Giochi matematici del Mediterraneo 2023

Logica, intuizione e fantasia è lo slogan che identifica e rende unici i Campionati internazionali di Giochi Matematici. 

Continua a leggere


Questi, infatti, sono sì delle gare matematiche ma, a differenza delle Olimpiadi di Matematica,  non è necessario conoscere nessun tipo di formula o teorema matematico per parteciparvi

Occorrono, invece, logica, voglia di giocare e una sana competizione: bisogna essere dotati di molta fantasia, e di un’intuizione particolarmente brillante che permetta di risolvere quesiti difficili e superare gli avversari.

I ragazzi e le ragazze del nostro istituto, coordinati dalla docente di matematica e scienze, prof.ssa Piera Marrocco, sono risultati tra i 288 finalisti sugli oltre 235.000 partecipanti iniziali!

I vincitori della Finale di Area proseguiranno alla volta di Milano per le finali nazionali  previste per il 13 maggio 2023.

In questa occasione sarà selezionata la squadra che rappresenterà l'Italia alla Finalissima internazionale che si svolgerà a  Wroclaw, in Polonia, il 25 e 26 agosto 2023.

Complimenti agli studenti e alle studentesse per aver raggiunto questo risultato importante e per aver rappresentato al meglio la nostra scuola!

SAFER INTERNET DAY

Giornata Mondiale della Sicurezza in Rete


Anche quest'anno, l'Istituto San Tommaso d'Aquino aderisce a questo evento, organizzato a livello internazionale con il supporto della Commissione Europea nel mese di febbraio. Si tratta di una ricorrenza annuale istituita nel 2004 al fine di promuovere un uso più sicuro e responsabile del web e delle nuove tecnologie, in particolare tra i bambini e i giovani di tutto il mondo.

Un fotogramma del docufilm "Senza rete"

LA GIORNATA MONDIALE DELLA SICUREZZA IN RETE 

Autori: G.C, I.N

La giornata contro il cyberbullismo è una giornata di riflessione per tutti quanti, adulti e bambini.

Continua a leggere

Per questo motivo, l'istituto comprensivo "San Tommaso d'Aquino" ha organizzato una giornata ricca di incontri ed eventi.

In alcune classi, i ragazzi hanno visto il docufilm "Senza Rete" prodotto dalla Rai in collaborazione con la Polizia Postale che  spiegava le regole per l'uso corretto dei social e come ci si deve comportare se siamo vittime di cyberbullismo. 

Abbiamo ascoltato le testimonianze di agenti della polizia postale che sono intervenuti nei casi di cyberbullismo: è importante contattare subito le forze dell'ordine perché nel documentario alcuni poliziotti hanno raccontato come sono riusciti a salvare la vita di un ragazzo che stava per suicidarsi a causa dei bulli.

Nel video dei ragazzi hanno raccontato la loro esperienza di ex vittime di cyberbullismo. 

Una delle storie che più mi ha colpito è stata quella di una madre che ha raccontato la vicenda accaduta a suo figlio, morto a causa del cyberbullismo: suo figlio si chiamava Andrea

Lui aveva da poco cambiato scuola, frequentava il liceo di Cavour a Roma.

A poche ore dalla sua morte, i genitori hanno appreso la notizia dell'esistenza di una pagina Facebook. Andrea veniva deriso dai suoi coetanei. Lo chiamavano" il ragazzo dai pantaloni rosa".

Dopo anni sua madre Teresa ripercorre quella terribile vicenda. 

Lei ha dichiarato: 

"se ci penso, qualche segnale lo aveva dato: c'erano giorni in cui era felice e euforico e altri in cui si chiudeva nella sua stanza per ore dicendo di aver mal di testa.

Non ha mai raccontato di quello che gli succedeva e delle continue prese in giro, forse pensava che ce l'avrebbe fatta da solo ma così non è successo. Era il 2013 e il cyberbullismo non era così conosciuto come oggi, quindi non posso recriminarmi nulla."

