mamma e lei si mostra incredula, come mi aspettavo.

Vado sul letto, e ripenso a tutto ciò che era successo: rimarrà un sogno tutto mio.


Alfonsi Tommaso 1C

L’ARMADIETTO COLOR RUGGINE


Fuori ci sono dei gran nuvoloni grigi, sta piovendo da un’ora e mia mamma mi ha obbligata ad andare a scuola. Sono arrabbiata con lei perché non mi fa saltare mai un giorno di scuola e io ora devo attraversare le vie piene di fango, perché non mi può accompagnare in macchina. 

Eccomi qui, davanti a scuola. Tutti mi guardano, forse perché ho tutti i pantaloni inzuppati di fango e acqua o forse perché sto tremando dal freddo. Sto aspettando che aprano i cancelli così mi posso mettere al caldo vicino ai termosifoni della classe.

<<Hey Ivy.>>

Ecco Rachel, la mia migliore amica, che scende come tutti i giorni dalla macchina grigia di sua madre. Ha dei pantaloni oversize di un marroncino molto chiaro, con degli strappi e tante tasche. Sopra ha un maglione verde acqua che spunta da una giacca nera.

<<Ciao Rachi.>> la saluto, mentre si avvicina a me.

Sta arrivando Rosa la bidella ad aprire il cancello e intanto Rachel mi sta parlando del suo gatto BabooPenso che parli troppo e a volte quello che dice non è interessante, ma sa raccontare e scrivere storie molto bene.

Finalmente stiamo entrando in classe e già non tremo più. Sto attraversando il corridoio con i muri arancioni e tantissimi armadietti grigio chiaro.

Mi sono appena accorta che tra tutti gli armadietti, in un angolo vicino al bagno, ce n’è uno diverso da tutti gli altri: sembra molto vecchio, è pieno di ruggine ed è più grande rispetto agli altri. Sopra non c’è scritto il nome e sta chiuso senza il bisogno del lucchetto.

<<Ivy! Cosa stai guardando? Dobbiamo entrare in classe.>> mi rimprovera Rachel.

Ma appena faccio un passo qualcuno mi travolge facendomi cadere a terra.

<<Ehi!>> urlo.   

<<Scusa non ti ho vista.>> si scusa Oliver.

Oliver è il mio compagno di banco e anche il mio migliore amico. Si è vestito come al solito: occhiali tondi blu, camicia arancione e jeans chiari con cintura nera e dettagli dorati.

<<Oh, ciao Ivy.>> mi saluta mentre mi aiuta ad alzarmi.

Oliver è mio amico dalla prima elementare e ora siamo in seconda liceo, mi è sempre stato vicino. È simpatico e gentile, ha i capelli marroni con il ciuffo, occhi verde smeraldo e un naso piccolo.

<<Dobbiamo entrare in classe o la prof. ci sgriderà.>> mi dice, ma sono troppo concentrata a pensare a cosa ci sia dentro l’armadietto e perchè sia così diverso dagli altri.

Mi sono appena seduta e la prof. ha già incominciato a spiegare la lezione di scienze su Galileo Galilei e le sue invenzioni strabilianti, ma ecco che dalla porta entra un ragazzo con occhi e capelli marroni. È Jerry, un altro mio amico, l'ho conosciuto al liceo. Vestito con un felpa bianca con la scritta Nike e dei pantaloni stretti, aderenti alle gambe robuste.

Dopo la sua entrata le prime due ore sono passate velocemente.

 È ora della ricreazione, sono diretta in bagno per lavarmi le mani, e appena arrivo davanti alla porta del bagno rivedo l’armadietto color ruggine, è socchiuso e si intravede una luce rossa.

Ho deciso: vado dai miei amici e gli chiedo se vogliono venire con me a vedere cosa nasconde quel armadietto. Così mi dirigo verso di loro con il passo svelto perché tra poco finirà la ricreazione.

<<Ragazzi dovete IMMEDIATAMENTE venire a vedere una cosa.>> gli dico, mentre mi avvicino a loro. 

Siamo arrivati davanti l’armadietto e tutti mi guardano perché non capiscono perché ci siamo fermati lì. 

<<Cosa sarebbe?>>chiede Jerry.

<<Non vedete? Questo armadietto è diverso da tutti gli altri e si vede una lucina rossa, dobbiamo vedere cosa c’è dentro.>> gli spiego.

<<Ma così violeremmo le regole della scuola.>> protesta Rachel.

Ed ecco che Oliver e Jerry aprono l’armadietto senza dire niente, curiosi di cosa ci sia al suo interno.

<<Chiudete immediatamente!>> li rimprovera Rachel <<Se ci vedono rischiamo la sospensione.>>

Senza ascoltare io, Jerry e Oliver guardiamo al suo interno: una pietra rossa luccicante giace su un cuscino dorato e i bordi neri, per il resto è tutto buio e silenzioso.

Decidiamo di entrare, pur sapendo che è sbagliato. La prima ad entrare sono io, poi Jerry, Rachel e Oliver.

<<Usate qualcosa di pesante per tenere aperta la porta.>> consiglio, ma la porta si chiude.

Oliver cerca di aprirla con tutta la forza che ha, ma non riesce e a quel punto dice:

<<Siamo chiusi dentro.>> 

<<Bene!>> urla Rachel arrabbiata <<complimenti alle vostre stupide idee, ora rimarremo chiusi qua dentro.>>

Consiglio l’idea di urlare chiedendo aiuto, così lo facciamo, ma senza risultati. 

<<Forse la pietra è la via d’uscita>> dice Jerry <<è l’unica cosa che c'è qui dentro, quindi proviamo almeno ad avvicinarci.>>

Così ormai stanchi di urlare ci avviciniamo alla pietra, più ci avviciniamo più si illumina. Mi sono appena accorta che è a forma di chiave e che lì vicino, appoggiato sul cuscinetto c'è un biglietto con delle scritte. Lo prendo e leggo il contenuto ad alta voce:

<<Se tu uscir da qui vorrai,

la pietra rossa userai,

ma fai attenzione, sarai punibile,

per questo diventerai invisibile,

e nessuno più ti sentirà,

a meno che qualcuno non ti toccherà!>>

<<Quindi l’unica via di uscita è la pietra?>> chiede Rachel, con una voca seria.

<<Si, ma se la tocchiamo diventeremo invisibili.>> le spiego.

<<Quindi chi la toccherà?>> chiede Jerry, impaurito.

<<Se volete lo posso fare io, ma ricordatevi che mi dovete toccare subito dopo essere usciti.>> dice Rachel, ancora arrabbiata con me e i miei amici.

<<Ok.>> diciamo in coro io, Oliver e Jerry.

Dopo aver preso questa decisione, Rachel ha preso la pietra e sta cercando di aprire la porta. Ed ecco che quando esce non la vedo più. Ho paura e spero che tornerà visibile quando la toccheremo.

Usciamo tutti e iniziamo a sventolare le mani nell’intento di trovare Rachel.

Ed ecco che sento qualcosa di morbido sotto le mani… è il maglione di Rachel!

<<L’ho trovata!>> urlo felice.

<<Ma non dovrebbe tornare visibile?>> chiede Oliver.

<<Forse visto che eravamo insieme non funziona.>> dice Jerry.

<<Allora dovremmo aspettare che qualcuno la tocchi? Ma chissà quanto ci vorrà!>> dico.

Solo l’idea di non passare i pomeriggi con Rachel mi rende triste.

<<Ma per voi non c'è troppo silenzio?>> dice Oliver.

Così entriamo in varie aule e notiamo che non c'è nessuno, arrivati davanti ad un orologio da muro notiamo che segna le sei di sera.

<<Mi sa che il tempo passa più veloce dentro l’armadietto.>> dico <<Ora dobbiamo solo aspettare che qualcuno tocchi Rachel e che torni visibile, ci potrebbe mettere giorni, quindi dobbiamo essere pazienti. Ora andiamo a casa e diciamo ai nostri genitori che siamo stati in giro insieme. Se ci chiedono di Rachel dobbiamo dire che non era con noi e che non la vediamo da oggi a scuola.>>


3 settimane dopo…


Sto andando a scuola e c'è il sole, sono ancora triste per Rachel mi manca molto.

 Entriamo in classe e ad un certo punto dalla porta entra una ragazza…Rachel! Io e i miei amici corriamo ad abbracciarla piangendo dalla felicità. Finalmente è tornata!

Cristofori Lisa 1A

“L’amico”                                                      

E fu in una semplicissima giornata d’estate che cominciarono tutti i momenti brutti, che a volte furono così orripilanti da farlo piangere, e una malattia che gli causò malinconia e morte.

“Lorenzo, vieni subito giù!” gridò la madre dalla cucina.

“Sì mamma, arrivo” disse Lorenzo sbuffando dal letto.

Lorenzo, stanco e svogliato, sì alzò dal letto e sì vestì velocemente, attratto da un buon odore proveniente dalla cucina, allora, dopo essere sceso, chiese spontaneamente alla madre:

“Cosa mi hai fatto per colazione?”

“Ti ho fatto due pancake" rispose la madre.

Lorenzo ama i pancake per due motivi: uno, hanno un odore molto invitante, e due, perché sono molto buoni, soprattutto quelli di sua madre.

Appena la madre vide che Lorenzo aveva finito di fare colazione gli disse: “Dai Lorenzo, andiamo che è ora!”

Lorenzo e sua madre andarono in macchina, e, dopo un lungo viaggio arrivarono finalmente in un posto rozzo, vecchio ed antigienico di nome ospedale, per fare una visita medica.

Aspettò molto per la lunga fila, fino a quando lo chiamarono, e lui felicemente esclamò: “URRA’!”

E, dopo aver aspettato altri 20 minuti di tensione e noia per farsi sicuramente dire che stava bene, arrivò la dottoressa, che, con espressione sconsolata gli disse: “Mi dispiace signora, non sappiamo come sia possibile, ma suo figlio ha una malattia al cervello mortale che a noi è ignota”.

“E…quanti anni di vita ha ancora?” chiese la madre disperata.

“A quanto pare signora, suo figlio ha ancora una settimana di vita”.                                                

La madre, disperata e piangendo abbracciò il figlio come se quella fosse l’ultima volta che l’avrebbe  visto; al contrario del figlio, che era inaspettatamente  felice. I motivi della sua gioia erano due. 

Il primo era che i suoi genitori li odiava, perché con lui erano molto severi, tiravano botte, offendevano  con le parole, e, la cosa peggiore  è che a volte non lo facevano o pranzare o cenare.

Il secondo motivo era che ormai non aveva più amici dopo quel giorno, perché lui lo disse ad ogni persona che conosceva, ed ogni persona tra cui amici e persino la sua fidanzata Emma lo lasciarono da solo, in un “buco” molto ampio e vasto di cui il tappo per chiuderlo se n’era andato, come tutte le persone a lui care, e la motivazione è che per tutti era uno stregone, cosa che a che a noi è spaventosa.

E fu da una semplicissima giornata d’estate che la vita di un ragazzo si spezzò come il suo cuore, causandogli  anche una malinconia fitta, come un’ancora impiantata nel terreno, che è irremovibile se non con l’aiuto di qualcuno, qualcuno che Lorenzo non aveva.

Le sue giornate erano praticamente uguali:

-si svegliava;

-faceva colazione;

-andava al parco giochi (a volte);

-pranzava;

-giocava;

-cenava;

-piangeva;

-andava a letto.

Ogni giorno che passava Lorenzo era sempre più felice perché non vedeva l’ora di porre fine alle sue sofferenze: a una vita brutta, piena di rimpianti e soprattutto troppo rapida .

Finalmente, arrivò il giorno più atteso da Lorenzo, il giorno in cui tutte le sofferenze sarebbero finite. Lorenzo, felicissimo insieme alla madre, andò in ospedale, nonché il suo ultimo luogo da vedere, sdraiato in un lettino, con la madre che lo abbracciò con tutte le forze del suo corpo. 

Se ne stava lì In un lettino lercio, bagnato e instabile: un povero ragazzo con occhi azzurri cielo, capelli marroni scuro, alto un metro e mezzo, bravissimo in quasi tutte le materie e soprattutto pensieroso su cose scientificamente impossibili. Infatti, pensava e sperava di andare all’inferno, perché per lui è un posto bello dove si conosce la verità del perché esistiamo per soffrire, per stare male e per morire.

Forse ti starai domandando chi io sia…beh ecco, io sono una persona che non ha aiutato Lorenzo nei momenti bui, una persona tra tante che gli ha fatto venire quella bruttissima malinconia, una persona che non ha fatto niente per far vivere al meglio gli ultimi giorni di vita di una persona sfortunata, una persona che si ritiene amico di Lorenzo anche se gli ha fatto tutte queste cose bruttissime. E mi pento molto, moltissimo delle mie azioni. 

Posso dire però che, come minimo, sono andato a visitarlo per i suoi ultimi minuti o secondi di vita a dirgli quello che aveva fatto di sbagliato e quanto mi dispiaceva. Dopo avergli confessato  tutto lui mi disse: “Mi piace molto che gli ultimi momenti di vita li abbia passati con te, grazie di tutto amico mio”.

Queste furono le ultime parole di Lorenzo prima di morire. Era particolarmente felice, si notava dalla sua espressione sorridente, mentre tutti gli altri, tra cui io, cademmo a terra a piangere.

Saltari Andrea 1C

READING BOX

Ecco le "scatole-libro" degli alunni di 1A e 1C, realizzate decorando esternamente una scatola e mettendo all'interno tutto quello che hanno ritenuto utile per presentare il libro ai compagni.

Scheda libro? No, one pager. 

Dopo aver letto un libro durante le vacanze natalizie, le classi 1A e 1C hanno realizzato i loro ONE PAGER, ovvero una presentazione grafica del libro, tutta in una pagina. A scuola hanno anche organizzato un BOOK SPEED DATE, che consiste nello scambiarsi  a turno pareri sui libri letti.

Zeccardi Caterina 1A

Tedeschi Sofia 1A

Aiello Matilde 1A

Gjorllaku Samanta 1A

Cristofori Lisa 1A

Sadikaj Valentina 1A

Pellegrino Adelaide 1A

 Maccaferri Sofia 1A

Guizzardi Rachele 1A

Sandri Elia 1A

Casadei Michelangelo 1A

Pellegrino Adelaide 1A

Jabraoui Omar 1A

Milut Clara Maria 1A

Ciani Viola 1C

Guerbaz Assia 1C

Arduin Greta 1C

Batool Hadia 1C

Grasso Arianna 1C

Paribello Pasquale 1C

Batool Huma 1C

Chirita Martina Maria 1C

Alfonsi Tommaso 1C

Ferioli Alessandro 1C

Dumitriu Lavinia 1C

Pirazzi Giovanni 1C

Abedini Yllza 1C

Storyboard della fiaba Cappuccetto Rosso

Durante il laboratorio di lettura e scrittura, gli alunni delle classi 1A e 1C hanno realizzato gli storyboard di una delle fiabe più famose al mondo, riflettendo sulla trama e lavorando implicitamente sul riassunto. 

ECLISSI SOLARE - 25 OTTOBRE 2022

Oggi 25 ottobre un’eclissi di Sole sarà visibile dall’Italia.

In cielo il Sole brilla ma qua e là, come macchie di leopardo, appaiono le nuvole che di tanto in

tanto coprono il Sole.

Nella piazza del paese accanto alla Rocca, io, pronta e ritta come una sentinella, sto accanto al

telescopio che mi è stato affidato. Ho solo 13 anni ed oggi sarò in prima linea a mostrare l’evento;

la mia associazione mi ha affidato questo compito importante e per me è la prima volta.

Il telescopio è un piccolo rifrattore di qualità installato su una semplice montatura che non prevede

alcuna motorizzazione né tanto meno alcun puntamento automatico. Sull’obiettivo è installato un

filtro solare che rende tutto scuro tranne il Sole. All’interno non si vede nulla: l’unica cosa che si

può osservare è la nostra stella brillare. L’oscurità rende tutto difficile, il puntamento va fatto

osservando l’ombra del telescopio, non ho modo di avere altri riferimenti. La possibilità di

osservare il Sole è soltanto nelle mie mani e nella mia capacità di saperlo allineare.

Ormai sono tanti anni che frequento questo ambiente: ho visto tante volte mio padre e i colleghi più

grandi fare queste operazioni, ma ora tutto è diverso. Quello che sembrava facile ed immediato è un

compito difficile da svolgere, soprattutto quando si ha una fila di persone che aspettano per

osservare.

Il direttivo dell'associazione ha ritenuto che fossi già in grado di occuparmi di questo strumento e di

poter dare qualche spiegazione ad un eventuale pubblico. Oggi per poter assolvere a questo

compito, mio padre mi ha fatto uscire un paio di ore prima da scuola dicendo che non si tratta di far

festa ma di imparare qualcosa di nuovo e formativo.

In questi giorni, in attesa dell’evento, ho pensato e ripensato più volte a come sarebbe stato essere lì

nella piazza accanto al telescopio.

Sul letto, nel silenzio del pomeriggio, ho immaginato più volte la scena della piazza gremita di

gente, di come avrei dovuto fare e delle informazioni che avrei dovuto dare. Mano a mano che il

giorno dell’evento si avvicinava, una parte di me sperava nel sereno ma l’altra parte sperava nelle

nuvole e che tutto venisse annullato.

Si sa che il momento peggiore è l’attesa, immaginare ciò che accadrà. E’ in quel frangente che la

paura e la razionalità si scontrano, si avvolgono e si aggrovigliano rendendo tutto più difficile.

L’agitazione e quel briciolo di ansia lasciano il passo alla razionalità che da lì a breve evapora

portando nuovamente l’animo in bilico, ma poi quando sarò la so bene che non avrò tempo di

preoccuparmi.

Sono passate le 11:00 e a breve la Luna transiterà davanti al Sole dando il via allo show, ma ecco le

prime nuvole, forse tutto verrà coperto ma poi pochi minuti dopo tutto il cielo si apre e non ho più

scuse, si inizia!

Ecco… Ecco… esclamo silenziosamente dentro di me! Su un lato della piazza scorgo una classe di

bambini avvicinarsi. Osservo con attenzione: sono una ventina accompagnati dalla maestra, sono in

gergo dei primini!

Ora è il turno del nostro vice presidente che prende contatto con la maestra spiegando a quali regole

si dovranno attenere e cosa dovranno osservare. Per fortuna che c’è lui a preparare il terreno e a

rendere il mio compito più semplice.

Questi sono tutti bambini e mano a mano che si avvicinano inizio a spiegare come Luna e Sole

danzeranno questa mattina e invito tutti ad osservare nel telescopio. Sono piccoli e fanno un sacco

di domande buffe mentre la maestra cerca di tenere un po’ di ordine. Poco a poco l’adrenalina cala e

l’agitazione lascia il passo al divertimento, ma so bene che da li a breve arriveranno altre classi di

ragazzi più grandi e gente di passaggio dove il critico, l’altezzoso, il saccente non manca mai e non

vedono l’ora di atteggiarsi, magari sminuendoti pensando di poter approfittare del fatto di essere più

grandi ma oggi hanno preso male, sono pronta, conosco la materia e comunque accanto a me ho

altri colleghi che hanno fatto studi all’università e sono in grado di tener testa a chiunque.

Un attimo di distrazione e perdo il puntamento! Tanta gente è in fila per osservare e il telescopio

non inquadra più il Sole. L’agitazione sale ma poi ripenso calma alle spiegazioni che mi erano state

impartite e a piccoli passi riallineo il telescopio.

Poco alla volta arrivano altre classi e la strada che porta alla piazza sembra un formicaio di studenti.

Ma quanti sono?, mi chiedo senza troppo distrarmi da ciò che sto facendo! Guardo meglio e tra

loro ci sono anche classi delle medie, di ragazzi che conosco con i quali ho un buon rapporto ma

vedo anche persone a me poco gradite, i classici spacconi, i bulletti delle scuole.

Fortunatamente molti di loro non amano lo studio e la piazza straripante di scienza, di strumenti di

misura, di professori e maestre li mette non poco a disagio rendendoli inermi e relegandoli in un

angolo.

La piazza ormai è inondata di Sole e di gente, ovunque mi giro ci sono persone, l’evento prosegue

nel caotico brusio degli alunni e dei ‘woooww’ che si sentono pronunciare dalla gente che osserva

al mio telescopio.

Mi sento bene, la sensazione è meravigliosa, le endorfine da stress prendono il sopravvento

dandomi lucidità e benessere. Accanto a me un socio più anziano racconta ciò che accade ai ragazzi

in maniera divertente quasi fosse uno showman. Tutti ridono e io mi sto divertendo tantissimo!

Alzo lo sguardo osservo ciò che accade, è meraviglioso! Ma…laggiù in fondo scorgo visi

conosciuti, è la mia classe che è venuta ad osservare l’eclissi e con loro i miei proff!

Subito le mie amiche fanno capannello accanto a me venendomi a sostegno e dopo pochi istanti

arrivano i proff. incuriositi. Fanno domande ben mirate, mi conoscono e sanno bene come

approcciarsi.

Tutto fila liscio e mi fanno i complimenti: sono felice!

Ormai le due ore sono passate, l’eclissi sta finendo e la piazza è quasi vuota. Qualche ritardatario

chiede di dare un’ultima sbirciatina ma ormai poco rimane, è venuta l’ora di smontare gli strumenti

e rilassarsi.

CHE GIORNATA FANTASTICA!

Noa Mazzi classe 3^A


Continuità: LA MAPPA DEL CUORE

Laboratori di scrittura nelle classi quinte della Primaria Guercino e Carducci

CLASSE 5E CARDUCCI

CLASSE 5C PRIMARIA GUERCINO

CLASSE 5B PRIMARIA GUERCINO


CLASSE 5A PRIMARIA GUERCINO

Festival InDipendenze

Il nostro Istituto ‘Il Guercino’ ha partecipato al festival InDipendenze presso il centro Pandurera nelle giornate di venerdì 14 ottobre e sabato 15 ottobre. Noi alunni e alunne della classe III A: Alice Lembo, Francesca Mantovan, Noa Mazzi, Emanuela Roncarati, Victoria Tura e della Classe III C: Carolina Bonazzi, Altea Borgatti, Andrea Lanzoni, Ana Sofia Malaguti, Giulia Villanueva, Ouaid Wejdane abbiamo avuto la possibilità di intervistare ospiti prestigiosi sotto la guida della giornalista Angela Iantosca (che è il direttore artistico del Festival). La giornalista è molto coinvolgente e capace di mettere a proprio agio e motivare: ci ha incontrato lunedì 3 ottobre a scuola per predisporre le domande e discutere con noi dei contenuti.

Gli ospiti con cui abbiamo dialogato sono (vi indichiamo i testi di cui sono autori per uno spunto di lettura sicuramente arricchente):

ANDREA FRANZOSO, autore di ‘ERO UN BULLO. La vera storia di DANIEL ZACCARO’ che abbiamo incontrato venerdì mattina; MARCO OMIZZOLO, autore di ‘PER MOTIVI DI GIUSTIZIA’ che abbiamo incontrato venerdì pomeriggio; FEDERICO SAMADEN, autore di ‘FOTOGRAMMI STUPEFACENTI. Storia di una rivincita’.

Sono state giornate intense con contenuti molto forti per noi: proviamo ad esprimere alcune nostre idee e le emozioni che abbiamo provato in questi tre momenti di incontro.

A molti di noi è piaciuto ascoltare Federico Samaden perché ci ha colpito molto la sua storia. Ci ha fatto pensare a quanto possa essere difficile l’incontro con la tossicodipendenza e a quanta forza abbia richiesto per lui avere il coraggio di riprendere in mano la propria vita raccontandola a noi giovani. Ha dimostrato che con tanta tenacia e forza di volontà si può rinascere e uscire da situazioni contorte. A molti ha affascinato sapere e avere la prova che non sempre situazioni come quella di Federico provengano da contesti difficili: ci ha insegnato a stare sempre allerta e a valutare bene le nostre scelte. Anche il concetto di rinascita ha colpito molti: non è facile ammettere con se stessi e in seguito con gli altri i propri errori e avere la forza per intraprendere una nuova vita. Dall’incontro con questi autori abbiamo anche imparato e capito che etichettare persone senza sapere la loro storia non serve a niente e, come ha detto Federico, “prima conoscere, poi giudicare. Sempre”. Rimarrà una frase stampata dentro di noi.

Anche l’incontro con Andrea Franzoso e la tematica del bullismo è stato molto stimolante, anche, se, tra le tre tematiche, è stata quella di cui abbiamo parlato più frequentemente in educazione civica. È stato il primo incontro, tutti eravamo ansiosi all’idea di fare le domande dal palco visto che la sala era pienissima di ragazzi. Si percepiva che tutti stavano aspettando questo momento da tanti giorni, ormai. Il dialogo con il pubblico e i piccoli gesti che ricordiamo di quei momenti hanno reso tutto veramente indimenticabile. Ci è piaciuto confrontarci con storie diverse: fa capire quanto sia importante poter osservare più punti di vista per farsi una propria idea. Il secondo incontro, quello con Marco Omizzolo e la tematica del caporalato per molti è stato il più difficile da affrontare: sentire testimonianze di persone maltrattate fa molto riflettere sul fatto di quanto diamo le cose troppo per scontate, come acquistare prodotti a basso prezzo senza chiederci da dove vengano così finiamo per dimenticarci di chi sta dietro le cose. Vedere però che Marco è riuscito a raccontare queste realtà fa capire che anche in un tunnel nero c’è sempre una luce che si può raggiungere con la forza di volontà. Tutti noi adesso andremo avanti vivendo le nostre giornate conoscendo e portando nel cuore queste esperienze di vita. Siamo grati di aver partecipato a questo festival e ringraziamo veramente tanto chi ci ha dato questa opportunità, la preside, la giornalista Angela, gli autori, il Comune di Cento e gli organizzatori di questo incontro:

SAPERE, CONOSCERE E POTER SCEGLIERE È IMPORTANTE.

Alice, Altea, Ana Sofia, Andrea, Carolina, Emanuela, Francesca, Giulia, Noa, Victoria, Wejdane e i ragazzi di 3°A e 3°C

 

 

 


POEfotografia: passeggiata alla ricerca della bellezza che ci circonda (classi terze).

Un viaggio

L'erba verde e alta,

Il sole caldo,

Il cielo azzurro,

Alberi sovrani,

E fanciulli alla scoperta.

Khadija Zohory 3A

Benedetta Cavicchi 3C

Igli 3B

It feels like June 

And it’s all of tune 


It’s the falling in love 

And it’s from above 


And if you are on a tree 

All of these things 

Make you feel free 


Maria Sciotto 3C


E quando si cammina da soli 

con il sole che si capisce la bellezza del paesaggio dove sei, 

quando ti soffermi sui fiori che hai sempre visto 

ma che ogni volta sembrano diversi e sempre più belli.


Da soli o in compagnia 


il posto dove si sta 


pieno di doni della natura 


è sempre un posto speciale.


Rullo Aurora 3C


Passione

Allegria

Felicità

Questo è quello che 

Sento nel campo

VERDE


Ayman Marimi 3C


Amore.

Stupore.

Bellezza.

Neutralità.


Concetta, Kawtar, Federico 3A - Melissa  3D


La natura si destreggia tra colori e odori. 

Vittoria Govoni 3B

L'ALBERO MAESTRO

L'albero che spicca tra i cespugli racchi.

L'albero che sembra urtare il cielo.

L'albero che con la sua chioma scorta le nuvole.

L'albero con il tronco mascherato tra i cespugli.

La gente comune come noi leva il collo per guardarlo e lo ammira nella sua maestosità.

Nicole Andreotti e Wisal Rwuicha 3D

Donuts 

Mangia quello che vuoi e 

se qualcuno ha qualcosa da ridire sul tuo peso...

mangia ancora

Klaudia Kalaja e Sojoud Mouelhi 3C

Incontri con gli autori del 

Premio Letteratura Ragazzi 

maggio 2022

Terzo posto al Premio Internazionale di Poesia "Masio Lauretti" per Giulia Trombetta della classe 3A!

Dejà-vu

 

Un falso

doppio

preso

da un sogno

di vita

stordisce 

perplesso

l'anima.



Biblioteca vivente - classe 2A

Chi è "l'altro"? Cosa e quanto può darci l'ascolto concreto di chi abbiamo di fronte? Mai come in queste giornate, in cui si parla di guerra intorno a noi, siamo invitati a riflettere sui pregiudizi, sugli stereotipi che ricoprono la nostra visione del mondo. In questa ottica abbiamo partecipato con la nostra classe II A all'iniziativa 'Biblioteca Vivente'. L’iniziativa si è svolta sabato 19 marzo, presso il Centro Anziani ‘Zanandrea’, luogo che è stato una scoperta per la maggior parte di noi.

Spirito di ascolto e curiosità: questo è il suggerimento che ci è stato dato da Chiara, la referente dello Sportello Stranieri del Comune di Cento che ci ha accolto. Eravamo lì per un motivo preciso: ci avrebbero parlato dei libri viventi, ognuno con una propria storia che erano disposti a mettere a nostro servizio. La curiosità era effettivamente tanta, ma eravamo consapevoli che senza la disponibilità all’ascolto non si sarebbe creato dialogo tra noi e i ‘libri’. Badante, transgender, cubano, poliziotto, circense, disabile, anziani. Questi i libri viventi a nostra disposizione, in carne ed ossa davanti a noi per mettere in discussione i nostri pregiudizi e le nostre paure.

Avere un approccio simile alla nostra età ci è sembrato una favola: non capita tutti i giorni di avere un confronto con persone oggetto di stereotipi da anni. I nostri 13 anni sembrano pochi, ma nel nostro piccolo cerchiamo di capire il mondo e, successivamente, scegliere. Siamo contenti quando abbiamo l’opportunità di farlo. E questa è stata un’opportunità.

Non possiamo negare che, dopo due anni in cui le uscite didattiche sono state annullate dalle regole imposte dalla pandemia, in un primo momento abbiamo vissuto un certo imbarazzo: non avevamo mai partecipato ad attività simili ‘in presenza’, ci sentivamo come chi si butta da uno scoglio senza sapere cosa troverà nell’acqua. Questo è quello che è successo sabato: ci ha ‘scombussolato’ ma era questo lo scopo del confronto. Abbiamo imparato molto più di quello che ci saremmo aspettati e ciò che ci spaventava si è rivelato uno spazio in cui ci siamo sentiti perfettamente a nostro agio. Nei personaggi che abbiamo ascoltato, abbiamo incontrato una gentilezza che ci ha spiazzato, una disponibilità ad entrare nella propria interiorità e a rispondere alle nostre domande molto personali e profonde, a raccontare il proprio percorso di sofferenza e di accettazione. Anche chi tra noi è timido si è sentito libero di esprimersi: in fondo davanti a noi c’erano persone che si sono messe in gioco senza paura. Cosa ci hanno lasciato questi incontri? Sorriso, positività, coraggio e un’emozione che non ci aspettavamo di riuscire ad esprimere. Ne siamo usciti con la voglia di inseguire i nostri progetti. .

 


A.mp4

La classe 2A presenta 

"Il Cielo da Quaggiù"

in onore di Francesco Soffritti,

una GRANDE Anima Gentile.

Il prato di Anna Frank

Tanti fiori stanno crescendo nel prato, Anna.

Sono loro: gli ebrei.

Stanno rinascendo come te, piccola rosa,

rossa come il fuoco che nutre te stessa e la tua anima.

Quel prato cresce in te e crea fiori e erbacce,

quelle erbacce che tu toglierai.

Ogni fiore crea una memoria,

una memoria indelebile sulla nostra pelle.

Come quei numeri con cui osavano infrangere il tuo nome, Anna,

come quello di molti altri

che hanno trovato conforto, in quel numero.

Sei già stata piantata,

troppo in fretta

e stai morendo,

piano piano.

Ma di fianco a te ci sono mille tulipani

che riempiono di colore quel prato grigio.

Rimani la luce di molti.


Mantovan Francesca classe 2^A

Laboratorio di poesia ermetica ungarettiana

Gli alunni delle classi 3A e 3C si sono cimentati nella scrittura di poesie ermetiche: brevi, con poche parole isolate e di difficile interpretazione. Infatti, dopo aver letto e analizzato alcune poesie di Ungaretti e aver capito perché scriveva con un linguaggio così essenziale e scarno, hanno riflettuto sulla condizione universale di sofferenza umana e hanno composto le loro poesie ermetiche, intense e ricche di significato. 




SECONDO


Quell'attimo 

che

tutti non vedono

l’ora 

che passi 

Sescu Gal Nicole 3C



Il tuo ricordo

Quando ti penso sorrido

ma quando il sorriso 

si trasforma in pianto

mi rifugio nei bei ricordi

che custodisco nel mio cuore

insieme a te. 


Frabetti Alice 3C



Fiori di bene 


Ho visto il luminoso 

diventare 

opaco 

Ho visto 

il tuo sorriso 

svanire

ho visto quel fiore 

appassire 

so 

che c’è 

un posto 

nel mio cuore 

dove c’è 

amore

se ci tieni abbastanza 

vivrà 

anche se perso 

in una 

corrente 

cogli il nulla 

rendilo 

puro 

fallo rinascere 

per un 

futuro 

di 

fiori di bene 


Sciotto Maria 3C



PENSIERI

Riflessioni e

errori forgiano

sensi di

colpa e

l’omo rendon 

triste

Sartorato Kevin 3C




Insetti

 

insetti 

luridi 

viscidi

sussurrano

gridano

saltano 

muoiono

Musaku Samanta 3C



ADOLESCENZA


Non ho più fame

Devo pensare al mio futuro 

Nessuno mi ascolta

Sono sola

Mi sento a disagio 

Su chi posso contare?

Mi sono lasciata

Ho sempre ansia 

Amore

Quanto valgo per gli altri? e per me stessa?

La mia famiglia non mi sta vicina e non mi capisce 

Gli incubi

Noor Rida 3C



Mamma 


si avvicina 

sempre 

di più 

prende 

la sua arma 

la punta contro 

di me 

ahimè 

si avvicina

la morte 

Mouelhi Sojoud 3C



L’adolescenza


Il futuro spaventa

come fanno paura

quelle grandi lacrime

che escono dagli occhi


Loro fatti d’acqua

e il tempo che passa 

come un treno


Il sangue che cola

e il cuore diviso 

in mille pezzettini


Marseglia Sarah 3C



Lo specchio

sta arrivando l’autunno 

e le foglie cadono 

io sono una di quelle foglie

delle volte

non si nota 

nessuno mi conosce 

nessuno sa chi sono

nel vero

solo io stessa lo so

Kalaja Klaudia 3C



pace e  tormento

La pace 

il silenzio 

e poi un grido 

uno schiamazzo 

che interrompono questo momento

 

Odo dei passi 

che si avvicinano 

per dar alla mia pace 

tormento

Cavicchi Benedetta 3C





FAMIGLIA


I familiari 

si perdono

come i bambini

perdono i loro

giochi

e si prova

quasi

la stessa 

emozione

Brambilla Maco Eugenio 3C


NONNA

Una parte del mio cuore è distrutta

dalla testa non riesco a toglierla

Ripenso sempre a quel giorno:

lei se ne è andata.

Ma i ricordi non se ne vanno 

rimangono

come lei

 che dentro al mio 

cuore 

ci rimane

Angelone Salvo Luigi Antonio 3C




pioggia.


Il cielo 

soleggiato

arriva la nebbia

la pioggia che scende

la sofferenza

Alam Sadia 3C




Cammino 


la vita è un’amica,

che ti accompagna,

nella severa,

dolce,

passeggiata

verso la, 

morte.


Zohory Khadija 3A



Paura

Manda via 

i pregiudizi

immaginati

la tua vita

le tue virtù

sono tue

e di nessun altro.

 

Dejà-vu

Un falso 

doppio

preso

da un sogno

di vita

stordisce

perplesso

l’anima.

Trombetta Giulia 3A


Non farlo 

Piove 

sei sul balcone 

sei triste 

piangi

singhiozzi 

urli 

ti siedi sul bordo 

sei disperato 

qualsiasi caso fai 

non farlo.

Palumbo Gabriele 3A


Addio

Il suo sguardo

rasserenante

di chi 

conosce

il proprio

destino

Negri Giada 3A



Freddo 

un giorno sì 

un giorno no

di estate o

primavera

forte o

piano 

ogni giorno

ci sarà

nel nostro

corpo ad ogni 

momento

sarà

sempre una 

parte fredda

(Cento 15 dicembre 2021)

Mussino Ilias 3A


INSICUREZZA


             E’ ansia,


             è paura di affrontare 

la vita,


              giornate di sofferenza,


              delusioni,


               tristezza.


e pianti…..



Mondo


Come un gioco

così lo trattiamo

con menefreghismo,

arroganza,

senza pensarci

lo distruggiamo,

sigarette,

bottigliette,

ormai in ogni dove 

sono disperse 



Come un gioco

è per noi

il nostro mondo

che ignoriamo 


il nostro mondo

migliorerà 

solo quando lo si 

rispetterà


Maranzana Emma 3A


Freddo 

le città ricoperte,

da un bianco,

candido,

inespressive giacevano,

sotto la neve.


Halloumi Zineb 3A



Amici 


Senza.


Tristezza, 


sofferenza.


Grandi Federico 3A


Distanza 

La sofferenza 

di stare distanti

da una persona

è come 

stare in un mare, 

freddo, 

infinito,

disorientati. 

Gotti Nicole 3A



Camino


Disperde il freddo

 

dell’uomo


tranquillo.


Arde.


Golinelli Pirani Giulio 3A



PERSONE


La mattina e la sera

passano

il mio volto ormai

è stanco


continuo ad andare avanti

tornando indietro

di gente così

il mondo è pieno

Filomena Fulco 3A



Inverno


Tra una palla di neve

e l’altra 

la felicità

immensa.

Floridi Lorenzo 3A



Cielo

A volte pieno 

di nuvole

A volte sereno

pieno di colori.

Cambia in base 

all'umore,

triste con

la pioggia,

felice con 

il sole.


D'Angelo Maria 3A

AGRUMI

pure l’uomo

davanti

al nettuno odora

oppressione lavorativa.

Spremuto come agrumi

Carascoso Giada 3A



Buio

come la notte  

come la morte

vita

gelo

realtà

Bianchi Filippo 3A


Noia


La noia,

la noia

è silenzio

che colpisce

che colpisce

nella mente

per poi fare niente


Amallah Nassim 3A




ALUNNI


M'illuminate

D'immenso


Prof. Gavioli


Fiori

 

       Spero di crescere come un fiore,

       i fiori sono sempre belli e gioiosi.

       Siamo tutti dei fiori, alcuni già piantati,

       altri ancora nel proprio vaso.

       Quel vaso è come una bolla che ci creiamo

       per proteggerci,

       ma appena il vaso si rompe, l’impatto uccide.

       Riesci a sentire il freddo che ti tocca la pelle.

       Quando la bolla si rompe

       è come immergersi

       in un lago ghiacciato,

       mentre tutto si blocca, senti quel dolore mai provato.

       Urlo.

       Tutto ciò mi devasta,

       come la battuta del secchione della classe,

       e urlo.

       Quando la bolla si rompe,

       noi veniamo piantati nella terra

       e con fatica tiriamo avanti.

       Certe volte si trova qualcuno che ti annaffia

       e che si prende cura di te,

       ma accade solo a volte...

