Novembre - Dicembre 2023 - numero 6
Novembre - Dicembre 2023 - numero 6
PODCAST
Dal viso una lacrima rossa
Questi sono i versi che Marianna Beccari, 5 AL Esabac, scrive a proposito della violenza sulle donne suggestionata dai recenti fatti di cronaca e dallo studio del quadro di Degas
E. Degas, Lo stupro
Qualche passo tra le nuvole
lo e il volo
di Lisa Gabrielli, 4 CB
I miei piedi si muovevano violentemente avanti e indietro in modo agitato davanti a quelle poltroncine vuote dell'aeroporto aspettando ansiosamente l'aereo.
Non era, però, una situazione comune, non attendevo insieme a tutti gli altri di salire tranquillamente su un aereo aprendo le porte al mio viaggio; tra le mie mani non si trovava un solito biglietto aereo bensì un piccolo volume su "come pilotare un aereo". Sudavo freddo cercando di ripetere i diversi passaggi del decollo, come virare, quando alzare i flap e quando distaccarmi dal terreno alzando il muso dell'aereo.
Aspettavo ansiosamente con le mani tremanti fino a quando non sentii urlare il mio nome che interruppe bruscamente il groviglio di pensieri che offuscavano la mia mente.
Formalmente mi riferirono: "Pilota prenda i suoi passeggeri e ci segua". Mi alzai frettolosamente e mi avviai, accompagnata dai marescialli, verso quel velivolo tanto desiderato. Sorrisi al maresciallo e mi ritrovai davanti al muso del mio apparente pericolo.
Ogni passo che compivo, producendo una sinfonia ritmica sull'asfalto, mi faceva scivolare piano piano ogni pensiero accatastato, ogni ansia soffocante e arrivai ai piedi dell'ala stranamente calma. Era tutto così reale ma al contempo così inimmaginabile e straordinario. Mi sorpresi di me stessa e delle mia tranquillità davanti a un'esperienza irripetibile dovendo anche portare una minima responsabilità addosso.
Sorridente e incredula afferrai la maniglia nera, misi il piede sopra l’appoggio sollevandomi e posando l'altro piede sull'ala. Mi detti una bella spinta atterrando all'interno dell'aereo sul posto da pilota. Aggiustai il sedile con la manovella e aspettai un aiuto per allacciare la cintura…anzi, le cinture. Un groviglio intersecato di nastri bianchi pesanti con una parte metallica; una grande al centro, due sulle spalle e altre sulla vita. Dopo essermi allacciata e finalmente al sicuro aspettai spensierata il pilota, il posto accanto a me era riservato a lui.
Appena salito, mi guardò e dopo aver scambiato qualche parola ci mettemmo le cuffie. Quelle cuffie meravigliose, verdi militare, grandi e morbide che insonorizzano completamente tutto tagliando i ponti con l'esterno consentendo esclusivamente una comunicazione tra me e il pilota. Dopo controlli vari e dopo aver ricevuto il via accendemmo il motore. I pedali e il volantino erano collegati tra le postazioni e ciò significava che tutto quello che facevo io, il pilota lo percepiva e viceversa. Iniziammo, ovviamente, con la fase di rullaggio sulla pista. Mi lasciò il pieno comando con il compito di seguire la fatidica linea gialla e quello spazio grigio rettangolare mi sembrò immenso.
Dopo un paio di minuti fu il momento, esattamente quel momento! La pressione saliva e così il mio entusiasmo, dovetti abbassare i flap e tirare il volantino abbastanza forte verso di me. Fu tutto così veloce e, senza neanche accorgermene, stavamo…volando!! Ero stupefatta, i miei occhi spalancati per la bellezza e un sorriso così grande da essere contagioso…
Volsi lo sguardo in basso vedendo la terra sotto di me allontanarsi e davanti a me un nuovo orizzonte da seguire. Alzai il carrello completando la fase di decollo.
Tutto così irreale, magico, fantastico, un’emozione unica…era semplicemente meraviglioso da lasciarmi senza parole ma con le mani ferme sul volantino. Il pilota, notando la mia felicità, mi sorrise e mi disse che il mio compito sarebbe stato, per ora, mantenere un orizzonte fisso e preciso.
Era come passeggiare tra le nuvole, esse ci sfioravano e ci attraversavano sparendo dietro la coda dell’aereo, una rilassante passeggiata sopra i colli respirando pura aria di nuvola. Pur essendo completamente chiuso il velivolo sentivo di prendere una boccata d'aria a pieni polmoni, solo ad alta quota! Era un mondo a parte con nuove prospettive e punti di vista ma a me quel nuovo universo piaceva, e anche tanto!!!
