Hippeis è un termine del greco antico che significa "Cavalieri". Ogni membro di questa classe sociale era denominao hippeus, ossia "cavaliere"; pertanto era formata da uomini a cavallo a servizio della polis in caso di guerra. L'immagine ritrae la raffigurazione di un hippeus all'interno di una kylix laconica.
Gli eteri erano il seguito nobiliare del sovrano macedone, con funzioni prevalentemente di tipo militare. Il termine in origine designava l'insieme dei baroni e piccoli sovrani locali che governavano le zone montuose dell'antico Regno di Macedonia. Nella Macedonia governata da Filippo II gli herairoi vennero radunati in una forza armata permanente di cavalleria pesante dell'esercito macedone. Armi d'elezione del cavaliere etero erano una lunga lancia in legno di corniolo, lo xiston, con cui scompaginare lo schieramento nemico, e la spada monofilare nota come makhaira. I cavalli degli hetairoi, allevati nei vasti pascoli direttamente controllati dagli hetairoi stessi, erano di una razza mista, incrociata con gli animali razziati in Tessaglia.
Nell’antica Grecia, la mitologia ha assegnato al cavallo un ruolo centrale: basti pensare a Pegaso, il cavallo alato, agli ippocampi di Poseidone, per metà cavalli e per metà pesci, alle sfide con i carri e le bighe, ai cavalli che accompagnano le avventure degli eroi, ai cavalli doni degli dei, e al cavallo più noto della storia, anche se non reale, il cavallo di Troia. Le storie e i giochi equestri con i cavalli primi attori sono ricordati su vasi, crateri, anfore, bassorilievi in pietra, monete.
È stato uno dei più importanti pittori e scultori italiani del novecento. Viene considerato il più autorevole esponente del Futurismo, per quanto riguarda le arti visive. Si avvicina alla pittura a vent'anni, successivamente intraprende un viaggio attraverso l'Europa, per conoscere le avanguardie artistiche. Si avvicina all'arte simbolista e conosce Filippo Tommaso Marinetti e Carlo Carrà, coi quali darà vita al Futurismo grazie al Manifesto dei pittori futuristi. A Boccioni è attribuita la paternità del "dinamismo plastico", tecnica basata sulla rappresentazione della simultaneità del movimento nelle arti figurative.
Vasilij Vasil’evič Kandinskij è stato uno dei più importanti artisti nella storia dell’arte europea. È considerato il padre della pittura astratta, corrente che ha cambiato per sempre la concezione delle arti figurative. Col termine “astrattismo” si indica l’avanguardia artistica, affermatasi in Europa all’inizio del Novecento, che rifiuta il realismo a favore della creazione di forme che non rappresentano la realtà in modo oggettivo. Le opere di arte astratta non mostrano ciò che l’artista vede con gli occhi ma, attraverso figure geometriche, colori e linee, puntano a trasmettere un’emozione, una particolare percezione o uno stato d’animo.
Quest'opera fa parte della fase impressionista di Kandinskij ed è carica di simbolismo. Un cavaliere avanza al galoppo in primo piano traversando una collina verde, indossa un mantello di colore blu molto brillante mentre il manto del cavallo è di colore bianco, entrambi i colori esprimono purezza dell'animo e dello spirito. Inoltre il colore azzurro ha radici nella cristianità, poichè il mantello della vergine veniva rappresentato attraverso il colore blu. Sopra la collina crescono alberi dal fogliame autunnale, dietro essi si nota una linea blu di colline ed il cielo azzurro attraversato da nuvolette bianche. Il soggetto del dipinto si può ricollegare al mito di San Giorgio, alla tradizione russa e del medioevo tedesco. Infatti in queste culture sopravviveva il mito del cavaliere che combatte il male affrontando prove pericolose. Questa figura eroica rappresentava così il simbolo della lotta fra bene e male.
L'opera è stata realizzata nel 1912 da Umberto Boccioni. Rappresenta un uomo che cavalca con grande velocità in un paesaggio industriale. Un cavallo che lungi dall'essere l'eco dei valori della tradizione cavalleresca diventa qui il simbolo della rapidità, velocità, dinamicità, ovvero delle parole cardine e chiave della poetica del futurismo. Le forme si espandono, ci sono vortici di linee, gli oggetti si sdoppiano e si moltiplicano. Boccioni affermava che "non esiste nulla di immobile nella nostra moderna intuizione della vita". Soggetto e paesaggio si fondono, non è semplice distinguere cavallo, cavaliere e le architetture industriali sullo sfondo; frammenti dell'uno scivolano nell'altro e viceversa. Sullo sfondo predominano gli elementi artificiali che ribadiscono l'entusiasmo per la modernità e lo sviluppo industriale, propri del futurismo. I futuristi erano a conoscenza della sperimentazione dei cubisti e del loro modo di scomporre la materia, ma nonostante ciò Boccioni non vuole interpretare la realtà ma si interessa piuttosto ad una ricerca emotiva.
Nell'opera Kandinskij affronta il tema del viaggio, del cavaliere e del cavallo. Il quadro racconta un viaggio. Un viaggio vero che fa Kandinskij a vologda, una città in russia nel 1889 ma anche un viaggio metaforico nella visione artistica e pittorica dell’artista verso l’astrattismo. Il tema del cavallo e cavaliere attraversa l’intero percorso artistico di Kandinskij, accumulò una grande quantità d’immagini legate alle fiabe russe e tedesche ascoltate nell’infanzia, agli eroi delle leggende russe. Il primo fra tutti i santi è san Giorgio, patrono di Mosca, il santo guerriero che, da cavallo, trafigge il drago. La figura del cavaliere inoltre assume un doppio significato, non rilegandosi solo nella figura dell’eroe romantico: essa diventa simbolo della missione dell’artista, una lotta contro le convenzioni artistiche per far valere la libertà dell’arte astratta.
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