Francesca Mantovan classe 2^A

L’AMORE…PER ME

Prendendo in esame alcuni versi di due poesie che sono esattamente l’opposto, vedo la diversità di due uomini (Guido Cavalcanti e Cecco Angiolieri) che, tuttavia, miravano allo stesso sentimento: l’amore. L’amore per me è qualcosa che ti allontana dalla realtà e ti fa vivere un'altra vita. Ti fa vivere una vita più luminosa, una vita in cui riesci a passare sopra agli insulti e alle insicurezze. L’amore ti fa pensare che quasi tutto possa essere meno importante di quanto lo sia l’amore stesso. L’amore è effettivamente molto egocentrico, scavalca tutto, ti prende per mano e non ti lascia, e alla mattina, improvvisamente, è il tuo primo pensiero. Guido Cavalcanti chiama l’amore quasi fosse non un concetto astratto, bensì un amico, una persona, un Dio. Incita “amore” a parlare al posto dei poeti, poiché loro non possono, tanto sono incantati dalla bellezza di cui Cavalcanti scrive. Forse la donna, così incantevole e angelica, fa innamorare un uomo che, affascinato dalla meraviglia che vede, è convinto di essere innamorato: è accecato da tanta bellezza, ma non può ritenersi realmente innamorato. A volte, secondo me, l’amore è solo una condizione data da chi ci sta intorno. Chi non comprende questo stato di dolcissimo oblio, non ha mai provato un sentimento così forte che riesce a ubriacare di felicità. Un amore finto porta a relazioni malsane, dunque è meglio accorgersi subito di un’emozione che ci sembra simile all'amore, ma che, in realtà, si potrebbe rivelare solo desiderio di possesso di una persona. L’amore deve essere distinto dalla rabbia e dalla solitudine. Cecco Angiolieri, anche se non lo avrebbe mai ammesso, l’amore l’ha cercato, l'ha trovato, ma non è stato ricambiato. Questo lo porta, secondo il mio modesto parere, a un sentimento d'odio così deciso, che ha sentito il bisogno di riversarlo sulla famiglia, sul paese, sul mondo. Pover’uomo, lasciato solo, immerso nella sua ira: l’unica cosa, simile all’amore, che provava, era un rapporto con delle donne che venivano, e vengono tutt’ora, pagate per fare ciò che magari non desideravano. Ragazze costrette a prostituirsi per poter campare, ragazze a cui veniva impedito di stare con il proprio amore perché considerate “poco di buono”. I suoi atteggiamenti sono anche l’effetto di un abbandono subito. Quanta pena che provo per quell’uomo che ha scelto la via dell’odio. Non riuscirei a ignorare quella voce dentro di me che mi suggerisce di stare accanto alle persone sole. Non potrei ignorare i sensi di colpa per aver lasciato qualcuno. Far vivere una persona senza amore, sarebbe come impedire alle stelle di formare costellazioni. Sarebbe come impedire a una mente di pensare, di sognare. Credo che nessuno avrà da ridire su quanto ho appena affermato. Credo che nessuno vivrà mai senza aver amato almeno una volta. Perché l’amore è vitale, fondamentale.


Continuità Primaria - Secondaria di I grado

Nei mesi di novembre e dicembre 2021, si sono svolti laboratori di scrittura nelle classi quinte della Primaria Guercino e Carducci, che saranno le future prime medie nel 2022. Gli alunni delle classi 5A, 5B, 5C, 5E, 5F hanno realizzato la propria mappa del cuore e una poesia autobiografica, condividendo pensieri, idee e ciò che hanno nel loro cuore di piccoli grandi scrittori e lettori. Guardate che meraviglia:

La classe 5A:

La classe 5B:

La classe 5C

La classe 5E:

La classe 5F:

Horror week all'IC "Il Guercino"

Una settimana di lettura, scrittura e film da brividi!

Ecco gli incipit horror scritti dai ragazzi, che hanno interrotto il racconto proprio al culmine della tensione, da veri maestri della suspense...

DIETRO IL MURO

Era il primo di Luglio e la sera stessa sarei dovuto andare in vacanza in una casa in montagna sperduta nella natura. L’idea mi affascinava molto perché io amo la natura, ma c’era una cosa che mi preoccupava: poiché la sera prima di partire avevo sentito i miei genitori parlare sottovoce di qualcosa. Curioso, come tutti i ragazzi del mondo, mi sono messo ad ascoltarli. Avevo sentito mia madre che diceva: “Sei sicuro di voler andare in quella casa dopo questo” e lui: “ Sì, è solo una di quelle leggende che dicono per dare più enfasi e mistero alle case sperdute nella natura.” Io dopo ciò che avevo sentito sono andato immediatamente dalla mamma e le ho chiesto a cosa si riferisse quando ha parlato con papà. Lei ha subito cambiato discorso: “Invece di stare ad ascoltare noi, vai a prepararti!" mi ha detto arrabbiata. Dopo questa risposta sono andato da mio papà e gli ho chiesto la stessa cosa. Lui, a differenza della mamma, mi ha risposto: “Non è niente, è solo una delle solite paure da mamma. I padroni della casa ci hanno chiamato e dopo aver parlato di quando sarebbe stata disponibile la casa, ci hanno raccontato che in quel bosco qualcuno aveva avvistato creature disumane e anche che il precedente proprietario, mezzo uomo e mezzo demone, era un pazzo che intrappolava gli ospiti in una stanza segreta, li torturava e li uccideva per mangiarli." Io ero terrorizzato, ma per non farglielo capire mi sono messo a ridere, ma non con una semplice risata, con una risatina nervosa e me ne sono andato. Nel viaggio, man mano che ci avvicinavamo alla casa, ho iniziato a vedere nei cartelli delle indicazioni degli strani segni, molte di trappole per animali, e molti alberi del bosco erano distrutti e macchiati di sangue. Ero terrorizzato, perciò ho chiesto spiegazioni a mio padre, il quale mi ha solo detto che era normale trovare tante trappole perché i cacciatori cacciano così. Non aveva risposto alle altre domande. Ripensando alla “leggenda” di cui mi aveva parlato mio padre, ho cominciato ad agitarmi: vedevo ombre, forme scure  e paurose, tutte frutto della mia immaginazione, oppure no?

Brambilla Marco Eugenio classe 3^C


UNA FELICITA’ CHE PORTA ALLA ROVINA 

New york, 31 Ottobre  ore 23:30, 

Mi aggiravo per le strade che percorrevo in continuazione ogni mattina per andare a lavoro, queste ultime però erano talmente agghindate e addobbate, in occasione della festa di Halloween, che non le riconoscevo più.

Tutti gli edifici a cui passavo davanti non sembravano più gli stessi, sentivo che l'atmosfera quel giorno era cambiata e questo mi incuriosiva. Per esempio il bar in cui tutte le mattine facevo colazione sembrava una catasta di legno e ferrame abbandonato, avvolto da una fitta nebbia.

La temperatura Il clima iniziava a farsi sentire più freddo e umido, insomma la classica ambientazione di un film horror. Io io amavo quel genere e questo tipo di situazioni suscitavano in me una grande eccitazione che mi spinse ad entrare.

Spinsi  la porta  che fece il classico scricchiolio, feci un passo, alzai gli occhi, vidi la sala piena di tavolini e sedie, buia, cupa, tenebrosa. Notai che una delle finestre poste sul muro a destra era crepata, come se qualcuno l’avesse colpita con un pugnale.

Mi avvicinai  poi al bancone che sembrava quello di sempre, andai dietro a quest'ultimo e vidi numerose bottiglie di alcolici mezzi finiti. Iiniziai a sentire un odore  forte molto fastidioso, allungai lo sguardo e davanti a me comparve  un’ombra. Mi spaventai, urlai e corsi via. In quei pochi secondi capii che mi ero cacciato in una brutta situazione, ma una mano afferrò il piede caddi e persi conoscenza... 

Cavicchi Benedetta classe 3^C

 

NEL BOSCO                

Era una  fredda serata d’inverno: il sole stava calando e c’era un’atmosfera di penombra . Francesco, Andrea ed io stavamo correndo a casa; era tardi, quindi decidemmo di percorrere la scorciatoia nel bosco che conduceva al parco vicino a casa nostra.

Non ci era concesso usare quella scorciatoia, figuriamoci di sera.;  Ii nostri genitori dicevano che non era un luogo sicuro, ma era tardi, quindi decidemmo di fare un’eccezione.

Io e i miei amici ci avvicinammo al sentiero. Gli alberi, spogli delle loro chiome, avevano tronchi deformati e cortecce scure. Il bosco era fitto. Un po’ titubanti iniziammo a correre. Sotto i nostri piedi le foglie secche scricchiolavano.  

Seguimmo l’unico sentiero tortuoso, con curve, ghiaia e sassi appuntiti.

Io e Francesco stavamo davanti e correvamo più veloce possibile; Andrea andava più lento e a volte io mi giravo per controllare che stesse al passo con noi.

Ad un certo punto non sentii più il suo respiro affannoso dietro di me e gli chiesi se andasse tutto bene. Nessuno rispose. Anche Francesco lo incoraggiò dicendogli che eravamo quasi arrivati. Ma nessuno rispose. Preoccupati ci girammo di colpo e... 

Frabetti Alice classe 3^C


La casa abbandonata

C’era una casa abbandonata dove la famiglia Parker si trasferì: le finestre rotte, le porte senza maniglia e tanti pipistrelli e topi . La casa era situata vicino a un bosco dove di mattina batteva il sole e sembrava un luogo tranquillo. Questo fu il motivo che spinse la famiglia a trasferirsi lì. Di notte, invece, una nebbia cupa e la pioggia battente trasformavano completamente il paesaggio. 

Vicino alla casa, c’era un’altra abitazione dove viveva un vecchietto gentile con una bella casa con piscina. Sembravano quasi due mondi differenti. Il vecchietto di notte diventava cattivo, usciva di casa e andava verso la casa dei Parker.

Una notte i Parker stavano dormendo, quando sentirono la porta aprirsi. Allora si alzarono e mentre scendevano le scale videro il vecchietto con un'ascia.

Il vecchietto si avvicinò al padre e...

Marimi Ayman classe 3^C


Il solito pomeriggio di pioggia

È un giorno d'autunno, c’è un forte temporale, si sentono i lampi e il vento che porta via le foglie.

Jade, una bambina di 10 anni, è stanca di sentire continuamente questi rumori spaventosi nella casa di sua zia, soprattutto sotto, nella cantina, ma continua a pensare che sia semplicemente la pioggia che cade e il vento che entra dalle piccole finestre della cantina.

Lei è annoiata, non ne può veramente più di passare il pomeriggio chiusa nel salotto e non poter stare al parco a giocare con i suoi amici.

Jade decise di andare a giocare un po’ con la sua bambola preferita che si trovava al piano di sopra, nella stanza della zia. Salì le scale e andò a prendere la bambola.

Dopo aver finito di giocare con lei, la appoggiò sul divano e andò a prendere qualcosa dal frigorifero, ma c’erano solo avanzi del giorno precedente  e mangiò quelli. 

Dopodiché non sapeva più cosa fare. Allora le venne in mente che qualche mese prima sua zia aveva trovato  altre bambole, ma lei non aveva idea di dove fossero ora. Controllò per tutta la casa, ma non c’era alcuna traccia di dove fossero. Mancava solo la cantina, ma lei non aveva così tanto coraggio di andare a vedere là sotto dove non c’era nemmeno uno spiraglio di luce.

Jade si fece coraggio e scese, ma subito sentì un rumore provenire dall’altra parte della cantina...

Marseglia Sarah classe 3^C


LABIRINTO INFESTATO 

Era una notte buia e piovosa, Un gruppetto di quattro amici ,Tony Jack, Alfred, Jonny e Jeff La sera dopo un lungo pomeriggio passato fuori, decisero di recarsi in un parco enorme dove all’interno c’era un labirinto.

Loro pensavano che fosse un gioco stupido e facile, ma non sapevano cosa li aspettava.

Due degli amici avevano paura: era buio e faceva freddo. Così rimasero fuori a controllare.

Per rendere la cosa più paurosa, i due amici che entrarono nel labirinto diedero i telefoni ai ragazzi che aspettavano fuori. Poi entrarono. Mentre loro stavano camminando nel labirinto; uno dei due ragazzi si dimenticò di mandare un massaggio alla mamma per dirle che avrebbe  tardi. Arrivati neanche a metà percorso che  tornarono indietro .

Una volta arrivati dove avevano lasciato gli altri due iniziarono a chiamarli ma non li trovavano, cercarono dappertutto, ma non li riuscivano a vedere nella la pioggia continuava ad aumentare si unirono anche i fulmini. La paura e l'ansia salivano sempre  di più e ragazzi si iniziarono a preoccuparsi seriamente per i loro amici. Così chiesero informazione ad un passate incappucciato e vestito di nero con un omrbello, molto inquitante...

Maraventano Michele classe 3^C


Una serata HORRibile

Una semplice giornata era passata, ma la sera del 15 ottobre Coraline aveva ospiti a cena. Sua figlia Josh aveva aiutato la madre ad apparecchiare per bene la tavola per ricevere al meglio i loro ospiti, quando un terribile temporale arrivò, proprio poco dopo il loro ingresso e insieme a lui anche una terribile atmosfera. 

Coraline aveva notato subito che in sua figlia qualcosa non andava, ma non ci fece tanto caso e iniziò ad impiattare la cena per gli ospiti. Sì, Josh aveva proprio qualcosa che non andava e tutti se n’erano accorti, compresa lei.

Finita la cena Coraline aveva deciso di spostarsi in sala, dove c’era anche il pianoforte. Josh si stava annoiando e decise di andare in camera sua, ma prima di salire le scale...

Rullo Aurora classe 3^C


LA STANZA 

Tutto ebbe inizio da quel terremoto che sconvolse e terrorizzò l'intera città.

Ricordo che ero nel mio studio quella mattina d'autunno. Il vento soffiava forte e le foglie sfumate sul rosso volavano libere nell'aria, creando  atmosfera e regalando colore a quel cielo grigio. E come di colpo, senza preavviso o previsione, qualunque cosa fu distrutta.

Prima di ritrovarmi qui, ricordo le urla e le macerie che annebbiavano la strada su cui mi ero messa in marcia, alla ricerca di riparo. Pensavo di essere l'unica sopravvissuta vedendo tutti quei corpi sotto quelle rovine e, per un attimo, mi ritenni fortunata. Ma ciò che venni a scoprire dopo credo che abbia solo peggiorato il mio stato mentale: sbalzi d'umore e forti giramenti di testa. Mi sentivo bloccata e soffocata in quella stanza.

Infatti, non so come o quando, aprii gli occhi e mi ritrovai in una stanza completamente bianca e buia. Senza finestre che permettessero quel minimo di ossigeno o un po’ di luce. Non vedevo assolutamente nulla e andai nel panico. Percepivo un leggero tremore alle mani che, battito dopo battito, diventò sempre più evidente. Ero confusa e sentivo forti pulsazioni alla testa, come se qualcosa mi avesse colpito con violenza. C'era silenzio e si sentiva solo il mio respiro irregolare. Gli occhi pizzicavano e da lì a poco, sarei esplosa.

Speravo che tutto questo fosse solo un incubo, fatto di immaginazione e senza realtà.

Ma non appena si accesero le luci, capii che l’immagine che vidi al centro di quella stanza fosse troppo per la mia mente. Troppo per la mia anima spensierata e confusa. Troppo per essere immaginata. 

Avevo paura e il sangue sotto quella figura maschile si espandeva a ritmo del mio respiro.

Come scariche, diversi brividi si fecero strada lungo il mio corpo freddo dentro quelle quattro mura.

Ma ad un tratto lo vidi avanzare nella mia direzione...

Sarraf Yasmine classe 3^C


LA MIA CASA

11 novembre 1984. Il compleanno di mia madre ormai scomparsa da anni. Mio padre non lo considero un vero padre. Quando torno a casa lo vedo sempre su quel maledetto divano a bere birra e la tv a tutto volume. Il suo sguardo è inquietante ed è meglio non farsi sentire. Picchiava mia madre e ora picchia anche me, quelle poche volte che sono a casa. Mia madre fuggì quando avevo 6 anni e non la vidi più da allora. 

Quella notte stavo tornando dal cimitero per la preghiera per mia madre . Ogni volta percorro la stessa strada un po’ cupa, in mezzo agli alberi e la solita nebbia invernale. Odio questo posto e mi mette molta paura. Ecco la casa in lontananza: finestre rotte, muri rovinati, la luce dell’ingresso lampeggiante sempre accesa e un’altalena. Quando salgo su quella altalena mi fa stare bene è come se fossi in un mondo tutto perfetto. E’ ora di farsi coraggio e entrare, devo fare scorta per andarmene di qui…     

Sartorato Kevin classe 3^C


La casa sull’albero 

Colori, festa, felicità. Così è l’inizio di questa storia. La storia con cui tutta la città è cambiata. Io stesso sono cambiato. Ho scoperto una parte di me che non credevo esistesse.  Nessuno è più lo stesso dopo l’avvenimento che sto per narrarvi. Il finale di questo racconto? Tutto l’opposto di come è iniziato, tutto l’opposto di quello che credevamo accadesse. 

Era la sera del 20 Maggio 2006 ed era il giorno più bello della mia vita. Dopo anni la squadra di basket della nostra scuola aveva vinto il campionato. Ci eravamo allenati come non mai e finalmente avevamo ottenuto il premio che tanto desideravamo. Io, Jack Miller, in  quanto capitano della squadra avevo invitato tutti a casa mia per una festa. Avevo decorato il cortile con tante lucine colorate e avevo attaccato degli striscioni che recitavano: FORZA WILDCATS!

Avevo tappezzato la casa con la nostra mascotte, era tutto perfetto. Tutta la scuola era invitata e presto il mio giardino era pieno di ragazzi e ragazze vestiti con i colori della nostra squadra. Tutti erano pronti a festeggiare quello che un giorno sarebbe diventato una notte da dimenticare. 

Dopo solo mezz’ora avevamo bevuto tutti un po’ troppo. La musica era altissima e l’adrenalina della partita scorreva ancora nei nostri corpi. Sembrava di vivere in un’altra dimensione. Tutti ballavano spensierati e felici, nessuno ormai ragionava più, c’era solo la voglia di divertirsi. 

Sono sempre stato un sensitivo, spesso capisco le cose prima che avvengano. Quella sera sapevo che stava per avvenire qualcosa, ma non lo capii. Forse era l’alcol che mi aveva offuscato la mente o forse la mia testa non poteva nemmeno immaginare una cosa così. Ma non ci volle molto. L’inizio di tutto, il primo passo, il primo problema, era dietro l’angolo. 

Una voce sovrastò le urla e la musica. 

“Ehi, Miller!” 

Mi voltai e vidi il ragazzo che più detestavo. Michael Anderson. Un pallone gonfiato. Non faceva che infastidirmi, con le sue arie da principino. 

“Bella partita." disse con sincerità. 

“Grazie.” risposi titubante. Se c’era una cosa che avevo imparato era quella di non fidarsi mai di lui. Ma quella sera, a quanto pare, tutto era possibile. 

“Io e i ragazzi prendiamo la macchina, andiamo a farci un giro.” continuò. 

Notò la mia espressione di disappunto e disse: 

“Ci sarà anche Stefany, lo sappiamo tutti che ti piace. Vieni e sarà tutta tua.” 

Devo ammettere che l’offerta era allettante e inoltre era un giorno di festa, dovevo divertirmi. Questa fu la scelta più sbagliata della mia vita. Riflettei un paio di secondi e dissi: 

“Andiamo. Mark, lascio a te il comando!” esclamai. Mark era il mio migliore amico, per fortuna non venne con me o non avrei avuto speranze. 

Prendemmo la macchina e partimmo. Michael, ubriaco come pochi, era alla guida. 

Le ragazze insistettero per alzare il volume della musica e ovviamente Michael acconsentii. 

“Patience” dei Take That rimbombava nella macchina. In poco tempo tutti iniziammo a cantare, a muoverci  e ben presto nessuno sembrava ricordarsi più di essere in macchina. 

“Michael…” sentii. A parlare era Stefany, la meno lucida del gruppo. 

“Dammi un bacio.” disse. 

Ahia. Faceva male, ma per quei pochi secondi mi convinsi che fosse colpa dell’alcol. 

Ripeto: per quei pochi secondi. In un attimo mi salì una rabbia incomprensibile. Michael frenò e io in preda allo sconforto  colsi l’occasione per scendere. Nessuno se ne accorse, meglio così. Troppo presi dal momento misero in moto la macchina e ripartirono. Nell'esatto istante quella sensazione che mi faceva stare sull’attenti e che provavo prima divenne realtà. 

Un attimo, una manciata di decimi di secondo e la vita di 5 ragazzi cambiava. 

Il rumore del clacson, la luce dei fanali. Tutto impresso nella mia mente. Poi il rumore assordante del freno. Infine l’impatto. La macchina si ribaltò e prese fuoco. Avevano fatto un frontale con un camion. Quest’ultimo non perse tempo e se ne andò. 

Ho sempre pensato che il destino fosse infame e quella sera ne ebbi la conferma. Non solo per l’incidente ma per quello che sarebbe venuto dopo. Ad oggi mi chiedo ancora come certe cose possano accadere, le morti, gli incedenti e persino gli avvenimenti più paranormali. Ancora oggi mi chiedo come abbia fatto, quella notte,  a sopravvivere mentre decine di persone morivano. Il destino, che detta legge e gioca con le vite delle persone, aveva fatto ciò e io non so più se ringraziarlo o temerlo. 

La strada era deserta, nessuna macchina che passava, nessuno a cui chiedere aiuto. La macchina era quasi completamente carbonizzata. Per i ragazzi non c’era la minima speranza. Uscire dalla macchina sarà stato infantile, ma mi sono salvato la vita. O almeno credevo. 

Ero sotto shock, avevo assistito a un incidente mortale, ero solo in una strada deserta. Almeno avevo il telefono, ma nessuno avrebbe risposto dei miei amici e i miei genitori erano in viaggio in Europa. Dovevo aspettare l'indomani per chiamare qualcuno. Stupido no? Mancava ancora un numero da chiamare, quello della polizia. Ma la mia mente era andata, stanca e stordita. Dovevo trovare un luogo dove riposare. 

Sul ciglio della strada iniziava un piccolo bosco. Provai una forte ansia ma era l’unica scelta. Mi incamminai e per venti minuti non mi fermai. La foresta era davvero spettrale, gli alberi e gli arbusti mi abbracciavano e mi trattenevano nelle loro grinfie. Camminavo quasi senza sapere dove andavano a causa dell’oscurità. Finché non vidi qualcosa.

Nel buio, oltre i rami secchi, vidi una casa, una casa sull’albero. Non appena mi avvicinai le lanterne appese sull’albero si accesero. Sentii la stessa sensazione di prima. Come un bisbiglio nella mente. Mi diceva di arretrare e mi faceva battere il cuore più velocemente. Non l’avevo mai sentita in quel modo e mi chiesi se non fosse solo una sensazione, un meccanismo di difesa. Mi chiesi se fosse qualcosa di più. Sembrava ci fosse qualcuno che graffiava la superficie del mio cervello. Ma non mi fermai. Passo dopo passo, l’ansia cresceva e la consapevolezza di star facendo una cavolata aumentava sempre di più. Mi fermai, per esaminare la situazione. Dovevo fermarmi e cercare un altro posto o avanzare? Volevo dormire e avevo la possibilità di riposarmi davanti, scelsi di continuare. Salii sull’albero e entrai. Il pavimento scricchiolava sotto i miei passi. La sensazione di prima si fece più forte. Tagliava come coltelli, strappava le membra, i tessuti e una fitta mi prese la testa. Mi chinai per il dolore. In un attimo, proprio come era arrivato,  il dolore sparì. Rimasi in quella posizione per un po’, acquistando lucidità. Quello non era decisamente l’istinto, perché quella sera la mia testa faceva così. Era un avvertimento? Un’anticipazione di quello che sarebbe arrivato? Di certo non ero un sensitivo, c’era qualcosa di più. Ma cosa? 

Stavo per alzarmi, liberandomi da questi pensieri,  quando sentii un rumore. Dei passi e poi il respiro glaciale di qualcosa, o qualcuno, sul collo. 

Mi pietrificai e pensai: “Ma perché sono venuto qui.” 

Alzai lentamente lo sguardo e capii. Capii che salendo in quella macchina avevo firmato la mia condanna a morte… 

Sciotto Maria classe 3^C

CARTELLI GIALLI

Ore 23.20: mi sveglio di soprassalto. Si sentivano i versi dei gufi anche in tenda scout. Dormivano tutti, ognuno dei miei compagni di tenda aveva un viso pallido, come se fossero dei cadaveri. Ogni anno che noi scout facciamo le gite autunnali dormendo in tenda, non riesco mai ad addormentarmi facilmente. Quest’anno ci siamo accampati in una foresta, in un punto abbastanza all'interno, con alberi dai tronchi snelli e lunghi,; tipici qui nel Michigan. Per tranquillizzarmi, vado dal mio gatto nero, con il pelo molto folto e morbido, Gordon. E’ molto egoista, ma gli voglio tanto bene. 

Ore 23.25: Gordon è scomparso. Ho controllato in tutte le tende, il mio cuore sembra frammentarsi in piccoli pezzi e fuoriuscire dalla mia bocca tutto in una volta, ero in crisi. Il capo scout, un uomo di mezza età con capelli brizzolati, accortosi della situazione, mi ha lasciato il permesso di andarlo a cercare in mezzo alla foresta, ma entro 00.00 dovevo tornare alla base. Sono un ragazzino molto pauroso, ma se si tratta di queste situazioni assurde, devo prendere coraggio.

Ore 23.36: munito di torcia, mi addentro nel bosco umido, pieno di rami caduti a terra, e una nebbia fredda che avvolgeva il mio viso, come se mi stesse intossicando. Mentre camminavo, una luce catturò i miei occhi, corro più veloce possibile per vedere da dove provenisse. Arrivo. Un lampione scassato faceva luce su una struttura, una grande struttura. Era abbandonata, rozza, con tegole del tetto cadute al suolo. Era tutta bianca, con una bandiera americana strappata in due, sopra un gradino di legno che portava al portone d’entrata. 

Ore 23.45: dal dietro della struttura trovo un cartello giallo, rovinato da spari di pistola suppongo, con scritto: “sparo mine - limite di sicurezza”. 

Ho realizzato. Ero finito in...

Carascoso Giada classe 3^A

  

La casa abbandonata

Era una notte d’autunno, la notte di Halloween. Un gruppo di adolescenti, di mattina, si riunirono per decidere cosa fare durante quella notte, finché uno di loro propose di andare a visitare una casa abbandonata quasi fuori città. Alcuni si tirarono indietro, ma altri accettarono subito. Aspettarono la sera e si incontrarono muniti di torce e telecamere, si incamminarono verso la strada della casa e, una volta arrivati, l’atmosfera non era delle migliori. Sembrava un film horror: c’era tanta nebbia e faceva freddo, il cielo era cupo e inquietante. La casa era enorme, da fuori era distrutta, il giardino era pieno di erbacce e qualche albero appassito; la porta era chiusa, all’inizio non voleva aprirsi, ma dopo alcuni tentativi, riuscirono finalmente ad aprirla. All’interno la casa era buia e distrutta, i ragazzi iniziarono a girovagare per la casa, fino a quando uno di loro...

D'Angelo Maria classe 3^A


Quella figura nera

Il rumore delle foglie calpestate che veniva sovrastato da quello del vento, una figura nera in lontananza che sembrava avvicinarsi. Non sapevo dove andare e cosa fare, da qualsiasi parte io andassi mi ritrovavo sempre lo stesso scenario di fronte: terrificanti alberi che sembravano mura di un labirinto. Per colpa dell’oscuro buio non mi accorsi di aver preso una strada interrotta bruscamente da un profondo fosso, rimasi intontito per un paio di minuti e appena mi ripresi facevo fatica ad aprire le palpebre, ma sentivo il rumore di alcune gocce d’acqua che ogni tre secondi sbattevano su dei tubi metallici. Avevo le mani legate e mi faceva male la testa, sentii il rumore dei passi in lontananza e...

Golinelli Pirani Giulio classe 3^A


Quel mercoledì


Erano le 23:30, in un campo di notte al freddo., Ero sola. C’era molto vento. Avevo uno strano presentimento, non mi sentivo al sicuro e mi sentivo osservata. 

Odio questo tipo di sensazione. il turbamento più brutto che ci possa essere, quando sei piena d’ ansia, quelle farfalle nello stomaco che in questo caso non sono un’ emozione positiva. 

Decido d’ignorare questo sentimento e vado avanti, cercando la via di casa. Sì, mi ero persa, io e i miei amici eravamo usciti, ma la campagna era troppo lontana da casa mia e il buio mi aveva disorientata. 


Dopo dieci minuti... 


Camminavo ancora, ho provato a chiamare i miei genitori più volte ma non ci sono riuscita, non avevo internet.

Mi sentivo ancora osservata ma non da una persona, o almeno così credevo, non vedevo nessuno e il dubbio mi tormentava. Poco dopo sentii dei rumori pensando fossero animali o il vento, mi avvicinai: non erano animali, era una persona, ma con un aspetto diverso…

Gotti Nicole classe 3^A


Lo scheletro

Sono in campagna, è tardo pomeriggio, c’è freddo, il vento è fastidioso, vedo dei nuvoloni scuri: sta arrivando un temporale. Intorno a me ci sono delle case abbandonate; per terra degli animali stanno mangiando uno scheletro e  i corvi volano in alto. All'improvviso mi accorgo che, appeso al legno di una casa, c’è uno scheletro che mi fa spaventare molto. Sento un rumore, potrebbe esserci un fantasma? Ho paura, voglio scappare, mi giro ma.. 

Grandi Federico classe 3^A

La creatura del portale

In una notte buia nel bel mezzo di una tempesta più precisamente alle 3:00, in un paesino in provincia di Ferrara di nome Cento. Dentro un cimitero malcurato vicino ad una casa abbandonata da decenni, si dice che si aggiri una creatura femminile che rapisce le persone per portarle in un’altra dimensione mai vista prima di cui ancora non si sapeva nulla. Si dice che per arrivarci bisogna creare un portale al prezzo dell’anima umana di chi lo oltrepassa. Il portale doveva essere composto da ossa e carne di un animale preciso, un lupo. Il lupo aveva un odore simile a quello di un pezzo di ferro arrugginito, aveva il pelo bianco e gli occhi rossi. Quella stessa sera Heather, una ragazza di questo paesino, era a caccia in un bosco e trovò il lupo...

Maranzana Emma classe 3^A


L'ospedale psichiatrico

Un giorno io, Marco e Giovanni abbiamo pensato di visitare l’ ospedale psichiatrico di Mombello, famosissimo per i suoi sotterranei dove nel lontano 2015 quattro ragazzi si persero negli infiniti cunicoli. Noi, prima di entrare nel posto dove molta gente morì e soffrì, abbiamo preparato un intero arsenale per essere pronti a ogni evenienza: acqua, cibo, tre torce a led, una telecamera a testa, una mappa per ogni piano del posto , bende, cerotti, e, infine, una mazza di ferro per difenderci da gente del posto non ospitale. L’unica cosa che mancava era il coraggio. 

Siamo entrati: vetri rotti, mattoni distrutti, muri vandalizzati e tanti materassi. Entrando, spicca subito un strano rumore particolare quasi un lamento e subito dopo...

Palumbo Gabriele classe 3^A


La ragazza morta

Erano le ore 20, quando Rachel esce da lavoro ed è pronta per andare a casa dei suoi amici che avevano organizzato una festa in un casolare in montagna. Sale in macchina, ma piove tantissimo, e le strade sono buie perchè i fulmini avevano fatto fulminare tutte le luci per strada. Ad un certo punto, in una strada di campagna, si ferma la macchina di Rachel. Era tutto buio, il vento e la pioggia erano fortissimi, ma Rachel, avendo anche il cellulare scarico, ha dovuto prendere coraggio e scendere dalla macchina per chiedere aiuto. Non passava nessuno. Vede in lontananza una luce e prova ad avvicinarsi a piedi. Ha tanta paura, ha freddo perché ha tutti i vestiti bagnati, ma inizia a camminare verso la luce passando per un boschetto lì vicino e... 

Tortora Concetta classe 3^A


Poesia horror

La fitta nebbia si infiltrava in ogni angolo; 

le colline si stagliavano nel cielo, 

cercando di toccare le stelle. 

Un tuono illuminò le gocce argentee, 

perle di cielo, 

facendo sembrare gli alberi spogli mostri assetati di anime. 

I passi erano incerti, 

il fiato pesante. 

Ma la cosa più inquietante era che in quel buio pesto 

si sentiva un odore terrificante: 

c’era odore di sangue...

Trombetta Giulia classe 3^A

La foresta di Ofelia

Il cielo acquisisce un colore rossastro, accarezzato da una fitta nebbia che copre i volti assassini. Nell'aria c’è odore di colpa e pentimento. Nella foresta di Ofelia, strane cose sono accadute. Ma niente per Ludovic è strano, tutto per lui ha un inizio e una fine. Si ritrova nella scena del crimine, un assassinio alquanto strano, sembra ispirato a una di quelle leggende dei nativi americani. Gli abitanti dicono che ogni giorno verso la fine del tramonto sentono voci strane, inquietanti,. nNessuno entra in quella foresta., sSi dice che sia infestata dai sinistre creature. Ludovic si trova nella foresta verso la fine dell'alba, sente odore di sangue fresco, qualcosa o qualcuno si aggira nel bosco. Ludovic si gira, vede una figura incappucciata che si sta avvicinando. La creatura ride mettendo in evidenza i suoi denti insanguinati. Ludovic chiude involontariamente gli occhi, è immerso nel buio...

Zohory Khadija classe 3^A


IMPRESSIONI D'AUTUNNO

CLASSE 1F

Non sapete che libro leggere? Ecco i consigli di lettura degli alunni di 3A e 3C, che durante le vacanze hanno letto libri e realizzato questi One Pager. Si tratta di una scheda libro grafica e originale, che sintetizza "tutto in una pagina". Il lettore, infatti, attraverso la sua creatività e la sua sensibilità interpretativa, realizza la presentazione del libro utilizzando le sue competenze di grafica, sia digitale sia manuale, la sua fantasia, il suo senso estetico e scegliendo accuratamente le parole. 

Buona lettura a tutti!


ALDA MERINI

MI PIACE IL VERBO SENTIRE

Mi piace il verbo sentire …

Sentire il rumore del mare,

sentirne l’odore.

Sentire il suono della pioggia che ti bagna le labbra,

sentire una penna che traccia sentimenti su un foglio bianco.

Sentire l’odore di chi ami,

sentirne la voce

e sentirlo nel cuore.

Sentire è il verbo delle emozioni,

ci si sdraia sulla schiena del mondo

e si sente …

 

Verbi che piacciono alla classe 2D

 

Mi piace il verbo vedere …

Vedere le persone che ami,

vedere il loro sorriso,

assaporare con gli occhi le loro risate.

Vedere una stella che cade,

vedere la spiaggia del mare,

vedere le cime delle montagne.

Vedere l’amore tra le persone.

Vedere è il verbo delle emozioni,

ci si siede sul davanzale del mondo

e si vede …

                                   Martina Z.

Mi piace il verbo amare …

Amare la vita,

amare la luce

Amare l’arcobaleno dopo il maltempo.

Amare gli uccellini che cinguettano la mattina.

Amare la natura,

amare chi ami.

                                   Luca B.

 

Mi piace il verbo parlare …

Parlare di ciò che mi piace,

ma anche non.

Parlare con le persone che ami,

parlare con gli oggetti.

Parlare per far stare bene gli altri

Parlare la lingua dell’acqua che scroscia dalle fontane

o quello dei fiori che nascono in primavera.

Parlare è il verbo dell’anima più profonda,

e si può anche essere soli

ma si parla …

                                   Miranda F.

 

Mi piace il verbo ammirare …

Ammirare la pioggia che bagna la terra arida

e aspirare l’odore che emana.

Ammirare un tramonto sulla cima di un monte,

col cuore che palpita.

Ammirare due innamorati

uniti da un filo invisibile.

Ammirare il volo degli uccelli

e seguirli con lo sguardo lontano.

Ammirare è un verbo che ti apre

verso qualcosa o qualcuno.

                                            Loranne T.

 

Mi piace il verbo il verbo gustare …

Gustare la pizza appena sfornata

gustarne il sapore.

Gustare un intero barattolo di Nutella,

gustare i cibi che amo

gustare i pancake

e gustarli col cuore.

Gustare è il verbo delle passioni gastronomiche,

ci si siede comodamente sul divano

e si gusta con … gusto!

                                   Rwuicha W.

 

Mi piace il verbo credere …

Credere di potercela fare,

credere di poter andare avanti.

Credere nei miei parenti,

credendo che ti aiuteranno sempre.

Credere nel proprio futuro.

Credere in se stessi,

e nei propri sogni.

Credere è il verbo della speranza,

ci si sdraia sotto un albero guardando il cielo

e si crede …

                                   Nicole A.


MELODIA DEL SILENZIO

 

Hai mai pensato

di trattenere il fiato

ed il silenzio ascoltar

Io l’ho fatto in riva al mar

 

Ad occhi chiusi ho disegnato

nel cielo stellato

tutti i suoni che ho sentito

li ho accordati col mio udito

 

 

Poi le pause ho intervallato

tra le righe del mio fiato

le emozioni ho liberato

nel silenzio son sprofondato

 

Niccolò Leonetti classe 1^E 

Il Covid

Questa cosa non si è mai vista

E delle sue cause se ne può fare una lista

Nessuno l'avrebbe mai immaginato

È come vedere il mondo che nello scuro viene risucchiato

Questa cosa ci ha fatto fermare

Ma tutti non pensano altro che alla vita normale tornare

Prima o poi questa cosa finirà

Ma nei libri di storia si ricorderà.

Gabriele Baratelli classe 1^E

Il Decameron delle classi 2A e 2C

Novelle boccaccesche in zona rossa, al tempo del COVID-19.

Dal 1300 al 2021

VENGO DA….

 

Vengo da mio padre 

Vengo da mia madre 

Vengo da due sorelle 

Vengo da una famiglia, vengo dall'amore

Vengo dalla perdita di persone a me care 

Vengo dalla rabbia

Vengo dalle bugie

Vengo da un posto che chiamo casa

dove poche volte mi sono sentito a casa

Vengo dalle parole che i miei genitori non capiscono

Vengo da richieste che non vengono capite

Vengo dall'incomprensione

Vengo dalla mia verità

Vengo da un mondo che ancora nessuno ha capito.

 

                                                                                           Saif Fradj


Poesie di alunni della classe 2F

per la Giornata Mondiale della Poesia

21 marzo

calligramma_Lorenzo Romano.pdf

Lorenzo Romano


Io sogno

 Amo il verbo sognare…

 Sogno cose inesistenti e fantastiche,

sogno continuamente e voi pensate che io sia strana...

Sogno di vivere sempre in compagnia degli animali

come diventare amica di uno scoiattolo e vivere mille avventure!

Sono una sognatrice nata che può immaginare pensieri folli e avverarli.

sogno un’amica sincera con cui condividere idee e progetti,

sogno la mia vita futura, ma vedo il vuoto di chi non mi capisce…

Sogno che tutto questo possa finire presto, per tornare alla normalità

e non dimenticare mai i sorrisi delle persone care.

 

 

Giada Margherita Girasole

 

IO CANTO

 

Mi piace il verbo cantare…

cantare sotto la doccia,

cantare mentre piango,

cantare mentre cucino.

Il verbo cantare esprime la felicità data dal cuore

Haka Irina

 

IO SENTO

Mi piace sentire il fruscio delle foglie

 di quando l'estate è alle porte

Mi piace sentire le risate dei miei amici

 mentre giochiamo assieme

Mi piace sentire l’odore dei fiori

 appena sbocciati in primavera

Mi piace sentire il suono degli uccelli

 che cinguettano la mattina

Mi piace sentire il calore delle mie coperte

 nelle fredde notti d’inverno

 

Lorenzo Arveda

IO AMO

Mi piace il verbo amare…

Amo l’odore del mare

 e le sue sfumature, dal celeste al violetto

Amo stare con i miei amici,

perché solo loro riescono a farti ridere anche nei momenti più  brutti

Amo quando la mamma ti abbraccia

e ti chiede di fare pace dopo una litigata 

Amo ascoltare le canzoni degli One Direction

e sorridere ad ogni loro canzone

Semplicemente amo la vita

perché non sai mi cosa può succederti da un momento all’altro

                                                                                  Martina Delvecchio

 

 

IO GUARDO

Mi piace il verbo guardare

guardare la neve sulle montagne d’inverno

guardare le foglie che cadono d’autunno

guardare i fiori…

che riempiono gli alberi a primavera.

Mi piace

guardare la gente che ride

e che si vuole bene

guardare è bellissimo

con gli occhi puoi guardare il mondo.

                                                                                  Mattia Grandi

VERBO ESSERE

Essere è il verbo per me migliore

Essere felice, essere in confusione.

Essere triste, essere arrabbiato

Essere racconta ciò che sei stato.

Essere può cambiare da un momento all’altro

Da essere impaurito ad essere stanco.

Essere cambia velocemente

E quando cambi non puoi farci niente.

Mi piace essere qualcosa non esistente

Perché voglio essere diverso dalla gente.

Essere caratterizza ogni persona

Dall’azione peggiore a quella più buona.

                                                                                  Lorenzo Cevolani

 

NASCERE

Anni fa sono nato

ho bevuto e mangiato

e grande son diventato.

Ora studio,leggo,gioco

corro, guardo, penso e sogno…

ma di mangiar sempre ho bisogno,

perchè domani certo lo so,

un vero uomo diventerò…

                                                                                  Kejsi Toska

GRAZIE

La gratitudine va a mamma e papà

che mi hanno donato la felicità.

Hanno composto una bella famiglia

con tanta gioia per la loro figlia

a cui  hanno dato tanto amore

che ha riempito il suo cuore.

Molte cose mi  hanno insegnato

perchè mi hanno sempre amato.

Hanno dato vita ad una piccola bambina

tanto dolce , graziosa e carina

mi hanno cresciuta con molto impegno

così da grande avranno un sostegno.

