Aprile - 2025 - numero 12
Aprile - 2025 - numero 12
Una giornata al Festival Internazionale del Giornalismo
Intervista alla giornalista Maria Teresa Carbone
Arianna Martinelli, Miriam Pop, Eleonora Calisti
Maria Teresa Carbone, giornalista, autrice e traduttrice, si occupa del coordinamento della rivista online Alfabeta2. In precedenza è stata responsabile della sezione Arti del settimanale pagina99 e ha lavorato alle pagine culturali del Manifesto e per diverse testate italiane e straniere.
La redazione di Ikaro, intervenuta al Festival Internazionale del Giornalismo pone delle domande alla giornalista.
Come si fa a far amare i libri ai giovani? e qual è la sua ricetta per far appassionare i giovani alla lettura?
Per appassionare i giovani alla lettura credo che l'unico modo ammesso, sia quello di partire dalla propria passione per la lettura. Non si impone l'amore né per una persona né per un oggetto, l'amore è un sentimento personale e questo vale anche per la lettura. Quello che si può fare è promuovere una passione “per contagio”, chi mi ascolta sarà colpito non solo dalla trama del libro che consiglio ma dall'entusiasmo con cui io ne parlo e così a catena. Per questo è molto importante il ruolo della scuola e della famiglia nell’educazione alla lettura. Non si deve dire che leggere è bello, perché non serve a niente e non so neanche se è così vero, non sempre comunque.
Perché al giorno d'oggi i giovani leggono poco ?
“La percentuale di lettori è sempre stata molto bassa: leggere comporta fatica e tempo, tante persone non hanno voglia di investire le loro energie e il loro tempo in un'attività che molti considerano voluttuaria e superflua.
Mentre abilità come parlare e camminare si sviluppano naturalmente durante l'infanzia, la lettura non è una capacità spontanea. Un individuo può trascorrere tutta la vita senza sentirne la necessità per integrarsi socialmente. Tuttavia, in una società dove l’alfabetizzazione è ormai un requisito indispensabile, leggere è cruciale sia per l’arricchimento culturale che per affinare il pensiero critico.
Un tempo la lettura era considerata il principale mezzo di accesso alla conoscenza, ma oggi il suo ruolo è mutato radicalmente. L'informazione è sempre più diffusa attraverso podcast, piattaforme video e contenuti digitali, trasformando il modo in cui le persone apprendono e si formano”.
Come è cambiato negli ultimi anni l'interesse dei giovani per la lettura ? Ritiene che questo interesse ci sia mai stato, quindi che non sia mutato negli anni, oppure c'è stato un incremento?
Negli ultimi anni la concorrenza nel panorama editoriale è aumentata significativamente con l'emergere di piattaforme sempre più potenti. Questo fenomeno non è solo il risultato di dinamiche economiche che influenzano le scelte culturali, ma modifica anche le preferenze individuali.
Un intellettuale cinquantenne, seppur cresciuto in un ambiente tradizionalmente legato alla letteratura, potrebbe prediligere una serie su Netflix per esplorare i temi di suo interesse
piuttosto che consultare saggi accademici sull’argomento. Le serie televisive offrono spunti e riflessioni immediate e accessibili, spesso più allettanti rispetto a testi accademici più complessi. Viene sollevato un interrogativo rilevante: vale ancora la pena leggere libri?
Secondo lei gli e-book e gli audiolibri hanno aumentato l'interesse dei giovani per la lettura?
E-book e audiolibri offrono esperienze molto diverse. Gli e-book consentono la lettura su schermo, rendendo i libri più accessibili e pratici, soprattutto per chi ha poco spazio. Tuttavia, la lettura su carta mantiene un vantaggio in termini di percezione spaziale del testo, facilitando la comprensione, soprattutto per le opere più complesse.
Gli audiolibri, invece, seguono una logica completamente diversa e hanno guadagnato popolarità grazie ai podcast e alle piattaforme come Audible e Storytel. Mentre i podcast sono gratuiti e immediati, gli audiolibri richiedono più attenzione e spesso un abbonamento. Sono strumenti utili per chi ha difficoltà visive, per i lettori che vogliono rilassarsi o per chi sfrutta il tempo in movimento per ascoltare storie, ma non sembrano incentivare la lettura tradizionale: chi non ama leggere difficilmente svilupperà l'abitudine attraverso gli audiolibri.
