NICOLA II – L’ULTIMO ZAR


VOLTI DELLA STORIAGLORIA ROSINA


«Manterrò per il bene della Russia intera il principio dell'autocrazia assoluta, nel modo fermo e deciso come l'ha fatto mio padre»

(Nicola II durante l’incoronazione, 1896)


Nella tradizione russa si dice che il 6 maggio, dedicato a San Giobbe, sia un giorno nefasto e che i nati in questa data siano destinati a rivivere le tremende sventure del personaggio biblico. Proprio il 6 maggio 1868 nacque a Carskoe Selo, presso la reggia imperiale, Nicola Aleksandrovič Romanov, più noto come Nicola II, ultimo «Imperatore e Autocrate di tutte le Russie». Da ragazzo, ricevette un’educazione giuridico-militare di altissimo livello, ma fu sempre poco coinvolto dalle questioni politiche e di governo, probabilmente anche a causa della paura dovuta all’attentato subito da suo nonno Alessandro II, che Nicola vide morire violentemente quando aveva solo 13 anni. Cortese ed avvenente, consapevole di essere il più ricco sovrano al mondo, lo zarevič dimostrò fin dall'adolescenza maggior interesse per i divertimenti e gli affetti che per l’esercizio del potere. A soli sedici anni incontrò per la prima volta la sua futura moglie, la principessa tedesca Alice d'Assia e del Reno, nipote della regina Vittoria di Inghilterra, di cui si innamorò profondamente nonostante il disappunto della famiglia. Soltanto dieci anni dopo, in seguito a gravi problemi di salute e al timore di una disputa dinastica, suo padre, lo Zar Alessandro III, acconsentì al fidanzamento di Nicola con la principessa tedesca. Il 1° novembre 1894 Alessandro III morì. Nicola ne ereditò il trono e poté finalmente celebrare le proprie nozze, anche queste offuscate da un tragico evento: oltre quattrocento spettatori morirono schiacciati nella calca durante le celebrazioni, mentre gli invitati decisero di proseguire la festa come se nulla fosse accaduto.

Nicola, già in lutto per la dipartita del padre, visse il momento della successione al trono con l’angoscia e la profonda incertezza di chi non si sente all’altezza del ruolo a cui è destinato, arrivando ad affermare: «Non sono pronto a essere uno zar. Non ho mai voluto esserlo. Non so nulla su come si governa. Non ho la minima idea di come si parli ai ministri». Ben presto, il carattere influenzabile ed incerto di Nicola si rivelò inadeguato al ruolo di autocrate e venne rapidamente sopraffatto dalla complessità e dalla spregiudicatezza della politica interna ed internazionale dell’epoca. Una volta incoronato zar, nel 1896, Nicola tentò di conciliare la propria educazione ultra conservatrice, il modello di governo autoritario ereditato dal padre e la timidezza propria e della moglie Alice. Tentando di mantenersi indipendente dai potentati cittadini e preferendo una vita distaccata alla mondanità di Mosca e San Pietroburgo, scelse come residenza principale il palazzo Aleksandrovskji a Carskoe Celo, ma così facendo si allontanò le simpatie della grande nobiltà, dando un’impressione di disinteresse e lontananza dai problemi del paese. Per lungo tempo tentò di proseguire sulla scia delle politiche del padre senza però averne né il temperamento né il necessario appoggio politico. Per una decina d’anni, l’opposizione sociale fu in qualche modo tenuta a bada dalle politiche economiche del ministro Witte, alle finanze dal 1892 al 1903 e Primo ministro tra 1905 e 1906, il quale introdusse varie riforme che puntavano modernizzare la Russia, trasformandola da nazione quasi esclusivamente agricola in potenza industriale. I tentativi di Witte però si rivelarono vani, dal momento che le ispirazioni innovatrici e liberali vennero presto a scontrarsi con il conservatorismo sociale ed economico dello zar, arenandosi prima di sortire. In politica estera, invece, rafforzò il legame con la Francia attraverso l'intesa austro-russa del 1897, acquistò la base di Port Arthur, presso la città di Dalian, dall’impero Cinese e, da lì, tentò un'espansione attraverso Manciuria e Corea, scatenando la dura reazione del Giappone che si risolse nella disastrosa guerra russo-giapponese combattuta tra 1904 e 1905, in cui la Russia subì una tremenda disfatta dalle nefaste conseguenze.

