16 novembre 2025
Il cellulare ha rivoluzionato il modo in cui i giovani costruiscono e comunicano la propria identità.
Questo articolo analizza come gli SMS diventino uno strumento fondamentale nei processi identitari adolescenziali, raccontando la complessità emotiva e relazionale di questa fase delicata della vita.
Il cellulare è, senza alcun dubbio, la tecnologia con la quale l’identità giovanile ha stabilito un legame preferenziale.
Diventare adulti senza passare attraverso le pratiche discorsive proprie del cellulare sta diventando un segno inaccettabile di inattualità socialmente stigmatizzabile.
Ecco perché può essere interessante controllare come si produce la trama discorsiva dei processi di costruzione dell’identità giovanile indagando la modalità specifica del “parlare cellulare”.
Le fasi di transizione sono psicologicamente perturbanti perché mettono alla prova la reciproca appartenenza tra le relazioni interpersonali (o, in genere, sociali) e le capacità simboliche.
E’ soprattutto nei momenti di passaggio della nostra vita che scopriamo quanto i legami siano produttivi di senso e insieme quanto le procedure di attivazione dei sistemi simbolici debbano la loro validità alle reti relazionali.
Il disagio di molti adolescenti scaturisce dalla necessità di ricostruire la loro identità, cioè quel sistema interpretativo, in gran parte ancora misterioso, in base al quale ognuno “sente” di potersi riconoscere in determinate azioni e percezioni, credenze ed emozioni.
L’ “identità” è il segno “=” che costantemente poniamo tra la storia cui apparteniamo (autobiografia) e le risorse culturali con cui noi investiamo di senso il mondo della nostra esperienza di vita (sensemaking).
Gli adolescenti possono trovare delle difficoltà più o meno grandi a stabilire il valore di tale uguaglianza, in quanto si trovano in un momento del ciclo della vita in cui ci si può sentire piuttosto disorientati sia nel rapporto con gli altri, che nel rapporto con se stessi.
I turbamenti dei giovani sono tanto più esasperati quanto più arduo è il percorso che li porta a ricongiungere la propria esperienza di vita con le proprie aspettative.
La tensione-torsione identitaria di cui i giovani sono sottoposti traspare nel loro modo di comunicare (verbalmente e non), spesso segnato dal tentativo paradossale di avvalersi sia della sicurezza dell’ancoraggio a ciò che è “familiare”, sia del fascino esercitato dall’ignoto.
Nello sperimentare nuovi modi di dire e di dirsi (SLANG), gli adolescenti compiono più o meno faticosamente un’opera di ricostruzione identitaria che mette in risalto aspetti della conoscenza e del sentimento di Sé che nell’età adulta tendono ad estinguersi, o comunque a rimanere sullo sfondo, cioè la natura discorsiva, mediata, dialogica, narrativa, molteplice, dinamica, situata e fluida dell’identità.
Per le sue caratteristiche, la comunicazione via SMS consente ai giovani, da una parte, di familiarizzare con la pluralità del loro Sé, cioè di mettere in scena le varie subpersonalità che essi ospitano nella vita quotidiana e, dall’altra parte, di solidarizzare e condividere con altri il loro smarrimento, procedendo a rinnovare costantemente i legami che danno senso alla loro vita.
Le principali ragioni che rendono attrattiva per giovani la pratica discorsiva del parlare cellulare sono l’autonomia e la privacy, a patto che collimino con la creatività e il coinvolgimento emozionale.
I testi degli SMS descrivono ciò che i giovani sentono confusamente di essere: Sé saturi di possibilità, bisogni di relazioni, avidi di emozioni, affascinati dal pensiero dell’Altro.
Negli SMS i giovani tendono a voler controllare tutta la gamma di ciò che possono fare con le parole (informare, sedurre, spettegolare…).
Una fitta rete di testi (e di squilli) guida la vita quotidiana dei ragazzi, per cui il ricorso al messaggino realizza una sorta di negoziazione continua della loro presenza sociale. Ma ciò che anima la scrittura SMS è la “funzione fàtica” del comunicare, ovvero l’interesse al contatto in quanto tale, quella specie di pulsione che ci induce a cercare di incontrare gli altri per il piacere di farlo.
Nella comunicazione fàtica, il valore dell’informazione scambiata è proiettato sullo sfondo, perché a ricevere salienza è la passione per la relazione e la cura della solidarietà.
La valenza fatica, inoltre, è estremizzata in un’altra abitudine invalsa negli adolescenti: quella dello SQUILLO.
Si chiama il cellulare dell’amico e poi si riattacca dopo il primo squillo. In questo modo resta comunque memorizzato nel cellulare del ricevente il numero del chiamante: segnale silente, ma inequivocabile, e gratuito, di un legame tra persone amiche, anche se lontane. Un grado zero della comunicazione, ma un modo di esprimere vicinanza affettiva molto significativo per i partecipanti a questo nuovo gioco comunicativo.
Nei loro messaggi, i giovani narrano le loro varie avventure, il fatto di essere attratti dalla voglia di cercarsi, di stringersi e di tenersi uniti nel grande teatro del mondo.
