La diaconia deve comunicare, parlare, raccontare. Perché? Non basta fare le cose, fare le cose giuste e farle bene?
L'autore dice "noi vi scriviamo... affinché la nostra allegrezza sia compiuta". Comunicare non serve solo a chi ascolta, ma anche a chi comunica; in questo caso gli consente di "completarsi", di realizzarsi, di portare a compimento quello che ha iniziato.
La diaconia, il servizio che compiamo con gli altri, caratterizzato per la sua concretezza, per il fare, per l'incontro con l'altro, trova la sua completezza solo nel momento in cui può essere raccontata. La narrabilità della diaconia è la prova della sua completezza: nel momento in cui riesco a trovare le parole per raccontare quello che è stato fatto e come è stato fatto, riesco ad attribuire un significato reale all'agire quotidiano. Narrare non significa mistificare la realtà, dar spazio al proprio narcisismo o, peggio, strumentalizzare il racconto per ottenere prestigio o donazioni, ma vuol dire saper collocare il nostro fare in un pensiero coerente, che sveli non solo i risultati, ma anche le debolezze del nostro agire e la nostra necessità permanente di incontrare gli altri. Narrare vuol dire anche esporsi al giudizio degli altri, alla loro valutazione; vuol dire mettersi all'ascolto delle reazioni ed essere disponibili a ripensare in modo critico a quello che abbiamo fatto. L'advocacy, la comunicazione e la testimonianza sono quindi una necessità per una diaconia pienamente realizzata.
Gianluca Barbanotti
Segretario Esecutivo Diaconia Valdese
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