Novembre - 2024 - numero 10
dalla "Costituzione della Repubblica Italiana"
Art. 11.
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Giorgia Testasecca 4AS
Le Notti Bianche di F. Dostoevskij
“Biografia di un sognatore”
di Isabella Mechelli, 3 BL
“Era una notte incantevole, una di quelle notti che succedono solo se si è giovani”
Così si apre uno dei racconti più celebri di Fedor Dostoevskij, “Le notti bianche”, pubblicato per la prima volta nel 1848.
L’autore nasce a Mosca nel 1821, e si spegne a San Pietroburgo, città dove è ambientato il breve romanzo, nel 1881.
Il protagonista è un tipico “sognatore romantico”, che trascorre i suoi giorni in balìa di sogni e illusioni, estraniandosi da qualsiasi tipo di rapporto umano; tuttavia, una notte, si imbatte in una giovane donna, che attraverso il suo turbamento, attraverso il suo pianto, in principio risveglia in lui una profonda compassione, che verrà quasi immediatamente rimpiazzata da un altro sentimento, ben più forte e ben più terribile, che lo costringerà ad abbandonare il suo “regno delle fantasticherie”, e ad aprirsi all’avventura della vita: l’amore.
Quando però lei gli confida di amare un altro, l’illusione del giovane viene bruscamente ricacciata all’interno del mondo del sogno, donatore di felicità e sofferenza..
Le notti passano, e pur di trascorrere anche solo poche ore al fianco di Nasten’ka, il nostro tormentato amico si offre di aiutarla a ricongiungersi con l’uomo che ama tanto profondamente da aspettarlo ormai da un anno, senza aver mai ricevuto sue notizie se non quella del suo ritorno a San Pietroburgo pochi giorni prima. Questa speranza, tuttavia, si trasforma in rabbia quando la ragazza, a causa dell’ostinato silenzio da parte dell’uomo amato, si sente abbandonata; quando sente che il suo cuore viene così spudoratamente deriso e rifiutato dall’unica persona a cui vorrebbe così disperatamente donarlo. È questo il momento in cui l' eroe del romanzo raccoglie tutto il suo coraggio, e le confessa ciò che realmente prova. E se in un primo momento lei gli promette un futuro insieme colmo d’amore, non esita ad abbandonarlo nel momento stesso in cui, poco tempo dopo, si ripresenta il suo amante.
Lo stile di Dostoevskij comprende periodi complessi e un lessico ricercato. In particolare, nell’opera in questione prevalgono le riflessioni del protagonista, intrise del suo dolore, della sua confusione; l’autore è infatti noto per essere un esponente dell’esistenzialismo: nelle sue opere traspare tutta la sua volontà di esplorare la realtà umana fino ai suoi confini più estremi.
E proprio a causa di questa volontà di Dostoevskij di mettere a nudo ogni singola sfaccettatura dell’essere umano, appena chiudiamo il libro siamo sommersi da sentimenti contrastanti: è giusto condannare Nasten’ka per la sua sconsideratezza e per la sua mancanza di giudizio? O sarebbe invece meglio etichettare il giovane protagonista come un ingenuo che cede troppo facilmente alle sue illusioni?
Esiste una reale risposta a queste domande?
Chiunque abbia conosciuto l’amore, o meglio, l’Amore, non può non riconoscersi nelle parole del giovane: “No, no, io non sono colpevole, Nasten’ka; lo sento, perché il mio cuore mi dà ragione, perché io non vi posso offendere, non vi posso umiliare in nessun modo. Ero il vostro amico, e anche ora lo sono. Non sono cambiato. Mi scorrono le lacrime, Nasten’ka. Lasciate che scorrano, lasciate che pianga, esse non disturbano nessuno. Si asciugheranno, Nasten’ka…[...] io vi amerei in modo tale che anche se voi lo amaste ancora e continuaste ad amare colui che io non conosco, il mio amore non vi peserebbe affatto. Voi percepireste solo , voi sentireste in ogni attimo che accanto a voi batte un cuore grato, molto grato, ardente, che per voi… Oh, Nasten’ka, Nasten’ka, che cosa avete fatto di me!...”
Ma, d’altro canto, come non sentire il dolore di Nasten’ka nel non essere in grado di ricambiare un amore tanto puro? Come non condividerlo?
“Perché lui e non voi? Perché lui non è come voi? Egli è peggio di voi, eppure io l’amo di più” [...] “Ma forse io lo stimo troppo, ed è in questo la nostra diversità?” “No, Nasten’ka, no,” risposi “significa che voi l’amate più di ogni altra cosa al mondo, e molto più di voi stessa.”
Ed è questo che fa Dostoevskij: ci pone davanti due modi completamente diversi di vedere la stessa cosa: l’amore. Un amore così forte, così autentico, da dare origine alla propria abnegazione in favore della felicità dell’altro. Chi, come il nostro protagonista, non ha sentito il proprio cuore soffocare davanti alla consapevolezza di essere obbligati a vivere il proprio sentimento solo da lontano?