Ero libera.
Finalmente libera.
Tutti i pensieri che mi preoccupavano riguardo al passato o al futuro erano semplicemente spariti, polverizzati. La mia mente libera e pulita si godeva, forse per davvero e per la prima volta, il momento, il presente. Tutto non aveva più importanza quando ero lì tra le nuvole. Ero solo stupita nel vedere quanto il mondo sotto a me fosse minuscolo e sorvolandolo mi sentí cosciente di qualcosa che non so tuttora definire.
Era il mio piccolo posto felice dove potevo non pensare, peccato fosse tutto così veloce.
Stavo bene per davvero.
Il divertimento però doveva ancora venire e io ne ero completamente ignara.
Era l'ora di una specie di giro della morte, una specie di capriola all’indietro in aereo non troppo difficile da compiere a livello pratico ma con un effetto stupendo.
Le mie mani erano ferme sul volantino, non mi accorsi perfettamente di niente ma sentì improvvisamente la pressione salire, strinsi forte il volantino verso di me, mi ritrovai un apporto smisurato di pressione precipitarmi addosso rendendomi particolarmente pesante, lo sguardo fisso sul cielo e il muso dell'aereo alzarsi, per poi voltare violentemente il volantino a sinistra. Senza neanche capire cosa stesse succedendo mi ritrovai con lo sguardo fisso a terra; vidi i campi regolari e le macchine passare così lontane ma così vivide e per un secondo mi sembrò che tutto si fermasse. Ero riuscita a battere il tempo, tutto era immobile o si muoveva appena, io ero felice e la pressione aumentava solo la mia adrenalina e il mio entusiasmo si espandevano velocemente nel corpo. Beh…è ciò che sembrò a me perchè in realtà tutto durò appena un battito di ciglia prima che ricentralizzammo il volantino portando il veicolo ad una posizione normale per poi ripetere divertita il tutto una moltitudine di volte.
Ormai, dopo una ventina di minuti in volo, quel sedile di pelle beige era diventano un caldo abbraccio per me, un posto sicuro dove potermi rifugiare per scappare dai pensieri e avrei dato il mondo per non scendere…ma come per tutte le cose prima o poi devi riallinearti alla realtà e scendere dalla giostra.
Iniziammo a perdere quota, a preparaci per l’atterraggio, ad abbassare flap e carrello e dirigerci verso quel disprezzante rettangolo grigio di pista. Giostrando tra volantino e pedali atterrammo delicatamente, e continuando ad utilizzare i pedali il pilota mi lasciò il pieno comando per parcheggiare l'aereo. Il pilota applaudì sollevato .
Io ero triste, amareggiata e malinconica, non volevo lasciare quel posto. Quando i miei piedi toccarono terra si riappesantirono aprendo le porta nuovamente alle preoccupazioni quotidiane. L'emozione che mi lasciò il volo fu enorme, un picco altissimo di energia che dissipai appena scesa dall’aereo saltellando e urlando davanti al mio amato velivolo.
Lanciai un bacio al mio adorato universo a sè, varcando la porta dell'areoporto.
Desideravo tornare con la testa tra le nuvole e con i piedi in aria danzanti. Purtroppo non era possibile e portando a casa un'esperienza incredibile ritornai a sbattere la testa contro i libri di scuola.
Ringrazio infinitamente l’Aeronautica Militare Italiana per l’esperienza e l'attività di PCTO del nostro Istituto che mi hanno permesso di realizzare questa incredibile esperienza
“C’è ancora domani”
Il film record di incassi e di emozioni
di Michele Zona, 5 CB
In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne che cade il 25 novembre
vorrei consigliarvi la visione del film “C’è ancora domani”, di e con Paola Cortellesi, con cui abbiamo approfondito il fenomeno della violenza di genere.
L’eroina della nostra storia è Delia, madre di tre figli e sposata con Ivano, un uomo violento e
irascibile che non perde mai l’occasione di sfogare la sua rabbia sulla moglie e, talvolta, sui bambini.
Nel film si alternano momenti drammatici e scene di ironia, caratterizzate anche dalla presenza dell’amica del cuore di Delia, Marisa, interpretata da Emanuela Fanelli (oggetto di meme su tutte le piattaforme social per i suoi interventi umoristici nella commedia “Una pezza di Lundini” trasmesso su RAI2).
Credo che questo approccio “tragicomico” renda il film decisamente più scorrevole e alleggerisca un tema
altrimenti difficile e angosciante, rendendo la pellicola adatta a tutti i tipi di pubblico.