La sua testimonianza mi ha colpito perché si è messa a piangere.

Un'altra storia che mi ha colpito è stata quella di una ragazza di nome Anna: i suoi compagni la prendevano in giro e sembrava che anche lei ci ridesse sopra

Un giorno la loro professoressa ha annunciato alla classe che Anna si era suicidata...

Queste giornate sono molto importanti perché ci insegnano ad evitare di fare brutti errori.

CYBERBULLISMO: COS'È?

Il cyberbullismo è la manifestazione in rete di un fenomeno più ampio e meglio conosciuto come bullismo.

Quest'ultimo è caratterizzato da azioni violente e intimidatorie esercitate da un bullo, o un gruppo di bulli su una vittima. 

Continua a leggere

Mentre nel bullismo gli spettatori, quasi sempre presenti, osservano i comportamenti prevaricatori dei bulli nei confronti di una vittima che conoscono, nel cyberbullismo i spettatori possono essere assenti, presenti, conoscere la vittima o ignorare la sua identità.

Perché si chiama cyberbullismo ?

Il cyberbullismo è una molestia ma, a differenza del bullismo, essa viene ripetuta attraverso la rete.

Per questo lo si definisce anche come bullismo su internet.

Qual è la differenza tra bullismo e cyberbullismo?

Nel bullismo gli "attori" sono il bullo, che fa azioni di violenza su una vittima e spesso sono presenti anche gli spettatori, che osservano le violenze dei bulli verso la vittima che conoscono. 

Continua a leggere

Nel cyberbullismo gli spettatori possono essere assenti, presenti, conoscere la vittima o ignorare la sua identità.

Che cosa rischia il Cyberbullo?

Se sei un minorenne,  puoi essere punito con un'ammenda (una multa) di 526 € o con la reclusione fino a 6 mesi; se sei  maggiorenne le pene sono più gravi : si va da un minimo di 6 mesi fino a un massimo di 5 anni di prigione, a ciò si possono aggiungere i risarcimenti del danno procurato alla vittima.

Perchè il cyberbullismo può essere ancora più pericoloso del bullismo ?

Il cyberbullismo può avere effetti peggiori sulla vittima: nel bullismo tradizionale, infatti, la persecuzione avviene in un singolo ambiente (la scuola, la palestra, ecc...), quindi la violenza viene limitata in un luogo e lì finisce; il cyberbulllismo, invece, attraverso la rete internet non ha limiti di tempo, spazio e spettatori. Quindi diventa una persecuzione costante che può spingere la vittima a gesti disperati.

Sconfiggere il cyberbullismo è possibile

Autori: S.S., A.R, E.T, I.L

Il primo modo per prevenire il cyberbullismo è assicurarsi che il tempo di esposizione dei ragazzi alle nuove tecnologie sia quantitativamente adeguato.


Continua a leggere

Non bisogna demonizzare i social media e le attività online ma nemmeno delegare ad essi il compito di intrattenere gli adolescenti.

Il cyberbullismo si può combattere 

rivolgendosi ad adulti come ad esempio insegnanti o altre persone di fiducia e nei casi gravi presentare denuncia alla polizia.persone attraverso i media digitale.

Come combatterlo?

Se sei destinatario di insulti o di atteggiamenti riconducibili al bullismo online, puoi segnalare i cyber bulli ai colossi del WEB: così, puoi fare in modo che i loro account vengano sospesi (ammesso che le piattaforme reputino necessario farlo) e puoi bloccarli, impedendogli di comunicare con te. Se gli atti di cyberbullismo nei tuoi confronti persistono e/o si aggravano includendo minacce, messaggi intimidatori e simili, si consiglia di sporgere denuncia alle autorità. Recati, nel commissariato di polizia o nella stazione dei carabinieri più vicina (possibilmente insiame ai tuoi genitori) e fornisci agli agenti che ti assisteranno tutti i dati per procedere.