Mi  hanno donato una sorella

con cui giocare

e lei capricciosa e bella

mi dà la possibilità anche di sognare.

 

                                                                                  Kejsi Toska


UNA ROSA APPASSITA


                         mi sono regalata una rosa, da sola.


Le altre persone possono trovare qualcosa di romantico

 in una rosa bella e perfetta 

che è come una metafora di vita,

una vita piena di gioia e nel pieno della sua bellezza,

però è banale e privo di  una cosa… 

una storia d’amore non è sempre perfetta 

a volte possono cadere dei petali ma non è un male


una rosa appassita ti può raccontare una storia d’amore 

può far credere che alla fine è andata male, 

ma  è solo uno stereotipo 

l’appassimento

è una cosa molto più romantica di quello che le persone pensano ,

racconta di una storia che va avanti senza limiti 

che poi dice che è durata in eterno ,


la rosa appassita dice che è un’amore impossibile o magari finito



Denise Busi2F 

Se Dante mi incontrasse nell'Aldilà...

Esercizio di scrittura estemporanea della classe 2D


Heart map_3A.mov

Heart map

classe 3A



Aforisma con le sei parole ROMEO E GIULIETTA:

●       amore

●       bacio

●       tempo

●       morte

●       fato

●       parola

Lorenzo Romano


"Il loro amore è iniziato da un bacio, ma in poco tempo il loro fato li ha portati alla morte per una parola sbagliata."  

Giacomo Fiocchi

 

"Fu subito amore, con poche parole si diedero il primo bacio e in poco tempo il fato decise la loro morte."  

Davide Sullotrone


"Il poco tempo del loro amore li ha portati al loro fato, con l’ultima parola, dopo un bacio, alla morte.

Il bacio che ha portato all’amore gli ha dato poco tempo e il loro fato li ha lasciati con l’ultima parola dopo la morte.

Un amore consumato con un bacio, ha dato poco tempo e dopo l’ultima parola la morte, decisa dal fato."

                                                                                 Elena Xhilaga 


"La parola del cugino portò il fato di amore tra i due e per finire il loro tempo si diedero un bacio prima della morte"   

Simone Taddia

"Per far sbocciare un amore basta un bacio o una parola detta al momento giusto, che il tempo non può cancellare e per il sopraggiungere della morte basta il fato avverso."

Filippo Benedetta


"Il loro amore, tra un bacio e l'altro, sigillò la loro morte, in poco tempo per una sola parola, il loro fato si compì. "          

Matteo Girolimetto

 

“Il loro amore deciso dal fato gli ha lasciato poco tempo e, a causa  della parola sbagliata, li ha portati alla morte con l’ultimo bacio”.   

Giada Margherita Girasole


 

"Il bacio di Romeo e Giulietta è un amore intenso, il poco tempo che avevano li ha portati al fato cioè la morte, e lì si dissero la loro ultima parola."

Irina Haka


 

"Un incontro, uno sguardo, la prima parola scambiata. Il primo bacio e da lì l’amore che sboccia. una corsa contro il tempo per trovare la felicita’ di stare insieme che un tragico fato  nega con la morte."                            

 Grandi Mattia

 

"Il loro bacio d'amore è stato il fato che col tempo ha avverato la parola morte."

                                                                                                       Giulia Vista

 

"Un amore durato poco tempo li portò alla morte con l'ultimo bacio deciso dal fato per colpa della parola sbagliata."

                                                                                                       Isabella Rotante


"Il loro amore è nato per una parola nel tempo sbagliato e il fato ha deciso per la loro morte un ultimo bacio."                                                               

Andrea Gamberini

 

 

Quella di Romeo e Giulietta è la più triste storia d’amore. il loro amore si dimostrava con molti baci, ma il fato li destina alla morte e così le parole sbagliate, nel tempo sbagliato, li conducono insieme nell’aldilà.                                     

Lorenzo Cevolani


 

L’amore tra Romeo e Giulietta in poco tempo li portò alla morte per colpa di una parola,  ma il loro fato restò tutto in un bacio.                                                                   

Tommaso Moraes


 

E’ il tempo che presti ad una persona, l’amore che c’è tra i due. ma il fato decide che tra baci e abbracci c’è anche la morte.

Kejsi Toska

 

 

Quel bellissimo bacio d’amore che ha consumato il loro tempo, li portò alla morte fatale che con una parola.                      

Denise Busi



Il bacio portò l'amore tra i due. In poco tempo il loro fato li ha portati alla morte con un’ultima parola"                                                                                         

Giulia Cilenti


 

Il bacio d’amore di Romeo ha fatto sì che con il tempo le parole siano morte per il loro destino fatale.                                                                                          

Martina Delvecchio


 

Romeo e Giulietta in poco tempo si diedero tanto amore e tanti baci, finchè il loro fato con una sola parola li portò alla morte.                                 

Mattia Rotante

 

 

Il bacio della morte venne deciso dal fato che con una parola scrisse il loro amore durato troppo poco tempo.                                                                   

         Lorenzo Arveda

 

 

Al bacio d’amore la morte è arrivata: il tempo era poco, la parola sbagliata e tragico il fato.

                                                                                                       Rupinder Sing



Laboratorio di scrittura

LA MAPPA DEL CUORE

Guardare dentro di sé e disegnare ciò che abbiamo nel cuore, per poi scrivere una poesia autobiografica che rispecchi ciò che siamo.

Classe 2D

Lorenzo Campagnoli 2D

Irene Dondi 2D

Luca Frabetti 2D

Wisal Rwisha 2D

Lorenzo Sgobbi 2D

Francesco Sabato 2D

Classe 2C

Io sono Sojoud

e vengo dal sud.

Io mi diverto

quando qualcuno è onesto.

Io sono nata a luglio

e ho i capelli a cespuglio.

Mi piace mangiare

e odio amare.

Sojoud


Io sono Nico.

Mi piace come mi vesto

e pure il mio disco.

Ho una passione per le scarpe

e per l’arte.

Ho una vita frastagliata,

però ogni giorno è come se fosse riavviata.

Nicole


Io sono Cristian e

corro sempre in pista,

non sempre il migliore.

 

Sono nato a maggio,

mi sento un selvaggio.

 

A volte concentrato.

A volte distratto.

A volte agitato.

 

Un po’ sfaticato,

ma anche accurato.

 

Un mio lato è odiato

un altro è amato.

Cristian


Io sono una figlia

che ha al centro

del cuore la famiglia

con tante passioni dentro,

che ama viaggiare,

che ama il mare,

che ama la lettura,

che ama la natura,

che ama il cinema,

ma che vuole rimanere anonima.

Yasmine


Io sono Benedetta,

amo la mia famiglia.

In una parte di me vige l’insicurezza,

importante per me è l’amicizia.

La mia passione è danzare,

adoro leggere

e in campagna queste cose mi piace fare.

Tanti film amo vedere,

quando sono giù la musica bene mi fa stare.

Mi soprannominano Benny,

ho due fratelli,

amo i miei cani Pam ed Harry.

Questa è la mia vita 

ed ogni sua parte 

per me è come gioielli.

Benedetta


Io sono Kevin Sartorato, 

sono spesso adirato 

e non guardo mai il mio passato. 

Sono andato al Colosseo 

e guardo il Masseo, 

Per me la famiglia è importante 

e io sono un gigante

Mi piace la nutella. 

Ho una sorella, 

spesso monella. 

Mi piacciono gli Avengers

anche se sono un Power Rangers.

Vivo in una piccola civiltà 

e non trovo più la mia dignità. 

Kevin


Sono Maria Sciotto 

e sono buona come un biscotto. 

Per raggiungere il mio cuore 

parecchio dovrete scavare, 

ma quando finalmente arriverete 

una vera amica in me troverete. 

Io adoro viaggiare, 

le vacanze

e la natura

le amo da impazzire. 

Se si tratta di studiare

il mio entusiasmo inizia a scomparire. 

Per il futuro ho grandi ambizioni, 

per cui mettetevi al riparo: 

sta arrivando Maria l’uragano. 

Maria


Io sono Adam,

faccio parte dell’Islam.

Sono amico, figlio e studente

e sono tante altre cose

che ora non mi vengono in mente.

Sono bravo in informatica,

è una delle materie che mi piace.

Non è per nulla patetica,

facile non è ma io ne sono capace.

Adam


Io sono Sarah,

non mi piace la carbonara

e neanche la cioccolata amara.

Mi metto il mascara,

che le ciglia separa.

Non sono nata a Ferrara

ma neppure a Pescara,

anche se è una città rara, 

vado a comprare da zara,

che i prezzi spara,

ma non sono avara.

Io sono una scolara,

la scuola non è una gara,

per la vita ci prepara.

Sarah


Io sono Luigi Angelone e

adoro fare un sacco di cose.

La pasta al ragù è la mia preferita.

Adoro i dinosauri,

ma anche la farina

per fare la mia pizza preferita.

Ho anche tanti iscritti e tanti amici.

I miei giochi preferiti sono:

minecraft, fortnite,star wars e call of duty.

Adoro fare castelli e altre costruzioni

perché il mio canale

youtube è pieno d’emozioni.

Faccio qualche video

e delle canzoni.

Quando sarò grande

farò il paleontologo,

perché mi piace girare in giro per il mondo.

Faccio un bel saluto a tutti quanti e

adesso tocca a voi a entrare

in scena per salire in un mondo magico e

pieno di fantasia.

Luigi


Classe 2A

Io sono Giulia,

dalla timidezza volerei via.

 

Nella mia testa un boato,

il mio mondo è dettato 

da pensieri fugaci che ho adorato,

odiato, ho sognato.

 

Pura, travolgente emozione,

i miei sogni sono una dedizione.

 

Mi sono sentita trascurata 

ma da sempre qualcuno mi ha amata:

famiglia, amici ci sono con me

la tempesta placata è.

Giulia


Sono Emma,

il mio cuore è un dilemma.

Il mio cognome è Maranzana.

Sì, sono strana.

Vivo nella pianura padana,

ovviamente sono emiliana.

Faccio mille cosplay

e gioco alla Play,

sopra un display.

Non compro mai da e-bay. 

Ora concludo con un bay.

Emma


Io sono Grandi Federico

per Concetta, Martina, Lili, Filomena, Lorenzo, Nicole sono un buon amico.

Le persone importanti nel mio cuore: mamma, papà, Lucrezia e i nonni.

Con la neve mi piace giocare,

la TV amo guardare,

pizza e piadina mi piace mangiare.

Palinuro, Londra, Cervia, Roma ho visitato

e ho adorato.

Federico


Filippo è il mio nome.

Gelato al cioccolato mangio.

Fortnite, e Fifa i miei giochi preferiti.

Io ho tanti amici,e

rugby è il mio sport.

Filippo



Io sono Susanna Pederzini 

e odio i vaccini.

Non mi piacciono i bambini, 

ma amo i gattini.

Amo i polpastrelli dei gattini 

e vorrei dei ricci piccoli e carini. 

Amo le cose mini. 

Quando ci sono io i celi sono sereni.

Amo la mia famiglia. 

Ho dei gatti che sembrano dei pazzi 

e si rincorrono per casa come dei razzi. 

Susanna




Io sono Ilias Mussino

e sono magro come un grissino. 

Mi piace tanto Levi

perché mi regala sempre sollievi. 

A me piace la pizza,

perché e una pura dolcezza.

Ilias


Io sono Giulio Golinelli,

il più dolce tra i monelli.

Mi piace nuotare,

meglio se tra le onde del mare.

Gioco con gli amici

e rendo i giorni più felici.

Ho un fratello maggiore

con cui litigo a tutte le ore.

Nonni e genitori

sono i miei grandi amori.

Ho scritto questa poesia

per liberare la mia fantasia.

Giulio


Io sono Giada

e non c'è niente che non vada.

 

La mia passione 

è la riflessione.

 

Amo la poesia

e la leggerezza della fantasia.

 

Amo andare tra le onde,

con la brezza marina che tutto confonde.

 

Amo anche le risate

durante le sere d'estate.

 

Ma il mio più grande tesoro

non sono bellezza, ricchezza e decoro

bensì una famiglia d'oro. 

Giada




Io sono Lorenzo il calciatore 

che segna di scorpione.

Sembro un leone 

perché sono un campione.

Voglio bene alla mia famiglia 

perché è tranquilla.

Lorenzo


Io sono Zineb,

gli anime adoro guardare 

e le ciambelle e i gelati amo mangiare.

Con mio fratello adoro giocare 

e con la mia famiglia il tempo mi piace passare.

Stef e Phere su YouTube adoro guardare

e con gli amici mi piace stare.

In Marocco mi piace restare 

e la spiaggia ammirare.

Zineb


Io sono Carascoso Giada

e tutti gli anni passeggio in Puglia per strada.

Mi piace stare con i miei amici

con cui esco spesso bici.

Netflix è il mio compagno ď avventura

nonostante certe serie mi mettano paura.

È stato magnifico salire sulla Torre di Pisa

anche se avendo le vertigini mi sono sentita derisa.

Ho sempre amato la pallavolo,

e quando schiaccio la palla mi sembra di prendere il volo.

Ho preso il volo anche con l’aereo per Vienna,

ho osservato i colti testi di Freud scritti in penna.

Giada



Io sono Nassim Amallah

e vivo in una piccola città.

Ho amici con grande serietà.

Gioco a Call of Duty con competitività.

Faccio kickboxing con atrocità.

Disegno fumetti con grande abilità

Nassim


Io sono Kawtar

di Gacha tube vorrei essere una star.

Gli anime amo guardare

e quando vedo una ship inizio a sclerare.

I boys love io tanto adoro 

che mi sembra di ammirare un capolavoro.

Guardo tanti video di animali carini,

la maggior parte di loro sono dei topolini.

Kawtar


Khadija sono io

e questo cuore è mio. 

L'oncologa Zohory

che s'impegna a curare i tumori. 

Posti magnifici ho visitato 

e tante persone ho amato. 

Sono felice di essere nata 

e così come sono mi hanno accettata. 

Khadija


Io sono Palumbo Gabriele 

e non sono per niente come il miele 

e se non mi stai a genio ti lancio delle mele.

Sono un mix di emozioni come 

un album di Capo Plaza e Lazza. 

Sono nato in Sicilia e

sono un omicida,

ma solo in Call of Duty

con il mio brother.

Sono solo uno 2008

ma se mi vedi te la fai sotto,

poi vado via con il botto.

Gabriele


In un periodo in cui un grazie e un po' di rispetto fanno la differenza, gli alunni delle classi 2A e 2C hanno scritto alcune lettere per ringraziare i propri genitori e spiegare a un amico cos'è per loro il rispetto.

                                                                                                                                                 Cento, 6\11\2020

Cari genitori,

è passato molto tempo dal mio primo anno di medie, che ha portato a un passo importantissimo e sono felice di averlo fatto.

All’inizio dell’anno ho avuto un po’ di difficoltà nell’ambientarmi.

Vi ringrazio tanto per l’appoggio che mi avete sempre dato, nel bene e anche nel male.

La mia classe mi piace molto e durante il primo anno abbiamo trascorso dei momenti che segneranno la mia vita. Spero che anche in questo periodo di sconforto, il tempo ritagli una parte per lasciarci vivere gli anni migliori dell’adolescenza.

Abbiamo attraversato giorni stupendi :i giorni trascorsi alla pista di pattinaggio, le giornate in piscina oppure quelli di svago durante i cambi dell’ora. Emozioni veramente uniche!

Dopo febbraio però, abbiamo affrontato un periodo che ha stravolto l’intero mondo e che stiamo pagando le conseguenze ancora oggi a distanza di mesi.

Questo problema ha impedito a tutti il contatto fisico come anche un abbraccio o dare un cinque con la mano.

Spero davvero tanto che questi anni vengano ricordato come  un brutto momento che ha creato ferite e scompigli, impedendo di uscire, di stare in compagnia e di conoscersi.

Anche ora che siamo tornati a scuola le cose non vanno molto meglio, ma penso lo stesso che tutti insieme ce la faremo.

Quando sono stata a casa, stavo molto male perché non potevo vedere nessuno e perché non siamo riusciti ad essere vicine alle persone che hanno perso qualcuno.

I momenti come questi servono per crescere e renderci più forti di prima.

 

                                                                                                                                             Dalla vostra Giada.

Negri Giada classe 2^A

Cari genitori,

questa è una lettera per voi, soprattutto per papà, visto che con mamma, ad esempio, parlo di più di quello che mi capita durante il giorno, sia di cose belle e sia di brutte. Quest’ anno è stato molto importante per me perché ho avuto il passaggio dalle elementari alle medie e ho conosciuto nuovi amici fantastici. In quest’ anno però ho avuto anche diverse insicurezze, come la pallavolo, perché mi era venuta l’idea di lasciarla e quindi abbandonare le mie compagne di squadra, Ma non è andata così e, grazie al discorso che mi avete fatto, le mie idee sono cambiate e ora la pallavolo è lo sport del mio cuore.  Ho vissuto dei momenti molto belli e meravigliosi: sono andata con voi a Vienna in Austria e a Lubiana in Slovenia, ma mi sono innamorata di Vienna, perché è una capitale raffinata, colta, e che mi ha trasmesso molte emozioni positive. E’ stato anche grazie a voi questo amore, perché mi avete aperto una strada nel raggiungere un mio sogno: quello di girare il mondo, di esplorare e scoprire le culture degli altri paesi del mondo. Ma devo dire anche che ci sono stati dei momenti non molto belli, anzi brutti, che mi hanno fatto pensare a cosa sarebbe successo dopo. Sto parlando della famosa pandemia globale che c’è tutt’ ora. In quarantena il mio cuore era distrutto quando ho scoperto che non avrei potuto finire la prima media in presenza. In quarantena ho riflettuto molto, pensavo che forse la natura volesse ribellarsi a tutto l’inquinamento che c’è nei mari come in tutto il mondo. Questo mi ha fatto pensare in modo positivo, così almeno gli animali e la natura erano finalmente liberi da queste cattiverie dell’uomo. La quarantena mi ha fatto cambiare in modo caratteriale e mi sono più dedicata alle cose che ci circondano; rinchiusa in casa ho imparato a cucinare, cosa che prima non facevo per la fretta causata dagli infiniti impegni che avevo. Inoltre, ho apprezzato il volere dello stare insieme in famiglia: dialogare con più calma, raccontarci i nostri ricordi e le esperienze vissute insieme, e in fine gioire stando di più seduti a tavola sia a pranzo e sia a cena. Ma non credete che adesso ci conosciamo di più?? Io ritengo di sì.

         Con affetto,

                     Giada

Carascoso Giada classe 2^A

Cento, 9/11/2020

Cara mamma e papà,

volevo parlarvi di questa malattia che ha scombussolato il mondo e lo ha fatto degenerare. All’inizio l’ho sottovalutato; ho detto:” Sarà una malattia come le altre, non succederà niente.” Poi ho visto i numeri dei contagiati che salivano continuamente e le scuole sono anche state chiuse. Io ero contento e non mi accorgevo di quel che stava accadendo attorno a me, ero come nel “mio mondo”.

Abbiamo trovato un modo per continuare la scuola e abbiamo scoperto le video lezioni, video di massimo 15 minuti. Non era per niente difficile e prendevo voti molto alti; non che adesso non li prenda eh, specifichiamolo.

Ad un tratto è comparso lo slogan #andaràtuttobene e invece io penso #èandatotuttomale.

Mi innervosisco perché la maggior parte della gente è ignorante, pensa solo a stessa e non rispetta le regole. Vedo persone che non lavorano a causa del covid e che soprattutto continuano a lamentarsi, lamentarsi e lamentarsi e aspettano che qualcosa succeda, che sia lo Stato a risolvere tutto. Poi ci sei tu papà, che ti sei impegnato e ti stai impegnando a trovare un modo per guadagnare. Infatti, hai trovato un lavoro che prima di tutto ti piace poi è più vantaggioso rispetto al lavoro di prima, ma allo stesso tempo complicato. Sono orgoglioso di te.

Verso l’estate la situazione è migliorata e al TG hanno detto che i contagi si erano abbassarsi molto e, di conseguenza, la gente ha iniziato a sottovalutare di nuovo la situazione. Andavano in giro senza mascherina, gli amici si incontravano, si davano il cinque e stavano tutti vicini (se volete posso continuare all’infinito a fare esempi). I contagi sono aumentati un sacco e ci ritroviamo nella stessa situazione di quando è comparsa la pandemia. Alcune volte vorrei che ci estinguessimo perché abbiamo il quoziente intellettivo pari a zero. Vorrei che ci invadessero gli zombie così ci estingueremmo facilmente, proprio come il film Resident Evil. Parla di un virus che colpisce le persone e le fa diventare zombie fino a lasciare solo pochi sopravvissuti che riescono a ripulire il mondo e a ripartire da zero.

Oggi il nuovo decreto che dobbiamo andare a scuola portando la mascherina anche da seduti e sinceramente non si respira. Non sono d’accordo che, se diventiamo zona rossa, dobbiamo andare comunque a scuola. Io non ci sto. Va bene che è tutto igienizzato, tutto in sicurezza, ma io non mi sento così tanto al sicuro, se poi ho anche “un pazzo” seduto davanti a me di nome Cristian che continua a toccarmi le cose con le sue mani sporche. Forse, a questo punto, preferisco la DAD perché è sicuramente molto più sicuro, non ti devi svegliare alle sette di mattina e congelarti mentre vai in bici. Stai sul divano a fare lezione, i compiti saranno meno, e più facili, quindi che fai, te ne privi? No che non te ne privi!

Io rispetto sempre le norme igienico sanitarie, esco con la mascherina e tengo sempre le distanze, quindi non trovo giusto che per colpa di quelli che non rispettano le regole ci rimettono tutti. E’ una ingiustizia. Non posso neanche uscire con gli amici per prendere qualcosa alla Coop perché si può entrare solo uno alla volta. Non si può fare niente!

Secondo me dall’anno scorso non sono cambiato tanto, forse sono un po’ più simpatico, ma dovrei chiedere il parere degli altri per saperlo. Secondo voi, mamma e papà, sono cambiato?

A più tardi

Kevin

Sartorato Kevin classe 2^C

Cento,6/11/2020

Cari mamma e papone,

Vi scrivo perché non saprei dire a voce tutto ciò; vi scrivo perché qualche vota le parole fuggono dove non si riescono a trovare. Sembrano passati secoli da quando abbiamo pranzato normalmente a casa di zia Rosita o da quando per salutare una mia amica l’ho abbracciata, da quando avere contatti umani era un pericolo che avrebbe messo a rischio la nostra salute. È strano dover portare la mascherina, qualche volta ti manca l’aria e non sappiamo neanche quando finirà. Eppure questo mi ha fatto crescere, mi ha fatto diventare più paziente e a fare qualche sacrificio. Ma già dallo scorso settembre ho imparato tante cose: che le medie non sono così terribili come pensavo; sono uscita con le mie amiche e ho capito che le persone sono belle per quel che sono, per il loro carattere complesso e divertente: c’è sempre qualcosa da scoprire. Ho provato dolore, riso, vinto, perso, gioito e mi sono arrabbiate, ma non per quando non ti danno la merendina al cioccolato che ti piace tanto: per quando ci sono barriere e conflitti. Mi piace vedere gli occhi della gente: quelli non mentono mai, voglio trovarmi in quegli occhi o capire se c’è qualcosa che non va. Mi piace essere una persona e mi piace dirlo: ecco perché ripeto sempre: -Lo sei che sei una Persona?!- è divertente e poi è scontato, ma non ce lo ricordiamo quasi mai.

Adesso però devo smettere altrimenti mi finisce la penna.

Un mega abbraccio.

 Giulia

Trombetta Giulia classe 2^A

Cari genitori, 

in questi anni sono molto cambiata, ho imparato un sacco di cose interessanti riguardanti le materie scolastiche.

Sono cresciuta mentalmente, ma anche di altezza! Vi ricordate quando mi mettevo di fianco al muretto in sala e guardavo quanto mi mancava per raggiungerlo, adesso lo avrò superato di almeno 10 cm, rispetto a due anni fa. Il cambiamento, dalle scuole elementari alle scuole medie, è stato molto duro: l'adattamento ai compagni, alla classe, alle regole, ai professori, ma soprattutto alla ricreazione, l'unico momento di pausa in tutte le ore scolastiche. Io adoravo la ricreazione alle scuole elementari, si usciva in giardino a giocare per quasi mezz'ora; alle scuole medie dura solo 10 minuti, faccio a malapena in tempo a mangiare.

Quest'anno, quando c'è stato il look down, ho capito che la scuola mi piace più di quanto pensassi. Preferisco vedere le persone dal vivo con i miei occhi, che guardarle attraverso uno schermo. Spero che fino alla fine dell'anno non ci sia un altro look down perché la DAD non è il vero modo di imparare.

In questi anni, le mie crisi adolescente non mi hanno ostacolato, anzi le ho affrontate senza timore.

In questi anni ho fatto amicizia con molte persone con cui mi diverto e mi fanno stare bene in ogni momento. Poi da non dimenticare le amiche di una vita, con cui mi posso confidare, ridere, scherzare e nonostante tutto mi sostengono e mi sopporta da tempo.

In tutta la mia vita ho imparato a divertirmi con molti, confidarmi con pochi, e dipendere da nessuno.

Di recente ho iniziato a stare a casa da sola, esperienza che non avevo mai provato, come quella di uscire da sola con le amiche.

Mamma e papà vi scrivo questa lettera anche per dirvi grazie, per avermi supportato, per avermi incoraggiato, per avermi protetta, per avermi regalato un sorriso ogni giorno, per andare avanti.

Quando sarò grande non importa dove andrò, come sarò, quanti anni avrò, quanto sarò cambiata, mi ricorderò sempre di voi e della bella vita che mi avete fatto vivere.

Ciao mamma e papà.

Un forte abbraccio.

                                                                                                     Alice

Frabetti Alice classe 2^C

Sciotto Maria - rispetto.pdf

Sciotto Maria classe 2^C

                                                                       Cento,15/11/2020

Cari genitori,

durante questo periodo di quarantena, ho avuto alcuni cambiamenti mentali. Per voi ho solo giocato interrottamente alla Playstation, ma per me sono maturata. Forse pubblicamente non lo dimostro, ma ho imparato molto senza la scuola. Ovviamente non dico che sia stata inutile in quel periodo, ma una pausa serviva a tutti.

Ho capito il vero significato di amicizia; una volta finito quel periodo buio ho perso i rapporti con molte persone, per il semplice motivo che per loro io ero solo un passatempo.

Dopo febbraio anche i miei compagni di classe cambiarono e mi contattavano solo per i compiti, mentre altri non li ho più rivisti fino a settembre.

Ho capito il vero significato di famiglia, ed è stata l’unica cosa a me vicina, è la cosa più bella e importante che ho.

Tralasciando questa parte commovente, in questi mesi ho pensato al mio futuro e a ciò che vorrei fare. Tra qualche anno dovrò andare alle superiori e avevo pensato di fare il linguistico, perché come ben sapete a me piacciono le culture altrui e viaggiare.

Ho pensato anche a che lavoro vorrei fare tra qualche anno e di certo non è uno dei soliti che mi citate, ma vorrei fare l’attrice. So che ve ne ho parlato molto spesso, è solo che vorrei che lo prendeste in modo serio.

È cambiato il mio modo di vedere la vita, perché le cose quotidiane e che a me sembravano banali, in realtà mi erano mancate tanto , anche avere attacchi d’ansia. Con questo concludo “l’umanesimo 2020”.

Ci sono stati anche cambiamenti negativi, cioè di dare troppa importanza ai giudizi degli altri, ma non vi preoccupate perché ci ho già lavorato.

Momenti belli di quest’anno non ce ne sono stati oltre la nascita di mio fratello M. Giulio.

Spero che il prossimo anno sia migliore per tutti.

A dopo!

Jasmine

 

P.S. Papà quando mi porti a scuola non parlarmi di scuola perché così mi viene più ansia alla mattina.

Sarraf Yasmine classe 2^C

 

LETTERA SUL RISPETTO                                                                                                                                                                                   Cento, 16/11/2020

 

Caro amico,

come va? Io tutto bene anche se sono stanco di tutta questa storia del covid-19. A voi quanti compiti danno? A noi ci bombardano e non ne posso più.

Volevo parlarti del rispetto, un argomento che abbiamo trattato in classe. Per me il rispetto è un semplice gesto, una semplice parola. Per esempio, dire grazie ogni volta che qualcuno ti fa un piacere. In questo modo stimoli gli altri a essere più spesso gentili e a rispettarti. Il rispetto per me è anche non rispondere male, non prendere in giro, ma anche non essere arrogante, non fare sempre quel che si vuole e cercare di ascoltare le persone che ti parlano e fare sacrifici per gli altri. Anche solo aiutare un passante in difficoltà, dare quei pochi soldi ai poveri è rispetto; perché con un semplice gesto si può cambiare totalmente la giornata. Per te invece cos’è il rispetto?

Circa due settimane fa mi trovavo in bici davanti casa perché stavo tornando da scuola e dovevo attraversare la strada. Una ragazza è passata di lì e mi ha chiesto: “Hai bisogno?”. Inizialmente non ho capito il perché me lo avesse chiesto, ma poi, ragionando ho capito. Me lo ha chiesto perché ero un po’ in bilico e lei magari pensava che mi fosse caduta la catena, o mi fosse successo qualcosa. Fatto sta che per me lei è stata molto gentile e rispettosa. Scrivimi tu un episodio in cui ti sei sentito rispettato.

Mi ricordo invece una volta in cui non sono stato rispettato. E’ successo un anno fa: ero a scuola e stavo andando in bagno e, visto la fortuna che ho, ho incontrato quelli di terza media alti 4 metri. Quando mi hanno visto hanno riso dietro le mie spalle e hanno detto: “Guarda, guarda è arrivato il gigante!”. Mi sono vergognato un sacco e, preso dall’ansia, sono corso in bagno e mi sono chiuso dentro. Sono venuti anche loro e indovina che cosa hanno fatto? Hanno messo il dito in mezzo alla serratura e mi hanno aperto la porta. Io sono scappato in classe piangendo e ho riferito tutto alla prof. che ha preso provvedimenti.

Se li incontrassi ora saprei come affrontarli: con ironia. Questo è stato un episodio in cui mi hanno mancato profondamente di rispetto: se la sono presa con il più piccolo perché siccome sono dei codardi, contro quelli della loro stazza, non se la prendono.

Parlando più in generale, secondo me, anche il governo se ne frega altamente delle persone e fa quel che gli pare pensando solo ai soldi e a comandare tutti a bacchetta e (enjambement) poter dare regole a manetta (rima baciata). Dovrebbero invece ascoltare di più quello che diciamo noi cittadini. Basta, poniamo fine a tutto questo, ribelliamoci!

Ok, forse mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo.

A volte penso di mancare di rispetto ai miei genitori, perché quando mi rispondono di no, mi si “chiude la vena” e inizio a rispondere male; ed ecco che faccio diventare orribile una giornata bella. Sto riflettendo molto su come smettere di rispondere male, ma non ho ancora trovato la soluzione. Mi diresti tu qualche consiglio?

Ci rivediamo appena finirà questo benedetto lockdown.

Ciao!

                            Kevin                                                                                                                                              

Sartorato Kevin classe 2^C 

Sciotto Maria - genitori.pdf

Sciotto Maria classe 2^C

Cari genitori,

parto dal presupposto che sono consapevole del fatto che quest’anno sia stato molto particolare. Ma comunque ci sono stati momenti brutti diventati belli, momenti difficili diventati insegnamenti e soprattutto ho imparato ad affrontare i problemi e tutto ciò grazie a voi, mamma e papà.

Voi, che quando che capite che qualcosa non va siete i primi ad aiutarmi.

Voi, che se sbaglio mi fate imparare ad agire nel modo giusto.

Voi, che se cado mi fate alzare e se piango mi asciugate le lacrime.

Voi, che mi avete fatto nascere e crescere.

Voi, che quando invecchierete sarò io ad aiutarvi.

Questo è quello che avete fatto soprattutto quest’anno, ma cosa più importante, grazie a voi siamo uniti, vi voglio bene.

A dopo.

 

Marco 

Brambilla Marco Eugenio classe 2^C


Un po' di poesie, dall'anima per l'anima.

Alla maestra Melania

 

La nostra maestra 

che ci manca

era molto bello sentire la sua voce

e ci mancherà molto

ci ha insegnato tante cose

era nelle classi 5A e 5B

e sarà nei nostri cuori

 

Balboni Andrej classe 1^E

LA FORESTA FOGLIE D’AUTUNNO

 

Oltre la foresta di foglie,

ci sono foglie di ogni tipo.

Rosse e verdi,

insieme,

vicine-vicine

formano l’allegria!

In ogni secondo

consiglio di andare a visitare

la foresta di foglie d’autunno.

 

(Klaudia Kalaja, 2C)

 

 

L’AUTUNNO EMOTIVO

 

Stagione

saggia e bizzarra,

con quei colori

nelle foglie

che esprimono malinconia.

Con quel vento che…

le fa volare via.

L’autunno

è quella stagione che,

illumina la via per l’inverno.

 

(Yasmine Sarraf, 2C)

 


Poesia Autunnale

                                        Gli alberi sono spogli,

                             niente più salti dagli scogli.

                             L’estate è alle spalle

                      l’autunno che vola via come farfalle;

                    è ora di cominciare una nuova avventura,

                        senza nessuna paura.

                                                                                                                           (Klea Paci, 2B)

 

 

 Come l’autunno

Cadon le foglie di tutti i colori,

ce n’è di gialle, arancioni e marroni.

Si va casa ad accendere il caminetto

e tutti sotto le coperte del letto!

 

(Eleonora Tasini, 2B)

 

 

POESIA D’ARTE

INIZIA L’AUTUNNO,

CADONO LE FOGLIE.

MILLE  FOGLIE A TERRA

CREANO UNA STRADA

CHE PORTA LONTANO.

 

(ALESSANDRO SCHIAVO, 2B)


2B e 2C insieme alla prof.ssa Garuti (arte)

La scuola


Scuole elementari:

era un posto divino,

giocavamo sempre in giardino.

Ci divertivamo sempre tra di noi,

non pensavamo mai a cosa avremmo passato poi.

Arrivato alle medie,

tutto era cambiato,

non c’era alcuna traccia del nostro passato.

Almeno una cosa per quest’anno la posso sperare:

che il covid possa passare.

Ma ormai il passato se ne andrà,

mai più indietro tornerà.

 Gabriele Baratelli classe 1^E

Imitando "Alle nove se non piove" di R. Piumini

Classe 2^D

Alle nove se non piove,

scendo giù nel mio giardino

e l'annaffio per benini.

Se alle nove invece piove

non innaffio proprio niente:

però vado con l'ombrello

un po' a spasso tra la gente.


R. Piumini, Poesie piccole, Mondadori

LA MIA DOMENICA

 

Alle 10 del mattino

ho ancora la testa sul cuscino

mi sveglio mezza addormentata,

e penso:”cosa succederà nella mia giornata?”

mi alzo tutta sorridente perché uscirò con le mie amiche, finalmente!

Ci troveremo in bicicletta

al parco vicino alla chiesetta

un gelato prenderemo

e grosse risate ci faremo

il giorno passerà in fretta

una bella giornata si prospetta

Dondi Irene classe 2^D


Se alle dieci c’è il sole…


Alle dieci, se c’è il sole,

guardo fuor dalla finestra

ed ammiro la ginestra.

E se ahimè, il sol non c’è,

non ammiro proprio niente.

Mi rintano sul divano,

e lo aspetto un po' impaziente.

Sabato Francesco 2^D

Imitando Cecco Angiolieri, 

"Se io fossi ... "

Classe 2^A

Se fossi celebre, sapiente sarei. 

Se fossi ricco, non spenderei manco un chicco. 

Se fossi potente, gli altri attaccherei.

Se avessi le ali, un giro tutt'intorno farei. 

Floridi Lorenzo

 

S'io fossi ricca gli altri aiuterei,

ma anche un po' me la godrei.

S'io fossi grande non mi potrei annoiare,

ma di tante cose mi dovrei preoccupare.

S'io fossi vita da tutti accorrerei,

s'io fossi morte fuggirei.

S'io fossi potente ordine porterei

e s'io fossi Giulia, cioè io, quel che posso farei.

Trombetta Giulia


S'io fossi famosa farei la cantante.

S'io fossi ricca girerei il mondo.

S'io fossi potente aiuterei le persone bisognose .

S'io avessi le ali volerei sopra il mare. 

D'angelo Maria


S’io fossi celebre, girerei il mondo;                                                                                             

S’io fossi potente, ci sarebbe il finimondo.                                                                        

S’io fossi ricca, spenderei in abbondanza;                                                                               

S’io fossi fuoco, brucerei ad oltranza.

S’io fossi vento, soffierei sulle teste di tutti;                                                                       

S’io fossi grande, darei i miei frutti.                                                                                           

S’io avessi le ali, volerei fino a toccare gli astri.                                                              

S’io fossi Giada, crescerei facendo disastri.

Negri Giada

 

Se io fossi ricca pagherei il mutuo di mia nonna

Se io fossi una bambina sarei spensierata

Se io fossi un gatto poltrirei tutto il giorno

Se io fossi nel passato rimedierò agli errori che ho commesso

Se io avessi le ali volersi più in alto

Se io fossi grande i miei sogni avvererei

Gotti Nicole

 

Se io fossi ricca, manderei soldi igienizzati a non finire.

Se io fossi una bambina, tutti i giocattoli mi aspetterebbero.

Se io fossi un gatto, dormirei tutto il giorno.

Se io fossi nel passato, tutti i giorni li rivivrei.

Se avessi le ali, il Giappone girerei.

Se io fossi grande, una gattara io sarei.

Pederzini Susanna

 

S'io fossi aria, mi intrufolerei ovunque.

S'io fossi tuono, spaventerei tutti.

S'io fossi un gigante, viaggerei il mondo a piedi.

S'io fossi ghiaccio, ghiaccerei il mondo.

Golinelli Pirani Giulio


S’i’ fossi ricco, le persone aiuterei.

S’i’ fossi me, come sono, mi divertirei.

S’i fossi come vorrei, mi annoierei.

S’i’ avessi le ali, il mondo girerei.

S’i’ fossi potente, in modo giusto comanderei.

S’i’ fossi celebre, una villa vorrei.

 Zohory Khadija

 

Se fossi ricco, aiuterei le persone in difficoltà. 

Se avessi le ali, vorrei lontano dalla sfortuna. 

Se io fossi come vorrei, forse un po' troppo mi annoierei.

Hasni Kawtar

 

S'io fossi celebre farei, concerti per fare beneficenza.

S'io fossi ricca, avrei una villa con vista mare da cui osservare i delfini con magnificenza.

S'io fossi potente, fermerei le guerre in tutto il mondo.

S'io avessi le ali, volerei conoscendo negli altri paesi tutte le culture facendo un solo girotondo.

S'io fossi grande, farei l'hostess sugli aerei conoscendo nuova gente.

S'io fossi me non mi annoierei, ma affronterei la vita con numerose grinte.

Carascoso Giada

S' io fossi ricco,

avrei i soldi fino al soffitto.

S'io fossi potente,

farei un editto.

S'io avessi le ali,

volerei sopra ai mari.

S'io fossi grande, mi farei degli avversari.

Mussino Ilias

Se fossi ricca, i poveri aiuterei. 

Se fossi potente, le guerre fermerei.

Se avessi le ali, volerei su posti desolati e vita porterei.

Se fossi grande, i miei sogni avvererei.

Maranzana Emma

 

S'io fossi ricca, soldi ai poveri darei.

S'io fossi grande, quello che voglio farei.

S'io avessi le ali, il giro del mondo farei.

S'io fossi potente, le guerre fermerei.

Halloumi Zineb

Classe 2^C


Se fossi celebre, non sarei felice.

Se fossi ricco, non cambierei.

Se fossi potente, metterei fine al razzismo.

Se avessi le ali, andrei sulla luna.

Se fossi grande, non smetterei di credere nei miei sogni.

Se fossi come vorrei, mi annoierei.

Cavicchi Benedetta


S’io fossi celebre, continuerei il mio percorso;

s’io fossi ricco, avrei tutti i lussi;

s’io fossi potente, comanderei;

s’io avessi ali, volerei sul mondo;

 

s’io fossi grande, guiderei;

s’io fossi veloce, correrei;

s’io fossi come ora, sarei felice.

Brambilla Marco Eugenio


Se io fossi un'aquila, volerei sulle cime delle montagne e osserverei il mondo con occhi diversi.

Se io fossi un pesce, nuoterei nuoterei per attraversare tutto l'oceano.

Se io fossi perfetta, mi sentirei imperfetta.  

Se io fossi ricca, non sarei veramente felice.

Se io fossi io, mi accontenterei.