Ma è anche un amore ingenuo, pronto a dimenticare e a perdonare i silenzi, le mancanze, le attese, i dolori e le angosce causate; e tutto senza battere ciglio, senza pensarci due volte: “[...] non tradirò il mio cuore: esso è troppo costante. Ieri è tornato così in fretta a colui al quale già apparteneva.”
Questo libro ci insegna che ci è concesso innamorarci della persona sbagliata, che l’amore fa parte della vita, che inevitabilmente ci segna, e che indipendentemente dal modo in cui lo fa, per quel breve attimo che sembra durare per sempre, ci riempie l’anima.
“Che il tuo cielo sia sereno, che il tuo sorriso sia luminoso e calmo! Sii benedetta per quell’attimo di beatitudine e di felicità che hai donato a un altro cuore, solo, riconoscente! Dio mio! Un minuto intero di beatitudine! È forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?...”
Così termina uno dei racconti più celebri di Fedor Dostoevskij, “Le notti bianche”.
Sul tappeto rosso col Giordano Bruno!!
testo di Megan Qeraj, Collezione proposta dalla 4 AM Sistema Moda
Vi presentiamo le collezioni haute couture della classe 4AM ispirate alla Mostra del Cinema di Venezia.
Le collezioni sono composte da un moodboard (concept della collezione) una cartella
colori e una materiali e tre proposte di outfit. Gli abiti da red carpet proposti sono molto eleganti, vistosi, progettati con materiali di alta qualità e ricchi di dettagli.
Vi mostreremo le collezioni migliori di questo mese
Di seguito le belle parole fatte di emozioni e di coraggio di un/una nostro/a alunno/a che ha scelto di condividere questo difficile percorso affinché sia di supporto per tutt* coloro che si trovano in questa situazione.
Cari ragazzi/e,
queste parole sono dedicate a tutt* quell* che ad oggi non riescono a credere in se stess*,che non riescono ad affrontare il cibo con tranquillità poiché lo vedono come un mostro: potrà sembrare un tunnel senza fine ma non è così!
Fidatevi di chi vi tende la mano, ma soprattutto iniziate ad amarvi per quello che siete, perché nella vita non si può avere tutto sotto controllo e non si può raggiungere la perfezione. che non esiste per stare bene con se stessi.
Spero che le parole di questo mio scritto riescano a farvi sentire meno sol*, perché so che quando ci si trova all'interno di un disturbo del comportamento alimentare (DCA), spesso non ci si sente capiti dalle persone che ci circondano.
Si provano moltissime emozioni e sensazioni, a volte difficili da descrivere. Si tende a seguire una cosa che non esiste, la perfezione.
Questa perfezione però può portare alla distruzione di se stessi.
Le conseguenze delle nostre emozioni e del nostro perfezionismo, in questo caso, si ripercuotono su altri fattori come il cibo e il corpo.
Si entra in un tunnel che all'inizio sembra talmente oscuro che ci fa sentire ancora più spenti, ma ricordatevi che se ne può uscire: si può ricominciare a rivedere la luce che si vedeva prima.
SI PUO' GUARIRE!
si può tornare a sorridere, a stare bene con se stessi e con gli altri e tornare a mangiare con il sorriso e la spensieratezza di un tempo.
COMBATTERE
Mi sentivo morire dentro e nessuno se ne accorgeva.
Passavano i giorni e mi sentivo sempre più insoddisfatt* di me stess*.
I miei occhi si stavano spegnendo.
La mia mente non ragionava più.
Pensavo di non farcela...
Toglievo gli alimenti che mi facevano più paura, pesavo ogni minima cosa e seguivo diete prese da diversi siti internet.
Ero piccol*, avevo appena tredici anni, eppure non apprezzavo il mio corpo. Mi vedevo enorme.
Ricordo che stavo preparando una semplice insalata quando ho iniziato a rendermi conto che non riuscivo neanche a mettere un po' di sale all'interno di quel piatto. Delle vocine assordanti e dei sensi di colpa nella mia mente iniziavano a farsi sentire.
Pasta e pane erano diventati i miei nemici.
Il tempo passava ed io stavo entrando in un tunnel, buio, oscuro, senza via d'uscita.
Ci camminavo dentro e non mi rendevo conto neanche che strada stavo prendendo.
Il periodo in cui mi sentivo forte e indistruttibile se ne stava andando.
Contavo le calorie di ogni alimento, fino a impararle a memoria, camminavo in casa come un/una matt* perché la mia testa mi diceva che dovevo bruciare tutto quello che avevo assunto.
Installavo applicazioni che contavano tutto ciò che mangiavo e la sera piangevo perché nella giornata risultava che avevo assunto più calorie di quelle che mi diceva l'applicazione del mio telefono.
I giorni passavano, e nel frattempo ero stat* già da vari medici per cercare di seguire un piano alimentare corretto e stare meglio psicologicamente, ma continuavo a fare di testa mia, nonostante il loro aiuto. Sentivo che qualcosa non stava andando. Sì, mi aiutavano, ma non era l'aiuto che mi serviva.
I miei occhi si stavano spegnendo, ma il mio sorriso no, quello mai. Perché gli altri non dovevano sapere quello che stavo passando. Non volevo far notare la mia sofferenza, l'importante per me era essere perfett* di fronte a tutti.