Dalla confusa marea di significati attribuiti agli scenari degli SMS, emerge l’importanza dell’intenzione giovanile di marcare la valorizzazione affettiva della propria esperienza del mondo.
Gli adolescenti sono attratti dai messaggini perché tendono a interpretare tale risorsa comunicativa come una possente cassa di risonanza per il comune bisogno di vivere le emozioni in condizioni di condivisione sociale.
Del resto, quando sono coinvolte in un episodio emozionale, tutte le persone tendono a condividere il senso di appagamento e felicità con gli altri.
Tale condivisione sociale riguarda sia le emozioni positive che quelle negative e si realizza tanto al livello di una partecipazione immediata di ciò che uno ha provato, quanto al livello di ricostruzione mediata di ciò che uno ha provato.
I testi degli SMS confermano che l’identità del Sé giovanile presenta una chiara peculiarità affettiva.
La dinamica del continuo “chiamarsi” e “massaggiarsi” tra i ragazzi evidenzia quanto lo scenario spazio-temporale che inquadra il loro vissuto sia pervaso da una ricca sgranatura di valorizzazioni emozionali.
Oltre ad essere una formidabile protesi cognitiva, che consente agli adolescenti di attribuirsi un’identità cyborg, tesa a padroneggiare meglio lo spazio e il tempo, il cellulare è dunque anche una protesi relazionale carica di emotività.
Ogni messaggino ha la valenza di riunire insieme due esperienze di vita momentaneamente separate.
C’è corrispondenza tra la condizione attuale del modo di essere adolescenti, appagati ma inquieti, e il “dire esclamativo” degli SMS: una scrittura dal fiato corto, ma capace di rendere il rapido fluire delle situazioni.
I soggetti sembrano interessati ad “enunciare” per un attimo i propri stati d’animo per vederli poi velocemente trasmutare. Infatti l’identità giovanile che i messaggini ci consentono di ricostruire, ha i tratti della pluralità e della sinestesia, della mobilità e dell’incertezza.
I ragazzi si rimbalzano reciprocamente una percezione di Sé come sospesi o distribuiti tra le pressioni sociali alla coerenza e le tendenze interiori a procrastinare la responsabilità. Naturalmente, tale immagine attribuisce alla condizione adolescenziale il ruolo di metafora per qual modo d’essere ricorrente della psiche di tutti, caratterizzato dall’inquietudine di ciò che non si può dire, dall’incerta irrequietezza di una pulsione a dire diversamente, ovvero da quel fragilissimo equilibrio tra ansia e libertà espressiva che ci riguarda tutti.
Nonostante tutti i dubbi che può suscitare questo genere di innovazione, bisogna necessariamente riconoscergli il grande merito di aver aiutato i giovani a sentirsi meno soli, superando così, seppur in maniera discutibile, la loro fase di distacco e isolamento tipica dell’età adolescenziale.
1. Gestisci il tempo, non farti gestire
Ricordiamoci che siamo noi a decidere quanto tempo dare al telefono, non il contrario.
Usiamolo con misura, impariamo a staccare, a mettere limiti e a goderci anche il mondo reale.
2. Disconnettersi fa bene
Non c’è nulla di male a restare offline per un po’. Anzi, è salutare.
Proviamo a lasciare il telefono lontano prima di dormire, durante i pasti o mentre siamo con gli amici. La mente si rigenera solo quando si riposa anche digitalmente.
3. Comunicare, non isolarsi
Il cellulare deve avvicinare, non allontanare.
Non sostituiamo un abbraccio con un messaggio.
Parliamo, incontriamoci, guardiamoci negli occhi: sono cose che nessuna app potrà mai replicare.
4. Pensiamo prima di condividere
Ogni parola, foto o video che pubblichiamo lascia una traccia.
Prima di inviare, chiediamoci: è vero? è rispettoso? serve davvero? Se la risposta è no, meglio fermarsi.
5. Proteggi la tua privacy
Non condividere tutto.
I tuoi dati personali, i tuoi spostamenti, le tue foto… sono la tua identità digitale. Difendila con la stessa cura con cui difenderesti la tua casa.
6. Attenzione alle emozioni
Se notiamo che il telefono ci crea ansia, rabbia o ci distrae troppo, fermiamoci. Non c’è nulla di sbagliato nel prendersi una pausa.
La tecnologia deve servire a stare meglio, non a sentirsi peggio.
7. Dai il buon esempio
Gli adulti, i genitori e gli insegnanti devono essere i primi a dare l’esempio: niente telefono mentre si parla con i ragazzi o durante i momenti insieme. L’educazione digitale passa prima di tutto dai comportamenti.
8. Usa il telefono per crescere
Il cellulare non è solo social o svago.
Può diventare un grande alleato per imparare, informarsi, scoprire il mondo.
Usiamolo per migliorare noi stessi, non solo per passare il tempo.
9. Ricorda: lo smartphone è un mezzo, non un fine
È uno strumento, non un prolungamento della mano. Noi dobbiamo comandarlo, non esserne comandati.
La vera connessione è quella che abbiamo con le persone, non con lo schermo.