Alla fine, leggere non è un obbligo ma un piacere. Ognuno sceglie la modalità che si adatta meglio alla propria routine, sia essa un romanzo cartaceo, un e-book da sfogliare su tablet, o un audiolibro da ascoltare mentre si viaggia. L'importante è trovare un modo di fruire le storie che si armonizzi con la propria quotidianità.
Ritiene che le biblioteche scolastiche possano diventare sempre più luoghi di socialità?
“Ritengo di sì, le biblioteche sono anche luoghi di socialità. Sono spazi dove le ragazze e i ragazzi si incontrano e si confrontano. Gli innamoramenti in biblioteca sono un grande classico di chi ha studiato all'Università. Tuttavia, è essenziale che le biblioteche mantengano aree dedicate alla lettura silenziosa, dove ci si possa immergere nei libri senza distrazioni.
Sono convinta che la lettura, nonostante io non abbia niente contro i gruppi di lettura anzi, ne ho fondato uno nel 2008, quella in cui lo sguardo scorre concentrato sulle parole, trae beneficio da un ambiente tranquillo. Le biblioteche dovrebbero quindi bilanciare la dimensione sociale con quella contemplativa.
La biblioteca è bellissima, è meravigliosa. Purtroppo, molte biblioteche scolastiche affrontano difficoltà dovute a mancanza di investimenti. In passato, la gestione di queste strutture veniva affidata a insegnanti senza un vero supporto economico, il che ha limitato le possibilità di crescita. Per renderle veri punti di riferimento, servirebbero risorse adeguate, progettualità e un serio impegno nel valorizzarne il ruolo.”
Dentro un castello vero: Palazzo dei Normanni di Palermo
Una giornata tra troni, mosaici dorati e giardini segreti: Palermo ha accolto i giovani esploratori della storia. Ecco il diario della visita in uno dei palazzi più belli (e sorprendenti!) d’Italia.
Hillary, Giulia,Beatrice, Filippo e Simone 3°CB
UN GIORNO DA VIAGGIATORI NEL TEMPO
La classe è partita presto quella mattina. Zaini in spalla, panini e bibite, entusiasmo alle stelle. La destinazione era il Palazzo dei Normanni, a Palermo. Non era solo una gita: era uno dei momenti più attesi del campo scuola. E non ha deluso! Appena arrivati, siamo rimasti a bocca aperta. Da fuori, il palazzo sembrava un grande edificio elegante ma è una volta dentro che si percepisce la vera magia: un castello autentico, con oltre mille anni di storia.
La Cappella Palatina: come entrare in un mosaico
La prima tappa della visita è stata uno dei luoghi più spettacolari: la Cappella Palatina. Silenzio assoluto, sguardi stupiti. Le pareti brillavano grazie ai mosaici dorati, ogni angolo raccontava una storia, ogni immagine portava un significato. I soffitti, intagliati in legno in stile arabo, sembravano una galassia preziosa. “Sembra una scena di un film fantasy” – ha commentato Hillary, mentre cercava di scattare una foto senza che le tremasse la mano.
Un castello di popoli
Durante la visita, la guida ha raccontato come questo luogo sia frutto dell’unione tra culture diverse: artisti cristiani, musulmani ed ebrei hanno lavorato insieme. Il re Ruggero II voleva un palazzo che rappresentasse tutte le anime del suo regno – bizantini, arabi, latini – e c'è riuscito. Il Palazzo dei Normanni è diventato così un vero simbolo di convivenza e armonia.
Tra sale reali e giardini nascosti
Dopo la cappella, il gruppo ha esplorato le sale nobili, tra affreschi, stanze enormi e mobili antichi. Particolarmente suggestiva è stata la Sala di Ercole, oggi sede del Parlamento Siciliano. In quel momento, anche i ragazzi si sono sentiti parte della storia. Poi la visita è continuata all’esterno, nei Giardini Reali: un angolo verde nel cuore di Palermo, ideale per una pausa e tante risate. “Se potessi portare qui mia nonna, direbbe che è più bello del giardino della regina d’Inghilterra!” – ha scherzato Simone.