Frabetti Alice

S’i’ fossi celebre, sarei Venere.

S’i’ fossi ricco, andrei a Salonicco.

S’i’ fossi potente, ti comanderei la mente.

S’i’ avessi le ali, volerei su tutti i mali.

S’i’ fossi grande, mi sentirei importante.

S’i’ fossi come vorrei, uguale a come son’ ora sarei.

Sciotto Maria


Se fossi celebre non porterei nessuno alle tenebre.

Se fossi ricco darei ai ragazzi un alambicco.

Se fossi potente agli animali darei la patente.

Se avessi le ali volerei e spargerei il mondo di sali. 

Se fossi grande agli scoiattoli darei le ghiande.

 El Mansouri Adam


Se fossi celebre, manderei le tenebre.

Se fossi ricco, donerei soldi.

Se fossi potente, renderei il mondo corretto. 

Se avessi le ali, sorvolerei il mondo. 

Se fossi come vorrei, cadrebbe il mondo. 

Se fossi modesto, sarei perfetto. 

Sartorato Kevin


Se io fossi ricca, tutto il mondo girerei.

Se io fossi un’aquila, volerei libera nel cielo.

Se io fossi te, mi innamorerei.

Se io fossi l’inquinamento, uccidere i killer.

Se io fossi Dio, butterei tutti all’inferno.

Se io fossi l’acqua, nulla mi fermerebbe.

Se io fossi una principessa, mi toglierei la corona e indosserei l’armatura.

Mouelhi Sojoud


Se io fossi  ricca, comprerei una villa a 3 piani come quella di Barbie.

Se io fossi potente, punirei i cattivi.

Se io avessi le ali, volerei in cielo per sfuggire alle verifiche.

Se io fossi mia zia, non chiamerei ogni 5 minuti.

Se io fossi mia madre, non mi lamenterei sempre.

Se io fossi mio padre, non starei sempre sul divano.

Se io fossi perfetta non mi lamenterei sempre.

Se io fossi io sarei triste.  

Alam Sadia

Se fossi celebre, scriverei un libro.

Se fossi ricco, farei beneficenza.

Se fossi potente, migliorerei il mondo.

Se avessi le ali, viaggerei.

Se fossi grande, lavorerei.

Se fossi come vorrei, avrei meno paranoie.

Marseglia Sarah

Se fossi un’attrice,

               sarei felice.

Se fossi potente,

                non sarei prepotente.

 

Se fossi ricca,

               rimarrei riccia.

Se avessi le ali,

              volerei via dagli “animali".

Sarraf Yasmine

Esperienze poetiche sensoriali in 2A: 

LA PIZZA

VIVA LA PIZZA!

 

La mamma chiama

Io capisco che mi ama

La pizza è pronta

Ha un profumo che lascia l'impronta!

 

Corro in cucina

Mi sale l'acquolina

Che sapore buono

Mi travolge come un tuono.

Golinelli Pirani Giulio


La pizza è come l'oro, 

fatta con il pomodoro.

La pizza è amore, 

fatta col cuore. 

D'angelo Maria


Il profumo della dolce pizza è per me come l'amore 

ed è come svegliarsi la mattina con un bagliore.

Nelle mie mani è morbida e croccante 

e quando è nella mia bocca è galante.

 Floridi Lorenzo

 

A tavola arriva la

pizza, che voglia di mangiarla!

Calda, farinosa

e in famiglia sembra ancora più gustosa.

Trombetta Giulia

 

Vedere la pizza

mi tranquillizza. 

Si veste di rosso

e non vedo l'ora di darle un morso.

 Fulco Filomena


Alta, soffice e croccante, 

sei per me la più invitante.                                                                                                    

Filante e ai bordi dorata, 

sei da tutta Italia amata.

Così fragrante e intensa, 

il tuo profumo tutto compensa.                                                                                     

Rappresenti la nostra nazione, 

come piatto per ogni stagione.

Negri Giada

 

La pizza ipnotizza col suo gusto:

la salsa succosa e acquosa,

la mozzarella filante e scottante,

la guarnizione abbondante e abbagliante.

 Gotti Nicole


La pizza è con il bordo alto, spugnosa e morbidosa.

Porta sempre allegria ed è meravigliosa.

Bella come sole, quando arriva in tavola toglie le parole.

Salata o dolce chiunque la vuole.

Pederzini Susanna


Sono la pizza e sono profumata.

Posso essere grande o tirata.

La crosta croccante in bocca senti scrocchiare.

Insieme alla famiglia mi puoi gustare.

Baciu Denis Nicolas

Son seduta sento il profumo squisito.

È croccante e calda che invito.

A vista è l’Italia: buona e golosa.  

All’assaggio è filante: che deliziosa!

Zohory Khadija

 

Pizza, profumo gradevole

Pizza, al tatto pieghevole

Pizza, vista triangolare

Pizza, sensazioni di casolare

Bianchi Filippo

 

La pizza è più di una cosa:

è dolce e gustosa 

quasi misteriosa,

ma soprattutto inebriante 

come mille poesie di Dante.

Palumbo Gabriele

Il suo profumo è così delizioso 

a volte afoso, 

la sua crosta molto croccante, 

il suo sapore è molto buono, 

che immagino cotta da un bravo cuoco.

Assaggiandola mi sento tanto felice,

che mi immagino di essere un’assaggiatrice.

 Hasni Kawtar

 

Profumata, fragrante, sfornata dal forno a legna.

Finalmente il mio desiderio si è avverato alla sua consegna:

ricordo di averla goduta a Napoli sulla sua costa.

Era così buona che l'ho gustata fino alla sua ultima soffice crosta.

 Carascoso Giada

 

La pizza con il pomodoro

diventa per il pizzaiolo oro,

guarnita con peperoni dolce o piccante

per bambini e adulti e sempre invitante.

 Mussino Ilias

La pizza morbida e invitante, 

ti entra nella mente in un istante,

Calda e gustosa,

è tutta un’altra cosa.

Croccante e rettangolare,

l’acquolina mi fa arrivare.

Maranzana Emma

 

La pizza spessa, deliziosa: “Mmmh, che buon sapore!”

Mi vien l'acquolina solo a veder il suo splendore,

 

La pizza mi dà felicità

e il cuore mi si aprirà.

Halloumi Zineb

Dopo un lungo periodo di isolamento, è nata spontaneamente una riflessione sulla cittadinanza digitale e sui pericoli della rete. Dal progetto SIC di Generazioni Connesse (MIUR), ecco alcuni dei #SuperERRORI commessi dai ragazzi dell'IC "Il Guercino".

Sciotto Maria - Trust Woman.pdf

Sciotto Maria classe 2^C

Frabetti Alice - Perditempogirl.pdf

Frabetti Alice classe 2^C

DIGIMAN

Io mi chiamo Adam e Il SUPERERRORE in cui mi ritrovo più spesso è DIGIMAN, perché a ogni persona che mi scrive, rispondo e rimango a chattare per un’ora se non di più.

Al posto che mettere il telefono nella mia camera spegnendolo, chiedo a mio papà di prenderlo e nasconderlo in un posto dove non arrivo ad arrampicarmi, ad esempio l’armadio. Sembra che i miei contatti lo facciano a posta a mandarmi 340 messaggi mentre studio o mentre faccio compiti. Un'altra opzione è metterlo in una stanza e chiuderlo a chiave, spegnendolo così da non sentire la notifica a ogni nuovo messaggio.

Non ho solo un SUPERERRORE ma ne ho anche un altro, cioè essere troppo appassionato di videogiochi, soprattutto Fortnite.

Diventa una dipendenza dopo averci giocato per più di un anno. Non solo Fortnite è una dipendenza, ma anche altri videogiochi ad esempio Minecraft, che è uno dei giochi più giocati al mondo.

Ma continuando a parlare di Fortnite è anche il gioco che ha reso bambini e adulti violenti e arrabbiati, non per colpa del gioco in sé, ma per colpa dei giocatori che ti uccidono sempre ingiustamente, a volte alle spalle altre volte dal cielo.

El Mansouri Adam classe 2^C

   Stressman

Ciao,

mi chiamo Cristian, ho 12 hanni e mi sono dato questo soprannome “stress man”, in quanto penso di essere un ragazzo stressante, non troppo ma lo sono. Non sono il tipo di persona che ti stressa per messaggio e tanto meno riempio di messaggi i miei amici, ma spesso per dispetto invio a loro tantissimi messaggi, tanti stiker e altettante chiamte se non rispondono. Spesso, quando inizio a diventare stressante con i miei amici, la maggiorparte delle volte mi insultano oppure mi bloccano per dispetto. Io non ci rimango male, perché so di meritarlo. Nel caso in cui i miei amici non mi blocchino, mi riempiono di chiamate messaggi e stiker, proprio come faccio io. Spesso per far arrabbiare mia madre la riempio di messaggi, anche se è a lavoro. Dopo insulti e litigi ho smesso di sressare i miei amici e familiari. Mi ci è voluto tanto tempo, anche se è più forete di me e ogni tanto lo faccio.

Neri Cristian classe 2^C

Maraventano Michele classe 2^C

Charlie Dati

Io sono Charlie Dati e il super errore in qui mi rivedo di più e Chat Man. Mi piace tanto la tecnologia però non la uso bene perché la utilizzo troppo tempo.

Mi piace davvero tanto scrivere dal computer soprattutto perché il rumore dei tasti mi rilassa tantissimo. Un’altra cosa che adoro e è guardare i video dei miei amici su Youtube e commentare, così in questo modo scrivo anche con i miei vecchi amichi di Pieve .

Certe volte i miei genitori mi riprendono, sgridandomi e dicendomi che non devo stare troppo con il telefono, computer, eccetera, e di non stare troppo sui social perché potrebbe essere pericoloso, soprattutto quando consento di accedere alle foto della galleria.

Così, in questo modo sono riuscito a capire che non devo stare troppo tempo sui social per il pericolo.


Top Video girl

Il #Supererrore in cui mi rivedo di più è Top Video Girl, perché come lei non resisteva a rispondere ai messaggi, io non resisto a non guardare le serie TV nel mio tempo libero. Cosa che non faccio sempre, ma spesso, e alcune volte mi rendo conto che potevo sfruttare quel tempo in altre attività come leggere un libro o fare un disegno.

Credo questa mia fissa sia dovuta al fatto che per me il cellulare rappresenti il mio relax, quindi penso che per risolvere questo problema sia necessario fermarsi a pensare prima di utilizzare il cellulare e capire se ha davvero tanta importanza o se rinunciare qualche volta e sostituirlo a un buon libro.

Cavicchi Benedetta classe 2^C

Le tenebre degli umani

La mia paura più grande è subire scherzi dove i miei amici si fingono altre persone per farmi paura e farmi credere che abbia avuto degli attacchi dagli haters. Per esempio, quando mi fanno credere che mi hanno rubato informazioni personali oppure foto per renderle pubbliche sui social, ricattandomi chiedendomi soldi. Diciamo che i miei amici mi hanno fatto questi scherzi da sempre una volta al mese, visto che pensavano che io fossi un credulone. Però un giorno io e un mio amico di nome Andrea, stanchi di questi stupidi scherzi, avevamo deciso di rendere pan per focaccia a un altro mio amico che ci torturava con scherzi di ogni genere almeno due volte a settimana. Così, abbiamo deciso di ripagarlo con la sua stressa moneta; finalmente potevamo fargli uno scherzo che avrebbe potuto salvarci dalla situazione di non dover far più scherzi di questo genere, ma solo normali. Io e Andrea avevamo deciso di eseguire l’atto nel nostro nascondiglio segreto ovvero in una casa abbandonata. Abbiamo montato delle pareti finte perché lo scherzo consisteva nello spaventare Luca su WhatsApp, facendogli scrivere da un hater che aveva invocato un fantasma indemoniato per poi farlo sbucare dietro la parete della casa abbandonata. Io avrei scritto e Andrea si sarebbe travestito da fantasma, tutto ormai era pronto, avevamo pianificato che io Andrea e Luca ci saremmo visti nel nascondiglio segreto alle 18:00. Luca era arrivato per primo, mentre noi gli avevamo detto che saremmo arrivati sul posto dopo 10 minuti, ma noi eravamo già lì. Io, fingendomi l’hater, che aveva invocato il fantasma, avevo cominciato a scrivere a Luca su WhatsApp delle cose inquietanti tipo: “Sei da solo? Ci senti? I tuoi genitori sono morti. Sono vicino, ti vedo. Tu sei nostro. SEI SPACCIATO.” Luca si era già spaventato ma il colpo di grazia stava arrivando. Egli scriveva: “Chi siete? Che cosa volete da me? Andatevene via.” Io aspettai 30 secondi per scrivere l’ultimo messaggio ovvero: “Non temere, va tutto bene adesso rilassati e stai tranquillo perché noi siamo già lì, il tuo terrore ci dà forza e sicurezza di compiere un altro sacrificio umano. Prima eravamo solo dei deboli, ma adesso siamo più forti di tutti, il tuo cadavere giacerà lì per terra e nessuno ti potrà salvare, andrai all’inferno più oscuro che tu possa immaginare. Io sono l’hater di cui hai avuto più paura e io sono il fantasma che tutti temono e tu sei la nostra prossima vittima, goditi questi tuoi ultimi due secondi di vita perché noi siamo già li.” All’improvviso Andrea spaccò le pareti finte dietro Luca e lui si spaventò così tanto che si mise a terra e non si mosse più, tenendo gli occhi aperti e facendo i suoi ultimi respiri Io e Andrea iniziammo a ridere e quando avevamo smesso dicemmo a Luca che era tutto uno scherzo per vendicarsi, ma lui era steso lì, per terra, non muovendosi più. Lo scherzo che avevamo pianificato si trasformò in un incubo. Non ci credevo avevamo strappato la vita ad un nostro amico per sbaglio con i nostri artigli e ne pagammo le conseguenze. Non fummo arrestati, però avevamo capito che per colpa nostra Luca aveva perso la vita, quando invece poteva aver una moglie, dei figli, un lavoro ed una vita felice, ma morì per mano di due suoi “amici” solo a 13 anni. Io e Andrea avevamo capito che non dovevamo fare un’altra volta una cosa del genere, così lo dicemmo anche ad altri nostri amici che non si dovevano fare queste cose bruttissime e vergognose. Ed è per questo che non si devono fare scherzi del genere con i propri amici o a qualsiasi altra persona perché non si sa mai, potrebbe accadere qualcosa di brutto in qualsiasi momento. Noi e la nostra storia, chiamati a raccontare la vicenda ed il nostro pentimento, diventammo un esempio per i nostri coetanei.

Angelone Luigi classe 2^C

VIDEO MAN

Io sono Marco Brambilla e il Supererrore in cui mi rivedo maggiormente è “Video man”. Appena ho un attimo libero gioco ai videogiochi e mi distacco dal mondo immaginando di creare e di fare tutto quello che voglio. Mi isolo mentalmente e ci siamo solo io, la Play station e i miei amici con cui gioco virtualmente. In quel momento, davanti a me, posso fare tutto quello che voglio, come ad esempio entrare nel gioco e riuscire ad usare tecniche che so fare solo io con grande soddisfazione. Io uso soprattutto giochi di basket, combattimento, calcio e automobilismo. Mentre gioco mi diverto, mi rilasso, sapendo comunque che lo sto facendo in modo nocivo. Perché divertirsi e stare per conto proprio è una cosa, ma isolarsi da tutto e da tutti rovina i rapporti con le persone che ti stanno vicino, perché le ignori e non pensi a loro che ti vorrebbero parlare oppure fare qualcosa con te. Anche se io mi arrabbio molto se mi vengono fatte delle restrizioni dai parte dei miei genitori riguardo all’uso dei videogiochi, dopo un po’ capisco che ciò che fanno è per me.

Brambilla Marco Eugenio classe 2^C


Speranze e paure per questo nuovo anno, scolastico e non.

Hasni Kawtar classe 2^A

Golinelli Pirani Giulio classe 2^A

Angelone Luigi classe 2^C

Frabetti Alice classe 2^C

Il giro a cavallo

 

Durante l’estate mio papà ha avuto la splendida idea di portare me e mio fratello in un maneggio in Puglia. In realtà quello più entusiasta tra tutti era mio fratello Andrea che ha sei anni, infatti, questa idea è nata proprio perché papà voleva esaudire un desiderio che lui aveva espresso da tanto tempo. Io al contrario non ero al settimo cielo perché gli animali mi piacciono, ma finché rimangono lontani da me…

Arrivati nel maneggio, la prima cosa che mi ha colpito di più è stato l’odore di stalla. Non proprio gradevole.

C’erano le stalle e fuori all’aperto tanti recinti con dentro numerosi cavalli. Erano bianchi, neri, marroni, pezzati, alcuni più alti e alcuni più bassi. Appena ci si avvicinava un po' nitrivano, sbuffavano e scalciavano con le zampe anteriori. Forse era un modo per salutarci?

Andrea, mio fratello, ha un carattere molto diverso dal mio, è più vivace, solare, incosciente e sicuro di sé. Infatti, salì per primo. Credo che sia stata la prima volta in cui l’ho visto obbedire senza fare storie a qualcuno di estraneo alla famiglia. Probabilmente l’istruttore gli aveva trasmesso fiducia. Era perfetto in groppa, postura eretta e comandi eseguiti alla perfezione. Mi veniva quasi da ridere nel vederlo così concentrato.

Intanto la mia ansia cresceva perché sapevo che dopo un po' sarebbe arrivato il mio turno. Non potevo fare davanti a mio fratello una figura da fifone. 

Tra me e me pensavo:«e se il cavallo si imbizzarrisce e mi scaraventa per terra? E se sbaglio qualcosa e gli faccio male? E se inciampa e cado di testa?» In pratica tutta una serie di film mentali con finale tragico-fantozziano.

Arrivò il mio turno. Mi feci coraggio. Come immaginavo ebbi difficoltà a salire, perché non sono un tipo molto agile.

Una volta in groppa la sensazione fu strana. Ero in alto. Molto in alto. Mi sentivo ondeggiare a destra e a sinistra come un materassino tra le onde. Dopo qualche giro di prova con l’istruttore mi abituai al movimento oscillatorio del cavallo. Per muovermi era necessario tenere un buona posizione eretta, mantenere la concentrazione e coordinare il movimento delle braccia con i piedi. Quando presi sicurezza andai da solo.

Ero fiero di me. Non avrei mai pensato di poter riuscire a controllare un animale di quelle dimensioni.

L’esperienza è stata molto bella, quasi terapeutica, mi ha insegnato che per superare la paura bisogna prima affrontarla.

 

Sabato Francesco classe 2^D

Quest'estate abbiamo letto...

Neri Cristian classe 2^C

Ciao Viola, 

come stai? Durante questa quarantena mi hai chiesto di consigliarti un libro da leggere, e io credo di avere quello che fa per te. Il libro si chiama Obbligo o verità? È un libro bellissimo che ci ha consigliato la nostra professoressa di italiano. Ora te ne parlo un po’.

Questo libro racconta di due migliori amiche, Sabina e Nora, inseparabili e affezionate; con il rientro a scuola, Nora vede Sabina, sotto una luce superficiale e antipatica, stare con un'altra compagna, Fanny. Quindi, Nora si sente delusa e messa da parte. 

Karim, una ragazza tranquilla, viene un po’ presa in giro da tutti per il suo corpo rotondo e goffo; alcune compagne di classe le fanno subire scherzi sgradevoli, perciò si rifugia da Nora, che è quella che tende a essere meno aggressiva e più gentile.  

Il personaggio che mi è piaciuto di più è Nora, perché è una ragazza sveglia e sicura di sé; mi piace molto per il suo carattere grintoso, soprattutto è una ragazza che non si arrende e affronta le cose a testa alta. La scena che mi è piaciuta di più è stata quella in cui Nora esce dal mini market con le sigarette in mano da portare a sua madre e incontra Karim;  a quel punto vede Cookie, la cagnolina di Nora, e Karim la vuole subito accarezzare e giocare con lei: tra loro nasce subito un bel legame affettuoso. Mi ha appassionato molto quella parte perché adoro gli animali e quindi mi si è riempito il cuore di gioia al pensiero che anche questi personaggi amino gli animali. Considerate tutte le cattiverie commesse nei loro confronti soprattutto in estate, in cui sono più frequenti gli abbandoni, anche in autostrada. Basta ascoltare un telegiornale, poverini!   

Il libro mi è piaciuto perché secondo me valorizza la vera amicizia, descrive un’amicizia in crisi  tra Nora e Sabina, e un’ amicizia che sboccia tra Karim e Nora. Leggendo questo libro ho capito che l’amico è la persona che sta vicino a te nei momenti più brutti e oscuri, ma ci sarà sempre per te se ti vuole davvero bene.

E infine, la frase che mi ha entusiasmato di più è: “Quando sei deluso e ferito desideri e speri, e appena ottieni ciò che volevi ti dimentichi tutte le cose brutte come se fossero un sogno.”, detta da Nora più o meno nella parte centrale del libro. Questa frase è molto significativa,  perché per me noi esseri umani per natura siamo portati a cercare la felicità e ad evitare di pensare alle situazioni più brutte e spiacevoli,  anche se però le esperienze tristi e faticose a volte sono utili per farci diventare più forti e coraggiosi.  

Tu che ne pensi? Viola, spero che questo libro ti possa piacere.

Ti abbraccio forte,

Giada.

Carascoso Giada classe 2^A

Alice Frabetti classe 2^C

Ciao Marco, 

come stai? So che ti stai annoiando sempre rinchiuso in casa, per questo voglio consigliarti un libro che ho letto quest’estate. L’ho scelto fra una lista di libri che ci ha dato la mia Prof. di Italiano. Il libro si intitola Lo stadio stregato. Racconta la storia di una squadra di calcio di Milano che si chiama Le Cipolline di Milano. Finalmente hanno un nuovo stadio, il Sofia Arena, in cui possono giocare il campionato. Il nuovo stadio però sembra che gli porti solo sfortuna, infatti quando giocano in casa perdono sempre mentre in trasferta vincono! Riusciranno a vincere il campionato? Non voglio svelartelo.

Il personaggio che mi è piaciuto di più è Pallamatta, perché è un attaccante come me e perché è molto buffo e simpatico. La scena che mi è piaciuta di più è quando viene raccontata l’ultima partita e il gol decisivo che è stato fatto con molta fortuna. Questo libro mi è piaciuto molto perché parla di calcio che è la mia passione. Una frase che mi è piaciuta molto è: “Amici, se decidiamo di abbandonare il Sofia Arena abbiamo perso il campionato prima ancora di giocare, vorrebbe dire arrendersi e ammettere che la sfortuna è più forte di noi”. Mi è piaciuta perché se ci metti la passione e l’impegno alla fine riesci a raggiungere i tuoi obiettivi obbiettivi.

Ti saluto e spero di vederti presto!

Lorenzo

Floridi Lorenzo classe 2^A

Ciao Francesco,

spero tu stia bene e sia pronto per ripartire con la scuola. Io ho trascorso delle belle vacanze, durante le quali ho letto un bel libro d’avventura che ti vorrei consigliare. Si intitola Il Barone Rampante, scritto da Italo Calvino. Ti racconto brevemente di cosa parla.

Cosimo ha 12 anni e vive costretto dalle rigide regole che gli impongono i genitori e la sorella maggiore. Dopo una lite per un piatto di lumache, decide di lasciare la famiglia e andare a vivere sugli alberi. Non si tratta di un capriccio, ma di una vera e propria scelta di vita che lo accompagnerà fino alla morte a 65 anni, quando, malato, abbandonerà gli alberi aggrappandosi ad una mongolfiera che lo porterà a morire lontano.

È un libro che racconta le mille avventure del protagonista. Ne elenco alcune: vive una storia d’amore con Viola che purtroppo sposerà un altro uomo; lotterà con i pirati; diventerà un filosofo famoso leggendo tanti libri; incontrerà Napoleone Bonaparte; diventerà amico di un brigante; conoscerà persone nuove che vengono dalla spagna; costruirà un bel rapporto di amicizia col cane Ottimo Massimo.

Il personaggio che preferisco è il protagonista Cosimo. Lo ammiro per le imprese che ha saputo compiere, per la sua vita avventurosa. Ha preso una decisione e l’ha portata fino alla fine, mi è piaciuta la sua determinazione. L’episodio che più mi ha colpito è quello in cui Cosimo, insieme agli amici carbonai, deruba i pirati delle ricchezze che avevano accumulato coi saccheggi. Egli si sente impietosito dalla situazione dei carbonai che non hanno cibo a sufficienza per le loro famiglie e decide di aiutarli. In questa circostanza apprezzo il grande cuore di Cosimo.

Ho apprezzato questo libro perché è stato coinvolgente, mi ha conquistato pagina dopo pagina, facendo crescere in me il desiderio di conoscere come andavano a finire tutte le avventure di Cosimo.

Due frasi mi hanno particolarmente colpito: “un gentiluomo è tale stando a terra come stando in cima agli alberi”. Anche io penso che, se una persona ha per natura dei modi gentili, così sarà in ogni circostanza della sua vita.

La seconda frase recita: “so che quando ho idee più degli altri, do agli altri queste idee, se le accettano. Questo è comandare”. Condivido questo pensiero perché le menti più attive sono quelle che non si lasciano influenzare e prevalgono sulle altre.

Caro amico, direi di averti dato tante informazioni sul libro, spero di averti incuriosito.

A presto!

Giulio

Golinelli Pirani Giulio classe 2^A

Sciotto Maria - Ciao, tu.mp4

Sciotto Maria classe 2^C

Ciao Mattia,

ti scrivo sapendo che abiti in una località di mare dove, molto probabilmente, passi tanto tempo, ma ti voglio consigliare un libro per quando sei a casa e ti annoi. Il libro si chiama Storia di una gabbanella e del gatto che le insegnò a volare. Questo libro parla di una gabbiana di nome Kengah che, mentre pescava con il suo stormo, è rimasta intrappolata in un’onda di petrolio e ha cercato di volare finché ha potuto arrivando, dopo un lungo viaggio, nel balcone di una casa sul porto in cui viveva un grosso gatto nero. Quando l’uccello ha incontrato il gatto, di nome Zorba, si è fatta promettere che non avrebbe mangiato l’uovo che stava per deporre. Il gatto, allarmato dalle condizioni gravi di Kengah, è uscito a cercare aiuto ed è tornato con i suoi amici gatti. Era ormai troppo tardi perché la gabbiana era morta e, prima di seppellirla, hanno trovato il suo uovo. Zorba, come promesso a Kengah, si è impegnato a covare l’uovo e a proteggerlo. Quando l’uovo si è schiuso è uscita una gabbianella che i gatti, insieme ad un umano poeta vicino di casa, hanno provato ad aiutare con tanti sforzi. Una volta cresciuta bisognava insegnarle a volare. Magicamente Zorba riusciva a comunicare con il poeta, che con la sua poesia gli ha spiegato come insegare a volare alla gabbiana. Ti lascio la voglia di scoprire, leggendo questo bel libro se, dopo tanti sforzi, la gabbianella è riuscita a volare.

Ti consiglio questo libro soprattutto perché quando lo cominci non vuoi più fermarti, ma anche perché fa capire cosa stanno causando gli umani e cosa è veramente l’amicizia. Il mio personaggio preferito è il gatto protagonista che rischia persino la sua vita per quella della gabbianella. La mia frase preferita è stata: “una promessa di gatto del porto coinvolge tutti i gatti del porto” che detta così sembra strana, ma è segno di solidarietà e unione tra un gruppo di amici.

Spero che tu cominci bene il tuo primo anno di superiori.

Saluti 

Marco 

Marco Eugenio Brambilla classe 2^C

Sciotto Maria - Il buio oltre la siepe.pdf

Sciotto Maria classe 2^C

Ciao Celeste!

Come stai? Spero tu stia passando queste vacanze al meglio.

Oggi volevo consigliarti un libro meraviglioso che mi ha dato da leggere il mio prof di Italiano.

Il titolo di questo libro è  Favole al telefono,  ed è stato scritto da Gianni Rodari e pubblicato dalla casa editrice EINAUDI RAGAZZI nel 2017 a Trieste.

Devi sapere che questo libro non ha un genere ben preciso, poiché è composto da vari racconti ed è per questo che ogni storia ha un’ambientazione diversa e un tempo diverso.

I Personaggi principali sono due, ovvero il Ragionier Bianchi che è colui che nel libro racconta le storie e sua figlia che è colei che ascolta i racconti di suo papà.

I personaggi secondari invece sono tutti i personaggi delle storie.

Questo libro per me è come un’albero, che parte da una storia che poi si dirama in tante storie diverse, questo mio pensiero è dato dal fatto che il libro inizia con il raccontare del Ragionier Bianchi che per motivi di lavoro per quasi tutta la settimana era in giro per l’Italia. Sebbene molto impegnato, il Ragionier Bianchi ogni sera chiamava sua figlia per raccontargli una storia. Da qui iniziano una lunga serie di storie una più bella dell’altra.

La storia che mi è piaciuta di più si chiama “IL TOPO DEI FUMETTI”, perché parla di un topo diverso da tutti e non accettato dai topi normali, e l’unico che lo accettò fu un gatto. Secondo me questo racconto a bellissimo significato di amicizia.

Questo libro mi è piaciuto perché ogni singola storia ha un significato o una morale diversa, e credo che riesca, tramite dei racconti, a trasmettere insegnamenti di vita davvero importanti.

Quest’anno è il momento giusto per scoprire questo scrittore (GIANNI RODARI) che tanto si è dedicato ai racconti per ragazzi, in quanto ricorre il centenario della sua nascita (23 Ottobre 1920).

La frase di questo libro che mi è piaciuta di più è stata: “La verità è più forte di qualsiasi cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano.”

Spero tu legga questo libro e se lo farai fammi sapere che cosa ne pensi!

Ciao e buon proseguimento di vacanze.

Benny

 Benedetta Cavicchi classe 2^C

Scrittura creativa come terapia per l'anima, ai tempi del COVID-19.

 

Vista Giulia 1F Testo creativo Gli occhialini magici.mp4

Giulia Vista classe 1^F

Sciotto Maria 1C - video contro razzismo.mp4

Maria Sciotto classe 1^C

MIO NONNO UMBERTO

Era da tanto che volevo scrivere di mio nonno Umberto.

Mio nonno è, per me, una specie di super eroe. La sua vita è come un sacco che lui porta sulle spalle, pieno di avventure ed esperienze. Mi basta gironzolare per le stanze del suo appartamento per vedere mille foto e oggetti che lui ha collezionato nel tempo e che raccontano la sua vita. E su ognuno di loro ti fermeresti a guardare, leggere e a farti tante domande che inevitabilmente ti fanno viaggiare con la fantasia.

Io lo chiamo Umbi e se penso che sua madre lo chiamava Umbertino mi scappa da ridere, perché di Umbertino non ha proprio nulla! È un omone grande, alto ed imponente, con lo sguardo fiero, scrutatore e un po’ cupo di chi sa che tanto vince sempre lui. Vorrei tanto un giorno essere sicuro di me stesso come lo è lui o almeno dare agli altri questa impressione. Quando Umbi ti guarda, domandati sempre se stai facendo la cosa giusta. 

Io ho un bel rapporto con lui, perché l’altra faccia di Umbi è un nonno a cui piace scherzare e fare battute. Forse ha capito che io e lui in questo ci assomigliamo, con lui posso lanciarmi in battute per cui i miei genitori mi fulminerebbero con lo sguardo, ma Umbi, che dice sempre quello che pensa, passa oltre le formalità. Forse è stanco di formalità, dopo una vita in giacca e cravatta. Sapeste quanti lavori e quante cariche ha ricoperto mio nonno!

Da giovane ha vissuto in Uruguay, in un posto bellissimo chiamato Punta de l’Este. Qui ha imparato lo spagnolo. Tornato in Italia si è laureato in Ingegneria navale. Ha vissuto anche in Francia, dove ha imparato il francese. Ha sempre lavorato nel mondo dei viaggi, fino a diventare direttore commerciale dell’aeroporto di Bologna e poi anche direttore generale dell’aeroporto di Rimini. C’è una sua bellissima foto in casa, ritratto proprio sotto al gigantesco muso del più grande aereo cargo del mondo.

Lavorando in aeroporto ha avuto la fortuna di conoscere personaggi importanti, come testimoniano le sue tante foto: Gorbaciov e Papa Giovanni XXIII per esempio. È stato perfino console onorario dell’Uruguay in Italia e ha ricevuto il titolo di Cavaliere di Malta! Un giorno mi farò raccontare bene com’è andata, sono proprio curioso.

Ha viaggiato tantissimo nella sua vita, ha visto tanti luoghi lontani e conosciuto tradizioni di popoli che io nemmeno conosco. Ma la sua inequivocabile passione sono i cavalli. Non esiste stanza della sua casa, bagni esclusi per fortuna, in cui non vi sia un quadro che ritrae cavalli, una statuetta di un cavallo, una staffa o altri oggetti che rimandino al mondo equino. Perché Umbi è anche un cow boy.

Un giorno mi ha fatto la sorpresa di aspettarmi a casa dopo la scuola e mi ha chiesto, con il suo fare diretto e senza fronzoli: “Hai fame?”. Chiaro che la risposta era un gigantesco “Sì!!” e siamo andati a pranzo insieme da Cencio, una trattoria qui a Cento, dove si mangia benissimo, perché con Umbi non si sbaglia, sempre tutto al top.

In quell’occasione abbiamo chiacchierato, scherzato e lui diceva a tutti che io ero suo nipote, mi sono sentito importante!

Golinelli Pirani Giulio classe 1^A

Borghi Vittorio classe 2^D

Riflessioni al tempo del coronavirus

Salve io mi chiamo Luigi e ho 12 anni e vi sembrerà strano cominciare da questo punto, ma è da proprio da qui che voglio cominciare. In un giorno come tutti gli altri, io riflettevo guardando il panorama dalla mia finestra della cucina. Mi affacciai e cominciai a pensare quanto fosse bello, prima del lockdown, uscire con gli amici e i propri famigliari ed anche se adesso si è tornati più o meno alla normalità e si può incontrarsi di nuovo, non è la stessa cosa perché era così bello non essere intrappolati e vivere la propria vita in serenità. 

Il coronavirus non ci ha dato questo, ci ha dato di peggio, ci ha fatto perdere le persone care, i famigliari e gli amici, insomma le persone che noi amavamo ed è come se si fosse vendicato perché lui era già apparso da qualche parte in passato; visto che l’uomo l’ha sconfitto una volta, lui modificato e più forte, è ritornato e alla fine si è vendicato. Ma la cosa più triste è che si è sempre intrappolati nelle nostre case, anche se noi quando uscivamo da scuola volevamo tornare a casa, adesso è il contrario. Ci lamentavamo di alzarci presto per andare a scuola, invece ora ci annoiamo restando a casa a fare sempre le stesse cose e non uscendo con gli amici. 

Poi mi ricordo anche che in estate io avrei voluto veramente tanto andare a Parigi e a New York, ma per mia sfortuna non potevo andarci perché non avevo il tempo e perché non potevo permettermelo e figuriamoci adesso che c’è il coronavirus. Però l’anno prossimo oppure quando avrò 17 o 18 anni spero di andarci.

Ma comunque non ci dobbiamo preoccupare perché noi abbiamo speranza, speranza di farcela. E anche se il coronavirus ha ucciso tantissime persone, almeno esse e noi e quelli rimasti sapranno che l’umanità è riuscita a salvarsi da un'altra catastrofe e continuerà a vivere per tantissimo tempo, addirittura forse per sempre.

Angelone Luigi classe 1^C

OSSERVO, ASCOLTO, ANNUSO, TOCCO E ….

Appena metto le scarpe e vado in giardino

 vedo gli uccellini che volano sulle antenne della T.V. delle case 

e le colombe che hanno fatto il nido nell’ alloro di casa mia

 covare le uova o portare del cibo

 e anche i merli che beccano per cercare qualche verme,

 oppure i corvi

con le gazze che stanno

sui tetti a cinguettare

e infine gli stormi di uccelli che tornano dai paesi caldi. 

 

Poi sento il fruscio del vento che mi passa fra i capelli 

o il cinguettio dei pettirossi sugli alberi

 o il ronzio delle api e delle vespe 

oppure sento ronzare le prime zanzare e 

il rumore delle foglie staccate dal vento 

quando le pestano. 

 

Annuso anche il profumo dei fiori

 e quello delle piccole prugne che cominciano a crescere sui prunus

del mio giardino e poi mi siedo sull’erba 

e tocco quella superficie verde un po’ tagliente coi tanti piccoli rametti 

pungenti

poi tocco la terra per lo più secca, 

morbida solo quando piove. 

 

Infine, dopo aver visto, sentito, annusato e toccato tutto il mio mondo

prendo una sedia e mi metto all’ombra di un albero

a gustare una bella mela. 

 

NICOLE ANDREOTTI CLASSE 1^D

 Una pericolosa arrampicata sull'albero

 

In un tiepido pomeriggio di primavera io e... un attimo, prima devo chiarire una cosa: dovete sapere che tutte le avventure che ho vissuto e che probabilmente avrò ancora la possibilità di vivere, le ho fatte con le mie cugine e mia sorella, infatti anche questa volta racconterò una piccola avventura in loro compagnia  Comunque, dicevamo, è un un pomeriggio di primavera e il nostro quartetto si trova nel giardino dei prozii, e siamo annoiate come sempre. Ci guardiamo intorno per vedere se c'è qualcosa da fare, ma al momento non troviamo niente di meglio da fare che camminare con le mani in tasca strisciando i piedi. Studio le facce delle mie compagne e le vedo annoiate a morte, ma poi vedo Adele che sta fissando qualcosa. Seguo il suo sguardo e intuisco subito cosa vuole fare: ha intenzione di arrampicarsi su un albero. Io le sorrido in segno d'intesa, e lei ci espone la sua idea per scacciare la noia “ So cosa possiamo fare per occupare il tempo! Avevo in mente di...” “Cosa hai in mente di fare?” la interrompe mia sorella Costanza. “Se almeno mi lasci finire!” replica Adele “stavo dicendo che avevo in mente fare un'escursione su un albero”. “Intendi arrampicarsi su un albero?” chiedo. “Esatto!” conferma Adele. “Allora io ci sto!” Esclamo, anche perché avevo già capito che cosa voleva proporci e avevo anche già valutato se mi andava o no. Anche mia sorella e Agata approvano la proposta e dato che il tronco dell'albero è abbastanza alto decidiamo come fare per salire, e proviamo a salire con la scala, perché è la opzione più ovvia. Issiamo la scala sull'albero e Agata comincia a salire dato che è la più grande e deve testare la scala. Mentre aspetto il mio turno fremo di impazienza, perché l'altezza mi piace tantissimo e mi carica di adrenalina pura. Finalmente tutte sono salite e rimango solo io, ma mi accorgo all'improvviso che non c'è nessuno che mi tiene ferma la scala, e impallidisco mentre iniziano a sudarmi le mani, me le asciugo veloce sui pantaloni e mi avvicino lentamente alla scala come se potesse cadermi addosso, ma mi faccio coraggio e metto il piede destro sul primo piolo della scala spaventosamente traballante. Le mie cugine e mia sorella cercano di tenerla ferma dall'albero, ma non riescono a fare più di tanto, quindi mi faccio coraggio e salgo con cautela. Mentre salgo sul penultimo piolo mia sorella starnutisce per via dell'allergia alle graminacee, e la scala si inclina leggermente a sinistra,  io sussulto ma riesco quasi subito a raddrizzarmi. Cerco di controllare le mie gambe e braccia che adesso stanno tremando davvero tanto, continuo a salire con il respiro mozzato e mi accorgo che anche le mie compagne stanno trattenendo il fiato. Con un sospiro di sollievo raggiungo le altre, che lasciano andare la scala che cade a terra con un sonoro tonfo. Io guardo la scala sconfortata e penso a voce alta: “E adesso come facciamo a scendere?”. Per tutta risposta le mie compagne d'avventura mi guardano con aria colpevole, ma Agata mi dice “Adesso ci sistemiamo sui rami e poi ci pensiamo”, e così facciamo. Trovo un ramo molto robusto e abbastanza in alto, così mi ci sdraio sopra prona come una pantera stanca. Agata si trova appollaiata su un ramo più o meno alla mia altezza, Adele è a cavalcioni su un ramo molto più in basso del mio e noto che ha le nocche bianche per la forza con cui si sta tenendo salda. Ma  mia sorella... dov'è? Mi metto a sedere e mi guardo intorno in fretta, ma non la vedo, così sto per avvertire le mie cugine, quando la individuo tra il fogliame seduta perfettamente a suo agio su un ramo dall'altra parte dell'albero, allora mi stendo nuovamente sul ramo sollevata. Una volta sistemate cominciamo a fare delle ipotesi per come affrontare la discesa. Io propongo: “Secondo me, Agata e Costanza sono abbastanza alte per saltare giù senza farsi male; dopo essere “atterrate”  possono prendere qualcosa per far scendere anche noi, ad esempio...”

