Grigorij Efimevic Rasputin

GIANMARCO PANERATI

GRIGORIJ EFIMEVIČ RASPUTIN

«Senza Rasputin non avremmo avuto Lenin»

-Aleksandr Fëdorovič Kerenskij

Tuttora simbolo di potenza e mistero, la figura di Rasputin si intreccia tra leggenda e realtà legandosi indissolubilmente nella storia alla dinastia imperiale dei Romanov e al destino dell’Impero russo negli anni che precedono la Rivoluzione del 1917.

Rasputin nacque il 21 gennaio 1869 in un piccolo villaggio della Siberia. Lì crebbe nella cultura contadina, senza mai allontanarsi dalla vita rurale e la sua infanzia fu caratterizzata da una pressoché totale mancanza di formazione scolastica e alfabetizzazione. Tuttavia, già in giovane età emersero le sue doti carismatiche e iniziò ad avvicinarsi al mondo della spiritualità e del misticismo ossessivo. All’età di 19 anni il matrimonio da cui nacquero 7 figli e negli anni successivi Rasputin si dedicò completamente alla vita mistica che lo portò a compiere un lungo pellegrinaggio fino nelle grandi città quali Mosca, Kiev e Kazan e infine a San Pietroburgo nel 1905.

Fu proprio a San Pietroburgo che il monaco-contadino, attraverso i più grandi esponenti del misticismo russo, approdò alla corte dello zar Nicola II iniziando così a tessere la rete che lo farà diventare una delle figure più potenti e influenti di tutto l’Impero. Vi approdò esattamente nel 1907 quando, su richiesta dello zar, fu chiamato per mettere al servizio del figlio della coppia imperiale, lo zarevic Aleksej Nikolaevič Romanov, gravemente malato di emofilia, le sue doti da guaritore. Dopo l’incontro, le condizioni dello zarevic sembrarono effettivamente migliorare e da allora si strinse uno stretto rapporto tra Rasputin e la famiglia imperiale.

Il carisma e la fama del taumaturgo siberiano inizialmente affascinarono la classe nobiliare di San Pietroburgo, in particolare fecero presa sulla zarina Alessandra. Ben presto però l’influenza crescente e i giochi di potere perpetuati dal monaco fecero emergere una fitta schiera di personaggi dell’alta società russa ostili al monaco. Le accuse contro Rasputin erano molteplici: dai pettegolezzi e le maldicenze per lo stretto rapporto con la zarina alle accuse di partecipazione a riti orgiastici; altrettanti furono i tentativi di screditare il “monaco pazzo” agli occhi dello zar che arrivarono fino al tentato omicidio a cui, tuttavia, sopravvisse, e mai la sua reputazione ne uscì significativamente compromessa.

L’influenza di Rasputin crebbe esponenzialmente a partire dal 1914 con la partecipazione dell’Impero russo alla Prima Guerra Mondiale, in particolare dopo che lo zar Nicola II assunse personalmente il comando delle truppe recandosi al fronte. Ne scaturì la nascita di un rapporto simbiotico tra la zarina Alessandra e il mistico siberiano tale che Rasputin assunse un grande potere. Spostando la sua influenza dall’ambito privato a quello politico, era in grado di fare il bello e il cattivo tempo nominando capo del governo, sostituendo il ministro dell’interno a suo piacimento: atti che dimostravano un enorme controllo sulla vita politica russa che gli valsero la definizione da parte del popolo di “zar sopra lo zar”.

Una congiura da parte da alcuni nobili guidata da Feliks Jusupov nella notte tra il venerdì 16 e sabato 17 dicembre 1916 decretò la fine di Rasputin. Egli fu invitato in un palazzo di San Pietroburgo e pesantemente avvelenato con del cianuro. Vista l’incredibile resistenza al veleno, lo stesso Jusupov decise di sparargli colpendolo vicino al cuore, ma ancora una volta resistette, si avventò sui congiurati e riuscì a fuggire, nel mentre fu raggiunto da altre due pallottole nella schiena e infine venne pestato a colpi di randello e gettato nelle gelide acque di un fiume di San Pietroburgo. Ciò determinò non solo la fine di Rasputin, il destino dell’intero Impero era ormai segnato: la Rivoluzione russa era alle porte.