Cosa è piaciuto di più (parlano gli studenti)
Beatrice: “I mosaici erano incredibili. Non avevo mai visto così tanto oro tutto insieme!”
Filippo: “Mi ha colpito quanto fosse moderno quel re. Ha fatto convivere popoli diversi, senza guerre.”
Giulia: “Mi è piaciuto quando ci siamo seduti nei giardini a chiacchierare: era come un sogno verde nel centro della città.”
Simone: “Quando ho visto i decori arabi sul soffitto, mi sono sentito come dentro una storia che conoscevo già. È stato emozionante.”
Hillary: “Mi sentivo in un’altra epoca, ma anche felice di vivere il presente con i miei amici. È stato tutto magico!”
Una giornata da ricordare
Dopo la visita al Palazzo dei Normanni, abbiamo continuato a visitare Palermo, dove siamo rimasti per altri due giorni, vivendo appieno l’esperienza del campo scuola tra cultura, amicizia e risate. Abbiamo varcato una porta nel tempo, camminato tra storie scolpite nell’oro e riso sotto gli alberi di un giardino reale. Questa gita non è stata solo una visita: è stata un viaggio dentro la meraviglia!!!
BULGAKOV
Il Maestro e Margherita
di Isabella Mechelli
“Vieni con me, lettore! Chi ti ha detto che non esiste sulla terra un
amore vero, fedele, eterno? Venga tagliata la ripugnante lingua al
mentitore! Vieni con me, mio lettore, soltanto con me, e ti
mostrerò questo amore!”
“Il Maestro e Margherita”, di Michail Bulgakov, viene scritto tra
il 1928 e il 1940 sotto la dittatura di Stalin. Tuttavia, il romanzo
verrà pubblicato solo postumo, tra il 1966 e il 1967, per giunta
in una versione censurata, in una rivista di Mosca.
Tra le pagine incontriamo un uomo di cui non conosciamo il
nome ma che impareremo a conoscere come “Maestro”, uno
scrittore geniale ma esasperato dalla difficoltà di pubblicare il
romanzo a cui ha così devotamente lavorato; ma anche una
donna, Margherita, sposata con un uomo che non ama
nonostante lui la adori e le dia la vita agiata che ogni donna
sogna.
Margherita conosce la sensazione di essere amati, ma non ha
idea di come amare a sua volta; dal canto suo, il Maestro ha
disperatamente bisogno di una via d’uscita dalla prigione che
si è costruito all’interno della sua stessa mente.
In un giorno qualunque di una primavera qualunque, il
Maestro cammina per la strada Tverskaja, e non può fare a
meno di notare i fiori gialli che porta in mano una strana
donna con un cappotto nero: la nostra Margherita. Non riesce
a comprendere il perché, ma lui sa che non può lasciarla
andare via senza averle rivolto almeno una frase.
E come descrivere questo incontro meglio dello stesso
Maestro?
“L’amore ci si parò davanti come l’assassino spunta da sotto
terra nel vicolo, e ci colpì entrambi, all’improvviso. [...] Lei
però in seguito disse che non era stato così, che noi ci
eravamo amati naturalmente da tempo, senza conoscerci,
senza esserci mai visti.”
Per alcuni mesi il Maestro e Margherita vivono un amore
idilliaco, un sogno che dà a entrambi l’illusione che possa
durare per sempre.
Ma all’improvviso il Maestro perde la sua battaglia contro sé
stesso, in un battito di ciglia è chiuso in una clinica
psichiatrica e Margherita si sente soffocare perché non ha
idea di dove sia il suo amante. Nel frattempo, Satana è in
visita a Mosca con la sua compagnia formata dal valletto
Korov’ev (Fagotto), il gatto parlante Behemoth, la strega
Hella, il sicario Azazello e Abadonna. Il diavolo è in cerca di
una regina per il suo ballo, e se Margherita accetterà, in
cambio le verrà data la possibilità di chiedere che un suo
desiderio venga esaudito.