Appuntamento in libreria

I ragazzi della scuola, accompagnati dalla Dirigente e dai Docenti, concludono la settimana dedicata alla promozione della lettura partecipando ad un evento speciale nella libreria Eureka.

“Storia di una fuga dalle discriminazioni” 

Raccolta di riflessioni, considerazioni e pensieri sull’evento per il progetto #ioleggoperché #contest2022      

Abbiamo letto in classe un libro intitolato “Nel mare ci sono i coccodrilli”. È la storia vera di di un bambino afgano che deve scappare da lì perché ci sono i talebani. Questo bambino si chiama Enaiatollah Akbari, è una storia vera. Quello che mi ha colpito di più è l’episodio che avviene in Grecia, quando insieme ad altri bambini vengono imbarcati dai trafficanti su un gommone e uno di loro, purtroppo, muore annegato. (A.)

Continua a leggere

In Afganistan e in Iran le donne sono obbligate, dai Talebani, ad indossare il burka ed è stata tolta loro ogni forma di libertà. Durante la lettura di “Nel mare ci sono i coccodrilli”, mi sono venute in mente anche altre cose, tipo quello che sta succedendo in questi giorni in Iran dove molte ragazze giovani si stanno ribellando, si tolgono il velo, indossano jeans, ballano per le strade. Alcune di loro vengono uccise per questo! (V.)

Della storia di Enaiatollah mi ha colpito il fatto che proprio la mamma lo ha aiutato a fuggire con la speranza di poterlo fa vivere in un paese libero. Poi, quando lui, dopo aver lavorato per un periodo, durante il viaggio, entra in un negozio e vede un orologio che gli piace. Comincia a contare i soldi e, quando ha visto che sono sufficienti, lo  compra e va subito a farlo benedire. Ma venne arrestato dalla polizia che sapeva che non aveva i documenti e quell’orologio gli viene tolto. (A.)

Mi piacciono le letture collettive, quando in classe leggiamo, tutti insieme, lo stesso libro e, a turno, ognuno, legge ad alta voce per i compagni. Abbiamo fatto così anche con “Nel mare ci sono i coccodrilli”. Mi è piaciuta anche l’idea di aver partecipato all’incontro in libreria, dove abbiamo scoperto cose che non sapevamo, tipo che in Afganistan la musica è fuorilegge, che i Talebani hanno paura delle persone che capiscono e impediscono ogni libertà alle donne di tutte le età. Poi, abbiamo intervistato H., un profugo hazara che ora vive a Priverno che, con molta difficoltà ci ha raccontato la sua storia. (G.)

H. all’età di 17 anni decide di fuggire da solo, viaggiando a bordo di un camion, nascosto nella parte inferiore. Riesce ad arrivare in Italia dopo quattro mesi e, dice, che è stato anche fortunato, perché alcuni ci mettono anni, ed altri, non arrivano mai. Arrivato a Roma, una volta sceso dal treno, è completamente solo, cerca qualcuno che abbia i suoi caratteri fisici, ma non vede nessuno. Ad un certo punto, scorge un ragazzo della sua stessa etnia e cominciano a parlare, ma arriva la polizia e vengono arrestati entrambi. Essendo minorenni vengono portai in un centro di accoglienza e da lì, mandati nelle case famiglia. H. viene mandato a Priverno, dove vive tuttora. Ora è grande e si è anche laureato in ingegneria. Quello che mi ha colpito di tutto il suo racconto è come vengono trattate le donne! (N.)

Secondo me leggere in gruppo è più bello che leggere da soli, perché quando siamo tutti insieme, ognuno ha un suo modo e le idee si mischiano. La cosa che mi ha colpito più di tutto è quando la madre gli dice di non toccare mai un’arma e di non uccidere mai nessuno. (A.)

