Articolo di Tommaso Gasparini Tempo di lettura - 2 min
Sorge il sole, e con esso l’instancabile eroe dei nostri tempi: l’imprenditore povero, di spirito . Lo si può ammirare nel suo habitat naturale, un ufficio in vetro e cemento dove troneggia su una poltrona di pelle (rigorosamente non sintetica, ché il vero lusso non si piega a certe mode “eco-friendly”).
Con fare magnanimo, egli accende le luci del suo regno ben prima che il primo raggio di sole abbia il tempo di riscaldare la Terra: perché mai fidarsi della luce naturale, volubile e gratuita, quando il caro vecchio neon garantisce un’illuminazione costante e dispendiosa? Il caffè fumante arriva in un bicchierino di plastica monouso, che, con gesto solenne, verrà gettato nel cestino - sbagliato – ché la raccolta differenziata è un passatempo per sognatori.
L’operoso magnate si accinge poi a firmare l’ennesimo progetto “innovativo”: una nuova fabbrica sorgerà dove un tempo esisteva un bosco. Il verde, si sa, è piacevole a vedersi, ma molto più redditizio quando convertito in colate di cemento e distese di asfalto. L’aria sarà densa di opportunità (e di qualche fumo sospetto), ma pazienza! D’altronde, se il progresso avesse odore di lavanda, qualcuno se ne sarebbe già accorto.
Ed ecco l’ora del pranzo: un pasto abbondante servito su vassoi usa e getta, condito con l’immancabile bottiglietta d’acqua che, dopo un sorso distratto, finirà in mare, a fare compagnia a quelle simpatiche tartarughe che tanto appassionano gli ambientalisti.
Il pomeriggio scorre tra telefonate e proclami di responsabilità sociale, mentre il suo SUV, acceso e al minimo nel parcheggio, contribuisce silenziosamente alla sua personale nube tossica. Qualcuno gli si parla di “transizione ecologica”, e lui sorride: l’unica transizione che gli interessa è quella sul suo conto in banca.
La giornata volge al termine. Il nostro imprenditore contempla il tramonto, oscurato da una patina di smog che conferisce al cielo sfumature artistiche, quasi romantiche. Si dice soddisfatto: anche oggi ha fatto la sua parte per il futuro.
Che futuro, poi, poco importa.