“La scala?” chiede Adele. Rabbrividisco al solo pensiero che avrei potuto rompermi la spina dorsale se fossi caduta dalla scala, quindi rispondo in fretta “No, usiamo qualcos'altro, come... un bidone della spazzatura?” “Buona idea” commenta Costanza. “Mi piace” le fa eco Agata. “Effettivamente è meglio della scala” considera Adele. “Allora questione chiusa” dichiaro. Restiamo ancora un po' sull'albero ad arrampicarci poi decidiamo che è ora di scendere. Costanza e Agata scendono a turno  con un salto, senza tante difficoltà. Io e mia cugina restiamo sull'albero ad aspettare mentre le guardiamo sparire dietro l'angolo di casa per procurarsi un bidone abbastanza alto da poter farci scendere. Dopo poco le vediamo di ritorno trionfanti con un bidone verde simile a quello che usammo per costruire l'Apollo 11, di cui ho parlato in un mio precedente testo. Per prima fanno scendere Adele, che con un po' di difficoltà riesce a uscire indenne dall'impresa, poi arriva inevitabilmente il mio turno:  con la fronte già imperlata di sudore scendo dai rami e mi avvicino al bidone. Cerco di mettere un piede sul coperchio ma mi sembra ancora troppo lontano, e ho paura che se ci salto sopra si sfasci, così provo di andare più in basso, ma invano. Cinque minuti dopo sono ancora lì a tentare di scendere con le mie compagne che mi spronano a provare. Finalmente riesco ad arrivare su un punto di appoggio più in basso nel tronco. Incomincio a scendere molto piano, e per un po' fila tutto liscio, ma metto male un piede sulla corteccia e scivolo rovinando al suolo. Sono a terra e mi brucia tutto, delle macchie nere mi ballano davanti agli occhi poi scompaiono subito mentre mi scappa un gemito per il  dolore al gomito e alle mani. Cerco di alzarmi ma cado a sedere e le altre accorrono in mio aiuto. Mia sorella mi tiene sottobraccio mentre ci avviamo per andare in casa e le altre due mi continuano a chiedere se sto bene o dove mi fa male, ma io sono ancora frastornata. Quando sono abbastanza lucida per pensare, mi accorgo che, nonostante tutto, è stato un bel pomeriggio, pieno di risate e sospiri di sollievo.

MIRANDA  FORTINI  classe 1^D

Lola Tartarini classe 1^D

A ME MANCA LA SCUOLA

A me manca la scuola, non pensavo che l’avrei mai detto. Mi manca per tanti motivi: come quando esultavamo alla fine delle lezioni anche se era un giorno normale e festeggiavamo come se la nostra squadra del cuore avesse vinto la Champions League nonostante mancassero ancora 2/ 3 mesi alla fine della scuola. Mi mancano tutte le sgridate che i prof davano e che per noi, avevano la durata della guerra di Troia. Mi mancano tutti i consigli dei prof. che nessuno mai ascoltava, come fare i compiti lo stesso giorno in cui ce li davano, ma tanto penso che non più di 3 bambini li facessero. Mi manca sentire in continuazione “Prof., posso andare in bagno? “ e poi non rientrare mai. Mi manca la mia disorganizzazione. Mi mancano le prof. che entrando in classe dicevano: “Bene ragazzi, spostate i banchi”. Tutti eravamo terrorizzati e andavamo alla ricerca dei malcapitati di turno che non avevano studiato. Mi manca quando mi giravo in continuazione per distrarmi da una lezione noiosissima.

Mi manca quando Kennedy dietro di me mi faceva sempre ridere nel momento in cui, guarda caso, la prof. mi stava guardando e quindi la sgridata scattava in automatico. Mi manca quella volta che io, Kiri e Miranda abbiamo partecipato alla corsa campestre durante un giorno scolastico. Quando siamo tornati in classe erano tutti giù di morale perché al giovedì ci sarebbero dovute essere 2 ore di educazione fisica, ma quelle ore erano state sostituite con 2 di geografia che, sommate all’ora che era già in programma, diventavano 3. Per non farsi mancare nulla, la prof di scienze era in gita con un’altra classe quindi 1 ora di francese in più di quella che già c’era. Mi manca un po’ tutto (mi sa che non sono neanche a metà della lista), ma so che queste cose torneranno e quindi adesso cerco di farmi tornare in testa tutte quelle belle emozioni e di farci su una sana risata per far diventare meno noiosa questa attesa.

GIAMMARCO APRILI classe 1^D

Brambilla Marco Eugenio classe 1^C

Negri Giada classe 1^A

Sciotto Maria 1C - Waiting.pdf

Un sabato quasi normale 

Questa mattina, quando mi sono svegliata, la prima cosa che ho pensato è stata: “Ho fame!”, seguita come sempre dall’unica cosa per cui vale la pena vivere: Michael Jackson.

Puntuale come la campanella della scuola sento la voce di mia madre che, alzando la tapparella, mi urla: “Mariuuuucccciaaaaaa!!!”

Così, non troppo felicemente mi alzo e vado a far colazione. Appena entro in cucina sento un profumo familiare che, nonostante l’ora, mi stuzzica l’appetito: è l’arrosto della mamma!

Penso che sarà una bellissima giornata e tutta felice addento il cornetto alla nutella. Presto mi accorgo che il cornetto sa di plastica. “Ecco si parte bene!” penso, mentre cambio il cornetto con un toast alla nutella. Come se non bastasse, mi ricordo che devo fare il testo di italiano e mi sale una certa ansia, perlomeno è sabato e non ci sono le video lezioni. Mentre penso a cosa potrei scrivere, vado in bagno e prendo il telefono. Controllo velocemente i social e i messaggi e poi metto la musica a tutto volume, che mi rallegra sempre la giornata. Rischio di prendermi un infarto vedendo un mostro davanti a me, anche se in realtà era il mio riflesso nello specchio del bagno. “Ma come sono carina oggi!” penso in modo ironico. Una volta finito di fare skincare e di lavarmi i denti vado in camera e mi preparo. Finalmente se mi guardo allo specchio mi faccio meno ribrezzo. 

È ora di fare il testo, yeeeaah! Voglio scrivere un bel racconto, ma non mi viene nulla. Ad un tratto verso l’una avverto un certo languorino, che si trasforma in una fame bestiale. Per fortuna sento i miei chiamarmi a tavola. Arrivo in cucina in meno di un secondo e finalmente inizio a mangiare la buonissima pasta al sugo di mia madre. Puntualmente mia mamma mi chiede: “Hai combinato qualcosa di produttivo?” Io, non molto convinta, rispondo “Sì, sono andata un po’ avanti.” 

Una volta finito il pranzo mi catapulto su Netflix e inizio a guardare il film “Il Ragazzo Invisibile, La Seconda Generazione”. Inizio così a immaginare come sarebbe se io fossi invisibile. Dopo essermi fatta mille film mentali, torno alla realtà e mi vado a mettere la tuta per andare a fare un giro in bici con i miei. Ovviamente con la mascherina. Mentre pedalo sento il vento fresco tra i capelli e penso: “Detesto la mascherina, non riesco respirare. Però il paesaggio è molto bello. Forse non è così male. Riesco quasi a sentire il profumo del sole.” Purtroppo le cose belle durano poco, mi è tornato in mente che devo fare il testo di italiano. Quindi torniamo a casa. 

Appena entrata penso che senza mascherina si respiri molto meglio, anche se sarebbe bello stare fuori di più. Spero davvero le cose migliorino e spero di poter tornare presto a rivedere gli amici, ad uscire senza mascherina e tornare a scuola, o semplicemente tornare a passeggiare vedendo i visi sorridenti delle persone. 

Il sabato è quasi finito ed ecco qui il mio testo che è finalmente nato. 

Maria Sciotto classe 1^C

Marseglia Sarah classe 1^C

Barbieri Greta classe 2^B

In un mare di pensieri

Preferisco che il rumore della musica superi quello dei pensieri.

Preferisco mantenere il mio cuore vivo affinché questo sole non smetta mai di splendere.

Preferisco non guardare per davvero nessuno, ma nel profondo dell’anima apprezzare ogni cosa di chi amo.

Preferisco non piangere quando cielo si fa grigio ma poterti prendere la mano e andare lontano.

Preferisco vivere questi giorni anche se non sono più di buon umore.

Voglio il sorriso sul mio candido volto come una giornata in piena estate.

Voglio ancora la mia anima libera e pura come l’aria che sa di mille profumi.

                                                             Giulia Zaniboni classe 3^B

OCCHI AL CIELO 

Guarda come brillano le stelle.

Guarda come i raggi del sole ti riscaldano il cuore

quando è un freddo pezzo di ghiaccio.

Guarda come le lacrime 

cadono dal tuo volto

quando ascolti le note di questa canzone.

Prendi i miei occhi 

e guarda come appari.

Sei come l’arcobaleno 

dopo mille gocce d’acqua,

sei come la melodia più bella

che abbia mai ascoltato.

Sei come il mare d’inverno,

freddo e abbandonato

che la neve rende incantato.

Guarda questo mondo,

mentre i tuoi occhi sono alzati al cielo.

Guardami ancora una volta

e dimmi che

il sole non smetterà mai di splendere

gli uccelli di cantare

e i lampioni di illuminare le strade.

Non abbassare lo sguardo,

mentre il tuo cuore si riscalda

osservando quell’immenso cielo blu.

Mentre osservi il cielo

sono lì a guardarti,

mentre trasformi questa tempesta 

nel posto più bello che esista.

 Giulia Zaniboni classe 3^B

Testi regolativi

Gli alunni delle classi prime si sono dilettati nella produzione di tutorial, ricette e istruzioni, divertendosi e mettendoci tanta passione.

Sara Baroni 1D - 1.mp4
Sara Baroni 1D - 2.mp4

Baroni Sara classe 1^D

Cavicchi Benedetta 1C - biscotti al cucchiaio.mp4

Cavicchi Benedetta classe 1^C

Zohory Khadija - Popcakes.mp4

Zohory Khadija classe 1^A

Biondi Stella 1C - torta di pane♥.pptx

Biondi Stella classe 1^C

Marseglia Sarah 1C - torta ricotta.avi

Marseglia Sarah classe 1^C

Sartorato Kevin 1C - pankakes.mp4

Sartorato Kevin classe 1^C

Brambilla Marco 1C - sushi.mp4

Brambilla Marco Eugenio classe 1^C

L'angolo della lettura

Gli alunni ci raccontano i libri letti durante le vacanze di Pasqua, come se dovessero consigliare ad un amico lontano un libro da leggere durante questo difficile momento.

Ciao Mattia,

in questa quarantena mi sono annoiato tanto, ma ho trovato un rimedio interessante e visto che credo che anche tu ti stia annoiando, ti volevo proporre questo libro che la mia Prof. di cittadinanza ci ha dato da leggere. 

Questo libro si intitola “Wonder”, parla di un bambino di undici anni di nome August con i desideri, i giochi e la famiglia come tanti altri bambini del mondo, ma lui di diverso da tutti ha una deformità facciale causata da una palatoschisi e altre malformazioni della faccia. Per questo bambino sarà la prima volta nella sua vita in cui andrà alla scuola media. Il ragazzino fa fatica a stare a scuola per i numerosi atti di bullismo ricevuti, ma con l’appoggio di due suoi amici riesce ad andare avanti. Nonostante la sua faccia, a fine anno è un bambino apprezzato da tutti, che riescono a cogliere il suo aspetto interiore e non solo quello esteriore. Il mio personaggio preferito è Jack, un suo compagno di classe, che lo sostiene per tutto l’anno facendo capire agli altri chi è veramente August, cioè un ragazzo simpatico e intelligente. La parte che mi è piaciuta di più è quando nella gita di fine anno alcuni suoi compagni di classe, che prima lo disprezzavano, lo hanno aiutato a non farsi picchiare da dei ragazzi di terza media. Questo libro mi ha colpito sia perché molte persone sono così infantili che per l’aspetto di una persona non la vogliono conoscere, ma anche che ci sono persone mature che prima ascoltano e poi guardano. La frase che mi è piaciuta di più è se devi “scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile”.

Ciao Mattia, visto che vivi in Basilicata e ci sentiamo poco ho deciso di consigliarti questo bel libro in attesa di incontrarti dal vivo. 

Un caro saluto, Marco.

Brambilla Marco Eugenio classe 1^C

Cento, 2 maggio 2020

Caro Simone,

Come stai? Sicuramente bene. Lo vedo dalle videochiamate che ogni tanto facciamo. Almeno in quelle occasioni riesco a vedere qualche faccia diversa oltre a quella della mamma, del papà e di Andrea.

Le giornate trascorrono lentamente. Il ritmo è scandito sempre dalle stesse attività. Compiti, pranzo, giochi, merenda, compiti, giochi, cena, libro, film …

E immagino che per te non ci sia nulla di diverso.

La cosa che più mi viene difficile ammettere è che era meglio quando potevamo andare a scuola. L’entusiasmo iniziale per queste lunghe vacanze si è ormai completamente esaurito e forse anche io mi sono un pochino esaurito.

Visto che abbiamo tanto tempo libero ti scrivo questa e-mail per suggerirti la lettura di un libro che mi hanno consigliato i miei prof. Il libro si intitola: Wonder.

Io ho visto anche il film tratto da questo libro, infatti inizialmente non volevo leggerlo perché conoscevo già la trama, poi su consiglio dei miei genitori ho cambiato idea e mi sono ricreduto e ho scoperto che è molto più bello il libro del film.

Il protagonista del libro è August Pullman, ma per tutti Auggie. Lui è un ragazzino di dieci anni affetto dalla nascita da una rara malattia facciale. Non è mai andato a scuola perché sin da piccolissimo ha dovuto subire complessi interventi di chirurgia facciale che gli hanno impedito di condurre una vita normale. 

Tutto quello che sa gliel’hanno insegnato i suoi genitori. È un ragazzino straordinariamente sensibile, intelligente e con tanti interessi.

Auggie sta per spiccare il volo perché i suoi genitori hanno deciso di iscriverlo alla scuola media. 

Inizialmente l’inserimento a scuola sarà molto faticoso perché la sua faccia “strana” spaventerà i compagni di classe che lo eviteranno per paura di “infettarsi”. Come andrà a finire? Non te lo svelo per non toglierti il piacere della lettura.

Ti anticipo soltanto che il mio personaggio preferito si chiama Summer e sarà l’amica più comprensiva nei confronti di Auggie. Mi rispecchio molto in lei perché mi è capitato spesso a scuola di dover consolare e difendere alcuni compagni di classe, ricevendo a mia volta tante critiche e volta faccia da parte di persone che credevo amiche. Ma, come dice sempre mia mamma, nella vita non si finisce mai di imparare e di conoscere le persone e soprattutto si impara tanto superando proprio le difficoltà. 

La parte del libro che mia è piaciuta di più è stata quando Amos, Miles ed Henry hanno “salvato” Auggie e Jack da una gang di ragazzi di terza che gli “bullizzano” nel bosco.

Spero che questo libro ti piaccia  tanto quanto è piaciuto a me perché fa riflettere molto e ci fa capire che ognuno di noi è speciale a modo suo.

Concludo citando letteralmente la parte del libro che mi è piaciuta di più che è il dialogo tra Auggie e la sua mamma:

«Grazie per avermi fatto andare a scuola» le ho detto piano. Lei mi ha stretto forte, attirandomi a sé, si è chinata su di me e mi ha baciato sulla testa.

«Grazie a te, Auggie» mi ha risposto dolcemente. «Per cosa?»

«Per tutto quello che ci hai dato» ha detto. «Per essere entrato nelle nostre vite. Per essere te».

Alla prossima videochiamata

 Tuo cugino Francesco

Francesco Sabato classe 1^D

 

Ciao Eleonora, come stai?  E' da un po’ che non ci sentiamo… mi hai detto che in queste giornate in quarantena a Milano ti annoi molto, e ti capisco, ma tra un po’ potremo finalmente uscire, sempre però rispettando la distanza di sicurezza e con i dispositivi di protezione. Mi hai chiesto di consigliarti un libro, e io ho quello che fa per te: è uno straordinario libro che la mia professoressa di lettere ci ha dato da leggere per le vacanze di Pasqua e che ho finito di leggere tutto d’un  fiato qualche giorno fa. Il libro si chiama ‘WONDER’ ed è una storia che mi ha colpito profondamente!

Il romanzo parla di un ragazzino della nostra età di nome August, anche se viene chiamato Auggie;  è nato con una malformazione facciale . E’ un bambino come tutti gli altri, ma quando le persone  gli passano  davanti o incrociano il suo sguardo, gli lanciano degli sguardi terrorizzati; infatti spesso August indossa un casco  “protettivo”. Fino a 10 anni ha ricevuto l’ istruzione a casa, ma quando arriva il momento di iscriversi alle medie August si deve confrontare con i suoi coetanei, che non sono sempre gentili e accoglienti.  Ad esempio  Julian,  un suo compagno di classe, all’inizio si comporta da bullo e non perde occasione per prenderlo in giro e discriminarlo. Per fortuna incontra anche tanti amici sinceri che gli vogliono bene senza badare al suo aspetto fisico, come Jack, Summer, Charlotte, Henry e Amos. August ha  una sorella più grande di nome Via, una cagnolina di nome Daisy, e due amorevoli genitori. Arrivato il giorno della gita scolastica subisce un episodio di  bullismo da  alcuni ragazzi di terza di un'altra scuola, ma in quell’occasione scopre di avere degli amici pronti a proteggerlo e difenderlo. Il personaggio che mi è piaciuto di più è Summer, perché è diventata subito sua amica e le è stato simpatico August dal primo momento;  gli ha trasmesso amicizia, solidarietà e la sua forza d’ animo per andare avanti e non arrendersi. Invece, la parte che mi ha piacevolmente colpito è stato il finale, cioè la cerimonia di consegna dei diplomi: il preside premiò tutti i ragazzi e diede un attestato  in più ai ragazzi in base ai loro talenti migliori o alle loro qualità  particolari. In questa occasione il preside premiò August per le sue belle caratteristiche di personalità , tutto il pubblico applaudì intensamente  e si emozionò.  E sinceramente anche io ho provato delle belle emozioni leggendo le ultime righe.  Il libro mi è piaciuto sicuramente per via del messaggio che mi ha trasmesso: il significato  dell’ amicizia e l’ importanza della solidarietà verso chi appare “diverso”, ma in realtà non lo è.  La diversità è una ricchezza, quindi ci deve far sentire più vicini, e non allontanarci.  E per finire, la frase che mi è rimasta impressa  di più di questo romanzo è stata detta dalla madre  di August nelle ultime battute del libro in cui diceva: <Sei un prodigio , Auggie. Un vero prodigio>.  Questa frase mi trasmette energia  perché August è riuscito ad uscire dal suo triste isolamento e a conoscere finalmente una vera vita sociale in cui condividere esperienze con i suoi coetanei.

A proposito di vita sociale…ma io e te quando riusciremo finalmente a rincontrarci?  Dai organizziamo una gita  adesso che ci avviciniamo alla fine di questa tragica pandemia.

Un forte abbraccio virtuale, 

 ma  vero come fosse  reale …

Giada.

Carascoso Giada classe 1^A

Cara Vittoria,                                                                                    

come stai? Io bene. Ricordi quando mi hai detto che ti annoiavi? Ecco, ho pensato che ti sarebbe piaciuto questo libro: si chiama Wonder (i titoli vanno sottolineati, in corsivo o tra virgolette). Parla di un ragazzino di nome August, soprannominato Auggie, che ha una faccia deforme. Vive con la sua famiglia formata da sua madre Isabel, suo padre Nate, sua sorella Olivia o Via e il suo cane Daisy. Lui non ha mai frequentato una vera scuola perché sua madre gli insegnava a casa.  Poi però i suoi genitori decidono che è meglio che vada in una vera classe per fare le medie. All'inizio sembra andare storto per via della sua faccia e che lo fa sentire discriminato dagli altri, ma poi tutto va per il meglio. Poi ci sono capitoli che parlano di altri personaggi, come quello che parla di Via e di quanto lei si senta sola perché crede che tutti pensino solo ad August. I miei personaggi preferiti sono Auggie, Jack e Summer cioè gli amici del protagonista. Sinceramente non c’è una parte che mi è piaciuta di più, ma una parte mi ha fatto quasi commuovere cioè quando il cane muore e tutti sentono la sua mancanza. Mi piace per due motivi: il primo per la storia in sé, perché tutte le “avventure” vissute dai personaggi sono fantastiche; il secondo è per com’è come sia scritto bene: . Lo so che il capitolo dedicato a Justin non è scritto bene in fatto di punteggiatura, ma non è a questo a cui mi riferisco: . E’ scritto bene nel senso di trama, altrimenti non te lo avrei consigliato, e poi io non sono brava a scrivere racconti di questo genere, ma mi piacerebbe davvero tanto fare la scrittrice. Spero che Wonder ti piaccia.                  

Ciao Vittoria!

Giulia

Trombetta Giulia classe 1^A

Ciao Thomas, 

ti scrivo questa e-mail perché so che ultimamente sei un po’ annoiato restando sempre in casa. Allora ho pensato di raccontarti la trama un libro che ho letto per le vacanze di Pasqua e che ti consiglierei di leggere. 

È molto interessante:  si intitola Wonder. Il libro parla di un ragazzino di nome August Pullman che ha purtroppo una malattia genetica che si manifesta sul viso. Racconta la sua storia e la sua prima esperienza a scuola affrontando la prima media. Come avrai ben capito, non è mai andato a scuola ed ha pochi amici. Molti lo prendono in giro per via di questo suo problema: lo chiamano mostro, deforme e tanti altri nomi molto offensivi. Un giorno i genitori di August (chiamato da tutti Auggie), decidono di mandarlo a scuola. Per lui è molto difficile, con tutte le persone che lo evitano perché credono che lui possa infettare loro la peste. Cose da pazzi! Dopo qualche mese, ormai tutti a scuola si sono abituati alla sua faccia ma nessuno si permette di toccarlo. Inizia a farsi degli amici, grazie anche al preside che prima dell’inizio della scuola ha coinvolto tre ragazzi di nome Jack, Charlotte e Julian per integrare August nella scuola. Purtroppo Julian non vede di buon occhio Auggie e lo maltratta per tutto l’anno.  Intanto  August fa presto amicizia con Summer, una ragazzina conosciuta a mensa.

Mi intristiva leggere la sua sofferenza nelle sue parole e nel mentre pensavo a quanto le persone possano essere crudeli. 

Il mio personaggio preferito è Auggie, ma mi è piaciuto anche il ruolo della sorella Olivia (chiamata Via) a causa della sua storia. Certe volte mi capita di provare le sue stesse emozioni. Racconta che per le attenzioni a suo fratello e tutti i suoi interventi al viso, non ha mai ricevuto tanto interesse da parte dei suoi genitori. L’unica persona che la ascoltava era la nonna. Dopo la sua morte però, ha attraversato un periodo di insicurezza, ma anche di tristezza che non poteva condividere con nessuno...proprio come me! Questa infatti è la parte che mi ha fatto piangere e che mi ha emozionato di più.

La frase che mi ha colpito maggiormente non è solo una. Mi ha fatto riflettere la frase prima del capitolo 1: “ Medici sono giunti da città  lontane solo per vedere me, in piedi sul letto. Non credevano ai loro occhi. Dicono che sono un prodigio della creazione di Dio e a quanto è dato loro di vedere non sono in grado di fornire spiegazione alcuna”. Oppure: “Il fato ha sorriso e la sorte ha riso quando si è avvicinata alla mia culla…” . Ma una frase che è degna della sua riconoscenza è il precetto di August durante l’estate. Ovvero: “ognuno dovrebbe ricevere una standing ovation almeno una volta nella vita, perché tutti vinciamo il mondo”.

Spero che questa mia lettera sia servita per incuriosirti su questo libro, e magari me ne consiglierai tu qualcuno! Ci sentiamo.

Dalla tua cara amica Giada Negri.

Negri Giada classe 1^A

Caro Mario, 

immagino che anche tu sia rinchiuso in casa come tutti per il coronavirus. Vorrei consigliarti un libro che ho letto durante le vacanze di Pasqua e che mi ha colpito molto. Il libro si chiama “Non dirmi che hai paura” scritto da Giuseppe Catozzella. Il libro racconta la storia di Samia una ragazzina di Mogadiscio che è la capitale della Somalia. Lei ha la passione per la corsa e il suo sogno è di andare alle Olimpiadi con la bandiera della Somalia. Condivide i sui sogni con il suo migliore amico Alì, inizialmente lui correva e si allenava insieme a Samia, poi essendo più lento decise di diventare il suo allenatore. In Somalia la situazione è molto dura, c’è l’Isis, un’organizzazione terroristica che impone rigidissime regole. 

Samia doveva correre di nascosto, per non farsi vedere dagli integralisti. Correva con un unico paio di scarpe vecchie. Samia riesce ad andare alle olimpiadi di Pechino a soli 17 anni arrivando ultima, ma diventando un simbolo per tutte le donne mussulmane. Il sogno di Samia però è di riuscire a partecipare alle Olimpiadi di Londra del 2012 e di vincere con i colori della Somalia  

Dopo Pechino tutto diventa sempre più difficile, gli integralisti diventano sempre più potenti. Samia è costretta ad allenarsi di notte completamente coperta dal Burka e l’Hijab. Si trasferisce in Etiopia, ma anche lì la situazione è molto difficile. Una notte decide perciò di partire per l’Europa. Inizia il suo lungo viaggio, di 8000 chilometri, sola. Dall’Etiopia verso il Sudan, attraverso il Sahara fino alla Libia, dove prende un barcone per arrivare in Italia e poi da lì a Londra.

Il viaggio è durissimo, deve pagare i trafficanti, ha tante bruttissime avventure. In tutto impiegherà un anno per riuscire a salire sulla nave. Purtroppo quando fu nel Mare Mediterraneo vicino a Lampedusa arrivò una barca Italiana che gli ordinò di tornare indietro. Samia dalla disperazione di dover ricominciare tutto dall’inizio si butta in mare insieme ad altri cercando di aggrapparsi alle funi della nave. Purtroppo il mare è ghiacciato e molto mosso. Samia annega.

La storia di Samia Yusuf Omar è una storia vera. Il personaggio che mi è piaciuto di più è propria Samia perché ha lottato fino alla fine per raggiungere il suo sogno. La parte che mi ha più emozionato è quella del lungo viaggio perché è sempre sola, e affronta rischi e pericoli enormi. Mi ha colpito molto una frase che Abee, il padre di Samia le dice sempre: “Non devi mai dire che hai paura piccola Samia, altrimenti le cose di cui hai paura si credono grandi e pensano di poterti vincere”. Cercherò anche io di non avere paura e di affrontare la vita. Fammi sapere se leggerai questo libro e se ti piacerà. 

Spero di vederti presto, Lorenzo.  

Floridi Lorenzo classe 1^A

Racconti epici

Ecco alcuni racconti epici, scritti dagli alunni delle classi prime dopo aver affrontato (a distanza) Odissea ed Eneide.

 Origine epica della famiglia Losna

Io, Gerardo Losna IV, sono nato a Piacenza nel 1640, in una ricca e nobile famiglia del borgo piacentino. La mia famiglia ha vissuto  in un borgo vicino un castello reale, il castello era distrutto e abbandonato, ma nel corso del tempo grazie anche all’aiuto del fratello di mio padre, Fortunato III, lo abbiamo ricostruito e creato una fortezza reale. Mio padre si chiama Tauro Losna II e mia madre Sveva I: entrambi i genitori sono commercianti via terra, loro vendono tappeti pregiati, vasi fatti a mano di terracotta e gioielli. Mio padre anni prima, aveva ricevuto un riconoscimento reale nella città di Parma, perché era visto come un grande lavoratore e faceva tante opere di bene ai cittadini, aiutando le popolazioni se avevano bisogno di denaro o di prodotti alimentari. Sono proprietari anche di alcuni terreni, in cui si coltivano prodotti agricoli come grano e ortaggi. Il mio cognome è particolare, mio padre mi spiegò che la provenienza era etrusca e che si riferiva a una divinità (divinità della luna ma anche del mare). 

La mia vita l’ho vissuta per la maggior parte con i miei genitori, dove li aiutavo con il lavoro, ma all’età di 26 anni ho deciso di cambiare territorio e di abitare da solo a Bologna. Ho comunque tenuto i contatti con i miei genitori, ogni tanto li vado a trovare nella loro città. Io per vivere faccio il commerciante marittimo, scambio prodotti via mare con altre città come Rimini e anche in Grecia.  Mi piace molto navigare perché riesco a comunicare con altri paesi e organizzare anche fiere marittime con altri venditori. Quando guardo il mare di notte è una sensazione fantastica, penso all’origine del mio cognome e mi fa ricordare quanto sia piacevole guardare la luna al buio.

Un giorno dovevo affrontare un lungo viaggio, ma mi arrivò una lettera: era mio padre, diceva che aveva bisogno del mio aiuto e che era molto importante andare nella sua città. Io lasciai tutto il mio materiale a casa e sono partito per Piacenza per capire di cosa avesse bisogno. Una volta arrivato, mio padre mi spiegò la situazione e non era bello: voleva il mio sostegno nel caso il popolo dei Moreni ci attaccasse, perché aveva sentito voci che potevano arrivare da un giorno all’altro. I Moreni erano un popolo di grandi guerrieri che provenivano da Ravenna, in cui per molti anni hanno cercato di voler conquistare molti territori e paesi dell’Emilia Romagna; loro avevano già invaso e conquistato altri territori, ma mio padre non glielo avrebbe concesso.

Mio padre Tauro chiede anche aiuto e una mano a suo fratello Fortunato e tutti i suoi soldati, e anche lui decide di partire e accettare. Così sono rimasto a Piacenza per qualche settimana, ma un giorno in piena notte mio padre mi svegliò e diceva che i Moreni stavano per arrivare. Io mi sentivo pronto, affianco a lui ero sempre pronto, e lo zio mi ripeteva che potevamo farcela e che se li abbattevamo, mio padre sarebbe stato fiero di me. Era il 1675, dopo una lunga notte di battaglie, eravamo riusciti a sconfiggerli e cacciare via gli ultimi rimasti arresi. Mio padre era emozionato e con lo zio organizzarono una grande festa per questa vittoria. Anch’io ero felice di vedere così mio padre e felice che tutta la famiglia si era riunita per passare una bella serata insieme. 

Nei giorni dopo insieme a mio padre Tauro, avevamo costruito una grande barriera territoriale e attorno alla città, per evitare altre invasioni. Io tornai alla mia città contento ma anche triste perché la mia famiglia era lontana da me. Col passare del tempo, Papa Bartolomeo aveva saputo la notizia della sconfitta dei Moreni da parte di Tauro e così andò di persona da lui per ringraziarlo e congratularsi per aver difeso il territorio. Il Papa faceva parte di una chiesa di Piacenza cattolica, e ogni tanto io andavo a trovarlo perché da piccolo mio padre mi portava nel suo monastero a fare le preghiere e lui mi faceva giocare nel suo giardino lì vicino e ci ero molto affezionato. Papa Bartolomeo era felice di rivederlo e gli offre una richiesta: se voleva essere Tauro a governare l’intera Emilia Romagna. Tauro si sente così felice e onorato e accettò, così in cambio gli regalò e costruì per il Papa un’abbazia, decorata all’interno con vasi e oggetti che Tauro stesso vendeva. Era un segno di grande importanza e Papa Bartolomeo non fa altro che ringraziarlo per il buon gesto. Mio padre riuscì a governare l’Emilia, come da sempre aveva sognato.

Benedetto Santoro classe 1^A

La storia del cognome Palma

Il mio cognome non è un semplice cognome.

Iniziò tutto al tempo in cui Zeus e Ade discutevano per futili motivi. Un giorno Ade arrabbiato disse a Zeus:- Tu sei proprio un essere inutile e dispettoso! Non fai altro che creare problemi a tutti gli Dei!

Dopo un lungo periodo di continui battibecchi, Zeus stufo, ordinò:- Ascolta Ade io sono davvero stanco di dover litigare con te per cose sciocche, quindi fammi un favore: tornatene all’Inferno!

Ade, anche se molto scocciato, obbedì senza replicare. Ma Zeus era vendicativo e non voleva scacciarlo senza avergli fatto pagare in qualche modo le offese. Allora mentre Ade si avviava verso gli Inferi, Zeus gli lanciò una saetta, ma incredibilmente, nonostante la sua proverbiale mira, non riuscì a centrarlo. La saetta precipitò giù dall’Olimpo colpendo in pieno una vecchia pianta di palma rinsecchita che prese immediatamente fuoco. Dalle fiamme uscì un essere umano:  una donna giovane, bella e piena di energie chiamata, per il suo un carattere forte e combattivo, Martina, in onore di Marte. 

Zeus subito pensò che Ade avesse danneggiato di nascosto le sue saette, poi però interpretò l’accaduto come un segno del destino. Si rese conto che quello che era successo era positivo: pochi giorni prima era venuto a conoscenza del fatto che da tempo, sulla terra, gli uomini stavano cercando qualcuno che potesse bonificare le zone paludose di un territorio che costituiva uno strategico punto di passaggio di merci e di gente. Chi meglio della donna nata dal fuoco? 

Zeus chiamò a sé tutti gli Dei dell’Olimpo e raccontò loro che aveva deciso di perdonare le offese di Ade e, per questo, lo aveva risparmiato lanciando la sua freccia sulla terra. Disse a tutti che dal perdono era nato quella donna, giovane, decisa e piena di energie, proprio la persona giusta per prosciugare le paludi dell’Emilia. E concluse:- Questa donna userà il fuoco che ha dentro e tutte le sue energie per risanare la terra emiliana. Dichiaro che Martina sarà la capostipite di una grande dinastia di governanti che prenderà il nome di PALMA.

La ragazza accettò la missione e in pochissimo tempo rese l’Emilia Romagna una terra pianeggiante e fertile dove andò a vivere tanta gente. 

La storia di questa terra fa sì che le persone che vi abitano siano, come la sua fondatrice, piene di idee e di energie, caparbie e laboriose, ma sempre pronte a divertirsi e a stare in allegria, senza conoscere il desiderio di vendetta. 

Per questo motivo si dice che “il giusto fiorirà come palma”.

Martina Palma classe 1^D

 

Il fantastico rgno di Neverland.pdf

BREVE STORIA DEL NOME GIULIO

Canto con onore del lavoro e dell’amore dei miei antenati…

Per trovare le origini della mia famiglia è necessario andare molto molto indietro nel tempo.

Da sempre contadini, i miei antenati erano abituati a provvedere alle esigenze dei propri cari col duro lavoro dei campi. Che piovesse, grandinasse o ci fosse un sole arido e cocente, comunque erano sempre riusciti a dar da mangiare ai loro figli.

Ma si ricorda un anno particolarmente povero, ormai non pioveva da mesi, le piantine nei campi, appena spuntate, necessitavano di acqua per crescere e dare i loro frutti. Ma quell’anno si seccarono ancor prima di mettere le foglie. Non c’erano le risorse per poter seminare nuovamente e la certezza di poter affrontare l’inverno si stava spegnendo.

Fu così che il nonno di mio nonno, di mio nonno, di mio nonno e così via…pregò tanto e chiese aiuto a Giove, era disposto a qualsiasi cosa pur di trovare una soluzione.

La richiesta d’aiuto giunse agli orecchi di Giove, che ne ebbe pietà.

Comparve in sogno al contadino e gli disse: “Se vorrai raccogliere tanti e buoni frutti, io ti accontenterò ma, in cambio, mi darai la tua bellissima figlia, che vivrà con me sull’Olimpo”.

Quando l’indomani il contadino si svegliò, raccontò del sogno alla moglie. La preoccupazione era tanta e le scorte di cibo continuavano a calare, ma l’idea di separarsi dalla figlia sembrava loro un sacrificio inaffrontabile. E così la situazione andò avanti per un altro mese, peggiorando sempre più.

Un giorno la figlia li sentì piangere e nascondendosi dietro ad una porta udì il padre e la madre raccontare del sogno.

Rimase pietrificata, mai e poi mai avrebbe immaginato per lei un tale destino, lontana dalla sua famiglia, ma, come segno di riconoscenza nei confronti del padre, che non le aveva mai fatto mancare nulla, decise di sacrificarsi.

Aspettò che tutti fossero a dormire e pian piano abbandonò la sua amata casa e si diresse verso il monte Olimpo. Era una montagna apparentemente come tutte le altre, ma la strada per arrivare alla sommità, correva a spirale tutto intorno al monte, salendo sempre più su, finché ad un certo punto un muro impenetrabile di nebbia impediva di vedere oltre. Bastava superare quella zona per giungere nel territorio degli dei.

Ormai si stava facendo giorno, la ragazza era stanca ed affaticata ma l’obiettivo era vicino. Nella fitta nebbia non si vedeva ad un passo, era dura camminare senza un riferimento, finché una luce abbagliante la accecò.

Il sole, era proprio il sole, così vicino come non l’aveva mai visto. Ed era così caldo che una bellissima sensazione di benessere la avvolse. Stremata si lasciò cadere sulle ginocchia, ma una mano gentile la risollevò. Era Cupido, dio dell’amore, che la accompagnò direttamente al cospetto di Giove.

Giove sapeva benissimo chi fosse e perché fosse lì ed era felice di vederla. Sapeva la desolazione che lei portava nel cuore e per questo se ne prese cura, trattandola con tutte le attenzioni possibili, perché sentisse il meno possibile la mancanza della sua famiglia.

Intanto i campi del contadino rifiorirono rigogliosi, ci sarebbe stato raccolto in abbondanza per l’inverno e scorte anche per i mesi successivi. Il padre e la madre capirono, così, che fine aveva fatto la loro figlia, capirono che si era sacrificata per loro.

Il tempo passava e le cose andavano sempre meglio, anche per la ragazza che cominciava a trovarsi bene nella nuova vita, tanto da diventare una delle mogli di Giove. Dalla loro unione nacque un erede che fu chiamato Giulio, che significa “devoto a Giove”.

L’unica cosa che la ragazza chiese, a questo punto, fu che il figlio potesse ritornare nel mondo dei comuni mortali per raggiungere i nonni. Desiderava che una parte di lei potesse tornare alle origini e riabbracciare i genitori.

Giove, molto innamorato della giovane e ammirato dal suo buon cuore, non ebbe coraggio di deluderla.

Fu così che Giulio, semidio, figlio di Giove e di una donna mortale, tornò dai suoi nonni ed imparò a coltivare la terra, come avrebbero fatto dopo di lui tutti i discendenti. Imparò così bene il suo lavoro, che anno dopo anno arrivò a coltivare tutta la regione dove risiedeva e a governare su di essa.

Ecco perché, ancor oggi, il mio nome è Giulio e perché, nei secoli, ogni generazione mette al mondo un Giulio, in segno di riconoscenza a Giove!

 Giulio Golinelli Pirani classe 1^A

Il viaggio di Alice

Tutto iniziò nell’estate del 2019 d.C., quando l’eroina Alice volle scoprire il sud-ovest della Sicilia; nessuno aveva mai provato di avvicinarsi per paura di non tornare più indietro, non conoscendo il luogo dominato dagli Dei. Alice partì con cinque compagni e invece di andare a piedi, come nei poemi epici, presero una nuvola degli Dei, chiamata anche aereo. Quando arrivarono all’aeroporto di Catania, città molto nota perché confinava con il luogo sconosciuto, atterrarono e subito con borse e borsoni andarono a noleggiare una macchina, un mezzo non molto noto ai tempi dei poemi epici, ma molto utile.

Quando giunsero nella zona sconosciuta si guardarono intorno e videro che il territorio era brullo, ma ricco di mandorli.

Accostarono per vedere il panorama e Alice vide una stradina, chissà dove portava?! Si incamminarono e andarono avanti per circa quarantacinque minuti, sotto il sole accecante, che Apollo, il Dio del sole, puntava addosso a loro per infastidirli. Alla fine della stradina trovarono una spiaggia meravigliosa e l’eroina Alice decise di chiamarla Cala Alice.

Più in là scoprirono una spiaggia, con numerosi scogli, che aveva l’acqua bassa e fecero un bagno. Poseidone, il Dio del mare, non era d’accordo e riempì il fondale marino con sassi, così l’acqua si sarebbe alzata e avrebbero trovato difficoltà. Nessun personaggio trovò il coraggio di affrontare Poseidone, come nei film, e nuotarono tutti verso la riva per scappare. L’eroina diede comunque un nome a questa spiaggia: Marzalice.