Secondo me il momento più bello del libro è alla fine quando rivede la madre.  E poi, penso che leggere tutti insieme è meglio. (D.)

Gli hazara sono un popolo perseguitato da tantissimo tempo. È una storia molto triste, quella raccontata nel libro. Quello che mi ha colpito è il modo in cui vengono trattate le donne. (V.)

Secondo me, l’idea dell’intervista è stata la migliore di questo evento. Perché facendo questo, si possono capire meglio i fatti che sono accaduti e che stanno accadendo in Afganistan e in Iran. Il progetto #ioleggoperché, secondo me, è un bellissimo progetto, perché oltre a conoscere e leggere nuovi libri, si fanno anche esperienze come quella di sabato scorso. Bello anche l’intervento musicale, perché a noi, a differenza dei talebani, la musica piace molto! Infine un’altra impressione è che leggere tutti insieme, è molto più  coinvolgente! (L.)

Mi sono molto emozionata, quando H. ha iniziato a raccontare. La lettura è stata molto emozionante e bellissima. Mi è piaciuto fare questa cosa in libreria. Il progetto #ioleggoperché darà un bonus alla scuola per comprare i libri per la nostra scuola. Sono molto contenta che la scuola ha organizzato questa bellissima esperienza. (M.)

Abbiamo fatto questa cosa bella da Flaviana. Abbiamo intervistato H. e ci ha raccontato tutta la sua storia. Penso che noi siamo fortunati a vivere in un paese libero. (M.)

Vorrei ringraziare Flaviana che ci ha offerto la possibilità di fare l’evento nel suo negozio e anche le professoresse che lo hanno organizzato, insieme alla preside, e al professore che ha suonato l’oboe. (C.)

La cosa che mi ha colpito e che non sapevo è che i talebani hanno distrutto tutti gli strumenti musicali che c’erano in Afganistan. Una cosa molto butta. Mi ha colpito come vengono trattate le donne, il fatto che per uscire devono essere accompagnate sempre da un uomo e indossare il burka. Poi, mi è piaciuto leggere il libro “Nel mare ci sono i coccodrilli” insieme ai miei compagni e leggere, in libreria, davanti a tutti, un brano di questo libro.  (S.)

Autori: II B

Un silenzio di morte     

Prof.ssa Vania Marteddu 

Non a caso abbiamo voluto iniziare il nostro incontro con il canto spezzato e irrequieto di Pan, dio pastore e musicista descritto nella prima delle “Sei Metamorfosi di Ovidio” op.49 di  Benjamin Britten per oboe solo.

Provate a immaginare per un attimo un mondo senza musica. A noi sembra impossibile eppure oggi, a poche ore di volo da noi, nel nuovo Afghanistan talebano, c’è un “silenzio assordante”, c’è un regime che condanna a morte chi suona.

Continua a leggere

E’ successo a Fawad Andarabi  un contadino e musicista folk massacrato dai fondamentalisti talebani il 29 agosto 2021  con un colpo di pistola alla testa, nel cortile della sua fattoria perché cantava e suonava la musica tradizionale della gente che come lui abita i monti e le valli dell’Hindu Kush una catena montuosa che si estende dall’Afghanistan centro-occidentale al Pakistan. 

Silenziare” la musica è stato uno dei primi diktat dei Talebani dopo la riconquista di Kabul ed è un vero e proprio odio antico contro i suoni.

I talebani ritengono la musica troppo scomoda perché capace di far riflettere o di incitare sentimenti di rivolta, infondere semi di ribellione e spesso le canzoni contengono messaggi di libertà e di conseguenza sono un pericolo per il regime.

Peppino Impastato diceva: "Consegnare bellezza a un popolo vuol dire fornirlo di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà".