Lei pensa solo e soltanto al suo Maestro, vuole stringerlo a
sé, percepire il suo calore, tornare ad amarlo senza avere il
terrore di perderlo da un giorno all’altro.
E così la donna accetta, passa la serata in compagnia di
mostri, ladri, assassini, e di una donna chiamata Frida, alla
quale ogni giorno viene consegnato il fazzoletto con il quale
soffocò il suo bambino; Margherita è forte, è determinata: non
si lamenta neppure per un istante. Dopo il ballo, e dopo aver
liberato Frida dal suo crudele castigo, chiede che le venga
restituito lì, in quello stesso momento, il suo amante.
E proprio lì, in quello stesso momento, le viene restituito.
“Il Maestro e Margherita” affronta molti temi: la follia, l’amore,
la vita sotto il regime autoritario, la sofferenza e il dolore; ma
ognuno di questi stessi temi è affrontato con una pungente
delicatezza da Bulgakov, il cui obiettivo è farci provare
sentimenti che già conosciamo ma in maniera differente,
dandogli un nuovo nome. Le parole dell’autore penetrano
dentro di noi, si radicano nel nostro cuore e nella nostra
mente, ma non ce ne rendiamo conto subito: lo realizziamo
solo quando ci guardiamo dentro e, con nostra immensa
meraviglia, ci vediamo trasformati.
Margherita aveva un marito che la faceva vivere come una
regina e che le aveva donato il suo cuore, ma lei ha
privilegiato quel folle scrittore che con un solo sguardo era
capace di insegnarle l’amore, e cosa volesse dire sentire il
terreno sparire da sotto ai piedi al solo pensiero di allontanarsi
dalla persona amata.
E noi, figli di questo mondo in cui il sentimento amoroso è un
concetto sempre più confuso, possiamo solo imparare da
questi due amanti: quando incontriamo il nostro Maestro (“[...]
niente di quanto mi circonda suscita in me interesse ad
eccezione di lei”), così come quando incontriamo la nostra
Margherita (“In verità darei l’anima al diavolo soltanto per
sapere le lui è vivo o no!”), stringiamo forte questo
sentimento, non lasciamo che si dissolva nell’aria;
custodiamolo.
Quando si parla dell’amore più grande e più puro mai provato,
spesso ci viene alla mente Dante con la sua adorata Beatrice,
ma io credo che Bulgakov abbia dato vita a dei rivali molto più
che validi.
CORLEONE E IL LABORATORIO DELLA LEGALITA’:
DALLA DOMINANZA DELLA MAFIA AL SIMBOLO DI RINASCITA DELLA CITTA’
Alunne: Lucia Alunni Solestizi, Giulia Cistellini, Giorgia Pispola e Ilaria Nunzia Rusciano, Classe 3CB
Corleone è una città siciliana che per tanto tempo è stata governata dalla mafia. Ma oggi, nel centro di questo paesino che ha visto in passato il dominio di Cosa Nostra, sorge un simbolo di speranza, di rinascita e di lotta per la legalità: il Laboratorio della Legalità.
La Nascita del Progetto
Il Laboratorio della Legalità non è solo un centro di formazione, ma un vero e proprio movimento di contrasto alla criminalità organizzata che vuole educare le nuove generazioni alla giustizia, alla libertà e al rispetto delle leggi. Inaugurato nel 2008, ha sede in una palazzina confiscata a Bernardo Provenzano (dove viveva il fratello), che ad oggi vive a pochi metri dal laboratorio. Il laboratorio è stato intitolato al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta.