Finché alla fine della terza media, mi sono chius* completamente in me stess*: non uscivo più con nessuno, non andavo a scuola, o se ci andavo mi facevo venire a riprendere perché non mi reggevo più in piedi.
Passavo le giornate chius* in camera a piangere, e soprattutto pensavo che non ce l'avrei fatta: che quell* che er* prima non sarebbe più tornat*.
Nel frattempo mi trovavo in lista di attesa per entrare in un centro di disturbi alimentari, a Todi.
Prima di entrare in questo centro però sono stat* ricoverat* in ospedale per un ricovero salvavita, ed è lì che ho capito che stava tutto nelle mie mani che, nonostante avessi accanto a me le persone più importanti della mia vita, stava a me reagire e iniziare a combattere contro questo mostro che ormai faceva parte della mia vita. Ero appes* a un filo tra la vita e la morte.
Ho chiesto aiuto. Mi sono fidat* dei medici, ma non da un giorno all'altro, con il tempo.
Piano piano ho ricominciato a riassaporare la vita, a capirne il suo valore.
Ho avuto ricadute, è normale, ma è da lì che mi sono rialzat*.
Ho illuminato quel tunnel buio, oscuro, e non è importante il tempo che ci ho messo. Ciò che importa è che ad oggi so che persona sono e so quanto posso esigere dal/dalla piccol* me che ho trascurato e rifiutato fino allo sfinimento.
Abbiate il coraggio di chiedere aiuto.
Abbiate la forza di reagire.
Abbiate cura di voi stess*, perché la vita è una sola e va vissuta al massimo. Apprezzatevi per quello che siete perché ogni persona è bella a modo suo.
Sognate, amatevi e combattete per riavere la spensieratezza che avevate prima, perché si può tornare a stare con gli altri in serenità, mangiare il vostro piatto preferito senza sensi di colpa e, soprattutto, si può tornare ad AMARSI!
to be continued
“L’età fragile” di Donatella di Pietrantonio
Incontro con l’autrice con l’autrice al Festival della Letteratura di Mantova
di Veronica Gubbiotti, 4 AS
L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio, racconta la storia di Lucia, una donna che 30 anni prima dall’inizio della narrazione è riuscita a sfuggire ad una tragedia che ha scosso lei, la sua famiglia e i suoi compaesani, e che ora si ritrova alle prese con una figlia problematica da aiutare.
Questo libro ha sicuramente del potenziale se parliamo della storia e delle tematiche che racconta, ma non conquista, come invece hanno fatto altri suoi romanzi, nonostante sia il vincitore del premio Strega.
A lasciare perplessi è certamente Laura, che risulta essere una donna vuota, che sembra non essere in grado di prendere una decisione propria o di imporsi come madre e come persona, alla fine però riuscirà a farlo sebbene un po’ in ritardo.
Il finale lascia un punto interrogativo sul destino dei personaggi e dei dubbi sulla risolvibilità dei loro problemi, raccontati nel corso della storia.
A migliorare la narrazione sono le parti legate alla disgrazia del Dente di Lupo, ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto sul monte Morrone. In queste parti il lettore rimane con il fiato sospeso, voglioso di scoprire la verità legata a questa atroce tragedia.
Se il libro delude non lo fa certo l’autrice.
Alcune componenti del Club del Libro del Giordano Bruno hanno partecipato al Festival della Letteratura di Mantova, dove hanno avuto modo, in uno degli incontri, di parlare di adolescenza con l’autrice del romanzo. Questo incontro ha visto coinvolte due autrici, la Di Pietrantonio e Fiore Manni, una ragazza divenuta idolo delle bambine, ormai cresciute, per il suo programma “Camilla Store”, a moderare l’incontro è stata la signora Simonetta Bitasi.
Il tono dell’incontro era scherzoso e adatto ai ragazzi, in contrasto con i racconti delle autrici e con la complessità dell’argomento trattato.
Qui si sono messi a confronto due tipi di adolescenza, una inesistente, quella non vissuta dalla Di Pietrantonio, l’altra, quella della Manni, difficile da affrontare a causa dell’autismo. La Di Pietrantonio ha parlato di come sia diventata adulta troppo in fretta, visto che ha iniziato a lavorare molto presto per aiutare la famiglia. Ha poi spiegato che questa mancanza di adolescenza e questa corsa sfrenata a diventare grandi e affermati nel lavoro prima o poi ti schianta contro la realtà e tutto ti crolla improvvisamente.
Nonostante la dura realtà di questa adolescenza mancata, l’autrice si mostra solare.
E quello che più conquista di lei è il suo essere consapevole dell’importanza dell’adolescenza vissuta in tutte le sue forme, infatti l’autrice si mostra polemica nei confronti degli adulti che criticano i ragazzi per come vivono le loro adolescenze o per il fatto che non sono felici nonostante tutto quello che hanno.
L’incontro ha aperto gli occhi sul fatto che anche se l’adolescenza è difficile da vivere fa parte della vita e la si guarda con occhi più sereni una volta diventati adulti.