Ecco quindi che in Afghanistan, a poche ore di volo da noi, sono state incendiate discoteche, zittite le radio ed è partita la caccia ai musicisti è partita come una  furia  tribale e feroce la caccia contro la cultura, contro il patrimonio sonoro classico dell'Afghanistan, un crocevia di influenze indiane, persiane, arabe, un mondo di partiture in cui prendono voce strumenti meravigliosi come il sitar, il tambur, il sarod.

La morte della Musica in Afghanistan ha significato anche la morte dell’Istituto Nazionale di Musica dell'Afghanistan (Anim), una scuola di accoglienza e cultura voluta nel 2010 da un etnomusicologo, Ahmad Naser Sarmast.

In undici anni l'Anim è riuscito a restituire una vita ad almeno 400 bambini orfani, abbandonati, senza casa, costretti a mendicare nei sobborghi di Kabul.

Li ha dotati di uno strumento, ha insegnato loro l'arte della musica - dai tradizionali afghani a Beethoven  - li ha affidati a maestri provenienti anche dagli Stati Uniti, dall'Australia, dalla Russia e dall'India.

Un Istituto che era  una casa, una scuola, un luogo di incontro e di sapienza con le sue classi miste e con la Zohra Orchestra tutta femminile, diretta da Negin Khpalwak, prima ragazza afghana sul podio.

Era composta da adolescenti e ragazze dell’orfanotrofio di città, tutte tra i 13 e i 20 anni, l’Orchestra Zohra.

I Talebani hanno punito gli allievi, distrutto i loro strumenti musicali, (pianoforti a coda, violoncelli, tamburi tipici della tradizione locale, strumenti a percussioni…), hanno interrotto le feste di matrimonio dove si canta, hanno rasato la testa degli artisti e li hanno trascinati nei villaggi come umiliazione e punizione.

Oggi le porte dell'Istituto sono chiuse, c'è un silenzio di morte lì da dove prima arrivavano note, suoni, risate. 

Una vera e propria devastazione di sogni, di libertà d’espressione e di speranza per il futuro.

                                                                                         

L'INTERVISTA dei ragazzi

In occasione della manifestazione # IoLeggoPerché, la dirigente, Tina Immacolata Abbate, i professori e gli alunni e le alunne dell'Istituto "San Tommaso d'Aquino" incontrano nella Libreria Eureka H. F. ingegnere di etnia hazara. 

Continua a leggere

Fuggito dall'Afghanistan, oggi risiede a Priverno e si è inserito nella nostra comunità. 

Il racconto della sua esperienza e la musica del professor Bussu hanno coinvolto e commosso i presenti.

Come sei arrivato in Italia?

Ho fatto molta fatica per arrivare qui in Italia: sono arrivato in  maniera clandestina. Ho viaggiato per 18 ore stando nascosto sotto un camion che veniva trasportato dentro la pancia di una nave.

C'è stato qualcuno della tua famiglia che ha fatto il viaggio con te?

Io qui sono da solo. Sono venuto da solo perché è impossibile, facendo quella via in maniera clandestina, venire con la famiglia: portare con sé persone adulte o bambini piccoli è difficile perché si rischia la pelle. Avevo 17 anni e non ero neanche  consapevole di ciò che avrei affrontato. Riagganciandomi alla storia di Enaiatollah (il protagonista de Nel mare ci sono i coccodrilli, ndr ) anche io, per esempio, come lui non avevo mai visto il mare quando ero piccolo. Voi adesso date per scontato il fatto di andare al mare in estate ma per chi vive dall'altra parte del mondo, distante, il mare è una novità assoluta. Quando ho intrapreso questo viaggio per passare il tratto dalla Turchia alla Grecia di notte abbiamo preso un canotto, l'abbiamo gonfiato e siamo saliti senza conoscere o aver mai visto il mare: è l'incoscienza di quando sei adolescente, che non ti fa rendere conto di cosa stai facendo.  


Qual è stata la motivazione che l'ha spinto a partire?