Il Laboratorio della Legalità vuole essere un centro educativo, culturale e sociale che coinvolge bambini, ragazzi e adulti in percorsi di sensibilizzazione alla lotta alla criminalità organizzata. Le attività spaziano dall'insegnamento nelle scuole locali, alle escursioni nei luoghi simbolo della lotta alla mafia, fino ai laboratori creativi e teatrali che stimolano la riflessione e l'impegno civico. La sua missione principale è trasmettere ai giovani valori come la giustizia, l’onestà e il coraggio di denunciare. Il laboratorio organizza incontri annuali con testimoni della lotta alla mafia, tra cui alcuni tra i più importanti magistrati, giornalisti e familiari delle vittime della mafia. Questi incontri ci permettono di raccontare le storie di chi ha scelto di opporsi alla violenza mafiosa, diventando così un modello per le nuove generazioni.
Sebbene per decenni Corleone sia stata il centro delle operazioni di alcuni dei boss più temuti d'Italia, come Totò Riina e Bernardo Provenzano, oggi la città è sulla strada della redenzione. L'esistenza del Laboratorio della Legalità è uno degli strumenti principali per questa trasformazione. Di fatto, i workshop hanno favorito l'emergere di una nuova generazione di cittadini consapevoli, disposti a lottare per il cambiamento. Nel corso degli anni, innumerevoli eventi, incontri e manifestazioni hanno attirato l'attenzione dei media e della politica nazionale, ponendo Corleone al centro del dibattito sulla lotta alla mafia e sul recupero dei beni confiscati. Il laboratorio è diventato così il simbolo della fuga della Sicilia dalle grinfie della criminalità, dimostrando all’intero Paese che la rinascita è possibile.
Il Ruolo delle Istituzioni
Il ruolo degli enti locali, regionali e nazionali è fondamentale per il successo del laboratorio. Le amministrazioni cittadine e provinciali hanno sostenuto fermamente il progetto, fornendo risorse finanziarie e logistiche e riconoscendo al contempo la necessità di un profondo cambiamento culturale. La partecipazione della Direzione Generale Antimafia e delle altre forze dell'ordine alle attività del laboratorio è la dimostrazione tangibile che la lotta alla mafia non si limita ad azioni repressive, ma deve essere accompagnata da una vera e propria rivoluzione culturale.
Nel corso degli anni, il Laboratorio della Legalità di Corleone è diventato un simbolo di cambiamento, anche nei luoghi in cui la mafia è profondamente radicata. La sua missione è diffondere speranza, educare i giovani al concetto di giustizia e fornire loro gli strumenti per combattere i comportamenti illegali. Un tempo sinonimo di criminalità, Corleone è diventata un esempio concreto di come la Sicilia e l'Italia intera possano sfuggire alla lunga ombra della mafia e costruire un futuro basato sulla legalità, la trasparenza e la giustizia sociale. Questo laboratorio, insieme a tutte le organizzazioni che lottano contro la mafia, rappresenta un'occasione concreta di riscatto, dimostrando che non è mai troppo tardi per fare le scelte giuste.
Un viaggio nella memoria:
la visita al CIDMA di Corleone
Cavalaglio, Squarta, Malfagia. Torzuoli
Durante l’attività del Campo Scuola che quest’anno si è svolta in Sicilia, abbiamo avuto l’occasione di visitare Palermo, città ricca di storia, arte e cultura, ma anche profondamente segnata dalle ferite lasciate dalla mafia. Il nostro percorso ci ha portato poi nel cuore di uno dei luoghi simbolo di questa lotta: Corleone.
Corleone, piccolo paese immerso nelle colline siciliane, è famoso per essere stato per decenni la fortezza di alcuni dei più spietati boss mafiosi della storia italiana. Qui abbiamo visitato il CIDMA (Centro Internazionale di Documentazione sulla Mafia e del Movimento Antimafia), un museo unico nel suo genere che racconta in modo chiaro e toccante la storia della mafia e della battaglia per sconfiggerla.
All'interno del CIDMA sono custoditi documenti autentici, fotografie, atti giudiziari e testimonianze dirette che ripercorrono la storia della criminalità organizzata siciliana. Abbiamo potuto osservare da vicino le carte originali del famoso Maxiprocesso istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino contro più di 400 mafiosi.
