THOMAS SANKARA



VOLTI DELLA STORIALORENZO BALMA


“Un popolo che ha fame e sete non sarà mai un popolo libero!”

Thomas Sankara fu sicuramente uno dei personaggi più radicali della storia dell’Africa contemporanea e, non a caso, verrà chiamato il “presidente ribelle”. Rivoluzionario comunista e capitano dell’esercito burkinabé, consacrò la sua vita alle lotte del suo popolo, degli africani e dei paesi del Terzo Mondo nella liberazione dal giogo imperialista e post imperialista delle ex potenze colonizzatrici.

Nacque a Yako, nella Repubblica dell’Alto Volta - che diventerà indipendente nel 1960 - e intraprese gli studi militari, alla fine dei quali entrò nell’esercito divenendo capitano. E’ proprio nell’esercito che Sankara iniziò a crearsi un seguito importante grazie al suo celebre carisma accompagnato da una disarmante semplicità comunicativa. Già nelle prime esperienze nell’esercito ebbe occasione di dimostrare le sue idee e la sua predisposizione a vedere la realtà da una prospettiva sempre critica.

Dopo la carriera militare divenne presidente della Repubblica dell’Alto Volta nel 1983 ed un anno dopo ne cambiò il nome in Burkina Faso ovvero: “terra degli uomini integri”.

In questo definizione c’è tutto Thomas Sankara, uomo risoluto dalle grandi parole. Fu proprio quest’atteggiamento così sicuro e determinato, che gli valse le inimicizie delle potenze europee, ma che soprattutto gli valse l’amore di un popolo intero e di tutti i sostenitori del mondo libero.

Stupisce l’efficacia politica e la concretezza con la quale riuscì a realizzare incredibili obiettivi in soli quattro anni e mezzo al potere (1983-87) in Burkina Faso. Il giovane capitano-presidente licenziò circa 10 mila dirigenti, funzionari, quadri e impiegati statali, retaggio clientelare del vecchio impero coloniale francese e con i proventi fu capace in soli 8 mesi di costruire una ferrovia che connettesse le due principali città del paese. Agevolò l'emancipazione delle donne ed i bambini burkinabè con la realizzazione di progetti di alfabetizzazione rurale e costruzione di scuole rispettose degli usi e tradizioni del Sahel. Il suo progetto per il paese toccava anche la religione, la cui libertà di professione doveva essere garantita a patto che non snaturasse le tradizioni ed i costumi burkibé. Il disegno di una nuova società veniva coordinato dai comitati popolari che erano la base della “rivoluzione degli integri”.

Il successo maggiore del socialismo di Sankara - che si rifaceva continuamente a Marx ma comunque distante dallo stagnante statalismo sovietico - fu la lotta contro la povertà dilagante, arginata da una più attenta ridistribuzione delle ricchezze ottenute grazie all'incentivazione della manodopera locale.

Il Burkina Faso divenne un esempio per le altre nazioni, governate da élite corrotte e supine al volere occidentale.

Divenne anche esempio nel campo delle relazioni con le ex potenze coloniali, che avevano lasciato in dote alle ex colonie oramai divenute indipendenti (in molti casi solo formalmente) uno smisurato debito pubblico. In un famoso discorso all’Assemblea delle Nazioni africane, che lo consacrò ad un eterno paragone con Che Guevara, Thomas Sankara espose la propria opinione sul debito analizzandolo dalle origini: “Noi pensiamo che il debito si analizza prima di tutto dalle proprie origini, le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo. Quelli che ci hanno prestato il denaro sono gli stessi che ci hanno colonizzati, sono gli stessi che gestivano i nostri stati e le nostre economie: sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con i finanziatori internazionali, che erano i loro fratelli e cugini. Noi non c’entravamo niente con questo debito, quindi non possiamo pagarlo. Il debito è il neocolonialismo con i colonizzatori che si sono trasformati in assistenti tecnici, anzi dovremmo dire assassini tecnici.”

In quattro anni Sankara aveva invitato i Paesi africani a non pagare i propri debiti esteri per concentrare gli sforzi su una politica economica che colmasse il ritardo imposto da decenni di dominazione coloniale. Dominazione che era anche culturale, la forma di egemonia più flessibile, più importante ancora del potere militare che avrebbe cancellato poco a poco l’identità dei popoli africani.

Viene così spiegato l’impulso dato al Festival Panafricaine du Cinéma de Ouagadougou (Fespaco), la più importante rassegna continentale, con il fine di sviluppare la cinematografia locale rispetto a quella europea, uno dei tanti strumenti per legittimare la superiorità dei “bianchi” e l’inferiorità africana.

Oltre alla vocazione anti imperialista, Sankara fu uno dei più grandi sostenitori del panafricanismo. Ebbe già occasione di dimostrare la propria vocazione unitaria quando partecipò ad una guerriglia al confine tra l’Alto Volta e il Mali, ma prese distanza dagli eventi e definì il conflitto “inutile e ingiusto”.

Nel 1985 Sankara invocò il disarmo totale, proponendo ai Paesi africani di smettere di acquistare armi e di dissanguarsi in dispute fomentate dal soggetti esterni per protrarre l’arretratezza e la dipendenza del continente. L’invito era di adottare misure a favore dell’occupazione, della tutela ambientale, della pace tra i popoli, della salute.

Espresse la convinzione che per eliminare i lasciti coloniali fosse indispensabile avviare un processo di unione di tutti gli Stati (dal Maghreb al Capo di Buona Speranza) del continente, che doveva diventare un’entità politica coesa e rispettata sul piano internazionale. Il piano consisteva nel formare una rete di cooperazione, che potesse far raggiungere l’autosufficienza alimentare all’intero continente.

Il 15 ottobre 1987 venne ucciso in un attentato da parte dei suoi compagni dell’esercito in circostanze mai del tutto chiarite, a cui seguì un colpo di stato appoggiato da Usa, Francia e Gran Bretagna. Con Thomas Sankara morì il sogno di una rivoluzione socialista africana, che affrancava la popolazione dalla corruzione interna e dallo straniero esterno.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Thomas Sankara "I discorsi e le idee", Sankara, 2006

- Thomas Sankara, " Le parole di un vero rivoluzionario", Sankara, 2018

- Thomas Sankara, "Il presidente ribelle", 1997