di Lorenzo Bonaguro

Michel Ney


«Ney era senza prezzo per il suo valore… Era buono per guidare 10.000 uomini. Oltre a ciò, era un totale idiota»

Napoleone Bonaparte


Figlio di un mastro bottaio, Michel Ney fu uno dei migliori esempi di ciò che la caduta dell’Ancien Regime comportò per i militari di carriera che, come lui, non avrebbero nemmeno potuto sognare di salire ai vertici militari, riservati ai nobili per diritto di nascita. Ney riuscì invece a scalare le gerarchie aperte dalla Rivoluzione francese da soldato volontario, a 18 anni, in un reggimento di ussari nel 1787 fino al grado di Generale e di Maresciallo dell’Impero, un grado reintrodotto da Napoleone stesso che lo nominò nel 1804 in concomitanza con la sua incoronazione a Imperatore dei Francesi. Ricevette anche altri titoli onorifici come principe di Moscova e duca di Elchingen, dove svolse un ruolo decisivo per la vittoria.

Allo scoppio delle guerre rivoluzionarie francesi guidava un reggimento di ussari e si distinse per coraggio e capacità tattica sul campo nell’Armata del Nord del generale del Generale Lamarche. Grazie alle sue imprese si guadagnò il titolo di “Infallibile” sui giornali. Nonostante ciò non diede mai segno di arroganza e anzi si dimostrò umile declinando più volte delle promozioni perché non si sentiva pronto, finchè non fu nominato Generale di Divisione nel 1899. L’anno successivo si distinse nella vittoriosa battaglia di Hohenlinden, facendosi notare da Napoleone Bonaparte, all’epoca Primo Console.

Su ordine del console pacificò la Confederazione Svizzera e si legò a lui tramite il matrimonio con Aglaée Louise Auguiée, intimissima amica di Hortense de Beauharnais figlioccia di Napoleone, e futura ancella dell’imperatrice Giuseppina. Di fatto, Ney entrò a far parte della famiglia Bonaparte. Allo scoppio della guerra contro la Terza Coalizione (1805), Ney guidò il VI Corpo d’Armata della Grande Armee, avvalendosi dei consigli di uno dei più importanti strateghi teorici del secolo, e suo intimo amico, Antoine de Jomini. Con l’aiuto di questi ottenne una folgorante vittoria a Elchingen, spianando la strada per Austerlitz, una delle più grandi vittorie di Napoleone, alla quale Ney non partecipò.

Decisiva invece la sua presenza a Friedland (1807), dove guidò personalmente la carica dell’ala destra. Sempre in quell’anno si distinse più volte per il suo coraggio e la sua bravura nella tattica, provocando il nemico con attacchi e ritirate, imboscate e assalti devastanti con il VI Corpo. Fu protagonista anche in Russia: a Smolensk (1812) rischiò di morire a causa delle ferite e Borodino guidò il centro dello schieramento alla vittoria. Ma fu durante la ritirata che Ney entrò nella leggenda della storia militare. L’episodio più famoso fu l’attraversamento notturno del fiume Dniepr dopo un’estenuante marcia forzata inseguito dai cosacchi. Ney trascinò personalmente alcuni uomini allo stremo delle forze. Ridotti a 800 uomini, il maresciallo ordinò di marciare in formazione a quadrato nella neve e nel buio. Entusiasta, Napoleone lo chiamò «il più coraggioso dei coraggiosi».

I suoi soldati lo adoravano e lo chiamavano “le rogeaud”, il rosso, per via del suo temperamento accesso. L’impulsività lo rese coraggioso ma lo espose anche a errori potenzialmente fatali, come a Jena (1806) quando a causa di una carica apparentemente vincente si ritrovò lontano dagli altri Corpi e sotto i colpi dell’artiglieria prussiana. Napoleone inviò il Maresciallo Lannes a salvarlo. Il suo carattere lo rese inviso anche ad altri generali e marescialli. L’inimicizia con Masséna fu una delle cause del fallimento dell’invasione del Portogallo, al punto che Massèna lo accusò di tradimento. Ney cadde temporaneamente in disgrazia, finchè non fu richiamato dall’imperatore per guidare il III° Corpo nella campagna di Russia. Incapace di tenere la bocca chiusa, inveì contro Napoleone stesso per il caos della campagna. Il loro rapporto si ruppe definitivamente. Ney, grande tattico ma pessimo stratega, era il tipo di generale da prima linea, incapace di coordinare grandi eserciti come Napoleone. Ciò fu palese alla sconfitta di Dennewitz (1813).

Nel 1814 infine si distinse nella difesa di Parigi, guidando ancora una volta i soldati in prima linea ma invano. Ney fu il primo a presentare sfacciatamente all’imperatore la realtà dei fatti cercando di spingerlo ad abdicare in favore del figlio per avere la pace. I Borbone tornati al potere non osarono toccare un eroe della nazione. Ney non riuscì però a contenere il proprio disprezzo per la dinastia reale e quando Napoleone tornò dall’Elba, tergiversò in un primo momento, ma spinto dall’entusiasmo dei soldati si imbarcò anche lui nell’impresa sciagurata che finì a Waterloo. Alla guida della Guardia Imperiale, Ney carcò più e più volte il centro dello schieramento inglese, ma invano. Arrestato per tradimento dai Borbone, la Camera dei Pari lo condannò a morte. Il 7 dicembre 1815 diede il suo ultimo ordine al plotone di esecuzione: «Soldati! Quando vi dò l’ordine sparate al cuore».


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