Articolo di Arianna Tunisino e Laura Selini - 10 marzo 2025 Tempo di lettura - 5 min
Il giorno 8 marzo, per celebrare la giornata Internazionale della Donna, la scuola ha organizzato una conferenza, invitando i ragazzi a riflettere e conoscere il percorso di emancipazione femminile avvenuto nel clima di rivoluzione degli anni '70 in Italia. Sono state invitate a intervenire sull'argomento Silvana Agazzi, Responsabile Servizi Educativi, Referente Scuole, Museo delle Storie di Bergamo, Marzia Marchesi, assessora alla pace e alle pari opportunità del Comune di Bergamo e Annalisa Zaccarelli, membro di Clio '92 e associazioni insegnanti e ricercatori per la didattica della Storia. L'incontro, moderato dalle prof.sse Anna Maria Bellifemine e Caterina Samà, si articola in un primo momento dedicato alla storia del femminismo in Italia durante il 20esimo secolo e una presentazione di documenti ritrovati in seguito a un'accurata ricerca nell'archivio scolastico. L'incontro si chiude con un momento musicale proposto dalla prof.ssa Anna Zaccaro e il prof. Maurizio Bonin.
Gli anni Settanta rappresentano un decennio di svolta per la condizione femminile, segnando una fase di profonde trasformazioni nella società italiana e a livello globale. In un contesto ancora fortemente patriarcale, le donne iniziarono a rivendicare con forza il diritto all’autodeterminazione, all’uguaglianza e alla libertà personale, ponendo le basi per una nuova coscienza civile e collettiva.
In Italia, le conquiste legislative di quel periodo furono il frutto di un’intensa mobilitazione sociale. Uno dei primi grandi successi del movimento femminista e progressista fu la legge sul divorzio, approvata nel 1970. Nonostante la ancora presente opposizione dei conservatori, la volontà della maggioranza di mantenere questo diritto venne confermata dal referendum del 1974, dimostrando una crescente apertura culturale.
Un'altra pietra miliare fu la legge 194 del 1978, che legalizzò l'interruzione volontaria di gravidanza. Essa riconosceva finalmente alla donna il diritto di scegliere liberamente in merito alla maternità, ponendo fine a decenni di aborti clandestini, spesso praticati in condizioni disumane. La conquista di questa legge fu resa possibile grazie all’impegno di associazioni femminili, sindacati e partiti progressisti, che si batterono per la tutela della salute e della dignità delle donne.
Ma gli anni ’70 non furono solo anni di riforme legislative: furono anche un periodo di risveglio culturale. Le donne cominciarono a prendere parola nello spazio pubblico, nelle università, nei luoghi di lavoro, nella politica. Nacquero collettivi femministi, giornali indipendenti, centri antiviolenza. Il femminismo non si limitava a chiedere parità giuridica, ma proponeva un cambiamento radicale della cultura dominante, denunciando la violenza domestica, gli stereotipi di genere e la discriminazione strutturale.
Nonostante i passi avanti, le donne continuavano a vivere una realtà contraddittoria: se da un lato crescevano le opportunità di accesso all’istruzione e al lavoro, dall’altro la parità effettiva era ancora lontana, soprattutto in termini di retribuzioni, carriere e riconoscimento sociale.
In conclusione, gli anni ’70 furono un decennio cruciale per l’emancipazione femminile. Grazie alla determinazione di tante donne, note e meno note, si aprì la strada a un cambiamento profondo e irreversibile. Studiare quel periodo oggi significa comprendere le radici delle libertà che diamo per scontate, e ricordare che la parità di genere è un processo ancora in divenire, che richiede impegno, memoria e consapevolezza.
Oggi: un’eredità viva, ma ancora da completare
A distanza di oltre cinquant’anni, molte delle conquiste delle donne degli anni ’70 sono diventate parte integrante del nostro ordinamento e della nostra cultura. Tuttavia, la piena parità tra i sessi è ancora lontana. Persistono differenze salariali, ostacoli all’accesso a posizioni di potere, difficoltà nel conciliare vita lavorativa e familiare. La violenza di genere continua a essere una piaga drammatica, come dimostrano i numerosi femminicidi che si verificano ogni anno, anche in Italia.
Nel mondo del lavoro, le donne sono ancora spesso penalizzate da contratti precari o da carriere più lente rispetto ai colleghi uomini. Nella politica e nei ruoli dirigenziali, la presenza femminile è ancora insufficiente, nonostante le tante figure di valore che dimostrano ogni giorno le proprie capacità.
In questo contesto, lo studio e la memoria del femminismo degli anni ’70 non sono solo un esercizio storico, ma una bussola per orientarsi nel presente. Ricordare quelle lotte significa capire che i diritti possono essere conquistati, ma anche messi in discussione. Significa anche riconoscere il valore della partecipazione civica e della solidarietà tra le generazioni.
Oggi spetta ai giovani – donne e uomini – portare avanti quella battaglia, rifiutando gli stereotipi e promuovendo una cultura del rispetto, della libertà e della giustizia sociale. Perché una società davvero democratica non può esistere senza l’uguaglianza di genere.
Le foto presentate agli studenti, ritrovate in seguito a una ricerca nell'archivio d'istituto rappresentano perfettamente come il mondo della scuola è cambiato nel giro di 40 anni.
Le foto degli anni '30 presentano classi divise tra maschi e femmine indossano tutti abbigliamento molto elegante con giacca e cravatta per gli uomini e grembiule per le donne. In questo periodo anche i corridoi erano divisi tra maschi e femmine.
Nelle foto degli anni '70 gli studenti indossano abbigliamento molto più casual e sono ripresi durante le contestazioni studentesche al seguito delle quli venne approvato lo Statuto degli studenti nell'anno 1970-1971.
FOTO DI CLASSE NELL'ATRIO
ANNI 1925-1930
Dietro si nota che ancora non era stata costruita l'ala Nord che verrà costruita poi nel 1936
Troviamo in primo piano la prof di inglese Anna Maria Bocchino e in alto a sinistra il preside Felice Pigozzo
La prof. Bocchino (in primo piano) fu la prima a introdurre nella scuola le lettrici (nostri madrelingua) e borse di studio per fare scambi scolastici in Inghilterra.
Per il suo impegno, alla prof. è stato intitolato il laboratorio linguistico