La politica interna fondamentalmente reazionaria dello zar ebbe come conseguenza una grande fioritura sotterranea di partiti socialisti, anarchici ed antimonarchici in genere, figli del malcontento generalizzato, della povertà e della disperazione che attraversavano città e campagne dalla Polonia alla Siberia. Il conflitto contro il Giappone, a causa dei suoi costi enormi ma anche in quanto simbolo dell’incapacità politica e militare dell’aristocrazia, fu la miccia che trasformò il clima di tensione sottesa in una vera e propria rivolta popolare. Il 22 gennaio del 1905, nella così detta “domenica di sangue”, una folla di operai e contadini invase San Pietroburgo chiedendo riforme. Durante la manifestazione, oltre cento persone vengono uccise dall’esercito e, durante i mesi successivi, la protesta si trasforma sempre più in una rivoluzione: Varsavia e Riga insorgono e persino alcune parti dell’esercito si ammutinano contro lo Zar. Così, il 30 ottobre 1905, Nicola fu costretto a cedere alle richieste del popolo e, con il cosiddetto Manifesto d'ottobre, promulgò alcune riforme sociali, emanò la Legge Fondamentale dello Stato e creò un parlamento a suffragio universale (ben presto limitato ai censi più abbienti), la Duma, trasformando la Russia in una monarchia costituzionale.

Dopo il 1906 il ruolo di capo di gabinetto, a lungo occupato da Witte, passò nelle mani Stolypin, in cui lo zar riponeva fiducia totale. In questo periodo, Nicola II cedette sempre più poteri alla politica, assumendo un atteggiamento di rassegnato fatalismo, convinto di essere destinato ad un’esistenza tragica ed inquieta fin dal giorno della propria nascita. Stolypin, maggiormente libero di agire rispetto al suo predecessore, promosse un’importante riforma agraria grazie alla quale sperava di costituire una classe di piccoli contadini abbienti sostenitori della monarchia. Ironicamente, proprio a causa della riforma, Stolypin venne ucciso con un colpo di pistola il 18 settembre 1911.

Soltanto un anno prima della tragica entrata in guerra, Nicola II e tutta la famiglia reale vissero una stagione di feste e ricevimenti per la celebrazione dei 300 anni della dinastia Romanov (1613-1913). Quest’annata di viaggi attraverso i possedimenti imperiali, caratterizzata da relativa calma e crescita economica, portò molti a pensare che lo Zar fosse finalmente riuscito a creare una situazione di stabilità e che avrebbe mantenuto a lungo il regno. Però, nel 1914, influenzato dalle alte gerarchie militari, decise di appoggiare l’alleato francese ed entrare in guerra contro Germania e Austria. Dopo una serie di drammatiche sconfitte e ad una tremenda crisi economica ed alimentare, si risvegliarono i movimenti di opposizione che sembravano sopiti, culminati nella Rivoluzione di febbraio del 1917, che costrinse lo Zar ad abdicare in favore del fratello, il quale rifiutò il trono, ponendo fine ad oltre tre secoli di regno. In seguito alla Rivoluzione d'Ottobre e al colpo di stato bolscevico, la famiglia reale venne imprigionata ad Ekaterinenburg. Nonostante il disaccordo sul da farsi tra i vari leader rivoluzionari (Trotskj, ad esempio, chiedeva un processo pubblico a Mosca per Nicola e l’esilio per i suoi familiari), la notte del 16 luglio 1918, su ordine del Soviet degli Urali, lo zar Nicola II Romanov venne fucilato insieme alla moglie ed ai figli Alessio, Olga, Tatiana, Maria ed Anastasia, nella cantina della prigione. I corpi senza vita vennero portati nel bosco vicino, i piccoli corpi di Aleksej e Marija vennero bruciati, mentre il resto della famiglia venne fatta a pezzi e gettata nel pozzo di una vecchia miniera.

Nel 1990 i resti della famiglia reale vennero recuperati e, otto anni dopo, tumulati nella cattedrale di Petropavlovsk a San Pietroburgo, dopo solenni funerali di stato presieduti dal presidente El’cin. Nel 2000 anche la chiesa ortodossa russa ha deciso di celebrare l’ultimo zar e la sua famiglia, canonizzando San Nicola II, imperatore martire e "grande portatore della Passione", unitamente a santa Aleksandra, sant'Aleksej, santa Ol'ga, santa Tat'jana, santa Marija, sant'Anastasija e santa Elizaveta, che vengono festeggiati il 17 luglio.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Hans Rogger, “La Russia pre-rivoluzionaria (1881-1917)”, Il mulino, Bologna, 1992.

- P. Bushkovitch, “Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin”, Einaudi, Torino, 2013.