Nella Roma degli anni ‘40 dove si sviluppa la vita di Delia la cultura patriarcale è,
ovviamente, diffusa e normalizzata, nonostante nel film si veda, soprattutto tra le donne, uno spirito di
compassione per la situazione, particolarmente violenta e plateale, vissuta dalla protagonista. Le scene di violenza domestica vengono rappresentate con creatività da Paola Cortellesi, che sceglie un
modo di raccontare la furia del marito contro la moglie decisamente fuori dal comune e che la regista ci spiega durante la live. La Cortellesi, infatti, usa passi di danza per paragonare la violenza subita da Delia a un rituale ripetitivo, come fosse una coreografia già vista.
Un’altra scelta artistica che mi ha colpito e su cui credo sia doveroso porre particolare attenzione è la scelta
del bianco e nero, che crea un’atmosfera squisitamente storica aggiungendo un ulteriore richiamo all’epoca
dei fatti.
Un’ultima cosa che ho trovato particolarmente emozionante è l’amore che una madre può conservare nei
confronti della propria figlia. Nel film, infatti, c’è solo un’altra donna in famiglia che accompagna Delia: la
primogenita Marcella.
Nonostante l’attrito tra madre e figlia (alimentato dalla situazione estremamente difficile della famiglia),
Delia ha una forte premura nei confronti di Marcella che nel film segue uno sviluppo molto interessante.
Non potendo raccontarvi ulteriori dettagli e dovendo evitare spoiler, chiudo qui, consigliandovi fortemente di andare a vedere questo film.
Fidatevi, non ve ne pentirete.
Letture e brevi riflessioni sulla violenza contro le donne
Giada Durante, 3BB
La violenza sulle donne è un tema talmente attuale, da diventare persino “normale”. Il rischio di una normalizzazione del tema è quello di addossare nuove colpe alle donne, che potrebbero passare da vittime a colpevoli.
“Non andare all’ultimo appuntamento”. Le parole della PM sul caso di Giulia Tramontano, possono sembrare incoraggianti e di aiuto per le donne, una sorta di protezione. Nascondono invece pericolose dietrologie che fanno sentire le donne, ancora più inadeguate e colpevoli. Della serie: “Te la sei cercata!”
La psicologa Anna Baldry, difatti, contesta tale affermazione dicendo a gran voce che “piuttosto che concentrarsi sui motivi per cui le donne accettano l’invito bisognerebbe concentrarsi sull’ evitare che gli uomini premeditino che sia l’ultimo”.
Riguardo questo, Concita de Gregorio, in un suo articolo, aggiunge che “la follia non c’entra. È piuttosto una convinzione profonda, arcaica, un’idea primitiva del possesso della donna…”. Si evince dunque che l’uomo è sempre stato educato al possesso e alla superiorità, e queste convinzioni si tramutano poi in atteggiamenti violenti, oserei dire “primitivi”.
La condizione della donna ai giorni nostri è delineata molto bene nel nuovo film “Barbie”, dove la protagonista racconta tutto quello che deve sopportare in un mondo con una radicata mentalità maschilista.
Per contrastare questo fenomeno bisogna investire sull’educazione, ripartendo dai banchi di scuola e fare dell’aula “il miglior centro antiviolenza” (C. De Gregorio)
Inchiostro tra le pagine
Rubrica di libri di Aurora Boco 5CB
Se i gatti scomparissero dal mondo
di Kawamura Genki
Trama
A cosa sei disposto a rinunciare per poter vivere un giorno in più?
Questa è la domanda che il nostro protagonista si trova ad affrontare quando un giorno, inaspettatamente, scopre di essere affetto da una malattia incurabile. Il Diavolo è disposto a donargli un giorno in più a patto che ogni giorno faccia scomparire qualcosa dal mondo. I telefoni, gli orologi… ma, i gatti?
Il libro si apre con la vicenda del nostro protagonista che vive una vita monotona e in solitudine, suo unico conforto e suo più grande affetto, il gatto Cavolo.
La notizia del suo male incurabile, che sicuramente lo avrebbe portato a morte pochi giorni più tardi, lo fa piombare in un abisso di sofferenza ma un patto con il Diavolo lo spingerà a far scomparire delle cose dal mondo per un giorno di vita in più.
“Mi pareva incredibile pensare che qualcosa che diamo per scontato avrebbe potuto scomparire all’improvviso. È probabile che episodi del genere accadano ogni giorno sotto i nostri occhi, senza che ce ne accorgiamo”
Il protagonista si ritroverà infatti catapultato in una serie di scelte emozionanti del tutto inaspettate che porterà indubbiamente ad una riflessione su ciò che riteniamo scontato e a cui invece dovremmo iniziare a dare più peso. Le cosiddette “piccole cose” sono le cose davvero importanti.