Zeus, il padre di tutti gli Dei e Dio dei lampi, li vide e geloso del suo territorio scatenò una tempesta con fulmini e tuoni, che distrussero la macchina. Alice e i compagni dovettero trovare un riparo. A pochi metri da loro videro delle case; che strano, ma questo posto non era disabitato?! Senza perdere troppo tempo raggiunsero una di quelle e suonarono al campanello per chiedere ospitalità; alla porta si presentò Era, la Dea della fedeltà, del parto e del matrimonio, che li ospitò. Loro chiesero perché c’erano altre case, se questo posto era deserto, e lei rispose che erano le abitazioni degli Dei.  Quella notte dormirono lì e per colazione mangiarono pane e cioccolata, era squisita! Eppure non era marcata kinder, dicevano che la fabbricavano loro. La mattina stessa diedero il nome a questo paese: Modicali, la città del cioccolato; poi ripartirono.

Ad un certo punto, dopo aver camminato per ore, scoprirono una semplice spiaggia come quella dei Lidi Romagnoli, ma deserta e con l’acqua cristallina; sperando che non sarebbe saltato fuori nessun Dio, si buttarono in acqua e Alice decise di chiamare questa spiaggia Santa Alice.

Non molto lontano c’era un castello, lo raggiunsero e quando entrarono non c’era niente e nessuno, tranne che un tavolo imbandito con pietanze deliziose. Alice e i compagni assaggiarono, ma sul tavolo Artemide, la Dea della caccia e degli animali, fece apparire una cimice per dispetto, sapendo che l’eroina Alice aveva il terrore di essa. Alice la vide, fece un urlo e scappò via; diede un nome appropriato a questo castello: Alice Fugata. 

Quando tornarono a casa l’eroina Alice e i suoi compagni vennero premiati dagli umani e quel luogo sconosciuto divenne abitabile e luoghi di turismo. Gli Dei vedendo così tanti uomini si trasferirono sul Monte Olimpo, in Grecia, come raccontato nei libri.

Tuttora questi posti sono conosciuti con nomi diversi: Cala Alice è diventato Cala Mosca; Marzalice ora è Marzamemi; Modicali è diventato Mòdica; Santa Alice ora è San Lorenzo; e infine Alice Fugata è conosciuta come Donna Fugata.

Testo inspirato alla mia vacanza in Sicilia Estate 2019 

Frabetti Alice classe 1^C

L’eroina Sarus

Sono l’eroina Sarus, esperta in virologia, sono metà umana e metà dea e sono figlia di Igea (dea della salute) e di Erik. Dalla nascita ho ricevuto come dono da mia madre la forza di una combattente e il dono di aiutare i malati. Ho una missione, quella di sconfiggere un potente virus che ha colpito il popolo di Roma e che li fa impazzire facendo entrare nel cervello il BITIX-20. Mi sono laureata in medicina e voglio aiutare i bisognosi. Roma ha chiesto il mio aiuto. Sono partita dalla mia isola Amatilfa ma alghe pruritiche mi hanno provocato bolle sul viso facendomi venire febbre e morbillo. Sono stata curata dalla Dea Marin, dea della purezza. Mi ha guarita con bacche magiche. Poi proseguendo la mia barca si è incendiata perché Efesto, dio del fuoco, vuole incendiare il mondo ma Zeus ha mandato un gran temporale. Intanto a Roma l’emergenza è sempre più grave e incominciano a morire persone, ma con la mia barca riesco quasi a raggiungere la terra ferma e incontro altri medici, ci riuniamo per parlare del virus però un forte maremoto ci blocca e preghiamo il dio Poseidone che lo faccia smettere. Lui in cambio chiede a noi uomini di smettere di inquinare il mare. Nel mentre arrivo in laboratorio per creare un medicinale. Subito dopo vengo attaccata da un lupo a due teste, ma Apollo lo uccide con il suo arco. Provo a fare una pozione ma non ci riesco sono stanca e disperata. Invoco mia madre Igea, dea della salute per farmi aiutare. Lei mi tranquilizza dicendo: “Stai tranquilla figlia mia, ce la farai, la soluzione ce c’è l’hai davanti a te, ti devi solo concentrare, ricorda che sei un medico straordinario!” poi sparisce. Guardo davanti a me e vedo un barattolo di miele e mi viene in mente la dea Melissa, la tata che ho avuto nella mia infanzia e mi diceva sempre: “il miele cura la mente” quindi prendo miele, sale e limone, li unisco e creo un medicinale, vado dai malati e dopo un paio d’ore vedo che ritornano come prima. Finalmente il popolo Romano è salvo.

Marseglia Sarah classe 1^C

Resto a casa e viaggio per...

Rubrica di viaggi virtuali in Italia, in Europa, nel MONDO.

Resto a casa e ... faccio un viaggio virtuale nella nostra meravigliosa Italia!

I ragazzi della classi prime della Secondaria di I grado "Il Guercino", approfittando di un approfondimento di geografia sulle regioni italiane, hanno realizzato eccellenti elaborati. Alcuni hanno fatto delle presentazioni accattivanti e originali, altri hanno registrato delle vere e proprie video lezioni con Screencast o matic, proprio come i loro professori, altri ancora hanno creato e-book con Book Creator di Chrome hanno realizzato dei wordcloud con Wordart.

Come sempre i nostri alunni ci stupiscono e ci danno l'energia necessaria per continuare a insegnare con entusiasmo, anche a distanza.

Negri Giada 1A - PUGLIA.mp4

Negri Giada classe 1^A

Marseglia Sarah classe 1^C

Presentazione sulla regione Puglia Brina 1B.pptx

Brina classe 1^B

Brambilla Marco - LOMBARDIA.ppt

Marco Eugenio Brambilla classe 1^C

Frabetti Alice - PUGLIA.mp4

Frabetti Alice classe 1^C

UMBRIA GIADA.mp4

Carascoso Giada classe 1^A

Golinelli Pirani Giulio classe 1^A

Zohory Khadija classe 1^A

Sartorato Kevin classe 1^C

Sciotto Maria classe 1^C

Riflessioni ungarettiane, ai tempi del corona virus.

Ungaretti ai tempi del coronavirus

Interminabili sono i giorni che trascorriamo oggi tra le pareti di casa, proprio come venivano trascorsi nelle trincee dove la maggior parte dei soldati, però,trovava la morte. Così Ungaretti,che non poteva conoscere il coronavirus, scrisse meravigliosi versi nella poesia “Fratelli” dove esprime sentimenti, emozioni che accomunano quei momenti con la vita di questi giorni. “Lontani ma vicini”, è la frase che più si sente dire oggi, a dimostrazione di una fraternità, la stessa che gli uomini vivevano nel momento in cui, durante la guerra, si rendono conto della fragilità della propria vita, che lui stesso da attivista ha vissuto. Tutti insieme però, proprio come  i soldati in guerra formiamo un’enorme famiglia, legati da un forte rapporto di fraternità e di condivisione di un problema mondiale. Come  nella poesia “Soldati” la paura è uguale per tutti, qualsiasi uniforme si porti, qualsiasi lingua si parli.

Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi / le foglie

Ungaretti  ha saputo raccontare l’incertezza della vita, in ogni luogo del mondo , con o senza pandemia. E ora che le persone in bilico siamo noi e non i soldati, non in autunno, ma in questa fiorita ma triste primavera... abbiamo sempre più voglia di attaccarci ai rami della vita.

Un altro contagiato o un’altra vittima e il mio cuore è straziato, per tutte le croci che l’umanità porta sulle spalle. Anche se la morte di una persona anziana, visto che sono quelle più colpite, è un processo naturale, il fatto che avvenga in queste condizioni e che avvenga per una malattia per cui non si ha una cura è ben altra cosa; ci fa sentire più sfortunati perché non possiamo vegliare e salutare i morti così come accadeva invece  nella poesia “Veglia”, il quale messaggio nascosto è che di fronte alla morte si sente ancor di più l’ attaccamento alla vita e ci si sente più legati per trovare il modo di resistere e continuare a vivere.  Come diceva Ungaretti: “La parola è importante, ma non riuscirà mai ad esprimere pienamente il nostro pensiero”. Lo sconforto che proviamo in questo momento è difficile da raccontare, ma come la poesia  per il poeta  riusciva a salvare l’uomo dal naufragio universale, così oggi noi veniamo aiutati a sopravvivere a questo evento anomalo. 

Io, visto l’ impegno richiesto nel distanziamento sociale, per mantenermi in contatto con gli amici, ho deciso di incontrali via  WhatApp con videochiamata tutti i giorni, per studiare insieme o per giocare online oppure semplicemente per chiacchierare e fantasticare su quello che faremo non appena potremo rivederci.

Tutti reagiamo a questo virus, ma non allo stesso modo: alcuni  rimanendo senza parole dietro a  mascherine, con la paura anche di respirare l’aria dal balcone, altri invece pensano a «vaccini» naturali, non rispettando le regole. 

Chi avrebbe mai immaginato che la ricerca della libertà, che studiavamo attraverso la storia a scuola, potesse accadere oggi? Proprio la stessa  che i nostri antenati e genitori hanno sentito così forte? Colpisce che ora, nell’anno 2020, in un mondo che si riteneva libero, autonomo, convinto di risolvere qualsiasi difficoltà, stia accadendo proprio questo.

Ed eccoci, siamo qui, fragili e incerti sul nostro presente ma soprattutto sul nostro futuro, a chiederci quali saranno le decisioni che il premier Conte prenderà. Libertà che mai  avremmo  pensato ci venisse negata . Sul virus, è vero, abbiamo poche certezze, ma se siamo come d’autunno/ sugli alberi/ le foglie, non lasciamoci spazzare via dal vento dello sconforto.

Calì Alex classe 3^D

L’AURORA CHE VERRÀ 

Nel 1917, Giuseppe Ungaretti, combattendo sul fronte del Carso, durante la prima Guerra Mondiale, scrisse Mattina, riuscendo a meravigliarsi dell’alba nonostante stesse vivendo gli orrori della Guerra in prima persona, nonostante continuasse a perdere compagni e amici, nonostante non vedesse la sua famiglia da tanto tempo e non avesse la certezza che avrebbe potuto riabbracciarla.

Nel 2020 il coronavirus  si è diffuso più o meno in tutto il mondo, il contagio aumenta di giorno in giorno in modo esponenziale e noi siamo obbligati a stare in casa, possiamo uscire solamente per fare la spesa o per motivi di salute o con autorizzazioni speciali per andare al lavoro e dalle nostre azioni dipende la salute di tutti. 

Probabilmente può sembrare strano paragonare queste due situazioni, ma adesso anche noi stiamo combattendo una guerra, anche se non in senso letterale: la paura delle persone è quasi la stessa, soprattutto perché il nemico contro cui stiamo lottando è invisibile.

Visto che siamo bloccati a casa, la mia routine, come quella di tutti gli altri, è cambiata molto. Tanti miei amici stanno sfruttando questa quarantena per starsene a letto molto  più del solito, ma sfortunatamente io sono così abituata a svegliarmi presto che al massimo riesco a dormire fino alle otto! La mattina faccio colazione, guardo la video lezione del giorno e leggo un po’: una delle poche cose belle di questo periodo è che ho molto più tempo per leggere, che è sempre stata la mia grande passione. La mia famiglia è ovviamente tutta a casa, quindi riusciamo a passare tanto tempo insieme: mia mamma sta cucinando tutti i miei piatti preferiti e mi dispiace un po’ per mio padre perché non deve essere facile sentirmi parlare sempre di Harry Potter o dei 5 Seconds of Summer!

Mi mancano molto i miei amici, soprattutto perché prima della quarantena avevamo iniziato ad uscire insieme ogni giorno. È brutto pensare che molto probabilmente non avremo un ultimo giorno di scuola o non faremo nessuna festa di fine terza media, ma d’altra parte sicuramente non sarebbe una cosa giusta da fare in un momento come questo. 

Il pomeriggio faccio i compiti, passo del tempo con la mia famiglia e chiamo i miei amici col cellulare. Ho anche ripreso  a seguire  delle serie tv che prima non avevo tempo di guardare. Insomma, di certo è molto meno stressante stare tutto il giorno a casa rispetto ad andare a scuola sei ore al giorno e tutto il resto, ma è come vivere dentro ad una teca di vetro: vediamo tutto ciò che c’è e tutto quello che succede fuori, ma siamo obbligati a non uscire e quindi a non fare nulla di quello che vorremmo. 

In questa brutta situazione, tutta Italia, se non tutto il mondo, si sente più unita. Così, nel considerare tanti comportamenti di reazione positiva a questo stravolgimento della nostra quotidianità e  nel vedere  tutto il supporto e tutta la vicinanza reciproca che c’è in questo momento ( a  partire da tutti i messaggi positivi di incoraggiamento e da tutte le donazioni fatte agli ospedali, fino ai flash mob, dove ognuno dalla propria casa riusciva a dare speranza agli altri) non posso fare altro se non illuminarmi d’immenso e continuare a guardare fiduciosa al domani.

Aurora Ghezzi classe 3^F

WE WILL MAKE IT

Una delle poesie che preferisco di Ungaretti è “Veglia”. Uno dei motivi è l’effetto che mi ha fatto quando l’ho letta: ho immaginato la situazione ed è come se avessi provato le sue stesse emozioni. Quello che il poeta ha descritto, cioè la sensazione di grande attaccamento alla vita che nasce dalla morte del compagno massacrato, si potrebbe collegare a ciò che sta succedendo ora in Italia. In questi giorni sembra che la vicinanza della morte ci abbia fatto apprezzare la vita. Quando la quotidianità della nostra vita ci è stata tolta ne abbiamo apprezzato il valore, perché tutto quello che davamo per scontato ora non lo è più. Non ci era mai capitato di vedere il nostro Paese crollare in pochi mesi. All’inizio la maggior parte delle persone è andata in panico, con il passare delle settimane però si è progressivamente adattata. Adesso quando incontriamo per caso degli amici o anche semplicemente dei vicini non vediamo l’ora di scambiare due chiacchiere, ovviamente rispettando le regole che ci sono state date. È un periodo molto difficile per tutti e riusciremo a superarlo solo se uniti. Nel quartiere dove abito non c’è mai stato troppo caos o rumore, ora è addirittura come se fosse disabitato, abbandonato. Ieri sono uscita a fare due passi con mia madre e abbiamo incrociato dei vicini con cui abbiamo parlato, anche se non ci conoscevamo, giusto per scambiare due chiacchiere sentendo voci diverse oltre a quelle della famiglia. Con il tempo ci siamo abituati a trascorrere più tempo con i nostri familiari e abbiamo molto più tempo per divertirci con loro. Ad esempio, dallo scorso fine settimana mia sorella, i miei genitori ed io ci sfidiamo a pallavolo, così cerco di rimanere allenata e mi diverto a vedere le mosse che si inventano i miei familiari per prendere la palla. Ogni tanto aiuto mia madre a cucinare, cosa che facevo da piccola e avevo smesso di fare. Dal lunedì al venerdì guardo le videolezioni e svolgo i compiti, così il sabato e la domenica posso svagarmi. Mi manca molto frequentare i miei amici e parlare con i professori. Spero di poter tornare a scuola presto, prima della fine dell’anno scolastico per poter trascorrere del tempo con i miei compagni di classe almeno per qualche giorno, dato che l’anno prossimo saremo in scuole diverse e sarà difficile vedersi perché alle superiori il carico dei compiti e dello studio aumenterà, quindi ognuno di noi avrà i propri impegni e temo che perderemo i rapporti. C’è chi mi dice che gli amici che rimarranno per sempre saranno quelli delle superiori e questa è una cosa che mi preoccupa. Da quando mi sono iscritta al liceo classico non ho avuto ripensamenti, anzi sono sicura, però ho il timore di trovare dei compagni non troppo simpatici e di non essere fortunata come lo sono stata fino ad ora. Un consiglio che mi ha dato una cara amica è stato quello di non prendere nessuno della mia futura classe in antipatia, ma di cercare in ogni persona qualcosa di positivo e di sforzarmi ad instaurare un buon rapporto con tutti. Negli ultimi giorni ho smesso di leggere e rispondere ai messaggi che mi mandavano i miei amici. Una delle ragioni della mia decisione è che, improvvisamente, sul cellulare si sono cancellati e sono andati persi tutti i messaggi che io e i miei amici ci siamo scambiati negli ultimi tre anni: ci sono rimasta davvero male. Non so spiegare il motivo, ma sono sempre stata affezionata a tutti quei messaggi che erano legati a tanti momenti della mia vita e corrispondevano a tanti ricordi. Perdendo i messaggi, ho paura che svaniscano i ricordi. Da quando è successo ho smesso di usare whatsapp e ho deciso di prendermi un periodo di riflessione. Ho collegato questi fatti alla poesia di Ungaretti, “San Martino del Carso”. La poesia racconta di case devastate dalla guerra, di cui sono rimasti solo brandelli di muri. Nel cuore di Ungaretti, invece, non manca nessuna croce, perché le persone che ha perso per la guerra rimarranno sempre nel suo cuore. Così io penso che gli amici con cui ho passato bei momenti in questi anni, ma che perderò per il fatto che prenderemo strade diverse, rimarranno sempre dentro il mio cuore.  

Come dicevo, molte poesie di Giuseppe Ungaretti si potrebbero collegare alla pandemia, ed è per questo che molte ci toccano in questo momento difficile. È vero, questa non è una guerra, non ci sono soldati che sparano o bombardamenti, però ci sono ugualmente tanti morti e ci sono medici, infermieri e volontari che quotidianamente lottano per tenere in vita le persone ammalate e anche loro stessi. Io penso che sia nostro compito aiutarli. Nel nostro piccolo, se ci comporteremo come hanno previsto nei decreti, riusciremo ad uscirne e potremo essere fieri di affermare: “Io ho dato il mio contributo”. Quando potremo di nuovo uscire di casa sarà come rinascere, ci sembrerà incredibile, quando potremo riabbracciarci come facevamo una volta, sarà ancora più bello di prima e non lo daremo più per scontato. Insomma ci illumineremo d’immenso, festeggeremo e spero che le persone quando saranno insieme smetteranno di essere distratte dal telefono e inizieranno a parlarsi guardandosi negli occhi. 

Una citazione di uno dei miei film preferiti, ‘A un metro da te’, è: “Non si capisce l’importanza di avere un contatto fisico finché non viene a mancare”. Direi che, ora come non mai, ce ne siamo resi conto.

Anna Palma classe 3^A

MI ILLUMINO D’IMMENSO

Ho pensato di intitolare il mio tema con questo testo poetico di Giuseppe Ungaretti come da lei e gli altri prof  suggerito. 

Questa poesia penso gli sia stata ispirata da una fonte di luce, sicuramente durante una guerra mondiale lo stato d’animo di Ungaretti era triste perché aveva paura della morte sia personale sia dei propri compagni di guerra e in un giorno terribile come tanti altri sarà stato colpito da una luce molto intensa proveniente dal sole, capace di farlo distrarre e fargli dimenticare per un attimo il contesto in cui si trovava.

 Non voglio paragonare la guerra alla pandemia che stiamo vivendo in questi giorni ma sicuramente nella regione della Lombardia dove ogni giorno da settimane ci sono centinaia di morti, i familiari di queste persone provano sofferenza, amarezza e frustrazione per non poter far nulla per aiutare i propri cari. Secondo me Ungaretti nelle proprie poesie spesso parla di queste sensazioni ed emozioni che si provano abitualmente in situazioni tristi come una guerra o una pandemia mondiale.

Ormai è da più di un mese che siamo chiusi in casa e molta gente si sta lamentando del fatto che non si possa uscire e vedere amici e parenti. Le prime settimane in casa con la mia famiglia sono state piacevoli ma a lungo andare sta diventando stressante. Mi manca poter uscire liberamente in bicicletta senza la paura che dal momento all’altro ti possa fermare un vigile o si possa venire a contatto con persone positive a questo nemico invisibile. Mi manca uscire con i miei amici a prendere un gelato oppure semplicemente andare a fare un giro in piazza, sembrerà strano ma ho nostalgia anche della scuola. Rimanere chiusi in casa fa effettivamente apprezzare e riflettere su cose che prima erano scontate e abitudinarie. Questo ultimo anno di medie, mi rimarrà sempre la nostalgia di non averlo finito con la mia classe e con gli insegnanti con cui ho passato tantissimi bei momenti ed esperienze. 

Mi sono adattata a questa “nuova” scuola a casa, ma mi manca molto il contatto con gli amici, trovarsi alla mattina dietro al forno vicino alla scuola e abbracciarsi anche solo per scambiarsi un saluto sapendo che il giorno dopo ci si rivedeva.

Fortunatamente a Cento i contagi non sono tanti e la mia famiglia, i miei cari e nessun mio amico è stato contagiato, a volte mi sembra di vivere all’interno di un brutto film perché capisco di non rendermi conto realmente di quello che sta realmente succedendo non essendo per fortuna coinvolta personalmente.

Siamo obbligati a restare nelle nostre case, ed io a parte andare ogni tanto dai miei nonni con mia mamma non esco proprio mai mi sono ritrovata con tanto tempo per riflettere e anche per annoiarmi. Ogni tanto vado giardino visto che fortunatamente ci sono delle bellissime giornate di sole, l’erba è piena di margherite e molti alberi sono fioriti. Quando sono in giardino o guardo fuori dalla finestra mi scordo di tutte le brutte notizie che si sentono in tv o che si leggono sui giornali.  Se Ungaretti fosse nato in questo periodo potrebbe essere ispirato a scrivere poesie simili alle sensazioni che ha provato durante la guerra, visto che nelle sue poesie  riesce benissimo a trasmettere a chi le legge quanto è tragica la guerra, esprime la condizione in cui si trovavano i soldati, il dolore che prova quando perde i suoi “fratelli” in guerra. Mi sembra che Ungaretti parla soprattutto delle sensazioni ed emozioni da lui provate in quei momenti tragici. In Lombardia sono sicuramente sensazioni che provano anche i familiari dei defunti e i medici che vedono centinaia di persone morire negli ospedali senza poterli aiutare.

Fortunatamente io queste immagini le vedo solo nei telegiornali e fatico a rendermene conto.

Sarà il caldo di questi giorni, sarà la primavera, sarà questo stare tutti a casa che mi sembra di essere in vacanza e vorrei trovarmi a braccia aperte distesa su un prato in montagna circondata da margherite ed erbe profumate e  anche in questo momento così triste per tanti e di questo sono molto dispiciuta, pieno di sofferenze con medici che sembrano dei soldati in guerra, ospedali pieni di persone sofferenti, se uno si abbandona al sole e alla bellezza dei fiori e al verde dei prati può benissimo dire “Mi illumino d’immenso”.

 Morisi classe 3^C

Da Ungaretti alla mia quarantena 

 

Nell’aria spasimante

involontaria rivolta

dell’uomo presente alla sua

fragilità

Fratelli

(da Fratelli di Giuseppe Ungaretti)

Oggi, come suggerisce il poeta Giuseppe Ungaretti, ognuno di noi dovrebbe considerare gli altri uomini come fratelli, accomunati dalla stessa fragilità.

Oggi, come all’epoca di Ungaretti, quando l’intero mondo era in guerra, tutti stiamo vivendo l’emergenza sanitaria più grande e importante della nostra epoca. E per fermare il virus, che si diffonde sempre più in fretta e che sembra incontrollabile, credo che il punto di partenza possa essere un sentimento profondo come il sentirci parte di un organismo unico, una comunità che comprende tutti gli esseri umani; pensare alla collettività e al bene di tutti, anziché esclusivamente a interessi particolari. Ad esempio, se anche solo un ristretto gruppo di persone non rispetta le normative che impongono di rimanere a casa, il virus continua a diffondersi all’infinito, sempre con maggiore intensità. Se, invece, restiamo tutti a casa, ecco che le cose possono cambiare in meglio per ognuno di noi. Ciascuno deve fare la propria parte, per quanto piccola possa sembrare. Mi pare che, per provare a risolvere questa complicata situazione, ci sia bisogno di compassione, umiltà, consapevolezza, perseveranza e solidarietà.

Ho sentito spesso paragonare la condizione attuale al periodo di guerra, di cui non ho nessuna esperienza diretta. Ciò mi ha comunque fatto riflettere. Un conflitto armato è caratterizzato da frontiere, armi, menzogne, brutalità e nemici. Nelle sue poesie, Ungaretti non utilizza mai quest’ultima parola, dimostrando di credere fermamente allo spirito di fratellanza. Secondo me, questa pandemia, non presenta gli stessi aspetti del conflitto: infatti noi non siamo in guerra e la nostra situazione è ben differente da quella vissuta da Ungaretti e dai suoi contemporanei. Ma oggi, come allora, c’è bisogno di forza, sacrificio, coraggio, risolutezza e tenacia.

Per quanto mi riguarda, in questo periodo la virtù che devo esercitare maggiormente è la pazienza. Infatti, ho sempre amato stare all’aria aperta e vivere in casa per tanto tempo, senza avere la possibilità di uscire liberamente, si sta rivelando difficile e faticoso. Ma, se è questo che devo fare non solo per il rispetto delle regole ma soprattutto per il bene mio e degli altri, voglio farlo al meglio. Sto sperimentando che restare a casa non significa fermarsi. Durante questa quarantena, ho riscoperto la lettura, infatti ho ricominciato a leggere tutti i giorni, scegliendo tra libri che aspettavano da mesi sugli scaffali della mia libreria. Questo mi aiuta a uscire dalla realtà per un po’, a scoprire nuovi mondi rimanendo sul divano. Sto trascorrendo molto più tempo in compagnia dei miei familiari e sto assaporando la noia, il dolce far niente.

Non avere tanti impegni e orari da rispettare mi fa uno strano effetto. Le giornate sono tutte molto simili e il tempo passa velocissimo, forse anche più di prima. Sto cercando, comunque, di mantenere un certo equilibrio, imponendomi di scandire la giornata facendo attività varie e piacevoli da alternare ai miei doveri, come svolgere i compiti e aiutare in famiglia, senza stravolgere i consueti orari. Tutti i pomeriggi sostituisco il giro in bicicletta in compagnia degli amici con cinque chilometri sulla mia cyclette, mentre guardo fuori dalla finestra, e rimpiazzo gli allenamenti di calcio con qualche palleggio da solo contro il muro. Per fortuna, anche l’allenatore della mia squadra di calcio ha dato il suo contributo e, per alleviare la mancanza degli allenamenti e farci sentire la sua presenza, via telefono, assegna settimanalmente a me e ai miei compagni alcune attività da svolgere con il pallone. Il “compito” prevede anche che ciascuno gli mandi il filmato con l’esecuzione dell’esercizio. In fondo, questo assomiglia molto a quanto stiamo facendo per i professori come nuova forma di attività scolastica. Il risultato più bello è stato il montaggio di tutti i filmati con i passaggi virtuali da uno all’altro. Non avrei mai pensato che il video potesse sembra così reale: la sequenza dei passaggi dal giardino di uno alla camera di un altro al garage di un altro ancora è fluida e annulla la distanza tra noi giocatori e pare quasi che la nostra squadra sia ancora unita e insieme sullo stesso prato. Questa quarantena, forse, ci sta unendo ancora di più, ci sta facendo apprezzare anche le piccole cose.

Non nego, però, che il contatto con i miei amici mi manca davvero molto e mi riempio di speranza al solo pensiero che, parafrasando Ungaretti, anche questa quarantena passerà (da Noia, di Giuseppe Ungaretti).

 

Andrea Mazzaschi classe 3^C

Foglie d'autunno

L'autunno è una delle mie stagioni preferite. Le leggera brezza che si innalzava ogni tanto nella mattinata e che faceva in modo che un brivido ti attraversasse la schiena scuotendoti dai tuoi pensieri o da qualsiasi altra cosa ti avesse rapito per qualche istante dalla realtà, il clima imprevedibile che passava facilmente dal nebbioso di inizio giornata al soleggiato di pomeriggio inoltrato, la pioggia frequente rispetto agli altri mesi che creava l'ambiente perfetto per la lettura, le strade più affollate del solito tra ragazzi appena usciti da scuola dopo ore di lezione e adulti indaffarati a rispondere alle chiamate, ma specialmente le foglie. Perché l'autunno era un po' anche la stagione delle foglie, di ogni dimensione e colore, appartenenti a diversi alberi, cadute dal proprio ramo e atterrate delicatamente sul terreno grazie all'azione del vento. A Ungaretti piacevano le foglie, o almeno erano ottime per i paragoni e le similitudini nelle sue poesie. Quando lui era in guerra scrisse in due versi come avrebbe descritto i soldati, e guarda caso gli descrisse come foglie cadute dal proprio albero. Persone che avevano dovuto volontariamente, e a volte anche involontariamente, abbandonare la propria famiglia, figli, mogli, genitori, e che avevano intrapreso la strada della guerra, del combattimento. Si erano sacrificati morendo eroicamente, perché sì, morire da soldato era la massima onorificenza, aver combattuto per uno scopo per un motivo, nascosti in trincee con i compagni, tra respiri impauriti, affannati, tra occhi rossi che avevano visto l'orrore della morte e che sapevano di aspettarsi anche di peggio e tra silenzi forzati custodi di mille parole. Parole che venivano sussurrate al vento, poi trascritte su pezzi di carta che avrebbero dovuto arrivare come lettere ai propri cari ma che finivano per la maggior parte spiegazzati in tasche o per terra pestati dagli scarponi sporchi di fango. Ungaretti ci sapeva fare con le descrizioni, dalle sue poesie si poteva descrivere come un uomo di poche parole, un uomo che parlava il necessario e a cui bastava una frase per racchiudere un discorso. Nascondeva dietro le parole intere pagine di pensieri, parole che sceglieva accuratamente cercando di usare quelle più eleganti possibili che avrebbero poi contribuito ad una lettura liscia e senza intoppi. Ungaretti, se fosse ancora vivo, avrebbe saputo anche solo con una frase descrivere il periodo che stiamo passando, sarebbe riuscito a usare due parole e unirle per formare una frase di senso compiuto. Come se gli bastassero una decina di sillabe per descrivere la paura, quel sentimento che risiede in ognuno di noi, e che pur cercando di nasconderlo sarà sempre visibile. Chi è poi che non ha paura? Restare chiusi in casa con l'ansia che un nostro parente o amico possa essere contagiato non è certo il miglior modo per mantenere la calma. Secondo me non andrà tutto bene. Migliaia di morti non corrispondono all'andrá tutto bene e agli arcobaleni sulle finestre. Preferisco rimanere realista, non pendere troppo sull'ottimismo ma nemmeno sul pessimismo, semplicemente credere a ciò che vedo e sento. Perché anche quelle persone che ora sono in ospedale, qualche giorno fa erano usciti per comprare i pennarelli ai figli per completare il disegno dell'arcobaleno che avevano intenzione di appendere alla ringhiera del balcone, e ora vengono sopraffatti dal pentimento di quell'insulsa azione a cui avrebbero facilmente potuto trovare rimedio. Anche quella persona che ora si trova con il vassoio del cibo dell'ospedale davanti rimpiange l'aperitivo con gli amici, quell'aperitivo che avrebbe potuto comodamente evitare optando per una serata sul divano guardando un film. Questo è un po' come la penso io, a tutte le nostre azioni seguono conseguenze, belle o brutte che siano, prima di prendere una decisione siamo consci dei rischi che potrà portare. Ultimamente sono diventata un po' filosofica… sarà perché passo le serate a guardare il soffitto? A parte questo la mia routine giornaliera pur se stata completamente stravolta continua ad includere i miei momenti preferiti. Niente sveglia assordante alle sette del mattino, niente telefono da raggiungere sul comodino, nessuna fretta la mattina a fare colazione e niente diari di controllare e zaini da preparare la sera. La mia giornata inizia un po' in ritardo, dopo colazione mi trovi sempre seduta alla scrivania ad ascoltare una videolezione per poi appuntarmi i compiti e farli, libri sparsi dappertutto auricolari ingarbugliati e matite per terra, insomma il mio amato caos. Il pomeriggio invece opto per un film da guardare o una serie tv da finire, ciò comprende due ore di relax assoluto. Dopo merenda ci si prepara tutti sui divani per la solita conferenza delle sei dove si viene aggiornati sui dati di contagio e sull'andatura dell'epidemia, alla fine della diretta seguono due ore di telegiornale ogni tanto interrotte dai miei tentativi invani di cambiare canale. Fortunatamente dopo il tg si viene salvati da mia madre fissata con un paio di telefilm che ci trattengono ancora per delle ore seduti. Quando mia madre si alza dal divano siamo liberi, quindi ovviamente mi dedico alla lettura di qualche centinaio di pagine, accompagnate da della musica di sottofondo. Diciamo che leggendo abbandono anche se per poco la realtà, ho una certa connessione con le parole che mi permette di isolarmi da tutto e da tutti concentrandomi solo sulle pagine. Quindi puoi provare anche a urlarmi con un megafono nell'orecchio ma non ti darò retta, talento utile specialmente per lo studio. Ultimamente anche la scrittura mi sta attraendo in particolar modo, anche se rimango dell'idea che preferisco leggere che scrivere. In più in queste settimane ho iniziato a sistemare il caos dentro me, facendo ordine tra i miei pensieri guadagnandomi un mal di testa terribile. Quando le luci si spengono in casa e tutti sono a letto a dormire io invece sono sotto le coperte ad imprecare contro la luce troppo forte del telefono che non mi permette di leggere in tranquillità e che rischia di farmi diventare completamente cieca. È ormai un rito quotidiano, e penso che continuando così finirò per rovinarmi gli occhi, ma che ci posso fare? Se soffro di insonnia non è colpa mia. In più quando trovo dei momenti liberi (cioè quasi mai) mi ritrovo a messaggiare con le persone che mi mancano di più, e posso dire che ora le conosco meglio, che quella frattura sul ponte che ci collegava è stata aggiustata, e poi mi sono accorta del vero significato di amicizia, e mi sono chiesta se come nei libri i legami a distanza durino a lungo o vengano sgretolati dalla lontananza e dal tempo. Tempo… quanto tempo ancora durerà tutto ciò? Quando potremo tornare gli adolescenti spensierati di qualche mese fa? Quando potremo ripercorrere la strada per arrivare a scuola che tempo fa detestavamo? Quando torneremo ad imprecare contro la sveglia? Tante domande e nessuna risposta, eppure il mondo è fatto così, tutto punti interrogativi a cui si cerca invani risposta. E tutti noi ci chiediamo quando tutto finirà, e possiamo solo sperare che in qualche modo ne usciremo nel bene o nel male ce la faremo. Un po' come le foglie d'autunno: sanno cosa le aspetta quando cadono dai rami ma sanno anche che ce ne saranno di nuove a riempire il vuoto lasciato sull'albero. 

Iman Larbaoui 3^C 

Una guerra speciale

In questo momento tutta Italia è zona rosa a causa di un virus. Molti la descrivono come una guerra perché con essa questa situazione ha molte analogie. In una guerra le persone muoiono, come adesso; ci sono persone che combattono, i nostri medici; c’è sempre il bisogno di più persone che portino il loro contributo, come adesso negli ospedali e soprattutto il nemico è cattivo e impegnativo, come questo virus.

La differenza è che questa guerra non la stiamo combattendo contro altre persone, ma contro qualcosa di piccolo, invisibile e potentissimo. Siamo costretti a stare a casa, solo una persona per famiglia può uscire, non si possono organizzare assembramenti, ad esempio feste, non si può andare a fare un giro camminando o correndo. Hanno imposto giustamente queste restrizioni principalmente per contenere il contagio, anche se ci sono persone che ne approfittano e vanno nei parchi, a camminare, a correre e secondo me non hanno capito che, a parte non uscire, se li fermano, oltre alla multa e denuncia, cosa più grave, rischiano di contrarre il virus.

Io non esco di casa da oltre un mese e mi sono abituato, anche se normalmente tre volte a settimana avrei l’allenamento di basket, più la partita nel weekend. Adesso dal lunedì al venerdì abbiamo una o più videolezioni e il sabato e la domenica siamo liberi. Le giornate non sono come prima, anzi, sono noiosissime perché sono tutte uguali, non si può uscire e non si possono incontrare gli amici. Per sdrammatizzare io sento i miei amici su Whatsapp, gioco alla Play Station, ma non troppo, gioco in giardino con le mie sorelle, guardo dei film, insomma occupo il mio tempo.

Per fortuna, ci sono dei lati positivi: ci si alza più tardi e con calma; non si va a scuola, anche se così non posso vedere i miei compagni; in un certo senso siamo più liberi di prima, ma anche più bloccati. Grazie alla tecnologia si possono contattare e vedere le persone a cui teniamo di più, ovviamente in modo virtuale.

A causa di questa pandemia io sono triste perché ho tanta nostalgia e tanta voglia di rivedere i miei compagni, i miei amici, i miei nonni e i miei cugini, ma sono anche felice perché posso passare più tempo con la mia famiglia e ho tanto tempo per pensare. Pensare all’esame, alla scuola e a tutti quelli che mi stanno a cuore. Secondo me, pensare è molto importante per ognuno di noi perché è come se prendessimo una pausa per capire cosa sta succedendo, ad esempio in questo momento, per capire prima di agire, per riguardare il nostro passato per poi pensare al nostro futuro e a cosa ci riserverà, e a questo ognuno di noi ci pensa tanto. Oggi sono preoccupato per il mio futuro e per quello di ogni italiano perché il nostro futuro è ancora incerto e per poterlo sapere dovremmo aspettare ancora diverso tempo. Credo che il numero di vittime e di contagi salirà drasticamente per poi scendere fino ad azzerarsi. Quando saremo in quel momento sarà uno di quelli che non si possono scordare facilmente perché sarà entrato nella storia come un momento felicissimo che avrà caratterizzato ognuno di noi. 

Adesso purtroppo si parla di pandemia perché il virus sta procedendo velocissimo e in ogni direzione.

Negli USA le persone contagiate in una settimana erano quasi quante quelle contagiate in Italia in un mese. La causa di questo va ricercata nella mentalità delle persone, ma soprattutto del loro presidente che non ha voluto fin da subito mettere tutti in quarantena. Questo ha portato gli USA al terzo posto della classifica mondiale per casi positivi, ma non è possibile che un paese con più di 300 milioni di abitanti possa avere pochi contagiati e, purtroppo, anche pochi decessi. Io credo chi gli USA in poco tempo arriveranno al primo posto nella classifica mondale. Anche in Gran Bretagna il primo ministro Boris Johnson aveva detto che le restrizioni non servivano e chi contraeva il virus se lo teneva: il caso ha voluto che lui l’abbia preso e sembra anche in forma grave. Non so quanto potrà andare avanti questa quarantena, io spero finisca presto per poter ricominciare a fare tutte le attività che svolgevo prima di questo brutto periodo. 

In vari parti del mondo stanno cercando di capire come è fatto il virus per poi creare un vaccino. Io credo che solo se rispettiamo le restrizioni imposte potremo far passare questa emergenza e vincere anche questa “guerra” perché niente è impossibile se ci mettiamo in testa di farlo uniti.

Ho visto anche un lato curioso di questa situazione: siccome quasi tutti i paesi sono zona rossa, le città sono deserte, perché le persone si possono incontrare solo nei supermercati o nelle farmacie. Alcuni animali vedendo le città in questo stato hanno deciso di andare alla scoperta: a Nara in Giappone i cervi passeggiano in mezzo alle strade, a Baku in Azerbaijan i gatti hanno deciso di conquistare tutte le metropolitane della città, in Galles delle capre selvatiche circolano liberamente nella città di Llandudno, a Santiago del Cile è stato avvistato un puma, in India alcune scimmie hanno preso d’assalto diverse macchine parcheggiate… tutti animali che hanno cominciato a frequentare posti che non avrebbero mai frequentato prima. Speriamo che con l’affollamento delle città questi animali se ne tornino presto nelle loro aree e, nel frattempo, #IORESTOACASA.  

  

Tommaso Marchesini classe 3^C

UNGARETTI AI GIORNI NOSTRI: coerente o fuori luogo?

E’ possibile considerare Ungaretti come un poeta contemporaneo? La sua poesia potrebbe descrivere la vita in questo periodo come lo fece durante la prima guerra mondiale? 

Per rispondere cercherò di analizzare la sua poetica e il suo stile di scrittura. Ungaretti fu il precursore dell’ermetismo; la sua poesia era pura ed essenziale, per non esprimere concetti superflui e non distogliere l’attenzione dal messaggio principale che voleva trasmettere. Ciò che influenzò maggiormente la vita di Ungaretti e la sua produzione letteraria fu la partecipazione alla prima guerra mondiale. Grazie a questa esperienza, sviluppò un senso di fraternità e solidarietà rivolto anche agli avversari, perché secondo lui, nonostante la rivalità, la guerra era la stessa per entrambi gli schieramenti e per concluderla sarebbe servita solo l’alleanza tra tutti. Questa tematica è piuttosto evidente nella poesia “Fratelli”.

Fratelli

Di che reggimento siete

fratelli?