Sentirsi così oppresso sia come persona sia come appartenente dell'etnia hazara, mi ha costretto e mi ha dato il coraggio di affrontare l'ignoto. Anche se non hai mai visto il mare e non ti rendi conto che potresti affogare. 

Affronti il rischio perché non sai nuotare, perché viaggi di notte e non vedi nulla... Purtroppo a tanti è successo di morire viaggiando con il barcone, magari per il brutto tempo o perché si è sgonfiato o per un problema tecnico. Lo sentiamo tutti i giorni, la gente muore nel mare nella speranza di arrivare ad una sponda che rappresenta la salvezza .

Cosa è accaduto dopo il suo arrivo in Italia?

Sono sbarcato in un porto del sud. Non sapevo parlare italiano, conoscevo un po' di inglese. Ho preso il treno e sono arrivato a Roma. Arrivato aTermini, andavo in giro cercando una faccia conosciuta, qualcuno con cui parlare: vedevo qualcuno di origine orientale o asiatico e cercavo di rivolgermi a lui con le parole mie ma loro non parlavano la mia lingua, ovviamente, perché in Asia non tutti parliamo la stessa lingua. Cercavo di rivolgermi a tutti ma non ho trovato neanche una persona che, come me, parlasse almeno farsi, il persiano. Quella sera mi sono arrangiato a dormire sul cartone, come fanno tanti senzatetto. 

Il giorno dopo ho fatto tanti chilometri a piedi nella nella speranza di trovare qualcuno con cui parlare nella mia lingua e capire cosa fare, dove andare, come orientarmi... Poi finalmente ho conosciuto un ragazzo. Inizialmente non sembrava fosse come me perché pensavo fosse cinese o coreano, invece lui mi ha risposto nella mia lingua: "Sì, sono come te". 

Ero così contento ma la mia felicità è durata poco: proprio in quell'istante la polizia ci ha accerchiato per un'altro motivo e ci hanno arrestato per mancanza del documento. Io avevo paura ma poi si è trasformato in una cosa bella perché, essendo minorenne, la polizia il giorno dopo mi ha consegnato al primo centro di accoglienza e da qui piano piano sono arrivato a Priverno. 

Se lei potesse esaudire tre desideri, quali sarebbero?

Potrei dire, come tutti, di avere desideri molto comuni: voglio diventare ricco, voglio diventare uno scienziato... 

Però il mio pensiero va sempre alla mia etnia: il mio desiderio è quello di avere un paese tranquillo, un paese normale in cui si può tranquillamente viaggiare senza aver paura di essere discriminati o di essere ammazzato per strada, dove posso esprimere tranquillamente opinioni anche discordanti senza aver paura di essere malmenati o arrestati. Questo, forse, è il mio desiderio più grande.

Come riuscivi a sopravvivere senza soldi?

Io non ho mai rubato. I ragazzi come me andavano a lavorare: in Grecia, ad esempio, raccoglievano l'uva, le olive, le arance... facevano i lavori che capitavano: in agricoltura o nel settore edile, i manovali o cose simili per mettere qualche soldo da parte e poter andare in un altro paese se lì non stavano bene. 

Quanto tempo hai impiegato per arrivare in Italia?

Ci ho messo due mesi partendo dall'Iran, sostando un po' di settimane qua un po di settimane là. Sono partito dall'Iran alla Turchia, dalla Turchia alla Grecia e dalla Grecia in Italia. Il mio percorso è durato due mesi ma conosco delle persone, conoscenza anche diretta, che  ci hanno messo anche due, tre o quattro anni. Nella sfortuna sono stato anche fortunato, nel senso che ci ho messo poco tempo.

Da quanto tempo vive in Italia?

Sono ormai 17 anni che sto in Italia e sono in corso le pratiche per diventare cittadino italiano. Io mi sento cittadino italiano, qui in Italia ho avuto la possibilità di studiare gratuitamente. Mi sono laureato in Ingegneria meccanica ed ho trovato lavoro sul territorio.