“Gli uomini non muoiono finché hanno acqua da bere, qualcosa da mangiare e un posto dove dormire. Tutte le altre cose a questo mondo sono superflue e se ne può fare tranquillamente a meno.”
La storia ha l'obiettivo, comune alla maggior parte dei libri giapponesi, di far riflettere sulla vita ma anche sulla morte. Il cambiamento del protagonista attraverso le pagine si percepisce chiaramente, anche noi magari avremmo rinunciato ad una cosa che riteniamo inutile ma che invece ci saremmo accorti non lo era poi così tanto.
“I cuori dei singoli mammiferi si fermano dopo due miliardi di battiti. Gli uomini hanno un'aspettativa di vita di settant’anni: chissà se nella metà del tempo il mio cuore aveva già battuto due miliardi di volte?”
Alla fine del libro il protagonista si ritroverà davanti la scelta più difficile: “La tua vita o quella del gatto?” dopo questa domanda il suo pensiero cambierà radicalmente e dovrà realmente confrontarsi con la scelta tra la vita o la morte.
“L’amore finisce sempre. Lo sappiamo tutti, ma ci innamoriamo lo stesso. È la stessa cosa che accade con la vita. Sappiamo tutti che prima o poi finisce, ma viviamo lo stesso. Forse è proprio perché sono destinati a finire che l’amore e la vita sono meravigliosi”.
Un libro per chi: Sta vivendo un periodo di relativa serenità
Titolo: Se i gatti scomparissero dal mondo
Autore: Kawamura Genki
Traduttore: Anna Specchio
Anno di pubblicazione: 2012
Un Sosia tra di noi…
La commedia di Plauto, Anfitrione, raccontata (e attualizzata)
di Maddalena Gaggiotti e Giorgia Gattobigio, classe 2CL
Quid igitur ego dubito? Mercurio per Sosia. Giove per Anfitrione. E i conseguenti dubbi sulla propria identità… Una commedia degli equivoci e dello scambio di persona che solo la genialità di Plauto poteva inventare e orchestrare.
Il 17 novembre 2023, le classi 2^CL, 2^BL, 2^DL e 2^AL del Liceo Linguistico dell’I.I.S. Giordano Bruno hanno partecipato alla rappresentazione della commedia Anfitrione di Plauto, promossa, al teatro Zenith di Perugia, dal Teatro Europeo Plautino (T.E.P.).
ANFITRIONE - TRAMA
Anfitrione è una commedia,divisa in 5 atti e un prologo che è stata scritta dal commediografo latino Tito Maccio Plauto probabilmente verso la fine del III secolo.
L’opera parla di Anfitrione, un generale proveniente da Tebe (città dell’Antica Grecia) che, insieme al suo fidato servo Sosia, va a combattere per la patria contro i Teleboi, lasciando sua moglie Alcmena a casa da sola.
Giove approfitta della situazione e decide di assumere le sembianze di Anfitrione per giacere insieme ad Alcmena (di cui si era invaghito) che era già incinta del vero Anfitrione.
Per riuscire nell’impresa il signore dell’Olimpo decide di farsi aiutare da suo figlio Mercurio, che assume le sembianze del servo di Anfitrione, Sosia.
Nel frattempo Sosia ritorna per avvertire Alcmena del loro ritorno ma, appena arrivato, incontra il suo clone e da lì inizia un battibecco comico tra il vero e il falso Sosia.
Il giorno seguente il vero Anfitrione torna a casa e viene a conoscenza del tradimento da parte della moglie.
Inizialmente l’eroe tebano nutre una forte rabbia nei confronti della consorte, ma poi capisce che l’errore commesso da Alcmena sia stato fatto in buona fede.
Alla fine Giove prende coscienza dello sbaglio e decide di rimediare, anche invitando indirettamente Anfitrione a perdonare Alcmena, che, appunto, aveva agito in buona fede, pensando che il falso Anfitrione (ovvero Giove) fosse effettivamente suo marito.
Alcmena dà alla luce il figlio avuto da Giove e quello di Anfitrione e tutto si conclude, quindi, con un lieto fine.
La commedia è stata realizzata dalla compagnia teatrale T.E.P. (Teatro Europeo Plautino) nell’alveo dei ‘Classici in Scena’, ed è stata messa in scena con una scelta di costumi molto interessante: infatti i costumi imitano quelli degli attori di ‘Star Wars’. Il fine è stato, infatti, quello di rendere attuale una pièce antica.