Parola tremante

nella notte

Foglia appena nata

Nell’aria spasimante

involontaria rivolta

dell’uomo presente alla sua

fragilità

Fratelli.

Un’altra tematica presente in questa poesia è la precarietà della vita di un soldato, che risulta fragile e incerta a causa della continua battaglia. Questo è il concetto anche alla base della poesia “Soldati”. 

Soldati

Si sta come

d’autunno 

gli alberi

le foglie.

In questa poesia è presente un’altra caratteristica dell’ermetismo, ovvero l’analogia: un modo per avvicinare, attraverso parole apparentemente slegate, due contesti molto lontani come l’attaccamento delle foglie agli alberi e dei soldati alla vita. Questo è, secondo me, il testo di Ungaretti che si potrebbe utilizzare per descrivere anche la situazione attuale. Per noi la precarietà della vita non consiste nella minaccia di proiettili o bombe, bensì in quella di un nemico invisibile. Anche il modo in cui io l’ho interpretata forse può essere adatto a descrivere il periodo attuale, sebbene sia decisamente più macabro come riferimento. Le foglie, in autunno, cadono dagli alberi e in queste settimane sono cadute le vite di tantissime persone: i dottori, i veri soldati di questa guerra, lottano giorno e notte contro il virus. A tal proposito mi viene spontaneo pensare ad un altro elaborato di Ungaretti, ovvero “Veglia”.

Veglia

Un’intera nottata

buttato vicino

a un compagno 

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d’amore

Non sono mai stato

tanto 

attaccato alla vita.

A mio parere attraverso questo testo si potrebbero descrivere le emozioni dei medici e degli infermieri in questi giorni. Passano ore e ore accanto a persone la cui vita è appesa a un filo, che lottano e soffrono costantemente e credo che il timore di poter essere infettati e finire nelle condizioni dei pazienti che stanno curando accentui la gioia di vivere e faccia apprezzare ciò che prima si dava per scontato. Per l’appunto, qualche giorno fa ho ascoltato l’intervista di un medico; era stato contagiato dal virus e nel giro di poche ore era stato costretto ad abbandonare la sua famiglia. Era terrorizzato all’idea di addormentarsi e non svegliarsi più e ancor di più di aver contagiato i suoi cari; la felicità che ha provato nello svegliarsi, guarire e di poter tornare a casa penso si possa paragonare a quello che ha voluto comunicare Ungaretti anche con la poesia “Mattina”.

Mattina

M’illumino

d’immenso.

Nel mio piccolo anch’io mi ritrovo in questa poesia. Ogni mattina mi alzo, ma prima di pensare a qualunque altra cosa, qualsiasi impegno o compito, mi prendo almeno cinque minuti per osservare la natura fuori dalla finestra: il sole risplende alto in cielo, gli uccellini cinguettano allegri e le fronde degli alberi del parco, che vedo dalla mia finestra, sembrano danzare all’unisono con il vento. Nonostante questa sia una pandemia a livello globale, gli animali vivono la loro vita di sempre, svolgono le loro attività abituali, con la solita pacatezza e calma che a mio parere li contraddistingue. A volte mi immedesimo nei panni di una civetta, maestosa e regale, con il suo piumaggio bianco e gli occhi gialli che scrutano tutto con circospezione assoluta. Mi immagino come deve essere bello volteggiare nel cielo, accompagnata da un senso di libertà, ammirare i boschi e i paesaggi dall’alto: quanto deve essere splendido. Poi però vengo riportata bruscamente alla realtà da quel senso del dovere che caratterizza le mie giornate, avendo poche altre occasioni di svago. Fortunatamente riesco a ritagliarmi momenti della giornata in cui mi sento felice e tiro un sospiro di sollievo in quanto riesco a sentirmi me stessa. In quei momenti la maestosa civetta, bloccata al suolo dalla catena delle responsabilità, viene liberata e finalmente si può godere i suoi attimi di gloria e libertà. La faccio volare nella mia fantasia, mentre io lascio che l’inchiostro della penna scorra su un foglio vuoto, lasciando dietro di sé la scia che percorro volando tra i miei pensieri. Faccio fuoriuscire tutte le mie emozioni, i miei desideri, le idee, le metto nero su bianco, faccio esplorare alla civetta nuovi luoghi, paesi in cui la mia immaginazione non era ancora giunta. A volte mi domando perfino se esiste un limite ai luoghi che la civetta può scoprire. A mio parere non esiste né fisico, né temporale. Con la fantasia riesco infatti a non farmi abbattere dalle limitazioni di questo periodo, dall’isolamento a cui siamo costretti, perché ogni giorno posso viaggiare e visitare mondi fantastici. 

Quindi esiste un modo in cui Ungaretti possa aver proiettato le sue sensazioni fino ai giorni nostri? Secondo me sì; secondo me, i suoi testi potranno sempre essere interpretati in un modo diverso, adattandosi alla situazione e al contesto attuale. Lui era un poeta che gettava un occhio sul futuro, trovando termini ed espressioni che possono essere attuali in ogni momento.

Martina Baldini classe 3^C                                                                                                                                                                                                                                                                                                          

M’illumino di malinconia

Mi manca molto uscire, incontrare i miei amici, allenarmi e fare tutto ciò che un mese e mezzo fa era la normalità. Alzarsi la mattina presto per andare a scuola, tornare a casa, fare i compiti, uscire con gli amici, andare agli allenamenti… era normale avere un programma, degli impegni e degli orari da rispettare.

Siamo in quarantena da più di un mese e ormai non c’è più la sveglia la mattina presto che ti indica che sei probabilmente in ritardo per andare a scuola, non c’è più la voglia di fare che c’era una volta. Mi sveglio la mattina e penso che sarà un altro giorno uguale a ieri. Guardo la mia lezione online, faccio i compiti e se ho voglia mi alleno.

In queste ultime settimane ho iniziato a leggere un libro, il libro della mia serie tv preferita. A volte sto sveglia fino a tardi per poter finire un capitolo, e appena finito per cominciarne uno nuovo. Cerco di non annoiarmi e quando non so cosa fare chiamo le mie amiche, o esco a giocare a biliardino, oppure inizio a cucinare, faccio quasi sempre i pancake perché a Francesco piacciono molto.

Credo che annoiarsi sia inutile, perché c’è sempre qualcosa da fare. Per me la cosa più difficile di questa quarantena è trovare la voglia di fare anche cose che consideriamo inutili o noiose.

La quarantena è un enorme quantità di tempo. Ci sono molte persone che escono di casa anche se non dovrebbero, perchè finché tutti non rispetteranno le regole questa quarantena continuerà. Le persone escono pensando che gli altri siano infetti, ma bisogna cominciare a ragionare come se  tutti fossimo potenzialmente infetti.

Pensare a quello che farei se non fossi in quarantena mi mette malinconia.

In questo periodo sarebbero dovute iniziare le gare, che sono state annullate fino al 29 giugno, cioè quasi tutte le gare dell’anno. Mi manca tantissimo correre, nuotare e andare in bicicletta, vedere i miei compagni di squadra, fare dei viaggi di più ore per andare a gareggiare, vedere tutte le mie amiche e avversarie di altre città e anche di altre regioni.

Mi manca la vita di una normale ragazza che probabilmente sarebbe già in ansia per l’esame che non farà, un esame importante per me, non per il voto, ma per il fatto di mettersi in gioco, e per capire concretamente che cosa significhi superare questa prova.

Molte persone considerano questa pandemia e questa quarantena una guerra, ma per me le due cose non sono neanche lontanamente paragonabili. La guerra è molto cruenta e piena di violenza, e mette le persone in conflitto tra di loro; la pandemia, invece, ci costringe a stare a casa, ma non ci mette l’uno contro l’altro.

Io, fortunatamente, non ho avuto un esperienza diretta con la guerra, ma molto poeti e scrittori ne parlano. Un celebre esempio è Giuseppe Ungaretti che tratta questo tema poiché l’ha vissuto in prima persona. Le sue poesie rappresentano in pieno cosa si possa provare essendo in guerra. Una delle più famose è “Soldati: Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, che parla di come si è appesi ad un sottilissimo filo, il filo della vita, che può essere tagliato da un momento all’altro, come le foglie autunnali che cadono dagli alberi. Anche in “San Martino del Carso” parla della devastazione e della disperazione portata dalla guerra. Un’altra poesia che tratta questo tema è “Veglia”, scritta nei primi mesi di guerra e che parla di cosa si provi veramente ad andare al fronte a combattere: paura, paura di morire.

Perciò non credo che questa pandemia possa essere considerata una guerra, per me forse una battaglia contro un tempo dilatato che ha stravolto la nostra quotidianità e ci costringe a rivedere le nostre abitudini e i nostri impegni, ad ascoltare di più i nostri pensieri e a riscoprire le relazioni che diamo per scontate.

Contri classe 3^C

RIFLESSIONI IN QUARANTENA

Questa quarantena si sta facendo sempre più lunga e sembra interminabile. Forse ci mancano i nostri amici e i nostri cari, ma dobbiamo ammettere che ognuno di noi in questo periodo ha cambiato personalità. Abbiamo avuto tanto tempo per pensare, per capire chi siamo realmente e cosa vogliamo. Abbiamo avuto il tempo per capire chi sono le persone che tengono veramente a noi, e quelle che non ci meritano. Siamo riusciti a lasciar andare tutto e tutti, chi vuol restare resterà e chi vorrà tornare forse non ci troverà. Ci siamo risvegliati, ci siamo resi conto che la vita non è tutta rosa e fiori e che le persone cambiano, perché noi siamo come le onde del mare, si attraggono e respingono a vicenda. Credo che la quarantena abbia fatto bene a tutti. Non ci stiamo rendendo più conto del tempo, le giornate passano velocemente, abbiamo già passato circa un mese e mezzo rinchiusi in casa, i numeri piano piano scendono ma rimane comunque una situazione di allerta. Mi dispiace tanto per tutte quelle persone che hanno perso la vita lottando contro questo virus. Non so come mi sento in questo momento, credo di non avere più il controllo delle emozioni, reagisco solo di istinto. Leggere qualche libro in più mi ha aiutato molto, fare cose nuove ogni giorno per evitare di annoiarci ci ha insegnato molto. Io, ad esempio, sto scoprendo di avere delle passioni che credevo sempre di non avere, ho capito che l’unica cosa che mi fa sentire felice è scrivere. Quando scrivo non mi rendo più conto di ciò che scrivo e cosa scrivo, è come se la mia mente e la mano con cui scrivo si stessero formando un unico collegamento, un po’ strano da dire. Quando scrivo mi sfogo sul foglio, liberando i miei pensieri da quello che tengo nascosto fin da troppo tempo. Quando scrivo non ho paura di nominare certe persone e ciò che penso realmente di esse. Essere troppo buoni forse è un difetto ma certa gente non capisce il valore delle persone. Sono stata presa in giro troppe volte ma ora basta. 

Ho provato ad esprimere le mie "doti culinarie" e devo dire che non sono per niente male, ho provato a fare una torta ed è anche riuscita (almeno non ho mandato a fuoco la casa...). Ho provato anche a disegnare e fare altre cose varie, e mi sta piacendo!  Eppure l'idea di rimanere ancora per un po’ in casa non mi spaventa, preferisco stare a casa a seguire le mie passioni e stare con la mia famiglia che convivere con la falsità e con l'ignoranza. 

Durante questa quarantena ho capito molto: le persone prima ti feriscono poi si comportano come se tu avessi ferito loro, non voglio più stare in mezzo alla gente che non mi apprezza per quella che sono. Sono stanca di sentire le persone dire che sono intelligente e usarmi per ottenere qualcosa, io non ho nessuna dote e capacità che gli altri non possiedono, siamo tutti svegli a modo nostro, ci vuole passione per raggiungere i propri obbiettivi. Non conta il voto che si prende, conta il modo con cui ci si impegna o meno. Ho deciso di non mandare più nulla a nessuno, non per cattiveria, ma per dimostrare che se ci si impegna e si lavora con determinazione si possono ottenere buoni risultati. La parola "intelligente" non rispecchia una persona che prende sempre buoni voti, ma rispecchia una persona che dimostra di avere curiosità di scoprire cose nuove. "Intelligenza" vuol dire essere curiosi. Come dico sempre alla mia amica: "è necessario distruggere per creare, fare la ruggine per brillare, morire per rinascere, cadere per imparare a rialzarsi, precipitare per imparare a volare, occorre camminare nel buio per poi camminare tra la luce, affogare per imparare a nuotare, occorre sopravvivere, vivere nonostante tutto". Quindi non illudiamoci se non siamo abbastanza, perché ognuno di noi è una versione migliore di se stesso. Ho sempre saputo di non essere l'unica ad aver bisogno di esprimersi, ma mi sento una dei pochi che hanno trovato il modo di farlo. Io continuo a credere in qualcosa che dicono che non esiste, perché sono ancora in bilico tra quella che sono e quella che dicono che io sia. Continuerò a sfogarmi, a lottare per essere una versione migliore di me, sempre. Il mondo avrà sempre bisogno di persone come noi, e se il cambiamento non partirà da noi, non partirà mai. La vita è breve, ed è una sola: certe volte dobbiamo rompere le regole, amare profondamente, ridere con gusto e non rimpiangere mai, dico MAI, ciò che ci ha fatto sorridere, quindi siate coerenti e andate avanti a testa alta senza rinnegare nulla. 

Jabraoui Aya  classe 3^A 

“LA POESIA DI UNGARETTI AI GIORNI NOSTRI”

Ho letto in questi giorni alcune poesie di Giuseppe Ungaretti, poeta ermetico del 900, e ne sono rimasto colpito. Sono componimenti essenziali ma carichi di significato. Nella loro semplicità ti fanno addirittura pensare, che forse non ci vuole nulla a scrivere poesie simili. Quello che, invece, fa la differenza, sono proprio le esperienze vissute dal poeta che prendono forma nelle sue composizioni. 

Ho anche ascoltato un’intervista ad Ungaretti e, quando l’intervistatore gli ha chiesto come e quando abbia scritto, lui ha risposto che lo aveva fatto spesso in trincea. Mentre era sotto i bombardamenti, con l’ansia di incontrare la morte, o guardando la morte negli occhi dei compagni caduti, Ungaretti prendeva dei pezzetti di carta trovati per caso, magari potevano essere pezzi di cartoncino strappati dalle scatole delle munizioni, e lì scriveva di getto i propri pensieri. Ma nemmeno lui sapeva spiegare come nascessero le sue poesie. Diceva, nell’intervista, che un’idea gli frullava in testa e da lì tutto aveva origine, poteva metterci cinque minuti oppure tanto tempo, finché le sensazioni prendevano forma di lettere. Precisava, però, che la poesia può solo avvicinarsi al pensiero del poeta, la parola scritta o verbale mai riuscirà ad esprimere pienamente quello che il cuore o la testa sentono.

Il periodo di incertezza che stiamo vivendo, non può certo paragonarsi al tempo della guerra vissuto da Ungaretti. Ma qualche analogia è possibile stabilirla. Non abbiamo la concreta paura di morire, ma l’idea penso abbia sfiorato ognuno di noi. Sappiamo che, se non prendiamo le dovute precauzioni, potremmo ammalarci e nessuno può garantirci che tutto andrà bene, anche se lo desideriamo tanto. Ungaretti nel componimento “Veglia” scrive: “non sono mai stato così attaccato alla vita” ed è proprio vero, la vita è un dono a cui non si è mai pronti a rinunciare e lo scopriamo sempre nei momenti di difficoltà.

Questo senso di precarietà è bene espresso nella poesia di Ungaretti “Soldati”: “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Poche parole che ti basta sentire una sola volta e non dimenticarle mai più. Essenziale nell’esprimere i suoi pensieri ma preciso nel far arrivare il messaggio ai destinatari. Come le foglie d’autunno che hanno perso la linfa vitale e cadono dall’albero, così gli uomini sono appesi alla vita senza uno stabile legame. Il momento in cui non ci sarai più non lo sa nessuno e non ci sono garanzie. Proprio come ora, in cui viviamo rintanati in casa, timorosi di incontrare altre persone, anche se si tratta dei nostri stessi parenti, non ci si fida più di nessuno. Forse questo è l’aspetto che di tutta questa situazione surreale, mi rattrista di più: non potermi fidare. E ho tanta paura che ci porteremo dietro questo sentimento anche dopo l’emergenza. Ho paura che, incontrando le persone per strada, ancora ci scanseremo per non avvicinarci troppo, che non tenderemo con naturalezza la mano, conoscendo un nuovo amico. 

La speranza per fortuna non ci abbandona mai, forse è il nostro spirito di sopravvivenza che ci aiuta. Sempre nelle poesie di Ungaretti, emerge che, la sofferenza e la disperazione, portano l’essere umano, per natura, a risollevarsi anche contro il destino. Nella poesia “Sereno” il poeta scrive: “dopo tanta nebbia pian piano si svelano le stelle/respiro il fresco che mi lascia il colore del cielo”. La nebbia non ci permette di vedere oltre e, così come ora, non sappiamo quando tutto tornerà alla normalità e a che prezzo. Ma la speranza che al dissolversi della nebbia, pian piano rivedremo le stelle, il cuore si riempie di gioia. Scrive poi che torneremo a respirare il fresco. Sembra di sentire l’aria fresca che penetra dalle narici e ci gonfia il petto. Fa riflettere il verbo “respirare” perché il respiro è vita e, paradossalmente, questo maledetto virus uccide proprio prendendoci il respiro. 

Quando tutto sarà finito torneremo a guardare il cielo e tutti i suoi colori con occhi diversi, senza la sensazione di essere in gabbia e non poterlo toccare. Torneremo, sempre come dice Ungaretti, ad “illuminarci di immenso”, poche parole che, solo a pronunciarle, già ci sentiamo meglio.

Immenso è il mondo che abbiamo a disposizione e vogliamo godercelo tutto. Chi non si è mai illuminato guardando un tramonto o i colori del mare in estate? Rincorriamo nella vita frenetica di tutti i giorni ciò che è materiale e adesso ci accorgiamo di quanto ci manchi ciò che non ha prezzo.

Golinelli Pirani Giorgio classe 3^A

UNA BUONA NOTIZIA

In questi giorni è difficile trovare delle positività sui giornali, ma abbiamo chiesto ai nostri alunni della scuola secondaria “Il Guercino”, come attività di Cittadinanza e Costituzione, di improvvisarsi giornalisti e di evidenziare una “buona notizia”, partendo da una "buona notizia" ascoltata o letta recentemente. I ragazzi sono quindi diventati giornalisti per un giorno. Rielaborando la notizia, lasciando libero sfogo alla fantasia per l'impaginazione, ciascun alunno ha creato un breve articolo di giornale con l'intento di rallegrare ed emozionare i lettori in un periodo non facile e soprattutto per avere la percezione che davvero andrà tutto bene!

Prof. Falcone Ida - Cittadinanza e Costituzione

Egi Dhroso classe 3^B

Agnese Blo classe 1^E

Roncarati Elisabetta classe 2^D

Calì Alex classe 3^D

Franchini Luca classe 1^D

Baciu Denis classe 1^A

Golinelli Pirani Giorgio classe 3^A

Franchini Lorenzo classe 3^D

Tartaglione Niccolò classe 2^C

Caprara Edoardo classe 2^E

ANgei 2 A - ARTICOLO DI GIORNALE (2) (1).pptx

Angei Sara classe 2^A

Golinelli Pirani Giulio classe 1^A

In Italia rinasce la vita.

I BAMBINI NATI FANNO TRIONFARE L’ITALIA.

Tante nuove vite si sono affacciate sul mondo nel giorno di Pasqua e il nostro paese sorride di nuovo. Nonostante la sofferenza vissuta dagli Italiani e dal mondo intero negli ultimi mesi, la giornata di Pasqua ha dato nuova speranza. Il 12 Aprile 2020 hanno visto la luce in Italia, 703 bambini, questo il dato rilevato alle ore 14:00. Ogni vita rappresenta una speranza, cosi gli Italiani rispondono a questo terribile Coronavirus, volendosi bene e dando ossigeno al paese con le nascite.

 Angelone Salvo Luigi Antonio classe 1^C

Immagine di repertorio: bambini nati al “Bambin di Gesù” Roma.

Queste foto rappresentano il miracolo della vita quando anche la morte sta per vincere ed e’ ad un passo dalla vittoria la vita vince sempre, l’esempio di come la popolazione umana può sconfiggere questo virus.

Bevilacqua Luca classe 1D


Un cucciolo di lepre è riuscito a superare il primo mese di vita grazie alle cure improvvisate di una famiglia inesperta ma piena di tenerezza. Accudire una creatura indifesa e riuscire ad aiutarla a crescere è un’esperienza unica e restituirle la meritata libertà fa davvero pensare che “andrà tutto bene”.

Una lepre salvata

“Una sorpresa prima di Pasqua”

In questo periodo di pandemia in cui al telegiornale e su internet non si parla di altro che di coronavirus, un nonno di Sant’Agata Bolognese ha trovato un cucciolo di lepre appena fuori dal cancello di casa. Un gatto lo stava osservando con grande curiosità. La madre l’aveva abbandonato troppo vicino alle case, probabilmente molto confusa dalla mancanza di persone per strada. Era il 13 marzo e questo nonno ha portato a casa dei suoi tre nipoti questo tenero animaletto per dare un po’ di gioia in un momento di tristezza generale. La creatura aveva all’incirca 1-2 giorni di vita, ciò si poteva notare dalla dimensione molto ridotta e dal peso di soli 180g, camminava in modo impacciato e goffo e aveva il musetto schiacciato. Questa famiglia, pur non avendo mai avuto a che fare con una lepre, si è documentata su come farla crescere. Si è impegnata duramente per crescere il cucciolo. La lepre è stata svezzata con latte di capra, ma la creaturina non voleva mangiare e di fatto non accennava a crescere.  Solo dopo 1 settimana la lepre ha cominciato ad adorare il latte e ne beveva tantissimo in modo molto vorace. La famiglia faceva a turno per avere la gioia di allattare la cucciola, ma anche per sostituire le siringhe, senza ago, che la creatura distruggeva mentre veniva allattata. La lepre ha cominciato veramente a crescere quando, dopo lo svezzamento, ha cominciato a mangiare i suoi cibi preferiti: fiocchi d’avena, granaglie apposite, erba medica secca, carote, catalogna e il suo preferito il tarassaco. La piccola è stata messa in giardino perché venisse abituata alla natura. Questa creatura è stata cresciuta nel modo giusto, ma è cresciuta bene soltanto perché è stata parte della famiglia e ha avuto tanto affetto da parte di tutti. Il giorno 11 aprile 2020, la vigilia di Pasqua, era pronta alla libertà (pesava 660g) ed è stata portata, dal papà e dal figlio più piccolo, in un boschetto poco lontano ma ben protetto. Una volta libera non ha faticato ad adattarsi al nuovo posto. Questa esperienza ha riunito tutta la famiglia e ha riacceso in ogni membro quella luce di speranza e gioia che si era quasi spenta a causa delle notizie sulla grave pandemia di coronavirus.

 Brambilla Marco Eugenio classe 1^C

Luca Bevilacqua classe 1^D

Federico Ferrari classe 1^E

Marta Bavarone classe 3^B

Negrini Giovanni classe 1^D

Sartorato Kevin classe 1^C

Greta Barbieri classe 2^B

Tamburini 3C

Foto di Stefania Garuti (prof. di arte)

VITA IN QUARANTENA

Oggi è il mio 56esimo giorno senza andare a scuola e vedere i miei amici.

Prima del Coronavirus ero felice ma avevo una vita molto intensa ad esempio: mi alzavo presto, frequentavo la scuola  oltre ad altri progetti interdisciplinari nel pomeriggio, avevo 4 allenamenti di basket a settimana, i numerosi compiti da svolgere, nel weekend andavo al cinema e andavo in centro con gli amici.

 Adesso, cioè durante il Coronavirus la mia giornata è sempre la stessa però, non mi annoio ancora. Mi sveglio alle 10, faccio colazione, guardo la videolezione giornaliera, vado da mio cugino, che abita nella casa accanto,  torno a casa a mezzogiorno  per mangiare. Nel pomeriggio studio e leggo fino alle 16 poi ritorno da mio cugino  fino alle 19,  poi rientro a casa per cenare , alle 23  vado a letto dopo aver guardato la tv.-  Non mi annoio mai perché riesco a giocare a calcio e a basket ugualmente nel giardino immenso di mio cugino , faccio tante torte con mia madre,  che mi rilassano  ( non cosa scontata in questo periodo). Visto che ho poco, anzi nulla da fare tutto il giorno se non giocare, mio padre mi ha fatto lavare interamente la sua macchina, quella di mia nonna, la mia bicicletta ( cose che non avevo mai fatto altrimenti)  e lo devo anche aiutare a tagliare la siepe del nostro giardino . Per tutti questi motivi mi reputo molto fortunato rispetto alle persone che vivono in un appartamento condominiale e non possono neanche uscire dalla loro porta di casa.

Anche se è un po' triste oggi festeggerò il compleanno di un mio compagno di basket online e la settimana scorsa tutta la classe si è trovata su meet con la professoressa Fogli  che ci siamo fatti gli auguri di Pasqua e abbiamo parlato di come va la quarantena.

Spesso penso a cosa mi perderò quest'anno con i miei compagni di scuola:

ad esempio  la gita a Parma perché è una città che non ho mai visitato e  farlo insieme alla mia classe sarebbe stata un'esperienza indimenticabile come la gita dell'anno scorso a Milano. Però sono stato fortunato perché la maggior parte delle gite le ho fatte come quella a Sappada e il viaggio a Matera.

Mi dispiace che probabilmente non terrò l'esame di terza media perché sarebbe stata un'esperienza che avevo  sempre voluto provare anche se con un po' di spavento.

 Quando la quarantena finirà mi sentirò nettamente più felice perché potrò tornare a vedere i miei amici e parenti che non vedo da tanto; ma credo che questo avverrà tra almeno un mese e mezzo perché da quello che sento alla tv le scuole non riapriranno prima di settembre e c'è il rischio che anche tutta l'estate non si possa andare al mare perché la distanza degli ombrelloni non rispetta le norme di sicurezza ciò vuol dire che la faccenda è tutt'altro che finita.

  Non vedo l'ora che la quarantena e tutto ciò che riguarda il COVID-19 sia finito ed a quel punto mi illuminerò veramente di immenso proprio come ha fatto Ungaretti quando è finita la guerra.


Gianmarco Tedeschi classe 3^E

3C Mazzaschi - Mazzaschi-coronavirus_lettera Van Gogh.pptx

Mazzaschi classe 3^C

2C Tartaglione - videoCovid19_nicTartaglione.MP4

Tartaglione classe 2^C

I miei pensieri sul Coronavirus

Come saprete tutti in questi ultimi mesi, in Cina, si è diffusa una nuova malattia chiamata Covid-19 o più semplicemente Coronavirus. Qualche settimana fa è arrivato anche in Italia,dove all'inizio si pensava che non fosse una cosa grave e che non ci riguardasse molto ma ultimamente si è capito che è una cosa seria e che ci riguarda tutti. All'inizio anch'io pensavo che fosse una cosa passeggera e quindi ci scherzavo ma ho iniziato ad essere un po' preoccupato quando nella mia regione, l'Emilia Romagna, hanno chiuso le scuole. I primi giorni con la scuola chiusa non ero molto preoccupato,al contrario di alcuni miei compagni che sulla chat di classe hanno fatto il putiferio,però adesso tra un giorno e l'altro i contagi crescono a centinaia e io sono più preoccupato. Visto che questa malattia non contagia molti giovani non ero molto allarmato poi ho iniziato a pensare per i miei nonni che se venissero contagiati da qualcuno sarebbero in grave pericolo perché sono molto fragili come la maggior parte degli anziani. Mio padre è molto preoccupato infatti non si fa neanche toccare da me ed è intransigente sulle raccomandazioni per diminuire il contagio che mandano sempre alla tv. Io penso che sia giusto rispettare questi comportamenti però mi sembra un po' strano che non voglia neanche farsi toccare. Io non rispetto molto queste regole e penso che sia eccessivo farle vedere ogni due minuti in tv, tanto ormai le avremo imparate a memoria. La settimana scorsa ci sono stati dei contagi anche nella mia cittadina ed è per questo che sto cercando di rispettarle tutte. Mia madre al contrario non è troppo allarmata e cerca sempre di tranquillizzarmi nei momenti in cui mi spavento di più. Come già detto io non ho troppa paura riguardo a questa questione, però lo dicono i numeri che è una cosa seria migliaia di contagiati e centinaia di morti ogni giorno, l'unico dato buono sono i guariti che crescono sempre di più. I morti sono soprattutto anziani però per aver chiuso un  intero paese c'è di sicuro qualcosa che non ci hanno detto. Ogni giorno vado sul web e vedo sempre  più notizie sul fatto del Coronavirus,per la maggior parte false, che fanno scalpitare i miei compagni fin da mandare una marea di messaggi ogni giorno. Oltretutto noi siamo preoccupati per il calcio. un intero paese chiude e noi siamo preoccupati per il calcio? Io rispetto tutti i tifosi ma questa volta hanno avuto ragione a sospendere tutto, questo lo dico da giocatore e da tifoso di questo sport. Noi italiani siamo delle persone strane, arriva questo virus e che facciamo? Insultiamo tutti gli orientali dicendo che ce l'hanno portato loro, svaligiamo i supermercati e facciamo scorta a vita di Amuchina. Inoltre qualche settimana fa girava un video di una persona che credendosi intelligente picchiava e insultava un orientale. Alla fine ci sta che si facciano delle battute su questi comportamenti, facciamo proprio ridere. Alcune persone sono paranoiche e hanno molta paura, sinceramente un po' di paura ce l'ho anch'io, basta pensare che qualche settimana fa c'erano meno di dieci contagi in tutta Italia mentre adesso c'è lo stesso numero solo nel mio paese. Siamo il secondo paese al mondo per contagi anche se siamo lontanissimi dal luogo d'origine, per me questa volta è stata la bellezza del nostro paese a condannarci, infatti la maggior parte dei turisti sono asiatici. Alcuni paesi ci incolpano di aver portato la malattia ne loro territori anche se in realtà sono dei paesi molto grandi e dove passano moltissime persone in più rispetto ai nostri territori. Questa volta siamo stati più sinceri perché nella maggior parte delle nazioni che ci incolpano sono stati fatti molti meno tamponi. La mia paura più grande è che qualche persona con cui mi sono visto ultimamente risulti positiva al tampone perché metterebbero in quarantena me e la mia famiglia. In questo tema ho dato la priorità ai miei pensieri e non molto alla correttezza testo perché sentivo il bisogno di dire tutto quello che mi passava per la testa e raccontarlo a qualcun'altro. Concludo dicendo che queste sono le mie idee, come avrete capito dal titolo, quindi non penso che solo queste siano e credenze giuste anzi mi piacerebbe anche sentire come la pensano altre persone e confrontarci sulle nostre idee. Spero che questo periodo passi presto così potrò tornare alla mia vita normale anche se in questi giorni a casa mi sono potuto rilassare e riprendere dopo alcuni mesi molto intensi.

Cenacchi classe 2^C

2C Bettoli - Elaborato per concorso Oliver Bettoli.pdf

Bettoli Oliver classe 2^C

16/03/2020

Ciao, come stai?

Ho deciso di occupare il tempo di queste “virus-vacanze”

scrivendo lettere ai miei più cari amici, e tu sei finita fra

questi.

Ora come non mai dobbiamo cercare di restare uniti,

anche se virtualmente, dobbiamo cercare di farci

compagnia, anche se a distanza, dobbiamo mettere alla

prova il nostro essere nell’affrontare una situazione come

questa.

Sì, perché il nuovo Sars2-CoV-19 non è da prendere alla

leggera; da quando ha iniziato a diffondersi, a dicembre

2019, è arrivato in tutti i paesi e sembra non volersi

fermare.

È a questo punto che dobbiamo essere noi umani a

fermarci, dobbiamo indietreggiare, pensare ad una

strategia e poi attaccare.

Oggi ho voglia di scrivere perciò partirò dal principio,

partirò da dove tutto è cominciato.

Wuhan, Cina, è la città più popolosa della regione di Hubei

e si trova a Est del Paese.

È una città come tante, con le sue feste, le sue tradizioni e i

suoi mercati ed è proprio in questi “mercati umidi” che è

nato il nuovo virus umano.

In questi mercati venivano venduti animali vivi o appena

macellati e i medici pensano che un ceppo di Coronavirus

animale presente nel sangue abbia infettato i presenti e

poi si sia evoluto diventando altamente contagioso.

Come la Sars del 2002, il nuovo batterio si manifesta con

crisi respiratorie acute e forti polmoniti nei casi più gravi,

ma nella maggior parte dei positivi i sintomi sono tosse,

febbre alta, raffreddore, addirittura certi pazienti sono

risultati asintomatici.

Purtroppo, essendo noi una generazione con i trasporti e

gli spostamenti molto sviluppati e facilitati, il virus ha

viaggiato incubato nei passeggeri per chissà quanti treni,

aerei o autobus, arrivando anche in Italia.

Nel nostro Paese da 5/6 casi iniziali nel lodigiano, siamo

arrivati a circa 15 000 contagiati e 1000 morti di quasi tutte

le regioni d’Italia.

Ogni programma in televisione spiega come lavarsi bene le

mani e dà consigli su disinfettanti fai da te; adesso sui

social è anche partito l’hastag “iorestoacasa” per

sensibilizzare tutti gli italiani sulla situazione drammatica in

cui ci troviamo.

Infine ci sono i telegiornali, ad ogni ora su ogni canale c’è

un tg che parla del virus, da una parte credo che sia una

cosa ottima informare di ora in ora i cittadini sulla

situazione, ma dall’altra penso anche che inneschi un

terrore non necessario usando termini esagerati e

catastrofici.

Così le persone assaltano i supermercati e comprano più

mascherine di quante le servano davvero, lasciando gli

operatori che ne hanno realmente bisogno senza

protezione.

Infine volevo dirti quello che penso io; nel corso della

storia abbiamo sempre dovuto affrontare delle sfide:

guerre, povertà, altre malattie, ma siamo sempre riusciti a

risollevarci, siamo sempre riusciti a guardare oltre

l’ostacolo e ad aggirarlo.

Più cresciamo, più i problemi si aggravano; più i problemi si

aggravano più troviamo nuove e ingegnose soluzioni.

Piccoli accorgimenti per grandi risultati…

Lavarsi bene le mani, restare a casa, mantenere un metro

di distanza.

Dobbiamo avere fiducia gli uni negl’altri, dobbiamo aiutarci

anche se a distanza, dobbiamo abituarci ad una nuova

normalità anche se non ci piace.

Ora è il momento per dimostrare che possiamo essere forti

anche nei momenti di debolezza.

Con affetto, Alessia

Busatti Alessia classe 3^D

SOGNI, GUERRA PER LA FELICITA’ CHE ARRIVERA’

E tu cosa ti aspetti domani?

La felicità,

La gioia

Che toccano direttamente il cuore

Forse le hai immaginate 

Ma non toccate

Forse le hai sognate 

Ma non le hai realizzate 

Forse le hai seminate 

Ma non hai avuto tempo di raccoglierle.

Come il tempo

Io perdo le mie speranze 

Mi verrà concesso di vedere di nuovo 

Chi mi è caro

Di abbracciarli

Di vederli

Di regalarli amore

Ancora una volta 

O sarà troppo tardi.

Tu sei un nemico senza scrupoli

Vaghi per il mondo

Togli il respiro, dai affanno

E chiudi gli occhi a chi vuoi.

Pur sapendoci senza armi

Ci hai dichiarato guerra

Sapevi che non eravamo pronti 

Ma l’hai fatto.

Spargi dolore, morte

Paura, lacrime 

Ma stanne certo 

Noi vinceremo

Non so come

Non so se oggi 

Non so se domani

Mesi, anni 

Ma ce la faremo, non ci arrenderemo.

Tornerà la luce

Gli abbracci, la salute

La felicità

Ma anche il ricordo di chi non ce la farà

Chi anche in tenera età se ne andrà

Non avrà vissuto la vita

Ma vedrà da lassù

Quello che siamo riusciti a fare.

Baruti Annette classe 3^E

ODIO IL CORONAVIRUS

               Metro: dodici strofe di versi liberi, legati dalla rima alternata (ABAB)

 

Il coronavirus 

è preoccupante,

per tutti è un focus, 

e questo è davvero stressante. 

 

È un virus respiratorio 

comune negli animali,

ed è arrivato sul nostro territorio 

portandoci tutti i mali.

 

Si è sviluppato in Cina 

da una fonte non ancora chiara, 

Aspettiamo la medicina, 

che per ora è rara.

 

Corre esso da persona a persona,

trasmettendo a tutti la sua malattia.

Il suo nome ai telegiornali suona |

col titolo di grande epidemia. 

 

Il mondo urla e piange lacrime amare,

per tutte quelle vittime, 

e persone care,

di cui ormai si fanno solo stime.

 

I virus sono dei bambini

che continuano a esplorare e a conoscere, 

finché non vengono imposti loro dei confini 

che non gli permettono di nuocere

 

I sintomi sono febbre e problemi respiratori,

come tosse e respiro corto,

e sono accorgimenti obbligatori 

se non vuoi vederti morto.

 

Ci sono molte precauzioni 

da rispettare, 

che consistono in piccole azioni,

che la vita ti possono salvare.

 

Lavati spesso le mani,

tossisci e starnutisci nei fazzoletti,

controlla di vivere in ambienti puliti e sani,

e un po' di attenzione nella tua routine metti.

 

Chiuse le scuole e gli uffici,

un sorriso malinconico per la pena,

da cui si spera trarre benefici,

della quarantena

 

È estremamente importante 

a casa restare,

per evitare la trasmissione incessante, 

contro la quale dobbiamo lottare.

 

Non andare in panico, non ti autocommiserare;

non andare in panico, troveremo un vaccino; 

non andare in panico, continua a lottare; 

non andare in panico, ti siamo tutti vicino.

Gualdi Katrin classe 3^E

 

L’alfabeto del coronavirus

•         A- AMUCHINA: Nome commerciale di una soluzione disinfettante a base di cloro, molto venduta in questo periodo.

•         B- BACIO: È severamente vietato baciarsi, abbracciarsi e darsi la mano in quanto il contatto aiuta a trasmettere il virus.

•         C - CODOGNO: Comune della Lombardia in provincia di Lodi, ha 15 978 abitanti. E’ stato il primo Comune italiano ad essere stato messo in quarantena, cioè è stato chiuso e isolato dall’esercito per due settimane, nessuno poteva uscire ed entrare.

•         C - CORONA VIRUS: Genere di virus a RNA, provvisti di un caratteristico involucro sferico con proiezioni glicoproteiche superficiali disposte a corona. Comprende virus responsabili negli animali di affezioni prevalentemente respiratorie e intestinali. Vi appartiene anche il virus responsabile nell'uomo di una forma di polmonite atipica chiamata Sindrome Respiratoria Acuta Grave (sigla SARS).

•         La sigla è Covid-19: "CO" sta per corona, "VI" per virus, "D" per disease e "19" indica l'anno in cui si è manifestato. 

•         D - DISTANZA DI SICUREZZA: È stata fissata in minimo un metro e mezzo la distanza che le persone devono tenere fra loro per difendersi dal virus.

•         D - D.P.C.M: Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.  È un atto emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri che in Italia è Giuseppe Conte. Ne sono stati emanati tanti in questo periodo. L’ultimo è Dpcm 11 marzo 2020 in cui viene emanato la chiusura di tutte le attività commerciali tranne i supermercati, le farmacie, gli uffici pubblici. 

•         E - EPIDEMIA: Diffusione rapida, in una zona più o meno vasta di una malattia contagiosa. Se trattasi di malattia contagiosa per gli animali è detta EPIZOOZIA, se per le piante EPIFITIA. 

•         F - FOCOLAIO: Territorio poco esteso colpito da una malattia infettiva collettiva. 

•         L - Li Wenliang. È il giovane oftalmologo cinese del Wuhan Central Hospital che ha dato l’allarme per primo, è stato zittito, intimidito e minacciato di arresto. È stato poi riabilitato, si è ammalato ed è morto a inizio febbraio.

•         Oftalmologia= È un ramo della medicina che studia gli occhi.

•         M - MASCHERINA: Piccola maschera che copre la bocca ed il naso, serve per proteggersi dal coronavirus. Le mascherine consigliate sono: mascherine FFP2, FFP3 che hanno dei filtri molto protettivi.

•         Le mascherine sono state subito esaurite, è difficilissimo riuscire a trovarle. 

•         P - PANDEMIA: Epidemia con tendenza a diffondersi rapidamente in tutto il mondo. L’11 marzo l’organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato lo stato di pandemia nel mondo. 

