Yasser Arafat

GIACOMO TOMMASI

YASSER ARAFAT

“Ciò che lei chiama Israele è casa mia”

(Yāsser ʿArafāt)

Personaggio complesso e controverso, combattente ma anche prudente diplomatico, Yāsser ʿArafāt è stato il simbolo dello Stato palestinese negli ultimi decenni del XX secolo.

Noto anche con lo pseudonimo di Abū ʿAmmār, fu una figura di spicco nel panorama politico mondiale, rivendicando per il popolo palestinese il diritto all'autodeterminazione e alla creazione di uno Stato palestinese.

Sin da giovane si interessa di politica: nel 1959 fonda, con altri importanti componenti delle fazioni ribelli, "al-Fatah". L'organizzazione riesce a convogliare nelle sue fila centinaia di giovani palestinesi e a creare un movimento consistente ed incisivo. Dopo la sconfitta nella guerra dei sei giorni contro Israele nel 1967, al-Fatah converge nell'OLP, "l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina", di cui Yasser Arafat diventa, nel febbraio 1969, presidente del Comitato Esecutivo del Consiglio Nazionale della Palestina, e due anni più tardi comandante supremo dell’Armata per la Liberazione della Palestina, cioè l’esercito regolare dell’OLP.

Il carisma e l’abilità politica permisero ad Arafat di indirizzare l'OLP verso la causa palestinese, allontanandola dai disegni panarabi; nel novembre del 1974, in uno storico discorso davanti all'Assemblea delle Nazioni Unite, Arafat chiese una soluzione pacifica e politica per la Palestina, ammettendo implicitamente l'esistenza di Israele. Sebbene la Palestina non avesse ancora ottenuto un riconoscimento giuridico dalla comunità internazionale per poter diventare uno Stato a tutti gli effetti, il fatto di poter interloquire ad un livello paritario con gli altri Stati fu un passo fondamentale per l’emancipazione dei territori e dei cittadini palestinesi.

Il 5 novembre del 1988 l’OLP proclama la creazione dello Stato palestinese e il 2 aprile dell’anno seguente Arafat viene eletto Presidente della Palestina. Da questo evento si sviluppa un processo politico di fondamentale importanza e tutt’oggi ancora non totalmente realizzato: nel 1991 Israele conduce per la prima volta negoziati diretti con l’OLP, che verranno siglati a Oslo nel 1993, tra Arafat e Rabin, primo ministro israeliano, e che prevedevano l’autogoverno per i palestinesi della Cisgiordania e del territorio della Striscia di Gaza. Per la prima volta i due paesi si riconoscono come legittimi interlocutori e questa opera di diplomazia, nonché l’impegno nel voler garantire al popolo palestinese il diritto all’autodeterminazione e ad un proprio Stato, portarono l’anno successivo all’assegnazione del Premio Nobel per la Pace ad Arafat, unitamente ai leader israeliani Shimon Peres e Yitzhak Rabin.

In questi anni, Arafat rimase l’unico interlocutore affidabile in campo internazionale riguardo alla situazione palestinese, essendo l’unica personalità che i palestinesi riconoscevano come loro portavoce. Tuttavia, le sue mosse suscitarono spesso parecchi dubbi circa la sua integrità morale, senza che si potesse mai comprendere se dovesse essere considerato un interlocutore a favore della pace fra Palestina e Israele o uno dei tanti dittatori che puntava a mantenere saldamente il potere nelle proprie mani, rinunciando anche a contrastare i vari attacchi terroristici che si susseguirono in seguito all’incontro di Camp David del 2000, che segnò la fine degli accordi tra Palestina e Israele e il seguente blocco della formazione dello Stato palestinese. Il fallimento dei negoziati portò allo scoppio della “seconda intifada” con il riacutizzarsi degli scontri tra israeliani e palestinesi, i quali perdurano ancora oggi.