CENNI su TITO MACCIO PLAUTO - TITUS MACCIUS PLAUTUS
Tito Maccio Plauto (ma anche il suo nome non è certo) nasce a Sarsina tra il 255 a.C e il 250 a.C e muore a Roma nel 184 a.C., questo secondo Cicerone.
Della sua vita si hanno scarse informazioni.
Scrisse molte commedie e diventò l’autore di commedie più apprezzato dal pubblico romano.
Per comporre le sue opere, Plauto imitò gli autori della Commedia Nuova. Le commedie di Plauto sono dette palliate (dal nome “pallium”, antica mantella degli attori greci).
Un’altra commedia importante è la Commedia Togata (dall’abito dei Romani, ovvero la toga).
Plauto inoltre, prende spunto da un altro genere comico, l’Atellana, una commedia molto apprezzata specialmente nell’Italia meridionale, il cui nome deriva dalla città campana di Atella.
L’Atellana aveva una trama ricca di equivoci, incidenti, litigi e battute volgari (il nome di Plauto, Maccio, deriva PROBABILMENTE da Macco, uno dei personaggi dell’Atellana).
Caratteristiche principali delle commedie di Plauto sono:
-Lo scambio di persona (in Anfitrione si fa riferimento a Sosia).
-L’intreccio (l’amore di un giovane per una donna di classe sociale inferiore che, grazie al processo dell’agnizione, cioè dell’inaspettato riconoscimento dell’identità di un personaggio, si scoprirà essere di nobili origini).
-La commedia si conclude con un lieto fine (spesso con un matrimonio).
Plauto tende a sottolineare la figura del servus callidus (da callere: ‘farsi il callo’, ‘fare esperienza’, ‘divenire esperto e astuto’) nelle sue commedie, perché lui stesso aveva lavorato come servitore in una campagnia di comici, fino a che si ridusse in estrema povertà (secondo la leggenda sarebbe stato costretto, a causa dei suoi numerosi debiti, a girare la macina di un mulino).
La genialità con cui questo autore della letteratura drammatica latina compose le sue commedie, però, riesce ancora a far divertire il pubblico. Il pubblico di ogni tempo. Noi compresi.
“Di vino, di poesia o di virtù: come vi pare. Ma ubriacatevi.”
Se il pane facesse peggio della vodka?
Charles Baudelaire, massimo esponente del decadentismo francese e grande poeta dell’800 aveva diverse passioni: l’arte, le donne, le droghe, ma soprattutto l’alcol.
In una poesia dal nome non troppo fuorviante (“Enivrez-Vous”, “Ubriacatevi”) già alla prima strofa ci dà un importante consiglio per la vita: “Bisogna essere sempre ubriachi”.
Ebbene, qualcuno c’è riuscito.
Le persone affette dalla cosiddetta “auto-brewery syndrome” possono ubriacarsi senza bere un goccio di vino, grazie all’aiuto di alcuni simpaticissimi microrganismi che sanno trasformare i carboidrati (presenti nella pasta, nelle patate e in tanti altri alimenti tipici della nostra dieta) in alcol etilico (contenuto nelle bevande più amate da Baudelaire).
L’intestino dei malcapitati viene colonizzato da varie specie di miceti, che cibandosi del glucosio che gli forniamo mangiando ci lasciano come avanzo l’alcol, il quale ci porta ad uno stato di ebbrezza forse non sempre piacevole.
L’uomo si serve da millenni di questo processo, conosciuto come fermentazione alcolica, per produrre birra, vino, vodka e tutti i nostri alcolici preferiti. Ma questa patologia, se non trattata, può causare danni piuttosto ingenti al nostro organismo, dato che un’alta concentrazione di alcol nel sangue ci apre le porte ad una lunga lista di patologie di cui possiamo tranquillamente fare a meno, tra cui: gastrite, cirrosi epatica e problemi cardiovascolari, fino ad arrivare all’ictus e alcune forme di tumore.
Detto ciò, anche se alcuni di noi seguirebbero con immenso piacere lo stile di vita di Baudelaire, è sempre meglio bere con moderazione e soprattutto farsi due domande se dopo aver mangiato un piatto di pasta e patate ci sentiamo come se avessimo appena finito la decima birra al bar sotto casa.
Questa la lettera che la signora Nataliia Zuravel ha inviato come ringraziamento al corpo docente del nostro Istituto per aver accolto dall’Ucraina così calorosamente sua figlia e averle donato un'ottima opportunità dal punto di vista scolastico ed umano