•         Q – QUARANTENA: In Italia sono costretti a farla tutti coloro che sono entrati in contatto con i contagiati accertati. Dura 14 giorni perché si è stabilito che questa è la fase massima di incubazione del virus.

•         Occorre restare isolati, in una camera o in uno ospedale. 

•         S – 3SMARTWORKING: Il lavoro da casa perché stare a casa è un modo per evitare di contagiare e di essere contagiati. Il Consiglio dei Ministri sta lavorando per cambiare la normativa italiana in vigore adesso nel senso di permetterlo senza le penalizzazioni e le limitazioni previste dalla legge pre-coronavirus.

•         S- SCUOLE CHIUSE: Le scuole sono chiuse dal 24 Febbraio e per ora lo saranno fino al 3 Aprile in tutta Italia.

•         V - VACCINO. È una preparazione chimica di farmaci in grado di renderti immune da una malattia. Se fai un vaccino contro una malattia significa che non ti ammalerai mai di quella malattia. Lo stanno studiando in tutto il mondo, il 25 febbraio l’annuncio di una società di biotecnologie americana: «iniziamo la sperimentazione entro Aprile, ma non entrerebbe comunque in commercio prima del 2021».

•         V - VITTIME. Sono perlopiù persone anziane, che erano già affette da gravi patologie. 

•         W - Wuhan: È una metropoli cinese, è il capoluogo della provincia di Hubei, nella Cina Centrale, ha 11 milioni di abitanti. Da Wuhan è partita l’epidemia nel dicembre 2019. La prima reazione del regime di Pechino è stata di minimizzare, tacere. Si è saputo poi che il governo centrale, quindi anche Xi Jinping, sapeva già tutto dal 7 gennaio, ma l’allarme globale è stato dato due settimane dopo, all’inizio delle feste per il capodanno cinese.

•         È stato il primo luogo ad essere messo in quarantena dal 23 gennaio. Nessuno può entrare, nessuno o uscire, tutto è stato fermato e chiuso, sono rimasti aperti solo gli ospedali e i negozi di alimentari. A Wuhan è stato costruito un nuovo ospedale da 1300 posti per accogliere e curare i contagiati in soli 10 giorni.  

•         Z – ZONA ROSSA: Dal 10 marzo 2020 tutta l’Italia è stata dichiarata zona rossa. Generalmente, questo termine indica un luogo ad alto rischio con veri e propri divieti. E’ un termine di guerra, deriva dal francese Zone Rouge.

Floridi Lorenzo 1A - Floridi Cesare 3A

Giulia Trombetta classe 1^A

RIFLESSIONI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Ritrovarsi a dover trascorrere tutta la nostra giornata tra le mura domestiche e la possibilità di avere molto tempo per riflettere, ci ha costretti a ragionare su alcune contraddizioni e paradossi che fanno parte della nostra quotidianità e della nostra epoca. Eccone alcune.

La famiglia, che oggi non viene sempre adeguatamente valorizzata, adesso assume un ruolo prioritario, come luogo protettivo in cui ritrovarsi, dove genitori e figli sono costretti a stare insieme, a condividere non solo spazi ma interessi comuni, riscoprendo la gioia di preparare una torta assieme, giocare a carte e guardare un film.

Gli anziani, troppo spesso ci dimentichiamo di dar loro il giusto valore, non si trova mai tempo da dedicare ai nostri nonni perché siamo presi dalla frenesia del quotidiano. Eppure, mai come ora, quando temiamo di perderli anzitempo, ci prodighiamo per la loro salute, per proteggerli dal contagio. Li chiamiamo più volte al giorno, raccomandandoci di non uscire di casa e rispettare le regole di buon senso perché si tutelino. 

La realtà che stiamo vivendo ha fatto emergere che non esistono limiti al contagio dettati dalla condizione sociale. Puoi essere povero, ricco, istruito o analfabeta, di qualsiasi religione o colore della pelle tu sia… ebbene nessuno è immune dal rischio… Perfino calciatori di serie A, giocatori dell’NBA o politici non sono stati risparmiati dal coronavirus. Diciamo che il virus ha azzerato le disuguaglianze sociali!

L’era tecnologica in cui viviamo ci porta ad essere spesso interlocutori assenti, che danno per scontato il piacere di relazionarsi con le persone senza filtri e a viso aperto. Ai tempi del coronavirus ci rendiamo paradossalmente conto di quanto ci manchi poter abbracciare un amico, dare un bacio o una carezza ad un genitore anziano, ad un fratello, ad un nipote che non possiamo frequentare perché non abita con noi. Per assurdo ci manca il contatto fisico che la tecnologia, il cellulare in primis, ha in parte eliminato. 

Sappiamo tutti che, mai come negli ultimi anni, l’emergenza climatica è una realtà che ci tocca da vicino. Innalzamento delle temperature medie e inquinamento mettono a rischio la nostra vita e quella delle generazioni future. Ecco cosa è emerso da rilevamenti effettuati in Cina, paese da cui è partito il contagio e che per primo ha stabilito l’arresto forzato delle attività quotidiane, degli spostamenti, delle attività economiche: le emissioni di anidride carbonica si sono ridotte del 25% pari ad un taglio del 6% a livello mondiale. Questo si traduce in un miglioramento della qualità dell’aria e conseguentemente in un vantaggio per la salute. Bisogna riflettere su questi dati perché il futuro è nelle nostre mani! 

Abituati a vivere pensando solo al nostro orticello, talvolta egoisti ed individualisti, ci troviamo ora a dover collaborare tutti per il bene comune che inevitabilmente è anche il nostro, perché non esiste altra via d’uscita dall’emergenza, se non quella di rispettare le regole tutti insieme contemporaneamente e senza sconti. Il benessere individuale e dei nostri cari coincide con quello della collettività

L’ultima mia riflessione è dedicata alla scuola. Mi è sempre pesato dovermi alzare tutte le mattine alle 7,00, stanco ed assonnato per andare a scuola, assistere alle lezioni e dover svolgere i compiti una volta rientrato a casa. Mi lamentavo con la mamma perfino per dover andare all’allenamento di calcio o in piscina perché in divano si stava meglio. Bene, posso serenamente affermare che, dopo un iniziale entusiasmo per avere scoperto che avremmo trascorso qualche giorno di “ virus vacanza”, oggi sono stanco di non poter frequentare la scuola, non poter vedere amici e professori e non avere le giornate intense ma organizzate. Voglio correre libero in un campo da calcio e calciare un pallone!!! Ridatemi la mia vita!

Giulio Golinelli Pirani classe 1^A

Sciotto Maria classe 1^C

LA MIA ROUTINE DURANTE IL CORONAVIRUS

Qualche mese fa avevo fatto un tema dal titolo “La mia routine”. Siccome le cose sono molto cambiate e la mia routine è diversa ho deciso di rifare il tema. 

Le scuole sono chiuse perciò tutto è cambiato. Il mattino mi sveglio verso le 9:30, dopodiché faccio colazione con mio fratello, in casa siamo soli io e mio fratello Cesare. Sopra di noi abitano i miei nonni, perciò se abbiamo bisogno possiamo contare su di loro. Da lunedì mia mamma sarà a casa con noi perché è in cassa integrazione, cioè resta a casa dal lavoro e viene pagata un po’ meno. Dopo colazione inizio a fare i compiti, è un po’ difficile perché devo guardare il registro elettronico, so che la prossima settimana forse inizieremo a fare le lezioni sul computer. Terminati i compiti mi rilasso un po' e poi vado a mangiare dai miei nonni. Finito di pranzare torno a casa mia e se ho degli altri compiti da fare li faccio oppure mi rilasso guardando o una serie tv oppure giocando ai videogiochi.

Verso le 16 vado a giocare a calcio davanti a casa mia con quale amico che abita nella mia via. Verso le 18:00 rientro a casa e ceno con la mia famiglia. Vado a letto un po’ più tardi rispetto a quando c’è la scuola. 

La cosa che mi piace di più delle mie giornate a casa sono: non dovermi alzare presto la mattina, andare a letto più tardi, avere tanto tempo per me.

Le cose che invece che non mi piacciono sono: non vedere i miei compagni, i professori, non poter fare gli allenamenti e le partite con la mia squadra la centese

In conclusione #iorestoacasa, ma spero davvero di potere rivedere tutti voi molto presto!     

LORENZO FLORIDI classe 1^A 

IL CORONAVIRUS

Caro amico,

oggi ti parlo di un virus, chiamato “CORONAVIRUS” .

Verso metà novembre ha contagiato gran parte della popolazione cinese.

Sai, il Coronavirus sembrava una semplice influenza, ma si è rivelato un virus

molto rischioso.

Colpisce soprattutto i polmoni con tosse forte e febbre alta e può portare alla

morte, come è successo per tremila cinesi.

Tutto ciò sembrava lontano da noi.

Sai, la Cina “è dall’altra parte del mondo” e si, ovviamente eravamo

dispiaciuti, ma noi qui in Italia stavamo aspettando il Natale, quindi niente

poteva demoralizzarci. Ma ecco che tutto cambia.

Verso gennaio, i medici, ma soprattutto i virologi, cominciarono ad essere

preoccupati e ad informarci che l’Italia doveva prepararsi perché il virus

avrebbe colpito anche noi.

Domenica 23 febbraio, a casa mia si festeggiava il compleanno del mio papà,

c’erano tante cose buone da mangiare: ciambelle, biscotti e una torta con

tante candeline.

All’improvviso è cambiata l’atmosfera, c’è stata un’edizione straordinaria del

TG. Comunicavano che la situazione in Italia era abbastanza grave, cioè il

Coronavirus dalla Cina era riuscito a contagiare gran parte del nord Italia e

per rallentare il contagio fra le persone, c’era bisogno di un provvedimento

importante, quindi, la prima cosa da fare era chiudere subito le scuole.

Sai, caro amico, all’inizio sembrava una vacanza per noi studenti: “Evviva!

Una settimana a casa!” , ma non avevamo ancora capito la gravità della

situazione.

Oggi è il 16 marzo, le scuole sono ancora chiuse e l’Italia è stata tutta

contagiata dal nord al sud.

La situazione è drammatica, i contagi non riescono a fermarsi, soprattutto

nella zona della Lombardia. In Italia gli ospedali sono pieni di infetti e la

situazione qui a Ferrara è simile.

Ci sono più di mille morti in Italia. Siamo estremamente preoccupati, ormai in

televisione parlano di pandemia, l’intero mondo è stato contagiato.

Siamo chiusi in casa da ventidue giorni. Il tempo sembra essersi fermato, le

giornate sono lunghe e io mi distraggo un po’ usando il telefono, giocando a

0ei giochi di società con mia sorella e facendo un po’ di compiti. Ma la

primavera sta sbocciando, la voglia di uscire è forte e vorrei andare a

prendermi il primo gelato della stagione proprio insieme a te.

Non sappiamo ancora quando tutto questo finirà, quando questo maledetto

virus si fermerà. Spero che il mondo intero ricomincerà a vivere e che non si

vedrà più il terrore negli occhi della gente.

Sono sicura che ci riabbracceremo presto!

Ciao!

Sarah

P.S.: “ANDRÀ TUTTO BENE!”

Sarah Marseglia classe 1^C

UN NONNO TUTTOFARE

Era un giorno della seconda metà dell’Agosto 2018 quando decisi di costruire qualcosa con mio nonno. Non so perché mi fosse venuta questa idea, forse perché non lo vedevo da un po’ e volevo stare con lui. Mio nonno è mediamente alto, non tanto magro, con pochi capelli bianchi come la neve, porta gli occhiali e ha occhi piccoli e marroni. È gentile, spiritoso e abita in una delle ultime case di via Rossini, a Cento. La sua abitazione è molto grande. Ha anche un garage, situato sul retro, che lui usa come laboratorio per i mille lavoretti con cui si passa il tempo. Appena arrivai a casa dei miei nonni suonai il campanello; inizialmente pensai che non fossero in casa perché non aprì nessuno. Dissi tra me e me: - Forse saranno usciti a prendere una boccata d’aria-. Ma poi vidi la loro auto parcheggiata proprio davanti al garage. Allora dovevano per forza essere in casa perché non escono mai a piedi o in bici. Mentre riflettevo su queste cose mi venne ad aprire mia nonna. Si giustificò dicendomi che era in soffitta a rattoppare un paio di pantaloni bucati. Io la salutai allegramente dicendole con tono leggermente agitato: - Ciao nonna, dov’ è il nonno? Avrei voglia di costruire qualcosa con lui-. Lei rispose che era in garage; io la ringraziai e mi fiondai da lui. Uscii dalla porta di casa, girai l’angolo e lo vidi lì, seduto su uno sgabello, a lavorare come un forsennato a un paio di scarpe che una signora il giorno prima gli aveva portato da riparare, poiché lui e mio papà fanno i calzolai. Lo salutai allegramente: - Ciao nonno, come stai? -   - Bene e tu? -   - Bene, costruiamo qualcosa? -   - Ora non posso, devo lavorare a delle scarpe; sai, devo sostituire i tacchi, cambiare le suole, e lucidare il colore – e io per velocizzare il lavoro e riuscire a costruire qualcosa gli dissi: - Ti aiuto io! – A questo punto lui non poté fare altro che acconsentire al mio desiderio. Quando finimmo il lavoro, le scarpe erano di un nero petrolio scintillante, la suola e i tacchi saldati alla perfezione e nell’ aria c’era un odore di mastice buonissimo. A quel punto chiesi a mio nonno: - Allora, che cosa vuoi costruire? – e lui mi rispose – sei proprio come tuo padre - Cioè? –chiesi io. - Nel senso che sei una testa dura! – ridemmo tutti e due. – Sai cosa possiamo costruire? -  - Che cosa? – lui si guardò intorno e solo dopo aver scrutato attentamente la zona circostante mi sussurrò nell’ orecchio: - noi costruiremo…una casetta per gli uccellini! – sussultai e feci un balzo indietro – coosaa?! Una casetta per gli uccellini? Impossibile; dove li troviamo i materiali? - Non ti ricordi la mini-discarica?- 

 - Ooh -, esclamai. Mio nonno si riferiva a un piccolo terreno (circa 40m x 30m) situato dietro al garage, utilizzato, appunto, come mini-discarica da tutto il quartiere. Per raggiungerla si deve percorrere una stretta via, lunga all’ incirca 14m. La via è chiusa sopra da pezzi di lamiera arrugginiti e, ai lati, dalle recinzioni delle case che confinano con la mini-discarica. Così, attraversammo quella specie di tunnel di lamiere arrugginite e recinzioni e giungemmo nella mini-discarica. Era il regno delle cianfrusaglie: tutti gli oggetti possibili e immaginabili erano ammassati in diverse montagnette, c’era la più alta e la più bassa, la più puzzolente e la più “profumata”. Nella discarica c’ erano oggetti di ogni tipo: mangia-nastri, microonde, videocassette, ma quello che ci interessava erano le assi di legno. Ce n’erano parecchie. Prima di prendere quelle che ci servivano ho dovuto mettermi i guanti da lavoro di mio nonno, per evitare di conficcarmi una qualche scheggia sotto la pelle. Procedevo con cautela anche perché tutte le cose che vedevo attiravano per un po’ la mia attenzione. Ma mentre ero immerso nei miei pensieri sentii mio nonno che mi urlava in tono sbrigativo: - Muoviti a prendere quelle assi che non abbiamo tutto il giorno! -

 Allora presi quante più assi potevo e corsi goffamente da mio nonno raggiungendolo in garage. Una volta dentro, disposi le assi sul tavolino di marmo, e mio nonno fece lo stesso. Pensammo prima di tutto a come doveva essere la struttura della casetta. Prendemmo un foglio. A quel punto mio nonno disse: - Passami una penna -. Obbedii. Cominciammo subito a lavorare: mio nonno a misurare, a disegnare e segare, ed io a sistemare le assi in base alle sue istruzioni. Solo quando le disponemmo in modo giusto potei prendere la colla a caldo e cominciare ad assemblarle. Feci un po’ di fatica ma alla fine la nostra costruzione era un capolavoro: la base era 20cm x 20cm e sopra di essa, la casetta si erigeva in tutto il suo splendore: alta 14cm, larga 12cm, con 4 pareti di cui una con il foro per farci entrare gli uccellini, tetto inclinato di 45°, insomma, la casetta per gli uccellini più bella del mondo. Infine, la colorammo d’ azzurro, perché il nonno sostiene che attira le cinciallegre. Davanti al foro della casetta incollammo una cordicina a cui avevamo legato del cibo. Sistemammo quindi la casetta su un grosso ramo della grande quercia davanti alla casa dei nonni. Poco dopo, arrivò mio papà a prendermi e fui costretto a tornare a casa; ma sapevo che quel lavoretto non sarebbe stato l’ultimo che avrei potuto realizzare grazie all’aiuto del mio nonno tuttofare.

Luca Franchini classe   I D

BEATRICE

Molto spesso le mie professoresse mi chiamano per leggere ad alta voce di fronte ai miei compagni di classe, in quel momento mi sento sudare da tutte le parti del corpo, ma una vocina sottile nella mia testa mi dice: “Ce la puoi fare!”.  Ma alla fine succede sempre così: inizio a leggere e man mano abbasso di più la voce fino a farla diventare sottile quasi come un filo di vento, finché la prof. Mi dice di alzare la voce, in quel momento l’ansia sale ancora di più, fino a quando è il turno di di qualcun altro e mi sale un sospiro di sollievo. Sono molto timida, ma anche molto affettuosa soprattutto con gli animali, io amo gli animali, con loro posso essere me stessa e mi posso confidare senza che vadano a spifferare in giro i miei segreti.

Maria D'Angelo classe 1^A

CELESTE

A scuola stamattina la solita storia: stavo alzando la mano per rispondere a una domanda di storia, ed ecco che mi sono sentita sotto i riflettori di un palcoscenico.

Tutti a fissare le mie macchie bianche che ho sul braccio e sulla mano.

Tutta colpa della melanina! Il mio problema è la vitiligine, quel mostro dispettoso che mi ha scolorito la pelle del viso, del collo, delle bracciale delle mani, facendomi sembrare a macchie come una mucca. Durante l’ora di motoria, in piscina, qualche compagna fatica ad avvicinarsi a me; che disagio! Mi sento come se avessi la peste, eppure l’ho spiegato che la mia malattia non è infettiva. In acqua mi sento un brutto anatroccolo, peccato che non mi trasformerò mai in un cigno. Per fortuna di bello c’è che non mi scoraggio e rispondo con un sorriso agli sguardi disgustati che ho addosso. Ma la cosa ancora più bella, anzi meravigliosa, è aver accanto due amiche che adorano le tue macchie, infatti nelle grigie giornate invernali mi accarezzano il viso dicendo: “Celeste, illuminaci con la luce della tua bianca pelle!”.

Giada Carascoso classe 1^A

Pietro 

Nella mia classe c’è un bambino di nome Pietro. Pietro ha la sclerosi multipla pediatrica da quando è nato. Pietro ha dei disturbi alla vista, cioè vede un po’ sfocato, ha spesso le gambe addormentate e tremolanti. Fa molta fatica a parlare, è difficile capire quello che dice.

La prima volta che l’ho visto avevo paura di lui e non sapevo come comportarmi.

Una mattina avevo dimenticato a casa le penne e nessuno voleva prestarmela. Ad un certo punto Pietro mi è venuto vicino e mi ha dato ben due penne. Da quel giorno ho capito che Pietro è un bambino buonissimo e siamo diventati amici.

Da Pietro ho imparato che non bisogna giudicare le persone dall’aspetto, bisogna prima conoscerle.

Lorenzo Floridi classe 1^A

Una civetta in viaggio

Una volta una civetta in viaggio fece una sosta nel nido di una tortorella.   

“Chi sei!? Cosa vuoi!? AIUTO L.P.U! W.W.F! Cosa ci fai nel mio nido!?!?” urlò la tortorella 

“Sono una civetta e vado verso le terre dell’Est” rispose la civetta

“Sì, ok, ma come mai sei qui!!??E perché ti sei messa in viaggio?” chiese la tortorella ancora impaurita.

“Ho bisogno di fare una piccola sosta. Sono in viaggio perché la gente del posto da cui vengo non sopporta il mio verso, lo odia, lo detesta! Capisci, capisci!? Aaaah! No,tu non mi capisci!” esclamò la civetta  triste e sconsolata.

“Ti capisco, ti capisco più di qualsiasi uccello sul becco della Terra.  Però, ascolta: se tu cambiassi voce, l’idea di emigrare sarebbe anche giusta; ma siccome non lo puoi fare, avrai sempre lo stesso problema ovunque andrai: nessuno amerà mai le tue grida”. Concluse la tortorella.

La morale di questa storia è: cambiare sede può aiutare ma è meglio imparare ad accettarsi per come si è e integrarsi nel modo migliore nel luogo dove ci si trova, sforzandosi di migliorare i nostri difetti.

 

                                                                Giammarco Aprili classe 1^D

SERENA 

CIAO, MI CHIAMO SERENA E VI RACCONTO DI ME. IO SONO UNA DURA: SE MI DA’ FASTIDIO QUALCUNO REAGISCO. SO DIFENDERE I MIEI AMICI. PERO’ DENTRO SONO UN PO’ DEBOLE: HO PAURA DELLE PERSONE ALTE, DI QUELLI CHE HANNO LE GAMBE TROPPO LUNGHE, DEL BUIO E DEI RAGNI. PERO’ QUESTE PAURE NON LE FACCIO NOTARE, FACCIO FINTA DI NON AVERLE.

MI PIACE AVERE DEGLI AMICI SINCERI, MI PIACCIONO I CANI, TANTO CHE NE HO UNO: SI CHIAMA LULU’, RAZZA BORDER COLLIE. E’ AFFETTUOSO E DA’ LA ZAMPA PER SALUTARTI. INOLTRE, TI LECCA LA FACCIA E LE MANI E SEMBRA CHE TI DIA TANTI BACINI. L’UNICA RAZZA DI CANI CHE NON MI PIACE SONO I PITBULL, PERCHE’ FANNO PAURA.

A SCUOLA MI PIACE FARE MUSICA PERCHE’ POSSO ANCHE CANTARE. I MIEI CANTANTI PREFERITI SONO GIGI D’ALESSIO PERCHE’ E’ NAPOLETANO E DE MARTINO, MA NON STEFANO, IL MARITO DI BELEN. A RIPENSARCI BENE MI PIACE ANCHE STEFANO. IN GENERALE ODIO LA SCUOLA PERCHE’ DEVO ALZARMI TROPPO PRESTO DAL MIO AMICO LETTO E NON MI PIACE LA MATEMATICA. NON AMO NEPPURE STUDIARE QUANDO TORNO A CASA: DI POMERIGGIO PREFERISCO STARE AL TELEFONO O GUARDARE I CARTONI DI WALT DISNEY.

LA MIA GIORNATA? VE LA DESCRIVO. MI SVEGLIO LA MATTINA, NON FACCIO MAI COLAZIONE PERCHE’ POI I PROF SONO GENTILI CON ME E MI MANDANO A CASA SE SONO TROPPO DEBOLE; CON ALCUNI PROF OGNI TANTO IO MI ADDORMENTO. UNA VOLTA LA PROF DI ITALIANO MENTRE PASSAVA HA DETTO: “NON SVEGLIAMOLA PERCHE’ FORSE E’ STANCA”. IO L’HO SENTITA COMUNQUE ANCHE SE MI STAVO RIPOSANDO. LA MIA RISPOSTA PREFERITA QUANDO UN PROF MI DA’ UN COMPITO E IO NON VOGLIO FARE NIENTE E’: “NO MARIA, IO ESCO!”. E’ UNA FRASE PRESA DA TINA DI “UOMINI E DONNE”, PERCHE’ IO ME LO GUARDO CON MIA SORELLA. POI MI GUARDO “C’E’ POSTA PER TE” PERCHE’ VOGLIO UN PO’ PIANGERE E DI POMERIGGIO GUARDO PURE BARBARA D’URSO, CHE FA SEMPRE QUELLA MOSSA IN CUI SI BATTE CON LA MANO SUL CUORE E DICE: “UN BACIO STELLARE COL CUORE”. POI C’E’ ANCHE IL GRANDE FRATELLO VIP E POI ASCOLTO  LE CANZONI DI MALGIOGLIO SOPRATTUTTO PRIMA DI ANDARE AL RISTORANTE PER QUALCHE FESTEGGIAMENTO. IO VORREI TANTO ANDARE A “C’E’ POSTA PER TE” E MAGARI CONOSCERE IL MIO CANTANTE PREFERITO E MARIA. LEI E’ IL MIO IDOLO. BARBARA D’URSO INVECE LA GUARDO PER SAPERE COSA SUCCEDE IN CITTA’.

VI SALUTO COME BARBARA D’URSO: “COL CUORE”.

Concetta Tortora classe 1^A

LA MIA “R” MOSCIA                                 

A scuola, quando la professoressa chiede se qualcuno vuole leggere, io non mi offro mai, perché, da quando sono nato, non riesco a pronunciare molto bene la lettera R. A volte mi prendono in giro per questo mio “difetto”, ma allo stesso tempo i miei amici per scherzo mi dicono di dire “RAMARRO MARR0NE”, io lo ripeto e scoppiano tutti a ridere! Anche mio fratello aveva questo piccolo problema di pronuncia, ma lui, esercitandosi, è riuscito a pronunciare la lettera R: CHE FORTUNATO!

Io non lo vedrei come un difetto perché mi fa sentire diverso in modo positivo. La mamma mi aveva anche chiesto se volevo andare dalla logopedista e fare degli esercizi per riuscire a pronunciare bene la lettera incriminata, ma io ho detto di no perché molti uomini affascinanti hanno la R moscia. Alcuni miei amici, poco dopo avermi conosciuto, non si erano neanche accorti che io avessi questa caratteristica. L’hanno scoperto dopo un po’ perché gliel’ho fatto notare io.

Non so perché ci sono alcune volte che considero questa mia particolarità un difetto e altre volte invece l’accetto come parte della mia personalità. Forse dovrei accettarla fino in fondo, anzi divenirne orgoglioso ed offrirmi di leggere ogni volta che la professoressa chiede chi vorrebbe farlo. Tra l’altro io ho sempre amato leggere e raccontare storie. I miei genitori dicono che sono un canta storie e, tra parentesi, non è nemmeno facile farmi stare zitto!

Giulio Golinelli Pirani classe 1^A

IL MIO PRIMO MESE DI MEDIE

 

Il 16 settembre 2019 ho superato il primo gradino di questo nuovo percorso. All’inizio mi sentivo circondato da mini diavoli che mi ripetevano: «Non ce la farai mai, verrai bocciato». Ma già alla fine del primo giorno presi confidenza e coraggio e scacciai i diavoletti. L’ansia, però, continuava a resistere ai miei tentativi di allontanarla. Insieme all’ansia è aumentata la difficoltà nell’organizzare i compiti a casa. Con il passare dei giorni e grazie ai consigli dei prof. sono riuscito a organizzare la settimana e questo mi ha permesso di stare più tranquillo. Non sono d’accordo sul fatto di andare a scuola il sabato, perché è weekend e si dovrebbe stare a casa, a dormire sul mio comodo letto.                                                                                                                  Avere 11 anni però ha anche i suoi vantaggi: uscire con gli amici senza genitori e avere il telefono. Anche il rapporto con i compagni è cambiato, perché si parla di argomenti più seri e si comincia ad essere più indipendenti. Rispetto alle elementari il rapporto con le insegnanti è cambiato perché alle medie bisogna dare del lei e alzarsi quando entrano in classe. Ci è voluto un po’, ma mi sono abituato. Questo mese è stato ricco di preoccupazioni perché quando c’erano le interrogazioni avevo l’ansia e paura di essere estratto. Comunque, spero di superare questo ulteriore gradino in cui sono bloccato da un po’.

 

Kevin Sartorato  classe 1^C

UN' AVVENTURA SPAZIALE

Era un caldo pomeriggio d'estate del 2015 ed io, mia sorella e le mie due cugine eravamo sulle altalene a casa dei miei nonni senza sapere cosa fare. Stavamo pensando di andare a guardare la TV, quando...la più grande tra noi, Agata, vide uno di quei bidoni per l'umido, verdi e con le due ruotine posteriori, abbastanza alto da contenere una di noi. Era nuovo di zecca, e il viso di Agata si illuminò. Si voltò di scatto verso di noi raggiante, scese dall'altalena e si diresse di corsa verso il laboratorio di mio nonno mentre io, mia sorella Costanza e mia cugina Adele ci guardavamo perplesse. Dopo poco scendemmo anche noi dalle altalene e sentimmo Agata che chiedeva a mio nonno:- Nonno, nonno tu non lo usi quel bidone verde scintillante, nuovo di zecca, che la tua cara nipotina desiderava da tempo, vero? Lu,i evidentemente colto di sorpresa, rispose:-No, non lo uso, puoi prenderlo! Mentre lei stava già trotterellando verso il bidone con un pennarello indelebile, noi altre la seguivamo piene di curiosità. Agata scrisse a caratteri cubitali sul davanti: “APOLLO 11”, poi si infilò dentro il bidone verde emergendone solo con la testa e disse:-Il gioco è questo: a turno una di noi si mette dentro l'Apollo 11 chiudendo il coperchio e le altre la spingono per tutto il giardino facendo finta di trovarsi nello spazio. Vi va bene?- Tutte insieme esclamammo entusiaste: - Sììì!!! I turni per … i viaggi in orbita furono stabiliti in base all'età: Agata, Costanza, Adele ed io (che sono la più piccola delle quattro). I loro giri in navicella spaziale passarono in fretta, e fra un urletto proveniente dall'interno e una botta di un asteroide (erano quelle che stavano fuori che scuotevano il bidone) arrivò presto il mio turno. Mi misi dentro all'Apollo 11, chiusi il coperchio e all'improvviso mi sentii inclinare all'indietro e poi spingere in  avanti sempre più velocemente. Un senso crescente di ansia si impadronì di me: “E se mi sbilancio troppo all'indietro e mi rompo la schiena?” mi domandavo mentre iniziavo a sudare. “E se inciampano in un sasso e il bidone si capovolge?” C’era da farsi male sul serio! Ma poi ripresi il controllo di  tutti i miei pensieri e mi dissi:-Nessuna di loro è caduta, di che mi preoccupo? Meglio pensare a divertirsi! Allora iniziai a urlare cose del tipo: -Attenti all'asteroide! Oppure: -Direzione Luna! Anche il mio “viaggio spaziale” finì in fretta e quando scesi dalla navicella ero tutta in subbuglio, ma pensai “Altroché TV, questo si che è stato un bel pomeriggio!”

Miranda Fortini classe 1^D

IL MONDO CHE VORREI…      

Portami dove il cielo non cambia mai il suo colore,

dove resta sempre ciò che è,

dove si possono vedere le stelle 

anche quando fuori è giorno,

dove le giornate non cambiano mai umore,

dove ogni fiore sboccia 

mentre i tuoi occhi lo guardano,

dove il mare è calmo e

rispecchia i nostri volti 

nella sua acqua cristallina.

Portami dove l’aria ti toglie

le paure dal volto,

dove non esiste la nebbia

che ti impedisce la vista 

di ciò che ti circonda.

Portami in un posto

dove esiste l’amore e

i sogni diventano realtà.

Portami dove sai che le fiabe

possono avverarsi se solo ci credi,

dove il sole non tramonta mai,

dove il tempo non scorre se non lo desideriamo.

Portami in quel posto,

dove il sorriso non ti scompare mai dal volto,

portami dove tutto

è come vogliamo.

Portami dove le farfalle 

non smettono mai di volare

e tu non smetti mai

di farmi innamorare.                                                                                                                             

 GIULIA ZANIBONI classe 3^B 

IL NAUFRAGO

Si svegliò molto stordito sulla sabbia bagnata, sotto il sole che splendeva in cielo e le onde che bagnavano le sue gambe. L’odore dell’oceano e della salsedine erano molto forti. Non ricordava chi era, anzi, non ricordava nulla. Ricordava soltanto delle urla e... la sua paura! Non rammentava di cosa o chi avesse avuto paura, ma qualsiasi cosa fosse stato adesso era lontano. Si è alzato un po’ barcollante e si è guardato intorno: c’era soltanto acqua. Dietro le sue spalle notò una giungla e alcuni rilievi. Tutto ciò voleva dire che si trovava in un’isola. Prima di pensare a come sopravvivere, voleva rinfrescarsi un po’. Così si specchiò nell’acqua: vide soltanto un ragazzo con dei ricci castani in disordine, con occhi color dell’oceano con striature d’oro che ricordavano molto l’acqua limpida la quale splendeva sotto il sole, aveva un naso piccolo e dritto e con degli zigomi alti. Ma nulla di tutto ciò gli diceva niente. Dopo aver fatto il bagno, pensò subito di fare una barca per fuggire dall’isola. Prima però doveva esplorarla. Trovò varie specie di animali, come ad esempio uno stormo di pappagalli, i quali lo meravigliarono con i loro colori che, in movimento, formavano un piccolo arcobaleno. Camminando, si trovò in un posto dove al posto degli alberi c’erano... bambù?! In più anche il terreno era fertile, perfetto per coltivare. Andando più avanti trovò alberi sempreverdi e giganti, liane. A quel punto realizzò che quell’isola era magica. Beh, tanto meglio per lui, no? Il naufrago raccolse il bambù e iniziò a fare la barca. Una volta finita, ci salì sopra ed partì, ma appena cominciò il viaggio, qualcosa la fece affondare. Allora il ragazzo decise di vedere come mai ma non vide niente. Provò e riprovò, ma c’era sempre qualcosa che non lo lasciava viaggiare. Sfinito dopo tutti i tentativi e dopo l’ultima barca costruita, decise di riposarsi in riva al mare. Dopo alcuni minuti vide uscire dall’acqua una tartaruga rossa che si avvicinava verso la sua barca e che piano piano cominciava a morsicarla. Allora il giovane uomo non ci vide più dalla rabbia. Prese un pezzo della barca distrutta e colpì la tartaruga indifesa sulla testa. Lei, spaventata, andò verso il mare. Ma l’ira del naufrago non era finita. Prese la tartaruga per il guscio e la mise a pancia in su. In questo modo la creatura non poteva più muoversi. Dopo aver scaricato l’ira, il naufrago tornò a dormire. Ma subito fece un sogno in cui l’animale marino andava via da lui e lui voleva disperatamente farla restare. Quando si svegliò, si accorse che la povera creaturina stava per morire e proprio in quel momento accadde. Lui desiderava freneticamente di poter far arrivare l’onda per idratare la tartaruga. Così tese la mano verso le onde e versò acqua sulla tartaruga. A quel punto la tartaruga rossa si trasformò in una bellissima ragazza con lunghi capelli ricci, rossicci e con gli occhi blu scuro come lapislazzuli. Il ragazzo si innamorò subito della ragazza, così tanto che le prese il viso fra le mani e la baciò con passione. Dopo quel bacio si svegliò da quel torpore e ricordò tutto di sè. Lui si chiamava Daniel ed era uno di quei ragazzi che avevano un potere speciale ma anche pericoloso: quello di controllare le onde. Giovani con questo potere venivano definiti ragazzi con l’”Ondenaria”. Alcuni uomini che si definivano i Guardiani dell’Oceano avevano assalito il suo villaggio per trovarlo e ucciderlo. La ragazza che aveva di fronte era la sua fidanzata, la quale si chiamava Marina e si era trasformata in una tartaruga rossa così da poter vivere più a lungo. Si ricordò inoltre che aveva addomesticato un cavalluccio marino. Per chiamarlo doveva fare un lungo fischio che soltanto i ragazzi con l’”Ondenaria” potevano fare. Dalle onde si creò una sagoma di un cavallo fatto interamente d’acqua con la schiuma delle onde che formavano la sua criniera e la sua coda. Daniel era molto contento di ricordare tutto e non voleva abbandonare l’isola, così i Guardiani dell’Oceano non lo potevano trovare. Gli anni passarono, lui e Marina vissero insieme e, dopo la morte di Daniel, Marina tornò a ritrasformarsi in una tartaruga rossa. Ancora oggi la tartaruga e il cavallo marino nuotano attorno a quell’isola per ricordare per sempre Daniel, il ragazzo speciale che entrambi avevano tanto amato.

 

EGI DHROSO classe 3^B

IL NAUFRAGO

Si svegliò molto stordito sulla sabbia bagnata, sotto il sole che splendeva in cielo e le onde che bagnavano le sue gambe. L’odore dell’oceano e della salsedine erano molto forti. Non ricordava chi era, anzi, non ricordava nulla. Ricordava soltanto delle urla e... la sua paura! Non rammentava di cosa o chi avesse avuto paura, ma qualsiasi cosa fosse stato adesso era lontano. Si è alzato un po’ barcollante e si è guardato intorno: c’era soltanto acqua. Dietro le sue spalle notò una giungla e alcuni rilievi. Tutto ciò voleva dire che si trovava in un’isola. Prima di pensare a come sopravvivere, voleva rinfrescarsi un po’. Così si specchiò nell’acqua: vide soltanto un ragazzo con dei ricci castani in disordine, con occhi color dell’oceano con striature d’oro che ricordavano molto l’acqua limpida la quale splendeva sotto il sole, aveva un naso piccolo e dritto e con degli zigomi alti. Ma nulla di tutto ciò gli diceva niente. Dopo aver fatto il bagno, pensò subito di fare una barca per fuggire dall’isola. Prima però doveva esplorarla. Trovò varie specie di animali, come ad esempio uno stormo di pappagalli, i quali lo meravigliarono con i loro colori che, in movimento, formavano un piccolo arcobaleno. Camminando, si trovò in un posto dove al posto degli alberi c’erano... bambù?! In più anche il terreno era fertile, perfetto per coltivare. Andando più avanti trovò alberi sempreverdi e giganti, liane. A quel punto realizzò che quell’isola era magica. Beh, tanto meglio per lui, no? Il naufrago raccolse il bambù e iniziò a fare la barca. Una volta finita, ci salì sopra ed partì, ma appena cominciò il viaggio, qualcosa la fece affondare. Allora il ragazzo decise di vedere come mai ma non vide niente. Provò e riprovò, ma c’era sempre qualcosa che non lo lasciava viaggiare. Sfinito dopo tutti i tentativi e dopo l’ultima barca costruita, decise di riposarsi in riva al mare. Dopo alcuni minuti vide uscire dall’acqua una tartaruga rossa che si avvicinava verso la sua barca e che piano piano cominciava a morsicarla. Allora il giovane uomo non ci vide più dalla rabbia. Prese un pezzo della barca distrutta e colpì la tartaruga indifesa sulla testa. Lei, spaventata, andò verso il mare. Ma l’ira del naufrago non era finita. Prese la tartaruga per il guscio e la mise a pancia in su. In questo modo la creatura non poteva più muoversi. Dopo aver scaricato l’ira, il naufrago tornò a dormire. Ma subito fece un sogno in cui l’animale marino andava via da lui e lui voleva disperatamente farla restare. Quando si svegliò, si accorse che la povera creaturina stava per morire e proprio in quel momento accadde. Lui desiderava freneticamente di poter far arrivare l’onda per idratare la tartaruga. Così tese la mano verso le onde e versò acqua sulla tartaruga. A quel punto la tartaruga rossa si trasformò in una bellissima ragazza con lunghi capelli ricci, rossicci e con gli occhi blu scuro come lapislazzuli. Il ragazzo si innamorò subito della ragazza, così tanto che le prese il viso fra le mani e la baciò con passione. Dopo quel bacio si svegliò da quel torpore e ricordò tutto di sè. Lui si chiamava Daniel ed era uno di quei ragazzi che avevano un potere speciale ma anche pericoloso: quello di controllare le onde. Giovani con questo potere venivano definiti ragazzi con l’”Ondenaria”. Alcuni uomini che si definivano i Guardiani dell’Oceano avevano assalito il suo villaggio per trovarlo e ucciderlo. La ragazza che aveva di fronte era la sua fidanzata, la quale si chiamava Marina e si era trasformata in una tartaruga rossa così da poter vivere più a lungo. Si ricordò inoltre che aveva addomesticato un cavalluccio marino. Per chiamarlo doveva fare un lungo fischio che soltanto i ragazzi con l’”Ondenaria” potevano fare. Dalle onde si creò una sagoma di un cavallo fatto interamente d’acqua con la schiuma delle onde che formavano la sua criniera e la sua coda. Daniel era molto contento di ricordare tutto e non voleva abbandonare l’isola, così i Guardiani dell’Oceano non lo potevano trovare. Gli anni passarono, lui e Marina vissero insieme e, dopo la morte di Daniel, Marina tornò a ritrasformarsi in una tartaruga rossa. Ancora oggi la tartaruga e il cavallo marino nuotano attorno a quell’isola per ricordare per sempre Daniel, il ragazzo speciale che entrambi avevano tanto amato.

 

EGI DHROSO classe 3^B