All’entrata abbiamo potuto osservare un murales che raffigura 3 personaggi antimafia molto importanti: Berdardino Verro, che voleva far rispettare i diritti dei contadini e che fu ucciso con 11 colpi di pistola nel 1915, Placido Rizzotto che nel 1948 fu torturato, fatto a pezzi e buttato inuna foiba, del quale omicidio fu fatta chiarezza solamente nel 2009 grazie al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il terzo personaggio raffigurato nel murales era un ragazzo che fu ucciso nel 3 settembre del 1982 crivellato con colpi di arma da fuoco.
Nella stessa stanza possiamo osservare i volti di Giuseppe Morello e Vito Cascioferro cioè coloro che hanno portato la mafia siciliana in America e organizzano la mano nera. Un loro nemico fu Joe Petrosino, un poliziotto che venne ucciso il 12 marzo del 1909.
All’interno del CIDMA possiamo osservare le foto di Letizia Battaglia, una fotografa che ha documentato, con il suo realistico obiettivo, la mafia degli anni ‘70-’80; le sue fotografie raffigurano bambini delinquenti e una società indifferente alle vittime di mafia.
Nel percorso del museo abbiamo conosciuto le figure di boss come Salvatore "Totò" Riina, soprannominato "la Belva" per la sua ferocia che é ritenuto il mafioso più potente, pericoloso e sanguinario di tutti i tempi che da Corleone riuscì a scalare le gerarchie mafiose fino a diventare il capo di Cosa Nostra. Riina fu responsabile di numerosissimi omicidi fino ad arrivare ad avere 27 ergastoli e fu ritenuto mandante della strage di Capaci in cui persero la vita Falcone, sua moglie e la scorta. Come esecutore o mandante insieme ad altri, gli sono stati attribuiti la strage di via D'Amelio, la strage di Via dei Georgofili a Firenze, gli omicidi di Emanuele Basile, Vincenzo Puccio e moltissimi altri.
Fu arrestato il 15 gennaio 1993 alle 8.30 nei pressi della rotonda di via Leonardo da Vinci nella circonvallazione di Palermo. Morì all'ospedale di Parma in stato di detenzione il 17 Novembre 2017.
Un altro nome che ha segnato la storia recente è quello di Matteo Messina Denaro, considerato l’ultimo grande boss mafioso, arrestato solo nel 2023 dopo una lunga latitanza e dopo aver preso il controllo di molte attività illecite in Sicilia e non solo.
Aveva preso le redini di cosa nostra dopo l'arresto di Bernardo Provenzano da cui aveva ereditato i metodi di gestione, i segreti e l'immenso patrimonio economico ancora tutto da scoprire. Le indagini tuttora mettono in evidenza le complicità politiche ed istituzionali di cui ha goduto il boss arrestato. Portato, subito dopo l’arresto, nel carcere di massima sicurezza dell'Aquila e fu sottoposto al regime del 41 bis (che è un regime di detenzione speciale previsto dall’ordinamento penitenziario italiano, che di applica a detenuti ritenuti pericolosi).
Oltre a Riina e Messina Denaro, il CIDMA ricorda anche altre figure come Bernardo Provenzano, soprannominato "Binnu u tratturi" (Bernardo il trattore) in riferimento alla sua violenza omicida.
Inizialmente, come alleato di Riina, ha partecipato agli stessi delitti per cui è stato condannato il suo capo, collezionando numerosi ergastoli. Poi, dopo l'arresto di Riina, ha guidato Cosa Nostra nella delicata fase del "dopo-stragi", dimostrando capacità tattiche, che in qualche modo smentiscono la fama di persona rozza e ignorante. Arrestato l'11 aprile 2006 in un casolare a Corleone morì all’ospedale di Milano in stato di detenzione il 13 luglio 2016.
Questa visita non è stata solo un tuffo nella storia, ma anche una lezione di impegno civile. Corleone oggi non è più solo simbolo di mafia, ma anche di rinascita e resistenza, grazie al lavoro di chi lotta ogni giorno per un futuro libero e giusto.
Visitare il CIDMA ci ha fatto capire quanto sia importante non dimenticare e mantenere viva la memoria delle vittime innocenti e dei magistrati, poliziotti, giornalisti e semplici cittadini che hanno sacrificato la propria vita per sconfiggere la mafia.